Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

06/12/2021 - I bookmakers perdono la scommessa con il fisco

argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Giurisprudenza

L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte dal ricevitore (CTD) o dal bookmaker senza concessione. Non è irragionevole l’equiparazione, ai fini tributari, del gestore per conto terzi (titolare della ricevitoria) al gestore per conto proprio (bookmaker).

PAROLE CHIAVE: imposta unica - scommesse - bookmaker


di Maria Vittoria Serranō

  1. Con le ordinanze n. 10473 e n. 9536 del 21 gennaio 2021 nella causa fra Torresani Gianni, Stanleybet Malta Limited e Stanley International Betting Limited da una parte e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli all’altra, la V Sez. Civile della Suprema Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sulla tematica relativa alla soggettività passiva nell’imposta unica sulle scommesse (ex multis, 17 maggio 2017 n. 12301; 13 giugno 2018, n. 15452; 2 aprile 2021 n.9145; 12 aprile 2021, n. 9531; 14 aprile 2021, n. 9730; 29 aprile 2021, n.31910; 29 aprile 2021, n.31908; 29 aprile 2021, n.31907; 29 aprile 2021, n.26206; 23 giugno 2021, n.28836; 8 luglio 2021, n.32011; 14 luglio 2021, n.31041; 4 novembre 2021, n.31694; 8 novembre 2021, n. 32486). I giudici di legittimità si sono pronunciati sulla questione relativa alla responsabilità del ricevitore e del bookmaker senza concessione in merito al versamento dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al D. Lgs. 23 dicembre 1998, n.504.

La problematica involge l’individuazione della soggettività passiva ed il ruolo dei Centri di Trasmissione Dati (CTD) residenti in Italia che svolgono attività relativa ai servizi di ricevitoria (Tra tutti, si vedano MARCHETTI – MELIS - LA SCALA (a cura di), Verso il superamento del monopolio fiscale sui giochi, in La Fiscalità dei giochi: analisi giuridica ed economica, Roma, 2013, pag. 71; SERRANO’, Premessa: inquadramento della problematica e presupposto impositivo del gioco online, in “Le nuove forme di tassazione della digital economy”, a cura di  DEL FEDERICO -  RICCI, nella collana degli Studi dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Tributario, Aracne, Roma, 2018, p.8; Sartori, Imposizione reddituale delle vincite conseguite presso case da gioco italiane ed estere, in Rass. Trib., 2014, 5, 1 ss; La Scala, Profili comunitari in materia di giochi e scommesse nel campo delle imposte dirette e indirette, in Aa.Vv., in La Fiscalità dei giochi: analisi giuridica ed economica (diretto da Marchetti, Melis, La Scala), cit., 190; Boria, La disciplina tributaria dei giochi e delle scommesse. Contributo allo studio dei monopoli fiscali, in Riv. Dir. Trib., 2007, p. 33; DE MARCO, La tassazione del gioco on-line. Problematiche applicative e interpretative, in Boll. Trib., n.21/2014, da pag. 1525 a pag.1532; ID, Profili ricostruttivi e prospettive di sviluppo della tassazione del gioco on line in capo allo scommettitore, in “Le nuove forme di tassazione della digital economy”, a cura di L. del Federico - C. Ricci, nella collana degli Studi dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Tributario, Aracne, Roma, 2018, da pag. 97 a pag. 108; LA VALVA, La questione sulla soggettività passiva dei centri di trasmissione dati ai fini dell’imposta unica sulle scommesse alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia sui casi Stanleybet, in Dir. Prat. Trib., n.3/2020, p. 1230; PICCIAREDDA, Giuoco – V) Imposta unica sui giuochi d’abilità e concorsi pronostici, in Enc. giur., vol. XVI, Roma, 1989; FANTOZZI, Lotto e lotterie (diritto tributario),in Enc. dir., vol. XXV, Milano, 1975, p.49). Tale attività in realtà si sostanzia in diversi passaggi: prima di tutto nella raccolta delle scommesse effettuate dal giocatore, quindi nell’ emissione del documento di gioco comprovante l’ammontare della giocata (cd. bolletta), nel pagamento della eventuale vincita (secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker), nella trasmissione allo stesso bookmaker dell’accettazione delle scommesse, cioè dell’incasso complessivo, ed, infine, nel trasferimento delle somme giocate.

