Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

18/07/2022 - Alcune precisazioni sulla utilizzabilità del giudicato esterno

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La Commissione tributaria regionale del Lazio interviene nuovamente sul tema dei limiti di efficacia del giudicato sostanziale nel processo tributario, superando il principio di autonomia dei singoli periodi d’imposta, previsto dall’art. 7, comma 1 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il giudicato sostanziale favorevole ad una parte processuale è opponibile anche in un successivo procedimento afferente a una diversa annualità, qualora sussistano presupposti comuni.

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PAROLE CHIAVE: giudicato esterno - processo tributario - autonomia periodi di imposta


di Rosy Virzì

 

  1. La sentenza in commento affronta il delicato tema dell’estensione del giudicato esterno nel processo tributario in ragione delle peculiarità del rapporto obbligatorio oggetto di accertamento, superando il principio di autonomia dei periodi d’imposta e ammettendo l’operatività del giudicato formatosi in altra controversia pendente tra le stesse parti.

In particolare, i Giudici hanno chiarito che il giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c., ossia l’accertamento contenuto in una sentenza di merito non più modificabile, può estendere i propri effetti al di fuori del giudizio che ha dato luogo alla sentenza passata in giudicato (cd. giudicato esterno), purché siano state accertate questioni di fatto e di diritto che costituiscono il presupposto anche di altre controversie.

Si tratta di una questione che è stata ampiamente discussa in dottrina e in giurisprudenza in quanto si è a lungo sostenuto che il giudicato esterno non producesse effetti in ambito tributario, in ragione della natura del processo e delle peculiarità della materia.

Al fine di comprendere gli approdi cui sono giunti i Giudici della Commissione tributaria regionale del Lazio si esporrà brevemente la vicenda processuale da cui origina la sentenza in commento e si individuerà la nozione e i confini dell’istituto del giudicato con specifico riguardo agli effetti del giudicato esterno, analizzando la normativa processial-civilistica e il recepimento in ambito tributario.

Dopo aver chiarito tali aspetti, si darà contezza dei recenti approdi della giurisprudenza di legittimità e, in quest’ottica, si analizzerà la statuizione della sentenza in commento e le relative argomentazioni.

  1. I Giudici della Commissione Tributaria Regionale sono stati chiamati a statuire circa la legittimità di un avviso di accertamento sul presupposto che la società contribuente avesse erroneamente qualificato l’attività lavorativa di taluni collaboratori nell’ambito di un contratto d’appalto di servizi, dovendo invece essere assimilata ad una attività di lavoro subordinato. In ragione di ciò, l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione costi e ritenute indeducibili dal reddito d’impresa (in quanto componenti negative non inerenti).

La contribuente nel corso del giudizio, a sostegno della correttezza del proprio operato, depositava sia una sentenza del Tribunale ordinario (passata in giudicato) dalla quale si evinceva l’effettività del contratto d’appalto di servizi, sia una sentenza della Commissione tributaria provinciale (anch’essa passata in giudicato) intervenuta tra le stesse parti e sulla medesima questione con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento emanato per una diversa annualità.

Proprio su tale ultimo presupposto, i Giudici di merito hanno accolto l’eccezione di giudicato esterno.

  1. La pronuncia in commento ha posto un ulteriore tassello nell’articolata ricostruzione dei limiti dell’efficacia espansiva del giudicato in ambito tributario, precisando che ciò può avvenire laddove sussistano tributi periodici aventi ad oggetto il “medesimo rapporto giuridico” o comunque in relazione a differenze impositive relative a “comuni presupposti di fatto e di diritto”, aventi carattere permanente. Tale statuizione pare estendere l’efficacia del giudicato sostanziale anche ad ipotesi, diverse dal caso di specie, aventi ad oggetto diversi tributi, purché la statuizione riguardi elementi di fatto e di diritto comuni.

Tale pronuncia si innesta pertanto nel filone giurisprudenziale per il quale la vis espansiva del giudicato sostanziale in ambito tributario è ammessa ma soggetta a limitazioni (ex multis, Cass., sez. trib., 9 ottobre 2013, n. 22941; Cass., sez. trib., 29 gennaio 2014, n. 1837; Cass., sez. trib., 11 marzo 2015, n. 4832; Cass., sez. trib., 15 luglio 2016, n. 14509; Cass., sez. trib., 24 novembre 2017, n. 28075; Cass., sez. trib., 30 aprile 2021, n. 11400/2021; Cass., sez. trib.,  22 novembre 2021, n. 35920).

Ed invero, i Giudici della Commissione tributaria regionale del Lazio hanno statuito che l'autonomia dei periodi d'imposta non impedisce, nel processo tributario, che l’esito di una controversia sia vincolato dal giudicato esterno formatosi fra le stesse parti ai sensi dell’art. 2909 c.c., anche se afferenti ad un diverso periodo, quando la relativa sentenza riguardi elementi pregiudiziali della medesima fattispecie impositiva, comuni ad entrambi.

Come noto, l’art. 2909 c.c. individua il cd. giudicato sostanziale, in base al quale l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato (per decorso dei termini di impugnazione ovvero per essere stati esperiti tutti i rimedi impugnatori previsti dall’ordinamento) fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, obbligandoli a considerare indiscutibile la statuizione del Giudice (per un’ analisi approfondita del concetto di “res iudicata”, si veda MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Torino, 2019, vol. I, p. 147 ss.; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, Torino, 2019, vol. I, p. 87 ss.; LUISO, Diritto processuale civile, Torino, 2018, vol. I, p. 155 ss.; PUGLIESE, Giudicato civile (dir. vig.), Enc. Dir., vol. XVIII, Milano, Giuffrè, 1969, pag. 786; MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987; ID., Regiudicata civile, in Dig. civ., XVI, Torino, 1997, p. 404 e ss.; PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, in Riv. dir. proc., 1990, p. 386; VERDE, Considerazioni inattuali su giudicato e poteri del Giudice, in Riv. dir. proc., 2017, fasc. 1, pp. 13-34).

