argomento: Sanzioni e contenzioso - Legislazione e prassi
PAROLE CHIAVE: processo telematico - udienza - comunicazione da remoto
di Nicola Durante
Relazione svolta al webinar sul tema “È in corso una doppia metamorfosi del processo tributario?”, organizzato dall’Università della Calabria e dagli Ordini degli Avvocati e dei Dottori Commercialisti di Catanzaro il 15 dicembre 2020.
La prima norma sul processo tributario telematico è contenuta all’art. 16, comma 4, del decreto-legge 23 ottobre 2018 n. 119, convertito dalla legge 17 dicembre 2018 n. 136 e consente alle parti che ne facciano richiesta la partecipazione da remoto all’udienza pubblica di cui all’art. 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, mediante collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza ed il domicilio indicato, a sua volta equiparato all’aula di udienza.
Si tratta di un’udienza telematica di tipo ibrido, alternativa all’udienza in presenza, in cui, nonostante tutti i soggetti siano collegati tra loro da remoto, resta ferma la presenza in aula dell’organo giudicante, della segreteria e delle parti diverse da quella istante.
Detta disciplina non ha mai trovato attuazione, in quanto condizionata alla definizione delle regole tecnico-operative.
Nelle more di queste ultime è subentrato l’art. 135, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito con legge 17 luglio 2020 n. 77, applicabile anche ai procedimenti in camera di consiglio di cui agli artt. 33, 47 e 70 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, che ha introdotto il collegamento da remoto, su richiesta di parte, tra l’aula di udienza ed i luoghi di collegamento «del contribuente, del difensore, dell’ufficio impositore e dei soggetti della riscossione, nonché dei giudici tributari e del personale amministrativo delle commissioni tributarie, tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e di udire quanto viene detto». Detti luoghi sono equiparati all’aula di udienza.
Quindi, con decreto dirigenziale 11 novembre 2020 n. 6265 sono state dettate le regole tecnico-operative.
Rispetto allo schema precedente, l’udienza diventa interamente telematica, mentre la presenza in aula è meramente eventuale.
L’ammissione al collegamento da remoto non costituisce un diritto perfetto, ma è subordinato alla previa definizione, da parte dei presidenti delle commissioni tributarie, dei criteri sulla cui base la segreteria possa poi individuare le controversie per le quali è autorizzata a comunicare alle parti lo svolgimento delle udienze a distanza.
Questo si giustifica per il fatto che la mancata ammissione all’udienza telematica comporta comunque la celebrazione della stessa in presenza, senza alcuna compromissione dei diritti di difesa.
Tuttavia, prim’ancora che l’udienza a regime avesse abbrivio, in costanza di stato di emergenza da covid-19, è intervenuto l’art. 27 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, che ha introdotto una disciplina eccezionale temporanea – valevole per il periodo tra il 29 ottobre 2020 ed il 31 gennaio 2021, salvo proroga –, in base alla quale le controversie in pubblica udienza passano in decisione allo stato degli atti ed i difensori sono «considerati presenti a tutti gli effetti».
Se però una parte insiste per la discussione, con istanza notificata alle altre parti costituite e depositata almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione, il presidente della commissione tributaria può autorizzare l’udienza telematica, con decreto motivato da comunicarsi alle parti almeno cinque giorni prima della data dell’udienza stessa.
«In alternativa alla discussione con collegamento da remoto», ossia in carenza di autorizzazione presidenziale, la decisione avviene a trattazione scritta, con concessione alle parti di un termine «non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell’udienza per memorie di replica».
Nel rito emergenziale l’udienza telematica non è alternativa all’udienza in presenza, ma alla trattazione scritta del processo, ordinariamente applicabile sia alle udienze pubbliche.
Ne deriva che, a differenza di quella “a regime”, la mancata ammissione all’udienza telematica “emergenziale” comporta la totale compromissione della facoltà di contraddittorio orale delle parti.