Prima di ripercorrere la questione oggetto delle ordinanze in commento, giova premettere che la norma di cui all’art. 3 del D.Lgs.n. 504/1998 identifica i soggetti passivi dell’imposta unica in coloro che gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse. Tale disposizione è stata oggetto di interpretazione autentica da parte del Legislatore che, con l’art. 1, comma 66, lett. b), L. 13/12/2010, n. 220 (Legge di stabilità per il 2011), ha esteso - con evidenti finalità antielusive ed antievasive derivanti dalla gestione transfrontaliera delle attività collegate alle scommesse - la soggettività passiva a chiunque gestisca con qualsiasi mezzo anche telematico, per conto proprio o di terzi, concorsi pronostici di qualsiasi genere, anche in ipotesi di assenza o inefficacia della concessione A.A.M.S., l’assenza o l’inefficacia della concessione non fa, infatti, venir meno la qualifica di soggetto passivo del tributo. In tutti i casi in cui l’attività sia esercitata per conto di terzi, esiste comunque una obbligazione solidale al pagamento dell’imposta e delle sanzioni (Sul punto si veda La Valva, La questione sulla soggettività passiva dei centri di trasmissione dati ai fini dell’imposta unica sulle scommesse alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia sui casi Stanleybet, in Diritto e pratica tributaria internazionale, cit., p. 1230 ss.).

  1. Venendo al fatto oggetto del giudizio de quo l’Agenzia dei Monopoli aveva contestato al concessionario il mancato versamento dell’imposta unica sulla scommesse per il periodo dal 1/1/2007 al 31/1/2012. L'impugnazione proposta dalle società Stanleybet Malta Limited e Stanley International Betting Limited, facenti parte del gruppo Stanley, nonché da Torresani Gianni, veniva accolta in primo grado con sentenza 43/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, ma tale sentenza veniva riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, con sentenza n. 6868/2016, in accoglimento dell'appello della Agenzia delle Dogane, confermava l'iniziale accertamento e condannava gli appellati alle spese del giudizio. La Commissione Tributaria Regionale specificava poi che ricevitore e bookmaker erano responsabili in solido per l'imposta di cui al D.Lgs. n. 504 del 1998 e che le disposizioni interne erano compatibili con la Direttiva CEE 2006/2012, come già deciso con sentenze delle Corte di Giustizia che avevano chiarito quale dovesse essere la interpretazione degli artt. 49 e 56 del TFUE con riguardo al principio di parità di trattamento e di disposizione nazionale restrittiva. Il giudice d'appello escludeva, infine, qualunque frizione con i principi costituzionali anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 229 del 1999. Contro questa sentenza il Centro Trasmissione Dati e le due società del gruppo Stanley propongono ricorso per ottenerne la cassazione, illustrato con memoria, che affidano a dieci motivi, cui l'Agenzia delle dogane e dei monopoli risponde con controricorso. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in seguito deposita atto di autoannullamento dell’accertamento limitatamente alle annualità dal 2007 al 2010, in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018 (Si veda FEDELE, In tema di presupposto e soggetti passivi dell’imposta unica sui concorsi pronostici sulle scommesse – Osservazioni a Corte Cost., 14 febbraio 2018, n.27, in Giur. Cost., I, 2018, p. 276).

