Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

13/03/2019 - L’art. 162 tuir e la nozione arricchita di stabile organizzazione

argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi

Nell’ordinamento interno la definizione di stabile organizzazione si è ampliata a comprendere situazioni che non necessitano di una effettiva consistenza fisica. Evoluzione normativa orientata alla difesa della base imponibile, sottoposta al rischio di erosione, sia per difficoltà di applicazione impositiva, che per comportamenti elusivi. Condivide gli obiettivi raggiunti dal nuovo modello fiscale Ocse 2017, che ha affiancato ai consueti indicatori di carattere formale, la necessità di verificare in concreto le modalità organizzative dell’impresa stabilita in ipotesi di frammentazione ovvero di accordi di commissionaire. Trova poi corrispondenza nel Trattato Multilaterale Beps, sottoscritto dal nostro Paese, ma ancora in attesa di recepimento.

PAROLE CHIAVE: stabile organizzazione - ocse - BEPS - Convenzione multilaterale - art. 162 TUIR


di Andrea Fiordiponti

  1. Non s’intende qui affrontare l’ampia tematica connessa al c.d. Beps package (Base Erosion and Profit Shifting), ma tracciare brevemente lo sviluppo della nozione di stabile organizzazione ed il suo attuale recepimento nell’ordinamento interno. La convenzione multilaterale Beps (Multilateral Convention to implement tax treaty related measures to prevent base erosion and profit shifting), per brevità MLI, in vigore dal luglio 2017, è l’intesa - inizialmente sottoscritta da 68 Stati (Alla data del 27 settembre 2018 i Paesi firmatari erano saliti a 84, v. S. BETTIOL, Una nuova fonte del diritto: La convenzione multilaterale OCSE, 24 novembre 2018, reperibile nel sito www.fiscal-focus.it) - che ha recepito il piano d’azione in quindici punti adottato dall’Ocse e dai Paesi del G20 nel corso del 2013 (Action 15 – Developing a multilateral instrument to modify bilateral tax treaties) e da cui è scaturito il progetto Ocse-G20 per una modifica del modello di convenzione fiscale Ocse (Il nuovo modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni è stato approvato il 21 novembre 2017, le maggiori innovazioni riguardano la disciplina antiabuso, la stabile organizzazione e la procedura Map, mutual agreement procedure). Lo sviluppo dell’accordo ha condotto alla stipula del trattato, che si propone di ottenere una migliore tutela della base imponibile contro il diffondersi delle pratiche elusive, disponendo l’aggiornamento contestuale e coordinato del vasto numero di convenzioni bilaterali tra gli Stati a contenuto fiscale. Certamente innovativo è il metodo utilizzato, per consentire l’adeguamento automatico di tutti i trattati coperti, cioè notificati al depositario (Ocse) da ogni Stato firmatario, a seguito del solo recepimento nel proprio ordinamento interno. Di conseguenza per ogni accordo bilaterale sarà sufficiente l’adesione di entrambe le parti, per dare attuazione alle modifiche previste nel MLI. In proposito è stato sottolineato il carattere self executing del trattato, dichiarato dallo stesso tenore letterale del suo art. 1: “La presente Convenzione modifica tutti gli Accordi fiscali coperti …”. Lo strumento pattizio multilaterale interviene direttamente sulla definizione di stabile organizzazione, inserendo un art. 10, Clausola antiabuso per le stabili organizzazioni situate in giurisdizioni terze, nella parte III, Abuso dei trattati, dove è introdotto un meccanismo di comparazione ed inclusione per i redditi ottenuti in giurisdizioni, terze rispetto alle parti dell’accordo bilaterale. Dedica poi all’argomento la parte IV del trattato (artt. da 12 a 15), Elusione dello status di stabile organizzazione, che affronta diverse ipotesi di continuativa conclusione di affari, per ricondurre nell’ambito della stabile organizzazione, pratiche che ne investono sia il profilo materiale, quali la frammentazione organizzativa e societaria e lo splitting up dei contratti, sia quello personale, come i cd. accordi commissionaire.