Come detto, l’art. 27 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 subordina l’ammissione all’udienza telematica ad un decreto motivato, senza però specificare quali siano i presupposti di fatto e di diritto che l’autorità competente – ossia il capo dell’ufficio giudiziario – debba valutare, prevedendosi esclusivamente che questi possa disporre che le udienze e le camere di consiglio «si svolgano anche solo parzialmente da remoto, ove le dotazioni informatiche della giustizia tributaria lo consentano e nei limiti delle risorse tecniche e finanziarie disponibili».
Ritiene chi scrive che l’art. 27, pur non sancendo un diritto potestativo della parte alla discussione da remoto, conferisca al presidente della commissione un potere di valutazione di natura essenzialmente ricognitiva, circa l’esistenza di possibili impedimenti assoluti al collegamento a distanza, tali da non consentirlo neppure in forma parziale.
Sarebbe dunque illegittimo un decreto negativo disposto sulla base di argomentazioni diverse o, peggio ancora, privo di motivazione.
Che – a fronte di un’istanza di discussione – l’udienza a distanza sia la regola e la trattazione scritta l’eccezione risulta evidente anzitutto dalla lettera della norma e dalla collocazione sistematica dei due metodi decisori, laddove il collegamento da remoto è inserito al primo comma, mentre la trattazione scritta non solo è inserita al secondo comma, ma è espressamente qualificata come “alternativa”, vale a dire “subordinata”.
Ad identica conclusione si perviene attraverso un’interpretazione di tipo funzionale ed assiologico, essendo indubitabile che, tra i princìpi del giusto processo sanciti dall’art. 111 della Costituzione operanti nel processo tributario, vi è anche il principio di effettività della tutela giurisdizionale, un cui corollario immediato e diretto è proprio il diritto alla pienezza del contraddittorio da attuarsi attraverso la difesa orale (più in generale sul tema SCUFFI, Il giusto processo tributario alla luce della giurisprudenza costituzionale, in www.questionegiustizia.it).
Certo, in una situazione emergenziale come quella in atto e nel bilanciamento con i canoni di ragionevole durata e di speditezza processuale, può risultare necessario comprimere la dimensione pratica di tale diritto, senza che con tutto ciò sacrificarlo completamente, a maggior ragione quando la tecnica moderna offra validi strumenti che ne consentono la fruizione, sia pur in misura ridotta.
A tal proposito, si segnala l’ordinanza con cui il giudice amministrativo ha accolto, ai fini del riesame, la domanda cautelare avverso il decreto del presidente della commissione tributaria provinciale di Foggia del 30 ottobre 2020, che ha escluso lo svolgimento da remoto delle udienze pubbliche e camerali, assumendo mancanti «le condizioni normative secondarie e le dotazioni tecnologiche necessarie per la regolamentazione delle udienze pubbliche con collegamento da remoto» (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 27 novembre 2020 n. 742, in www.giustizia-amministrativa.it).
Nella fattispecie, il T.A.R. ha osservato come «nella motivazione dell’atto impugnato non si è fatto cenno alle valutazioni istruttorie che hanno condotto all’impossibilità di autorizzare lo svolgimento delle udienze con collegamento da remoto, né l’amministrazione resistente ha allegato in giudizio la prova dell’esistenza di ragioni tecniche o di interesse pubblico che avrebbero reso non praticabile o amministrativamente inopportuno il collegamento da remoto per i difensori delle parti del processo tributario».
Il provvedimento cautelare reca un’ambiguità di fondo, giacché se è chiaro il riferimento all’esistenza di «ragioni tecniche» che rendano il collegamento da remoto «non praticabile», alquanto oscuro è il riferimento alle possibili ragioni «di interesse pubblico» che rendano lo stesso «amministrativamente inopportuno».
Per altro, l’ordinanza è stata emessa in relazione ad un decreto cronologicamente antecedente sia rispetto alla delibera del 10 novembre 2020, con cui il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha approvato le “Linee guida” per l’applicazione dell’art. 27 (in www.giustizia-tributaria.it), sia rispetto alla pubblicazione delle regole tecnico-operative.