Quanto alla misura dell’aliquota, l’avviso di accertamento recava l’applicazione dell’aliquota massima in considerazione del fatto che, sebbene sia stata chiesta da parte dell’Ufficio la documentazione necessaria ai fini di una più puntuale definizione dell’aliquota, essa non è stata mai fornita. Si chiarisce, inoltre, che per le annualità precedenti al 2011 rispondono del versamento del tributo unicamente i bookmakers a prescindere dalla concessione e non le ricevitorie, in base al punto 5.8 dell’ordinanza in commento il quale stabilisce che “per le annualità d'imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma rispondono i bookmaker, con o senza concessione, in base alla combinazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 504/98 e 1, comma 66, lett. a), della I. n. 220/10, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale”. Quanto all’annualità 2011, ci si è posti l’interrogativo se la declaratoria d’illegittimità dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 504/1998 valga anche per l’anno d’imposta 2011 (Sul tema si rimanda a DELLA VALLE  - ARE, Imposta unica sulle scommesse: la solidarietà nella raccolta fisica per conto terzi, in Il Fisco, n. 44,2018, p. 4241 ). A tal proposito condividiamo l’orientamento di chi ( DELLA VALLE – ARE, op. cit.) afferma che “la declaratoria di incostituzionalità dovrebbe necessariamente investire, non solo tutti i rapporti contrattuali perfezionati prima del 1° gennaio 2011, ovverossia prima dell’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche quei rapporti successivi al 2011 che siano sprovvisti della possibilità di traslare l’imposta in quanto sottoscritti in epoca precedente ed ancora in essere nel 2011”.

Per i periodi d’imposta successivi “la censura è infondata posto che la ricevitoria ben poteva rimodulare il rapporto che proseguiva, pur se il contratto era stato stipulato in precedenza ed operava in ogni caso, ai sensi dell'art. 1339 del cc, la rimodulazione automatica della clausola sulla base della modifica legislativa conseguente alla pronuncia della Corte Costituzionale”.

Attraverso un articolato iter argomentativo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso in cui il Centro di Trasmissione Dati svolga attività di gestione delle scommesse per conto di un operatore estero privo di concessione AAMS, vige comunque una solidarietà tributaria (relativamente al pagamento dell’imposta unica) fra il CTD ed il bookmaker che può assumere la configurazione, secondo i diversi orientamenti giurisprudenziali di solidarietà paritetica ( Si vedano PICCIAREDDA, Rinasce la supersolidarietà tributaria?, in Riv. Dir. Trib., n.11/2001, pp. 866-889; ALBERTINI, Solidarietà nel diritto tributario, in Digesto Comm., Aggiornamento, Torino, 2009, p. 651; FANTOZZI, La solidarietà nel diritto tributario, Torino, 1968.

 In tema di solidarietà paritetica si vedano di recente le seguenti ordinanze della Corte di Cass. : 5 novembre 2021, n.31912; 31 marzo 2021, n. 8911; 29 ottobre 2021, n.30792; 5 novembre 2021, n.31906. Comm. trib. reg. Lazio Roma Sez. X, sentenza 26/02/2020, n. 1107) e di solidarietà dipendente (Si veda BEGHIN, Alle Sezioni Unite la questione della solidarietà passiva tra sostituto e sostituito, iCorr. Trib.n.4/2019, pp.330-335; PROCOPIO, L'illegittimità costituzionale del contributo di solidarietà: una sentenza dall'esito scontato, Nota a C. Cost. 5 giugno 2013, n. 116 in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, 2/2014, pp. 102-109; Castaldi, Solidarietà tributaria, in Enc. Giur., Roma, 1993; MULEO, Solidarietà dipendente, legittimazione processuale e litisconsorzio, Nota a Cass. sez. tribut. 26 febbraio 2009, n. 4622 in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, n.9/2019, pp. 789-792. In giurisprudenza sulla solidarietà dipendente si vedano Comm. trib. reg. Lazio Roma Sez. X, sentenza 26/02/2020, n. 1107; Corte di Cass. ordinanze, 18 ottobre 2021, n.28720; 10 agosto 2021, n.22549; 29 luglio 2021, n.21716; 30 marzo 2021, n.8757).

Appare evidente che anche le ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione, siano obbligate al versamento del tributo e delle relative sanzioni in quanto l’attività gestoria costituisce il presupposto dell’imposizione.