 

  1. L’Unione europea non è tra i soggetti firmatari del MLI, né dispone dei poteri necessari. Peraltro il Trattato sul funzionamento dell’ Unione (Tfue), in ossequio al principio di libera circolazione di persone, merci e capitali, con gli artt. 110 e 113 indirizza i Paesi membri verso la definizione di accordi per evitare la doppia imposizione. Va in questa direzione l’iniziativa della Commissione Europea, che riprende le indicazioni maturate nel Beps action plan, ricorrendo ad una misura di soft law con la raccomandazione del 28 gennaio 2016, relativa all'attuazione di misure contro l'abuso dei trattati fiscali. L’esigenza programmatica che qui più c’interessa è dichiarata in particolare al punto 5 della raccomandazione: “Ai fini del corretto funzionamento del mercato interno è essenziale che gli Stati membri siano in grado di avvalersi di sistemi fiscali efficienti e di prevenire l’erosione indebita della loro base imponibile dovuta all’involontaria assenza di imposizione e agli abusi e che le soluzioni adottate per proteggere la loro base imponibile non creino indebiti disallineamenti e distorsioni del mercato.” L’iniziativa comunitaria si concentra sulla necessità per i Paesi membri di inserire in quei trattati, conclusi “tra di loro o con paesi terzi”, norme antielusione basate “su un test per la verifica delle finalità principali in applicazione del modello di convenzione fiscale dell'Ocse”, con lo scopo di legare la concessione dell’eventuale beneficio fiscale allo svolgimento di “un’attività economica reale”. In altri termini s’introduce un meccanismo di accertamento rivolto al singolo caso concreto, superando il semplice esame dei requisiti astrattamente previsti, la cui sola presenza, sin qui, ha consentito di ottenere i vantaggi in questione. Il provvedimento invita poi i Paesi membri ad adottare la definizione di stabile organizzazione, che deriva dalle “nuove disposizioni (proposte) dell'articolo 5 del modello di convenzione fiscale dell'Ocse per contrastare le pratiche finalizzate a evitare artificiosamente lo status di stabile organizzazione …”. L’evoluzione del quadro regolatorio muove verso una maggiore efficacia in rapporto alla complessa casistica, spesse volte sfuggente ad una disciplina, che utilizza canoni prevalentemente formali, e tende ad un’applicazione dei benefici previsti nei trattati, aderente all’obiettivo prioritario di favorire l’effettivo scambio di beni e servizi, al contempo difendendo la base imponibile dalle condotte elusive. La produzione normativa di fonte comunitaria non si è limitata alla raccomandazione descritta, intervenendo con le cd. direttive Atad I e Atad II (Le direttive sono state recepite con il D.Lges. 29 novembre 2018, n. 142, v. Camera dei Deputati, dossier 12 settembre 2018, Norma contro le pratiche di elusione fiscale; direttiva ATAD 2), dettate in materia di disallineamento da ibridi (mismatch hybrids arrangements), argomento che il MLI ha regolamentato nella sua parte I, per superare vuoti o contrasti di norme tra giurisdizioni, che consentano di ottenere vantaggi ingiustificati per imprese che operano in più Paesi. Fermo invece l’iter della proposta di direttiva Cccbt, sul consolidamento delle basi imponibili, nata sulla scorta del rapporto Ocse sulla tassazione del commercio elettronico, che individua un criterio di riparto dei profitti nelle transazioni intercompany tra i diversi Paesi, secondo un metodo predefinito. Inutile aggiungere, che lo stop sofferto dalla proposta testimonia il rilievo che la materia riveste per la capacità impositiva dei Paesi membri, che, all’evidenza, si avvalgono di legislazioni interne ancora fortemente differenziate. Resta la necessità di individuare forme di tassazione, che prescindono da una taxable presence di regola identificata con la stabile organizzazione nel territorio degli Stati, dove le multinazionali digitali sono attive. Altra ipotesi di lavoro avanzata, consiste nell’usare concetti quali la “presenza digitale significativa” di una determinata impresa nell’economia del territorio di uno Stato diverso da quello di residenza o la “stabile organizzazione virtuale”, utilizzando parametri dedicati, ma anche questa, al momento, non ha trovato migliore fortuna.

