argomento: Profili europei e Internazionali - Giurisprudenza
La ripartizione della sovranità impositiva effettuata con le norme convenzionali è un’espressione di autonomia nazionale le cui conseguenze discriminatorie non possono essere sindacate rispetto ai principi ed alle libertà fondamentali comunitarie anche quando si basino sulla differente sia residenza che cittadinanza.
PAROLE CHIAVE: residenza - cittadinanza - pensione - ritenute
di Valerio Ficari
L’Inps negava espressamente ritenendo che la non imponibilità spettava ai sensi dell’art.19 della Convenzione Italia – Portogallo solo per le pensioni private e non anche per quelle pubbliche per la cui non imponibilità era necessario aver acquisito oltre alla residenza tributaria anche la cittadinanza in Portogallo.
A seguito dell’azione di accertamento positivo del diritto ad ottenere la pensione al lordo della ritenuta italiana, la Corte dei Conti rimise alla Corte di Giustizia europea la questione di legittimità comunitaria in quanto la norma nazionale che assoggetta(va) a due regimi fiscali diversi pensioni private e pubbliche a parità di residenza estera in un altro Stato membro costituirebbe un ostacolo alla libertà di circolazione e soggiorno ex art.21 TFUE nonché una discriminazione (fiscale) basata sulla residenza vietata ex art.18 TFUE.
La Corte di Giustizia ha ritenuto che:
Nella tesi della Corte le libertà fondamentali di circolazione non osterebbero ad una applicazione delle convenzioni che dia luogo ad una doppia imposizione anche quando uno dei due Stati abbia adottato una misura fiscale di favore e di attrazione (in generale sul rapporto tra libertà e convenzioni DORIGO Doppia imposizione internazionale e diritto dell’Unione europea in Riv. trim. dir. trib., 2013, 23 e ss. spec.39 e ss.; TARIGO Diritto internazionale tributario, vol.I, Torino, 2018, 84 e ss.: CORDEIRO GUERRA Diritto tributario internazionale., cit., 150 e ss.): per i giudici nel caso delle pensioni c.d. estere (sul tema SAGGESE Le pensioni estere in AA.VV. La mobilità transnazionale del lavoratore dipendente: profili tributari (a cura di Della Valle – L.Perrone – Sacchetto – Uckmar), Padova, 2006, 185 e ss.) non sarebbe discriminatorio distinguere, a parità di caratteristiche oggetti del reddito, il pensionato anche cittadino italiano da quello già cittadino portoghese.
La Convenzione presenta, quindi, una distinzione di regime fiscale basata non sulla residenza tributaria ma sulla cittadinanza/nazionalità: da un lato, i pensionati privati residenti (sia cittadini che non cittadini) e i pensionati pubblici residenti ma anche cittadini del Portogallo; dall’altro i pensionati pubblici residenti in Portogallo ma ancora cittadini italiani non avendo ancora acquisito la cittadinanza/nazionalità portoghese.
In alti termini in base alla Convenzione l’Italia potrebbe applicare le ritenute nei confronti dei soli pensionati pubblici (e non anche a quelli privati) ancora cittadini italiani anche se non più residenti.
Si avrebbe, quindi, una duplice diversità soggettiva nell’imposizione: ad un livello più alto tra pensionati privati e pubblici; ad uno più specifico tra gli stessi pensionati pubblici.
L’art.23, secondo comma del Tuir n.917/1986 (sulla secondarietà del disposto nazionale rispetto a quello convenzionale diverso vedi Cass. 15 luglio 2016, n.14474), senza alcuna distinzione fra pubblico e privato, prevede, invece. la tassazione in Italia con ritenuta se le pensioni siano erogate dallo Stato o da soggetti residenti in Italia.
Nel non aver risolto il problematico rapporto tra il livello normativo convenzionale/domestico e quello comunitario (cfr. tra gli altri AMATUCCI Il conflitto tra norma internazionale ed interna tributaria in Riv.dir.trib.int., 1999, I, 59 e ss.; MAISTO Le interrelazioni tra “diritto tributario comunitario” e “diritto tributario internazionale” in Riv. dir. trib., 2006, I, 865 e ss.; ) la sentenza causerà una limitazione dell’appeal di tutti quei regimi fiscali (sia esteri di Stati comunitari diversi dall’Italia che dell’Italia stessa) che, nel rispetto della tax fair competition, partendo dal presupposto logico dell’assenza di discriminazioni fiscali in uscita, promuovano la circolazione e, quindi, la modifica della residenza fiscale senza in alcun modo condizionare l’applicazione del proprio regime, eventualmente agevolativo, anche al requisito della cittadinanza.