L’intervento di interpretazione autentica da parte del Legislatore, realizzato con la L.n. 220/2010, come già precisato, ha avuto la finalità di estendere la platea dei soggetti passivi negandone la natura retroattiva con riferimento ai periodi d’imposta anteriori al 2011, alla luce della sentenza della Corte Cost. del 14/2/2018, n. 27. Con particolare attenzione a quest’ultimo aspetto, la Consulta, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 3 del D.Lgs n. 504/1998, in combinato disposto con l’art.1 , c. 66, lett. a) e b), L.n. 220 del 2010,  ha riconosciuto la natura di norma di interpretazione autentica, negandone come già precisato, l’efficacia retroattiva per i periodi d’imposta anteriori al 2011 (Sul tema si veda Della Valle – Are, Imposta unica sulle scommesse: la solidarietà nella raccolta fisica per conto terzi, in Il Fisco, op. cit.) e stabilendo che “il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (Corte cost. 11 giugno 2010, n.209), come nel caso in esame in cui, con riferimento all’art. 3 (Soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse), la norma interpretativa ha chiarito che è soggetto passivo “chiunque, ancorchè in assenza o in caso di inefficacia della concessione…, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere”.

E’ stato, inoltre, precisato in seno alla Corte di Giustizia UE – punto 21 causa C-788/18 che è da escludere qualsivoglia discriminazione fra bookmakers nazionali e bookmakers esteri considerato che l’imposta unica, non armonizzata, si applica a tutti gli operatori che gestiscono la raccolta di scommesse sul territorio italiano senza alcuna distinzione con riferimento al luogo in cui essi si trovino di modo che la normativa italiana “non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la Stanleybet Malta, nello Stato membro interessato”.

La pronuncia della Cassazione ricorda come il tributo sui giochi e le scommesse, sin dalle origini, sia frutto di un percorso evolutivo iniziato con la tassa di lotteria disciplinata dall’art. 6 del D. Lgs. 14 aprile 1948, n. 496 e che il relativo presupposto impositivo sia individuato non in relazione alla giocata in sé, ma alla “prestazione di un servizio, che è il servizio di gioco” (si veda la relazione ministeriale al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica n. 2033 presentato il 15 giugno 1951).

Ciò che appare degno di particolare attenzione è l’esame della normativa relativa all’imposta sulle scommesse sia da parte della Corte costituzionale che da parte della Corte di Giustizia. Alla luce dell’intervento della Corte cost. (con la sentenza n. 27 del 23 gennaio 2018) il legislatore ha definitivamente stabilito che anche le ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione, svolgono attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione e, di conseguenza, sono obbligate al versamento del tributo e delle relative sanzioni (Cfr. LA VALVA, Aspetti procedimentali e sanzionatori del gioco online, in Rass. Trib., 2016, p. 380 ss). Benché il titolare della ricevitoria non corra alcun rischio legato al contratto di scommessa, si palesa come rilevante già il semplice fatto di mettere a disposizione i locali, la ricezione della proposta, la trasmissione dei dati al bookmaker dell’accettazione della scommessa, di curare l’incasso ed il trasferimento delle somme giocate, tutti momenti che rientrano in un concetto più complesso di gestione della scommessa.

  1. La rilevanza del ruolo del ricevitore è stato oggetto della sentenza della Cassazione 9 luglio – 9 settembre 2020, n.25439 che ne ha individuato le ripercussioni sul piano civilistico nella relazione con lo scommettitore chiarendo come siano due i rapporti obbligatori: uno concluso fra lo scommettitore ed il raccoglitore ed uno che si instaura tra lo scommettitore ed il gestore. La sentenza della Consulta, tradotta nella scelta legislativa conseguente, ha avuto la finalità di rispondere ad “una esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione”.

La Corte di Giustizia parimenti ha escluso qualsivoglia discriminazione fra bookmakers nazionali ed esteri stabilendo  - al punto 21 della causa C-788/18 -  che “rispetto ad un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la Stanleybet Malta non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una  normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale “ (punto 24), di conseguenza la Corte di cassazione riprende in toto l’assunto della Corte di Giustizia UE sull’argomento.