 

  1. Il nuovo standard regolatorio ha trovato espressione nella versione aggiornata dell’art. 5 del modello di convenzione fiscale Ocse 2017. Va premesso che il modello costituisce una semplice raccomandazione che si rivolge ai Paesi membri dell’Organizzazione, cui si affianca un Commentario, che ne costituisce veicolo interpretativo dal valore ampiamente riconosciuto. La norma ha lo scopo di stabilire i caratteri della presenza tangibile dell’impresa nello Stato dove si produce il reddito, identificando la stabile organizzazione con una struttura fisica, sede degli affari dell’impresa, individuata attraverso due liste di indicatori, l’una positiva che detta un elenco delle tipologie di struttura considerate, l’altra negativa per evidenziare i casi che non integrano la fattispecie. Riconosce altresì stabilità organizzativa negli affari conclusi abitualmente attraverso agenti o altri soggetti, che agiscono in nome dell’impresa estera. Il ripetuto art. 5 del modello si occupa infatti di disciplinare sia il caso di una stabile organizzazione materialmente individuabile, sia quello di un’organizzazione, la cui stabilità si fonda su rapporti contrattuali di tipo personale. I due concetti sono tra di loro alternativi, nel senso che ai fini delle imposte sui redditi è sufficiente rilevare la presenza dell’una ovvero dell’altra forma di stabile organizzazione, per dar luogo all’imposizione da parte dello Stato, dov’è la fonte dei redditi. Sotto questa angolazione, nel comparto dell’imposizione diretta tutte le volte in cui si tratta di verificare l’esistenza o meno di una stabile organizzazione in un determinato Paese va esaminato l’eventuale ricorrere degli elementi previsti per il suo profilo materiale, ma va anche verificata l’eventuale esistenza di una stabilità personale. In sostanza, in quest’ultimo caso, il requisito della sede fissa d’affari viene sostituito, quale requisito autonomo, dall’abituale conclusione dei contratti da parte dell’agente. Il Commentario Ocse precisa che la nozione di sede d’affari comprende tutti i locali, infrastrutture o simili, utilizzati per l’esercizio dell’attività industriale o commerciale della società, a prescindere dal fatto che questi siano utilizzati esclusivamente a tale fine. Ciò che risulta essere rilevante è il fatto che la società estera abbia a disposizione un certo spazio fisico, a prescindere dal titolo giuridico sulla base del quale ne dispone. È poi necessario che la società non residente svolga la propria attività nel territorio dello Stato per mezzo della sede fissa d’affari. In altre parole, è necessario che l’insieme di azioni e attività svolte nella sede fissa d’affari sia finalizzato allo svolgimento, parziale o totale, dell’attività della società estera, non essendo richiesto che l’attività svolta abbia carattere produttivo in sé. Il Discussion Draft cerca di chiarire che cosa debba intendersi per spazio fisico a disposizione della società estera. Va ricordato che il requisito non è previsto dall’art. 5 del Modello Ocse, bensì in sede interpretativa nel Commentario. A questi fini, infatti, il concetto di at disposal andrebbe riferito al caso in cui un’impresa possa fare uso di uno spazio fisico in maniera stabile. Con il profondo intervento innovativo in discorso vengono attratti nella nozione di stabile organizzazione tecniche e comportamenti, diffusi nella prassi in funzione della loro capacità elusiva. In questa prospettiva la disciplina, fin qui soprattutto attenta ai requisiti formali, che identificano la stabile presenza, acquista efficacia dotandosi di maggiore aderenza al concreto svolgersi dei fatti. Le novità si sostanziano nell’introduzione dellacd. anti-fragmentation rule (par. 4.1) e nella nuova definizione di agente dipendente (par. 5) ed indipendente (par. 6). La prima sposta il focus valutativo sulle concrete modalità di attuazione delle attività dell’impresa, realizzate anche mediante una o più collegate, ed esclude l’applicabilità del par. 4 (negative list), quando i diversi segmenti di affari, costituiscano un insieme di operazioni complementari rispetto ad una conduzione unitaria degli affari, mentre singolarmente considerati potrebbero risultare preparatori od ausiliari, perciò estranei al concetto di stabile organizzazione. Si può osservare come la previsione comporti un esame del caso concreto, che supera lo schermo formale dei criteri negativi individuati al par. 4 dell’art. 5, ora insufficienti a certificare di per sé l’assenza della stabile organizzazione, a fronte di un’accertata attività complessivamente condotta nello Stato fonte dei redditi. L’adeguamento assume particolare rilievo, considerando la semplicità con la quale le multinazionali (MNEs) possono modificare le proprie strutture per ottenere benefici fiscali ed aggirare lo status di stabile organizzazione, mediante la frammentazione di un’unica attività in varie altre, per sostenere che ognuna di esse è di carattere meramente preparatorio o ausiliario e, di conseguenza, beneficiare delle eccezioni di cui all’art. 5. Con l’altro profilo di novità l’attenzione va alla figura dell’agente, orientandosi, anche in questo caso, a valutare il concreto svolgersi degli affari. L’abitualità nella conclusione dei contratti ovvero nel trasferimento di beni e servizi, che qualificano il rapporto di dipendenza dell’agente, è una condotta da accertare sul piano dei fatti. Quelle stesse modalità di conduzione degli affari, quando inquadrate nell’ambito dell’ordinaria attività dell’agente, ne indicano invece l’indipendenza, ma la norma chiede di rapportarle all’eventuale esclusiva o preponderante operatività in favore di una o più imprese tra loro correlate. La nuova formulazione del par. 6 introduce una limitazione al concetto di indipendenza, considerando carenti del requisito gli agenti, che operano esclusivamente o quasi, per una o più imprese strettamente correlate. Conseguente la necessità di una verifica della qualità del rapporto tra impresa, e sue collegate, e l’agente, dove il nesso di dipendenza si commisura al peso degli affari conclusi per il medesimo mandante sul complesso delle attività svolte. Con la nuova formulazione si è inteso porre rimedio alla diffusa pratica degli accordi cd. “commissionaire”, dove il ricorso a modalità di vendita attraverso soggetto residente, che agisce in nome proprio dietro il riconoscimento di una commissione sul venduto, poteva consentire di evitare lo status di stabile organizzazione.

