Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

09/11/2021 - L’imposta di registro e la cessione di cubatura nell’interpretazione della Cassazione a Sezioni Unite.

argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Giurisprudenza

Secondo la Corte di Cassazione la cessione di cubatura ai fini dell’imposta di registro è atto avente ad oggetto un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale e sconta, pertanto, l’imposizione proporzionale in base all’art. 9, tariffa pt. I, allegata al TUR. Trasferire la proprietà di un fondo edificabile e cederne, seppure totalmente, la cubatura, sono cose differenti sotto il profilo dell’imposizione di registro che colpisce gli atti in base ai loro effetti giuridici.

PAROLE CHIAVE: cessione cubatura - diritto edificatorio - effetti giuridici


di Susanna Cannizzaro

  1. Con la sentenza n. 16080 del 9 giugno 2021, resa a sezioni unite, la Cassazione

interviene su una questione assai controversa sia sotto il profilo sostanziale che fiscale, già oggetto di svariate pronunce giurisprudenziali oltreché affrontata dall’amministrazione finanziaria (si vedano i riferimenti in Parente, Diritti edificatori compensativi “in volo” e fiscalità locale: la questione della tassazione ICI/IMU, Rass. trib.  2021, 493 ss, in tema Ianniello, La tassazione ICI/IMU dei diritti edificatori tra novità giurisprudenziali e dubbi interpretativi, in il fisco, 2021, 448).

 La pronuncia interviene sul regime fiscale, ai fini dell’imposta di registro, dell’atto di cessione di cubatura e, oltre agli esiti, è sicuramente degno di nota anche il percorso argomentativo seguito. La pronuncia, come vedremo, non scioglie tutti i nodi interpretativi in merito alla natura della cessione di cubatura e dei diritti edificatori “comunque denominati” poiché adotta un approccio non tanto finalizzato all’individuazione dell’esatta natura giuridica del diritto nascente dall’atto di cessione della cubatura, quanto volto ad identificare gli elementi delle fattispecie sostanziali rilevanti ai fini del loro inquadramento tributario.

Interessanti, a quest’ultimo riguardo, appaiono le premesse metodologiche da cui muove l’arresto, che sembrerebbero in linea con un’altra pronuncia relativamente recente, resa dai giudici di legittimità nel massimo consesso, in relazione all’applicabilità dell’ICI con specifico riguardo alla possibilità di considerare edificabile (anche ai fini tributari) un’area interessata da un programma di cd. compensazione urbanistica adottato dal Comune, a procedimento compensatorio non ancora concluso (cfr. Cass. SS.UU. 23902/2020 in Rivista telematica di diritto tributario, 5 febbraio 2021, con nota di Contrino, Vincolo di compensazione urbanistica e tassabilità dell’area ai fini ICI: osservazioni a margine di una recente sentenza delle SS.UU. rilevante anche per l’IMU ).

 

  1. La Cassazione, infatti, sgombra subito il campo da due questioni di fondo che emergono anche dall’esame della giurisprudenza pregressa.

Il primo attiene all’interdipendenza dei plurimi piani giuridici interessati dalla questione (civile, amministrativo e tributario) la Corte si pone il dubbio se la questione da affrontare debba risolversi con una soluzione unitaria e, segnatamente, se in ragione di una supposta “autonomia” del diritto tributario sia possibile ragionare solo su piano tributario individuando eventuali peculiarità che potrebbero incidere sulle qualificazioni da adottare.

Il tema, che riveste sicuramente carattere più generale e riguarda la natura strumentale o meno delle norme tributarie, viene correttamente risolto in apertura dell’arresto ancorché limitatamente al caso di specie

L’imposta di registro di cui si controverte contiene una specifica previsione recentemente oggetto di pronuncia costituzionale che ne ha delineato i confini: l’art. 20.  In ragione di tale previsione l’interprete non è chiamato ad utilizzare delle autonome e particolari categorie giuridiche, ma è tenuto ad individuare gli effetti giuridici dell’atto utilizzando gli schemi interpretativi propri di altri rami dell’ordinamento (nel nostro caso civile) al precipuo fine di individuare quelli rilevanti per l’applicazione del tributo.

La questione trattata in apertura è tutt’altro che teorica nel caso di specie. La giurisprudenza più risalente -  segnala infatti la cassazione -  nell’affrontare la questione al vaglio, si basava su una previsione contenuta nel previgente testo unico 3269/1923 che esplicitamente imponeva l’utilizzo dello strumento interpretativo dell’analogia per la tassazione degli atti laddove non fosse stato possibile inquadrarli nelle specifiche previsioni della tariffa. (Art. 8. Un atto che, per la sua natura e per i suoi effetti, secondo le norme stabilite nell'art. 4 risulti soggetto a tassa progressiva, proporzionale o graduale, ma non si trovi nominativamente indicato nella tariffa, è soggetto alla tassa stabilita dalla tariffa per l'atto col quale per la sua natura e per i suoi effetti ha maggiore analogia).