La pronuncia potrebbe riguardare anche i regimi di recente introdotti in Italia proprio per attrarre neoresidenti facoltosi garantendo loro una fiscalità agevolativa per i redditi esteri cioè la cui fonte si trovi in uno stato diverso dall’Italia; l’applicazione, infatti, anche di una ritenuta nello stato della fonte attenuerebbe di molto l’attrattività della fiscalità italiana.
In particolare, ritenere, come fa la Corte di Giustizia, che sia prevalente una norma di origine convenzionale che riservi il potere impositivo allo Stato dove si trova l’ente che eroga la pensione potrebbe condizionare l’efficacia dell’opzione per una imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia pur essendo cittadini esteri e non italiani (art.24 bis Tuir) nonché, in particolare, da persone fisiche titolari di redditi da pensioni di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno (art.24 ter Tuir) (su tali regimi MASTELLONE Il ventaglio dei regimi fiscali per trarre soggetti ad “alta capacità” intellettuale, lavorativa, sportiva e …contributiva: pianificazione successoria e compatibilità con le regole europee in Riv.dir.trib., 2020, I, 1 e ss. spec. 23 e ss.; DELLA VALLE – INNOCENZI Chiarimenti sull’imposta sostitutiva per le persone fisiche neo-residenti ma i dubbi di costituzionalità restano in Il Fisco, 2017, 2822 e ss.; per un quadro comparato QUARTANA – TIZZANINI Il punto sul regime neo-residenti ed uno sguardo oltre confine in Fiscalità & commercio internazionale, 2017, 30 e ss. e MARIANETTI – BARBIERI Dubbi e criticità sui regimi di favore per le pensioni prodotte in ambito internazionale in Il Fisco, 2019, 1931 e ss.) .
La pensione erogata da uno stato estero, nella prospettiva segnata dalla Corte, dovrebbe essere considerata prodotta all’estero in base al criterio della fonte e, quindi, essere assoggettata ad un doppio prelievo (in uscita con ritenuta e in entrata con l’imposta sostitutiva).
Si aggiungano, peraltro, le conseguenze anche sulla c.d. cherry picking clause in base alla quale il neo-residente potrebbe optare per il regime fiscale estero ritenuto più favorevole destinato, però ad però, essere sterilizzato dalla convenzione che riportasse nello stato della fonte la potestà in base a regole ordinarie.
Si rinvengono, infatti, circostanze di fatto del tutto simili salva la natura pubblica dell’erogante e del servizio prestato la quale non assurge, di per sé, a circostanza idonea a rappresentare un collegamento territoriale con lo Stato della fonte tale da giustificare l’asserita diversa ripartizione della sovranità; in entrambe le specie di pensione è identico il luogo di svolgimento e la residenza dell’ente previdenziale (TARIGO Diritto internazionale tributario, cit., 191 ricorda che tale distinzione sarebbe da ricondursi “ad uno storico principio di cortesia internazionale e di mutuo rispetto fra Stati” originariamente pensato, in realtà, per le funzioni diplomatiche e consolari).
Non si coglie, inoltre, alcun interesse pubblico che possa giustificare la discriminazione, non trattandosi di fattispecie di paventata colorazione abusiva/elusiva né potendo tale interesse essere collegato alla permanenza della mera cittadinanza (anche) italiana distinta dalla residenza estera; non pare riconducibile a questo interesse l’ipotetica necessità di evitare il missmatch che si creerebbe davanti al mancato prelievo alla fonte nello stato dell’erogante e nello stato di residenza.
Si aggiunga che se, in astratto, una eventuale ripartizione della potestà diversa potrebbe trovare giustificazione a fronte di regimi fiscali identici fra i due Stati, nella controversia in esame ciò non accade quando nello Stato della residenza sia vigente un regime di esenzione/riduzione della base imponibile o aliquota(applicazione di una imposta sostituiva.
La stessa convenzione esaminata, peraltro, offre una soluzione normativa del tutto trascurata nell’ordinanza di rimessione: l’art.23, infatti, nel prevedere che i “nazionali” di uno Stato non possono essere assoggettati a regimi tributari “diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettai i nazionali” dell’altro Stato regola il principio di non discriminazione vietando nella concreta applicazione e interpretazione della convenzione trattamenti fiscali diversi da nazionali/cittadini diversi (anche se residenti nello stesso Stato).