 

  1. Per quanto più ci riguarda il recepimento attraverso legge ordinaria del MLI non è ancora avvenuto, anche se l’Italia è tra i firmatari dell’accordo, con 84 trattati coperti, ed è lecito immaginare che il trattato troverà attuazione. Il legislatore nazionale è però intervenuto per adeguare la disciplina interna alla nuova formulazione di stabile organizzazione indicata nel modello Ocse, come modificato dall’Action 7 del progetto Beps. La nozione, introdotta per la prima volta con il d.lgs. 12 dicembre 2003 n. 344, si rinviene nell’art. 162, Tuir, successivamente modificato ed ora, con la legge di Bilancio 2018, arricchito di una lett. f-bis al comma 2, dove si prevede che, ai fini dell’individuazione di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sia sufficiente la “significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso”, sganciando così l’accertamento della situazione concreta dalla presenza di una struttura materiale direttamente riferibile all’impresa non residente. Sono inoltre sostituiti i commi da 4 a 7 dello stesso art. 162, Tuir, andando a disciplinare sia la possibilità di una combinazione degli elementi inseriti nella negative list, quando comporti il superamento del mero “carattere preparatorio o ausiliario”, sia il più ampio concetto di nesso di dipendenza dell’agente in rapporto al volume d’affari concluso, anche se nella veste formale di agente indipendente. Da notare infine l’ingresso al comma 7bis del dato, utile ad individuare la stretta correlazione esistente tra soggetti diversi, che, in sostanza, viene fatta coincidere con il controllo, “in ogni caso”, quando “l'uno possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento della partecipazione dell'altra o, nel caso di una società, più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale, o se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente …” nella stessa misura. L’adeguamento normativo interno è stato piuttosto tempestivo, ma è ovvio che il percorso potrà completarsi solo con il recepimento del MLI (Il 23 marzo 2019 è stato siglato un nuovo accordo internazionale bilaterale con la Cina per eliminare le doppie imposizioni, che recepisce le previsioni di cui al modello Ocse e sostituisce il precedente accordo risalente al 1986).