Quando invece, secondo la chiara risposta del direttore generale delle Finanze al quesito posto dall’associazione dei magistrati tributari, contenuta nella nota 23 novembre 2020 n. 7103, è una volta intervenute queste ultime che «i presidenti delle CC.TT. possono autorizzare con decreto motivato lo svolgimento dell’udienza pubbliche o camerali da remoto».
A tale proposito va precisato che le regole tecnico-operative stabiliscono che le udienze a distanza devono tenersi «mediante collegamenti da remoto utilizzando il programma informatico Skype for Business…, tramite dispositivi che utilizzano esclusivamente infrastrutture e spazi di memoria collocati all’interno del sistema informativo della fiscalità (SIF) del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nei limiti delle risorse e apparati assegnati ai singoli uffici».
Alla luce dell’ordinanza del T.A.R. e della nota a precisazione del direttore generale delle Finanze, può verosimilmente affermarsi che, a decorrere dal 16 novembre 2020, un decreto negatorio di udienza a distanza non può basarsi sull’assenza delle «condizioni normative secondarie».
Prima di allora, invero, le “Linee guida”, sezione “richieste di discussione orale”, nel dare istruzioni ai presidenti di commissione, si esprimevano nel senso di considerare attentamente le istanze di rinvio dell’udienza al periodo di rispristino della normalità: «il presidente potrà con decreto fornire ai presidenti dei collegi indicazioni in ordine alla valutazione delle istanze di discussione orale, formulate dai difensori delle parti, che non abbiano accettato il contraddittorio cartolare. Sarà opportuno tener conto nella valutazione delle istanze di rinvio post emergenziale della rilevanza, novità, complessità della questione, del suo valore, del numero di documenti da esaminare e quant’altro ritenuto utile al loro accoglimento».
Ma nemmeno un atto di diniego generalizzato dell’udienza da remoto potrebbe fondarsi sull’asserita insufficienza delle infrastrutture immateriali in dotazione all’ufficio, trattandosi di evenienza risolta dall’art. 3, comma 3, del decreto sulle regole tecnico-operative, il quale stabilisce che «in caso di mancato funzionamento del collegamento da remoto, il presidente sospende l’udienza e, nel caso in cui sia impossibile ripristinare il collegamento, rinvia la stessa, disponendo che ne venga data comunicazione alle parti».
Pertanto, destano perplessità talune formule di chiusura, contenute in alcuni decreti generali adottati dai presidenti di commissione ex art. 27, che demandano nel concreto l’autorizzazione ad una valutazione del presidente del collegio, tenuto conto di criteri più o meno vaghi, quali la rilevanza, novità e complessità delle questioni sollevate, il valore della controversia, il numero dei documenti da esaminare, o la concessione o il rigetto delle inibitorie nel caso esaminato (cfr. DE CESARI, Processo tributario. Servono tutele uniformi, in Il Sole 24 ore, 2 dicembre 2020, pag. 23, il quale riporta che, ad esempio, la commissione tributaria regionale della Campania, ha autorizzato una sola udienza da remoto giornaliera, mentre in altre realtà, come la commissione tributaria regionale della Calabria, «il collegamento da remoto sembra rappresentare la regola».
D’altronde, il riferimento a tali criteri è contenuto nell’art. 135 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 (recante la disciplina a regime) e non nell’art. 27 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 (recante la disciplina temporanea emergenziale), mentre le “Linee guida” del Consiglio di Presidenza, quando rimettono ai presidenti la delibazione «della rilevanza, novità, complessità della questione, del suo valore, del numero di documenti da esaminare e quant’altro ritenuto utile», lo fanno al diverso fine del possibile accoglimento di istanze di rinvio post emergenziale.
Per giunta, le stesse “Linee guida” individuano una ragione in più per favorire i collegamenti da remoto: quella di consentire la partecipazione «anche dei giudici tributari che, residenti, domiciliati o comunque dimoranti in luoghi diversi da quelli in cui si trova la commissione di appartenenza, sarebbero altrimenti esonerati a causa della emergenza sanitaria».