Pertanto, qualsiasi effetto discriminatorio verrebbe già risolto ex ante prima dell’applicazione concreta della convenzione.
A ciò si aggiunga che l’ordine di esecuzione del trattato bilaterale di cui alla convenzione contro le doppie imposizioni esprime una visione dell’adattamento del diritto interno a quello convenzionale tale da configurare un fenomeno di produzione di norme interne (così condivisibilmente TARIGO Diritto internazionale tributario, cit., 37) tale da far annoverare la norma convenzionale recepita fra quelle nazionali in senso ampio cui, indistintamente, andrebbe indirizzata la valenza precettiva dei principi comunitari e delle libertà fondamentali comunitarie.
Già in passato la Corte (cfr. CGE 9 novembre 2006 causa C-520/04 Turpeinen relativa ad un pensionato finlandese che aveva trasferito la propria residenza fiscale in Spagna) ebbe a dichiarare che in presenza di analoga tipologia reddituale (la pensione) fra soggetti non residenti e residenti non sia legittima una imposizione diversa non giustificata da finalità oggettive perseguite dal singolo legislatore nazionale.
La stessa Corte europea più volte a ribadito che in materia di imposte sui redditi, nonostante la loro non armonizzazione, gli Stati membri devono esercitare la loro competenza- che si esprime anche nell’implementazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni – nel rispetto dei principi comunitari (così già CGE 19 novembre 2015 causa C-632/13 Skatteverket contro Hirvonen; CGE 14 dicembre 2006 causa 170 caso Dankevit).
Non da ultima deve essere segnalata la recente giurisprudenza i legittimità italiana (Cass.sez. trib.29 gennaio 2020 n.1967) la quale ha affermato la non applicazione della convenzione Italia –Spagna e della norma sulla tassazione dei dividendi in uscita in quanto in contrasto con il principio di non discriminazione e di libertà di stabilimento.
Da un lato, sebbene per erogazioni pensionistiche a favore di lavoratori autonomi (es. erogate da Enasarco a seguito della cessazione dei rapporti di agenzia) si è riconosciuta l’applicazione dell’art.21 Convenzione tra Italia e Portogallo (corrispondente al modello Ocse) che per gli “Altri redditi” attribuisce la potestà in via esclusiva allo stato di residenza a prescindere dalla cittadinanza; altro elemento, quindi, di differenziazione tra pensioni (Ris. 12 febbraio 2019 n.35).
Dall’altro, però, l’Agenzia delle Entrate (Risposta ad interpello n.351 del 29 agosto 2019) in relazione alla Spagna ha confermato, invece, l’applicazione della ritenuta da parte dell’Inps come accaduto nel caso oggetto della sentenza comunitaria.
Occorre, pertanto, individuare rimedi all’avvenuta imposizione discriminatoria nello Stato della fonte.
L’eliminazione della doppia imposizione (ove non raggiunta in sede di interpretazione delle norme attraverso una ripartizione della potestà ex ante) avrebbe delle difficoltà ad essere garantita al pensionato neoresidente all’estero solo attraverso la presentazione di una istanza di rimborso ex art.38 DPR n.602/1973 entro 48 mesi dall’avvenuta effettuazione della ritenuta in quanto l’Agenzia eccepirebbe, per l’appunto, l’applicazione dell’art.19 della Convenzione nonostante la limitazione della libertà di circolazione.
La soluzione sarebbe solo quella, corrispondente a quanto dispone l’art.165 del Tuir se il neo-residente pensionato si fosse trasferito dall’estero in Italia, dell’utilizzo quale credito di imposta del valore corrispondente alla ritenuta alla fonte subita.
Qualora, però, l’imposta nello stato di neo-residenza fosse inferiore a quella pagata nello stato della fonte l’eliminazione dell’evidente doppio prelievo (su cui in generale TARIGO Diritto internazionale tributario, cit., 208 e ss. la quale ritiene recessiva la posizione dello stato della fonte) potrebbe essere sancita solo dalla possibilità di riportare in avanti l’eccedenza da compensare con future imposte da versare nello stato di residenza; resterebbe, invece, una seria criticità ove tale ipotesi fosse in concreto non configurabile.
Da esplorare, si segnala, la strada di attivare la procedura amichevole come prevista dalla convenzione sia nello stato di residenza che in quello di cittadinanza se diversi.
Qualora sia il riporto che la procedura non fossero praticabili non resterebbe che concludere per l’assenza di rimedi e, quindi, un evidente effetto limitativo derivante dalla no eliminata doppia imposizione sulla pensione pubblica.