argomento: IVA - Giurisprudenza
L’esclusione da Iva del distacco di personale infragruppo a fronte del rimborso dei soli costi sostenuti per il dipendente distaccato (ex art. 8, c. 35 della L. 11/03/1988), potrebbe essere in contrasto con la normativa Ue, in quanto potenzialmente contraria ai principi di neutralità fiscale e alla nozione stessa di prestazione di servizi, così come delineata dagli artt. 2 e 6 della Sesta Direttiva (ora art. 24, Direttiva 2006/112/CE)
» visualizza: il documento (Corte di Cassazione, 29 gennaio 2019, n. 2385)PAROLE CHIAVE: prestito di personale - distacco - operazione esclusa
di Concetta Ricci
Il dubbio, sollevato dalla Corte di Cassazione, è che l’esclusione della fattispecie in oggetto dalle “prestazione di servizi” rilevanti ai fini Iva sia in contrasto con la nozione di prestazione di servizi contenuta nell’art. 6 della Sesta Direttiva (ora art. 24, Direttiva 2006/112/CE), secondo cui “si considera <> ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5”.
La questione, infatti, si fonda sui requisiti cui il legislatore italiano, secondo l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate (ris. 5.11.2002 n. 346 cit.), subordina l’esclusione da Iva del distacco di personale, ossia che venga rimborsato esclusivamente il costo del personale prestato (retribuzione, oneri previdenziali e contrattuali). Se, al contrario, le somme rimborsate sono superiori (o anche inferiori) al costo, l’intero importo è imponibile ai fini IVA, configurandosi, in quel caso, una prestazione di servizi a titolo oneroso.
Nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione, che, interpretando la norma che dispone l’irrilevanza Iva del distacco di personale, ritiene che la predetta fattispecie non integri una prestazione di servizi e, per questo non sia soggetta a IVA, se il rimborso è esattamente pari ai costi (retribuzioni, oneri previdenziali e assistenziali) gravanti sull’impresa distaccante. L’irrilevanza ai fini dell’IVA è giustificata dal carattere sostanzialmente neutrale dell’operazione, non comportando cioè un guadagno per il distaccante, ma neppure un risparmio per il distaccatario (Cass., 7 novembre 2011, n. 23021 cit.; Id., 3 agosto 2012, n. 14053 cit.).
Diversa pare invece, come sottolineato dai giudici di legittimità, la posizione Ue. In particolare, la la Corte di Giustizia ha affermato che “la nozione di <>, ai sensi della Sesta Direttiva Iva, deve essere interpretata indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, e a prescindere dalla qualificazione che, nel diritto nazionale, viene data al controvalore dell’operazione come “corrispettivo” o “rimborso” (CGUE, 22 novembre 2018, causa C-295/17, punto 60); l’operazione si considererà effettuata a titolo oneroso, ai sensi della Sesta Direttiva, soltanto se le somme percepite dal prestatore costituiscono l’effettivo controvalore del servizio fornito al beneficiario. “(...) a nulla rilevando, nel caso specifico di distacco infragruppo, che le spese sostenute dalla controllata siano corrispondenti all’ammontare delle retribuzioni e degli oneri per lavoratori dipendenti dalla controllante e, quindi, da un soggetto terzo rispetto a quello su cui finisce col gravare il relativo peso” (CGUE, 18 gennaio 2017, causa C-37/16, punto 25). Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, quindi, ai fini della qualificazione di tali operazioni come “negozi a titolo oneroso”, non rileva il fatto che un’operazione economica venga svolta a un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo, ma esclusivamente che sussista un nesso diretto tra la cessione di beni o le prestazioni di servizi e il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo (CGUE, 20 gennaio 2005, causa C-412/03).
Alla luce di dette ragioni, la Suprema Corte ha ritenuto di dover sottoporre la questione alla Corte di Giustizia con la seguente motivazione: “La norma nazionale, così come interpretata da questa Corte, induce il dubbio che sia esclusa dallo spettro di applicazione dell’IVA una prestazione, come quella di messa a disposizione di personale per mezzo di distacco, fronteggiata dal rimborso del costo delle relative prestazioni, che è, invece, imponibile. (...) Che, poi, l’attività economica in questione si sia tradotta in una prestazione di servizi svolta a titolo oneroso potrebbe ricavarsi dall’ammontare della somma corrisposta dalla distaccataria, pari all’importo delle spese e degli oneri da sostenere per i lavoratori, in quanto tale non insignificante.”