Come argomento astrattamente ostativo, rimarrebbe dunque la carenza di adeguate «dotazioni tecnologiche necessarie» presso la commissione, atteso che l’amministrazione della giustizia tributaria non ha ancora provveduto a dotare i giudici e le segreterie dell’applicazione Skype for Business e dei dispositivi individuali per il collegamento (quali pc, tablet, telefoni cellulari, schede dati).
Nondimeno, è opinione di chi scrive che anche una tale deficienza ben possa essere fronteggiata, almeno inizialmente, tramite l’utilizzo delle strumentazioni personali dei giudici e del personale, salvo questi ultimi non oppongano un espresso rifiuto.
D’altro canto, che i dispositivi e le applicazioni privati siano perfettamente idonei alla bisogna, è dimostrato dal fatto che, sul versante delle parti e degli ausiliari del giudice, l’udienza telematica deve comunque svolgersi interamente tramite essi.
Inoltre, tali dispositivi sono già normalmente utilizzati dai giudici nelle camere di consiglio decisorie “in segreto” (art. 35 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546), le quali non sono disciplinate dalle regole tecnico-operative (sul tema in senso conforme: SEPE, Il processo tributario emergenziale nel decreto “Ristori” e princìpi costituzionali, in Boll. trib,. 2020, fasc. 22 pag. 1631) e sono trattate dalle “Linee guida”, sezione “collegamenti da remoto”, le quali, premessa «l’attuale indisponibilità di dotazioni informatiche per lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali con collegamenti da remoto», evidenziano come, per contro, «per la decisione in camera di consiglio dei ricorsi a trattazione scritta, nonché per quelli ex art. 33, comma 1, parte prima, D.lgs. 546/92, l’attuale assetto emergenziale consente l’utilizzo di adeguate tecnologie (piattaforme di videoconferenza o altri strumenti di comunicazione digitale) individuate dal presidente del collegio, estese ai componenti del collegio ed al segretario di sezione. Il presidente di collegio ne attesta il regolare ed integrale funzionamento».
Se si conviene su quanto sinora esposto, non appare accettabile il fatto che, anche in seguito alla pubblicazione delle norme tecnico-operative, «le udienze pubbliche tributarie continuano ad essere svolte quindi con il metodo cartolare (mediante trattazione scritta)», dovendosi condividere che quest’approccio difensivo da parte di molti presidenti risulti «incompatibile con un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme sull’emergenza», tanto da far promuovere all’Ordine nazionale dei commercialisti un emendamento all’art. 27 che punta all’abolizione della trattazione scritta, stabilendo l’alternativa secca tra celebrazione dell’udienza in via telematica e rinvio a nuovo ruolo (così MIANI, Nel processo tributario udienza da remoto o rinvio, in Il Sole 24 ore, 10 dicembre 2020, pag. 33).
Ad una soluzione simile era, del resto, giunta la giurisprudenza nel processo amministrativo emergenziale di tipo cartolare in vigore prima dell’istituzione dell’udienza telematica, quando alle parti, come alternativa alla trattazione scritta della causa, era stata riconosciuta la «facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale, allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione, potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”» così Cons. Stato, Sez. VI, ordinanze 21 aprile 2020 n. 2538 e n. 2539, in www.giustizia-amministrativa.it).
Ebbene, ove permanesse una condizione di contesto in linea di principio sfavorevole alla celebrazione dell’udienza tributaria da remoto, è sotto gli occhi di tutti che l’approvazione dell’emendamento potrebbe condurre alla potenziale paralisi del processo tributario.
La trattazione rimarrebbe infatti esposta alla mera volontà di una parte di esercitare o meno il proprio diritto al rinvio, non essendo prescritto il contemperamento predisposto dal giudice amministrativo, consistente nell’affidare comunque al collegio la decisione sul differimento richiesto, tenuto conto del diritto ad una ragionevole durata del processo e della particolare semplicità della causa, tale da non richiedere alcuna discussione.
*Il presente contributo non è stato sottoposto a revisione in applicazione di quanto disposto nell’art.9, comma 5 del Regolamento Anvur del 20/2/2019.