Conseguentemente le pronunce relative alla natura dell’atto in questione (cessione di cubatura), per lo più tributarie e attinenti alla tassazione di registro, risentivano di questo vincolo e riconoscevano il carattere della realità al diritto oggetto dell’atto di cessione di cubatura per mera prossimità con gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali annoverati nella tariffa.

La diversa impostazione seguita dal legislatore fiscale nel vigente articolo 20, secondo la cassazione, scioglie definitivamente il dubbio che di realità di quel diritto si possa trattare solo ai fini tributari, seppur nei termini appena chiariti (ossia come esito di una necessitata operazione interpretativa analogica).

Conseguentemente appare necessario che la qualificazione sia effettuata a monte in base alle categorie civilistiche, e non a valle, ossia utilizzando unicamente lo strumentario offerto dal tributo di registro, non idoneo a fini qualificatori.

Si comprende subito, però, che l’indagine non è finalizzata, come si è anticipato, al raggiungimento di un punto di approdo uniforme e valido in tutti rami del diritto. Si tratta, in sostanza, di inquadrare la fattispecie in una delle due voci tariffarie che potrebbero venire in considerazione: gli atti portanti trasferimento o costituzione di diritti reali o gli atti non altrove indicati aventi contenuto patrimoniale (rispettivamente art. 1 o art. 9 della tariffa pt I allegata al TUR).

L’approccio seguito emerge laddove la Corte affronta l’altra questione di fondo prima indicata, che attiene alla trasponibilità della soluzione adottata nella pronuncia a sezioni unite riguardante la natura dei diritti edificatori di natura compensativa ai fini dell’imposizione patrimoniale (ICI) (23902/2020).

Nell’escludere che la soluzione ivi raggiunta possa risultare dirimente anche per l’applicazione dell’imposta di registro, la Corte si appunta  innanzitutto sulla diversità di fattispecie (pur nel comune ampio genus dei diritti edificatori, in quel caso si trattava di un diritto edificatorio compensativo ancora “in volo”, nell’arresto in esame si disquisisce sulla cessione di cubatura a procedimento amministrativo già concluso), ma sembra fondare la soluzione sull’assenza nel sistema tributario di un principio che imponga l’uniformità di qualificazione per l’applicazione dei diversi tributi.

Ed in effetti, nella pronuncia ICI la Corte si sofferma lungamente sia sulle diversità strutturali e funzionali dei diritti edificatori (con funzione perequativa, compensativa, premiale/incentivante) e della cessione di cubatura, ma anche sulle caratteristiche che deve avere il diritto acquisito per poter integrare il presupposto dell’imposta patrimoniale.  Per questa via giunge a ritenere che nel caso di attribuzione di un diritto compensativo a fronte dell’apposizione di un vincolo di inedificabilità su un’area, in modo particolare quando il diritto stesso è ancora “in volo”, difettano totalmente le condizioni per poter considerare integrato il presupposto del tributo. In sostanza nella pronuncia in questione la Corte, in ragione del differente tributo di cui è controversa l’applicazione, mette in luce come l’imposta sia connotata da una specifica relazione di realità con gli immobili oggetto d’imposizione, relazione che va ritrovata non solo sul piano civilistico ma anche fiscale. L’esclusione dall’imposizione del diritto compensativo deriva infatti dalla sua estraneità non solo alla categoria civilistica dei diritti reali ma, soprattutto al presupposto impositivo ICI.  In altri termini, in ragione della natura patrimoniale del tributo, risulta rilevante la relazione tra soggetto chiamato all’adempimento e bene sottoposto ad imposizione e, conseguentemente, il potere di disposizione e di godimento del bene costituisce indice rivelatore di ricchezza e di manifestazione di capacità contributiva.

Nel sistema di una imposta patrimoniale finalizzata a percuotere chi ha il legame più forte e stringente con il bene immobile oggetto del tributo, non sembra infatti ragionevole tassare un privato che, al di là della eventuale titolarità formale e della natura del diritto, non disponga materialmente dell’area edificabile e non possa godere delle relative utilità a causa dei vincoli che vi gravano. (cfr. in questo senso Contrino, Vincolo di compensazione urbanistica e tassabilità dell’area ai fini ICI, cit.)

Nel caso di cui alla sentenza 23902/2020 l’assenza di una simile relazione e del suddetto potere non consente di considerare il privato coinvolto soggetto passivo.

In definitiva, in continuità con il precedente appena menzionato, l’arresto qui in esame pur ascrivendo la cessione di cubatura nella categoria dei diritti edificatori, prospetta la necessità di una indagine casistica rigorosamente finalizzata all’individuazione di quelle caratteristiche del diritto rilevanti ai fini dell’imposizione.

 

  1. Sotto il profilo dell’imposizione di registro e limitatamente alla cessione di cubatura la Cassazione giunge infatti non ad una pronuncia che non opta per una specifica qualificazione tra le due maggiormente accreditate (natura reale/obbligatoria), ma procede per esclusione utilizzando come parametro le voci tariffarie ed, anzi, dando prevalenza all’indagine sul possibile inquadramento nella categoria degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali.