Tuttavia non condivisibili sono le conclusioni cui giunge e che giustificano il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue.
Nell’ordinamento italiano, come in quello europeo, la qualificazione di un’operazione come prestazione di servizi soggetta a Iva è funzione dell’onerosità della prestazione, che deve avvenire verso un corrispettivo.
Nell’ambito di un gruppo, accade di frequente che dipendenti di una società vengano destinati a prestare la loro attività in favore di una o più società consociate. Con il contratto di prestito di personale, l’impresa presso la quale il dipendente è assunto, si obbliga a consentire che esso presti attività lavorativa alle dipendenze di un’altra impresa verso il mero rimborso da parte di quest’ultima dei costi sostenuti dalla prima in relazione al personale prestato.
Pertanto, la qualificazione dell’operazione, ai fini dell’esclusione dal campo di applicazione IVA , non può prescindere dall’individuazione dei criteri con i quali viene rilevato, e successivamente ripartito, il costo sostenuto per il dipendente tra tutte le società a favore delle quali il lavoro viene prestato. In presenza di questo computo, infatti, non sembra corretto ravvisare una sorta di prestazione da parte di un’impresa nei confronti dell’altra, ma piuttosto un semplice riparto di costi, non soggetto a Iva.
L’importo, in valore assoluto, del pagamento infragruppo non può essere considerato rilevante, come invece fa la Suprema Corte, per qualificare l’operazione come prestazione di servizi a titolo oneroso, se non rapportato all’ammontare dei costi sostenuti dall’impresa distaccataria. In altri termini, la valutazione circa l’esistenza o meno di un corrispettivo non va effettuata in termini quantitativi, cioè, in riferimento all’ammontare della controprestazione, ma piuttosto in termini qualitativi, verificando se esista la controprestazione, come scambio del bene o del servizio ricevuto.
A rilevare, in definitiva, è che si tratti, nella sostanza - a prescindere da come lo si voglia definire – di un rimborso dei costi sostenuti per il personale distaccato e non del corrispettivo per una prestazione resa.
Pertanto, l’art. 8 c. 35 della L. 11/03/1988, n. 67, nella misura in cui esclude da Iva il distacco di personale, non appare in contrasto con la normativa Ue giacché è l’assenza di corrispettività della prestazione a rendere irrilevante, ai fini Iva, il distacco, per carenza del presupposto oggettivo d’imposta.
Neppure si configura una violazione del principio di neutralità fiscale dell’Iva, paventata dalla Suprema Corte, per via del diverso trattamento riservato alle altre ipotesi di prestito di personale, come quella della somministrazione di lavoro, vista la differente finalità dei due istituti proprio sotto il profilo dell’onerosità della prestazione e dell’economicità della stessa.
Nella somministrazione di lavoro, infatti, c’è sempre un interesse dell’impresa fornitrice ad ottenere un vantaggio economico dalla prestazione del servizio; come efficacemente sottolineato dalla prassi (v. circ., Min. Lav. ,15 gennaio 2004, n. 3) “(…) Mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse al buon andamento della società controllata o partecipata”.
E’ quindi la mancanza di onerosità, connaturata - di regola - alla funzione stessa del distacco del personale, e che lo differenzia rispetto ad altre ipotesi di prestito di dipendenti, a far venire meno il presupposto oggettivo Iva senza per ciò violare i principi posti dall’ordinamento Ue.
La prassi del distacco di personale è particolarmente diffusa nella realtà aziendale italiana, pertanto la decisione della Corte di Giustizia Ue avrà un impatto notevolmente significativo non soltanto sotto il profilo teorico, stante i principi generali messi in discussione (definizione di prestazione di servizio, carattere di onerosità, ecc.) ma specialmente sotto il profilo applicativo, coinvolgendo gli interessi dei grandi gruppi ma anche delle piccole e medie imprese che fanno spesso ricorso a tale istituto per acquisire professionalità specializzate.