Ulteriori passaggi dell’ordinanza concernono ipotetiche “frizioni” con il diritto unionale ed a questo proposito ci sia consentito dare menzione della recente sentenza della Corte costituzionale polacca del 7 ottobre 2021 che è intervenuta in decisa controtendenza sui rapporti fra l’ordinamento comunitario e quello dei singoli Stati affermando in maniera preponderante la supremazia del diritto statuale/nazionale rispetto a quello comunitario, con evidenti implicazioni sia sul piano squisitamente giuridico che politico lato sensu.

Il consolidato principio della supremazia del diritto unionale  com’è noto nacque in Italia con la sentenza Costa contro Enel del 1964 in cui la Corte costituzionale pronunciandosi su una questione pregiudiziale sollevata in seno all’ordinamento italiano, affermò il primato del diritto comunitario. Nel 1978 con la sentenza Simmenthal, nel ribadire il primato del diritto europeo, si è individuato nel giudice nazionale l’organo che è incaricato di assicurare tale primato provvedendo alla disapplicazione delle disposizioni nazionali contrastanti con il diritto unionale. In seguito, con la sentenza Granital dell’8 giugno 1984, con la quale il giudice aderì ad un sistema di controllo diffuso ammettendo il potere del giudice nazionale di disapplicare la normativa nazionale in contrasto con quella europea.

La base giuridica nell’ordinamento nazionale italiano è rinvenibile nell’art. 117 Cost. nella parte in cui impone allo Stato ed alle Regioni di esercitare le rispettive competenze legislative nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’UE. Questo è stato riconosciuto anche dalle altre corti, in particolare dalla Corte Suprema di Madrid, che con la sentenza n. 469/2015, mantiene questa impostazione tutelando una uniformità all’interno dei Paesi UE. Ma la decisione del massimo organo giurisdizionale polacco entra nel merito dell’accertamento della supremazia del diritto polacco sul diritto europeo. La questione ha origine da una recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, la n. 487/2019 con la quale veniva censurata la riforma della Giustizia in Polonia perché si ammetteva la possibilità di nomina dei giudici della Corte da parte del potere esecutivo. Ovviamente tale ingerenza è stata poco gradita e, di conseguenza, i giudici di Varsavia sono andati oltre rispetto a quanto affermato dalla Corte di Giustizia, affermando la superiorità del diritto nazionale polacco rispetto a quello europeo. Tale mancato rispetto di un ben noto rule of law è degno di essere per lo meno menzionato in questa sede, sebbene l’imposta unica sulle scommesse non rivesta natura di  imposta armonizzata, ma i quanto i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione dei servizi presiditata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, causa C- 788/18, punto 17). Dunque, anche in assenza di una armonizzazione unionale, ogni Stato membro ha il potere di valutare “alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte giust. 24 14 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07). E l'Italia ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell'art. 1 della I. n. 220/10, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «...l'azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell'ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore». La prevalenza dell'ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l'obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in Causa C788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giust. 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83). 6.4. In questo contesto la normativa italiana, si anticipava, ha superato il vaglio della giurisprudenza unionale. La Corte di giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l'imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (punto 21 di Corte giust. in causa C-788/18), di modo che la normativa italiana «non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la Stanleybet Malta, nello Stato membro interessato».

  1. In conclusione non vi sarebbe alcuna violazione del principio di ragionevolezza a seguito dell’equiparazione, ai fini tributari, del gestore per conto terzi ( il titolare della ricevitoria) al gestore per conto proprio (il bookmaker), considerato che tassare “in via solidale la ricevitoria ed il bookmaker risponderebbe ad una esigenza di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione, ovvero di operare per conto di chi ne sia privo”. La posizione di entrambi i soggetti nei confronti del Fisco risponde all’esigenza che gli stessi, sebbene su piani diversi e secondo differenti modalità operative, partecipino e rispondano allo svolgimento dell’attività di organizzazione delle scommesse sottoposta ad imposizione.

In definitiva, alle ordinanze in commento può riconoscersi indubbiamente il pregio di aver messo definitivamente in evidenza l’equiparazione del gestore per conto proprio e del gestore per conto di terzi compiendo un decisivo sforzo di adeguamento nozionale, nell’assenza a livello unionale di una normativa comune che superi le disorganicità esistenti nelle singole discipline nazionali in tema di giochi.