In altri termini, la verifica svolta dai giudici di legittimità attiene al possibile inquadramento nella voce specificamente nominata della tariffa per giungere ad escludere la sussumibilità in essa del diritto in questione e la conseguente operatività della categoria residuale degli atti a contenuto patrimoniale di cui all’art. 9 della tariffa, pt. I allegata al TUR.

Per far ciò la Corte non manca di esaminare le tesi propugnate da dottrina e giurisprudenza e dalla prassi amministrativa. Da un lato le argomentazioni spese da chi annovera il diritto fra quelli reali (quale diritto di superficie; servitù non aedificandi o altius non tollendi; "rinunzia" abdicativa o traslativa) ritenute, nelle varie declinazioni, non idonee a descrivere il reale contenuto del diritto in questione.

Dall’altro lato vengono analizzate anche le tesi che muovono dall’esclusione della cessione di cubatura dal novero dei diritti reali per ricavare l’efficacia meramente obbligatoria dell’atto con l’attribuzione di una più o meno intensa rilevanza all’intervento pubblico, in una scala che va dalla totale svalutazione dell’accordo privatistico (tanto da considerarlo superfluo o comunque non necessario) al riconoscimento della sua piena centralità con conseguente considerazione dell’intervento dell’organo pubblico quale elemento marginale.

La Corte sul punto si mostra più vicina a quest’ultima impostazione seppure riconoscendo un effettivo ruolo al provvedimento autorizzatorio e al relativo procedimento amministrativo. Per un verso infatti si mette in luce, in linea con il precedente orientamento, come «lo jus edificandi costituisca una naturale estrinsecazione del diritto di proprietà del suolo, sebbene sottoposto alle condizioni conformative e di utilità sociale previste dalla legge e dagli strumenti urbanistici».

Poi, richiamando l’art. 2643, n. 2 bis c.c. e pur affermando che la norma non è utile per la definizione dei diritti edificatori né dirimente per sancire la loro realità, si sottolinea che la previsione li qualifica quali “diritti” pieni non mere chance o aspettative.

La formulazione normativa consente altresì di ricavare che i diritti edificatori non solo sono genericamente disponibili per contratto, ma tra le parti vengono costituiti traferiti e modificati direttamente per effetto di questo e non di altro. Il che comporta la netta rivalutazione del sostrato privatistico e negoziale della cessione di cubatura, ricollocando l’effetto traslativo suo proprio nell’ambito dell’autonomia negoziale non già del procedimento amministrativo.

Il permesso di costruire svolge in quest’ottica una funzione regolatoria e autorizzatoria e va considerato quale elemento che non concorre al trasferimento in sé tra i privati della cubatura, quanto alla sua fruibilità in conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie

Esclusa dunque la realità del diritto e individuata l’esatta rilevanza dell’autonomia negoziale nella produzione degli effetti, si inquadra ai fini dell’imposta di registro la cessione di cubatura quale atto:

- che trasferisce un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale;

-  che non necessita di forma scritta ad substantiam;

-  trascrivibile ex art. 2643 c.c.;

-  rientrante nella fattispecie residuale di cui all’art. 9 tariffa, pt. I allegata al TUR;

-  in caso di trascrizione soggetto a soggetto ad imposta fissa.

 

  1. Viene allora da chiedersi se la soluzione adottata nella pronuncia possa rilevare per la tassazione degli altri diritti edificatori ai fini dell’imposta di registro e/o per l’applicazione di altri tributi.

La risposta sembrerebbe tendenzialmente negativa.

Da un lato, infatti, entrambe le pronunce menzionate compiono un accurato esame sotto il profilo strutturale e funzionale dei singoli diritti edificatori e delle tesi relative alla loro natura giuridica così fornendo un quadro sicuramente compiuto e assolutamente utile all’interprete.

D’altro canto la soluzione raggiunta è dichiaratamente settoriale e limitata all’individuazione del corretto trattamento ai fini del singolo tributo.

In altri termini, la Cassazione (correttamente) si guarda bene dal fornire definizioni di carattere generale. La netta indicazione è per un esame caso per caso in relazione al tributo che viene in considerazione.

Il dato certo che emerge riguarda quindi unicamente il regime dell’atto di cessione di cubatura ai fini dell’imposta di registro, in relazione al quale si rende oggi senz’altro opportuna una rivisitazione della posizione assunta dall’amministrazione finanziaria che propendeva per il riconoscimento della realità del diritto (cfr. Risoluzione del 17/08/1976 n. 250948 - Min. Finanze - Tasse e Imposte Indirette sugli Affari) al fine di attestarsi sulla posizione ora recepita dalla Cassazione (e da diversi anni propugnata anche nella prassi notarile cfr. CNN Studio n. 540-2014/T, Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale, anche alla luce dell'art. 2643 n. 2-bis, est. Pischetola).

In definitiva per l’applicazione del tributo di registro, va esclusa una interpretazione “sostanzialista”: «sul piano degli effetti giuridici, trasferire la proprietà di un fondo edificabile e cederne, seppure totalmente, la cubatura, sono cose sotto molti aspetti differenti».

Per gli atri tributi e in relazione agli altri diritti edificatori la soluzione sembra ancora demandata all’interprete che, tuttavia, ha degli elementi in più su fetttcui ragionare.