In sostanza, il disposto dell’art. 2909 c.c., da un lato, prevede che una decisione di merito passata in giudicato diventi incontrovertibile e vincolante nei rapporti tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa (cd. giudicato sostanziale), dall’altro, non precisa alcunché in ordine agli effetti che quest’ultimo può produrre in un successivo giudizio (cd. giudicato esterno).

In ogni caso, si ritiene comunemente che il giudicato sostanziale, fissando una statuizione su una fattispecie concreta, non possa esaurire i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato, e per questo se ne deve ammettere una potenziale capacità espansiva anche in giudizi successivi che coinvolgono le medesime parti.

Sul punto, la dottrina sostiene che l’indeterminatezza della suddetta disposizione è superabile sulla base di una interpretazione logica della stessa (cfr. FRANSONI - RUSSO, I limiti oggettivi del giudicato nel processo tributario, in Rass. Trib., 2012, 4, 858 ss.).

Ed invero, l’accertamento contenuto in una sentenza non più modificabile non può certamente far stato nello stesso procedimento da cui promana, essendo quest’ultimo definitivamente concluso.

Aderendo a questa interpretazione della norma, il giudicato esterno non rappresenterebbe altro che una declinazione del giudicato sostanziale, capace di estendere la sua efficacia ad altri giudizi al fine di non vanificare la statuizione del precedente giudizio per le medesime parti in causa.

Quale corollario della suddetta disposizione normativa emerge, dunque, che il giudicato di cui all’art. 2909 c.c. impone un vincolo decisorio nei confronti di un diverso Giudice chiamato a pronunciarsi su una questione che è già stata accertata.

L’efficacia del giudicato esterno, in un processo distinto e successivo, presuppone in ogni caso l’identità delle parti dei due giudizi e rileva unicamente sotto il profilo sostanziale.

È, infatti, opinione comune che la sentenza di mero rito (ad eccezione delle sentenze sulla competenza e sulla giurisdizione emanate della Suprema Corte di Cassazione) non produca alcun effetto al di fuori del processo in cui si è formata.

In ragione di ciò, una sentenza di rito passata in giudicato formale non è idonea a produrre conseguenze in un processo successivo, riservandosi tale effetto unicamente al giudicato sostanziale, ossia alle statuizioni che provengono da una sentenza di merito passata in giudicato.

Si tratta di un generale principio processuale, volto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici.

  1. Dalla chiarezza del dettato normativo emerge che la ratio legis è quella di attribuire incontrovertibilità alla decisione del Giudice e, di conseguenza, eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche, garantendo l’effettività della tutela giurisdizionale in ossequio a quanto previsto dagli artt. 24 e 111 Cost. (cfr. CANOVA, La garanzia costituzionale del giudicato civile (meditazioni sull’art. 111, comma 2°), in Riv. dir. civ., 1977, 395 ss.); SEGRES, Il “valore” del giudicato nell’ordinamento costituzionale, in Giur. it., 2009, 2819 ss.).

Ne consegue che l’istituto del giudicato sostanziale è volto a tutelare sia interessi pubblicistici, rispondenti all’esigenza di garantire il principio del ne bis in idem ed evitare la possibile formazione di giudicati contrastanti, sia privatistici assicurando alle parti certezza del diritto e stabilità dei rapporti giuridici.

In considerazione del fatto che la tutela processuale è finalizzata ad assicurare l’attuazione del diritto sostanziale, la mancanza di stabilità determinerebbe una vanificazione costante del processo, inducendo il contribuente a richiedere più volte l’intervento dell’organo giudicante sulla medesima questione e assumendo il rischio concreto di giungere a decisioni contrastanti.

Nonostante si tratti di un principio processuale previsto in termini generali, l’applicazione dell’efficacia del giudicato esterno in materia tributaria ha incontrato molteplici ostacoli (cfr. RICCI, Valenza espansiva del giudicato tributario, abuso del diritto, simulazione e interposizione fittizia, in Riv. Trim. Dir. Trib., 2/2020, pp. 438-466; BASILAVECCHIA, Funzione impositiva e forme di tutela, Torino, 2018, pag. 449 ss.; TESAURO, Manuale del processo tributario, Torino, 2017, pag. 212 ss., DALLA BONTA’, L’impervio cammino della giurisprudenza di legittimità nella concretizzazione del vincolo da giudicato esterno, in GT - Giurisprudenza tributaria, n. 5/2016, pag. 421 ss.; PARLATO, Giudicato tributario, oggetto del giudizio di ottemperanza e impugnazione della sentenza, in Riv. Tel. Dir. Trib., n. 1/2020, pp. 232-237; PROIETTI, Efficacia espansiva del giudicato tributario e sue limitazioni: indirizzi (e incertezze) della giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza delle sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 13916/2006, in Boll. trib. d'inf., n. 4/2020, pp. 305-310; RASI, Giudicato e processo tributario tra interpretazione giurisprudenziale ed interventi legislativi, in Diritto e processo tributario, n. 1/2016, pp. 111-139).

Più nello specifico, in ambito tributario la questione si è posta con riferimento a controversie aventi ad oggetto lo stesso rapporto giuridico e le stesse parti ma afferenti ad obbligazioni tributarie relative a diversi periodi d’imposta.

Trattasi di una tematica di particolare importanza sulla quale più volte la giurisprudenza di merito e di legittimità è stata chiamata a pronunciarsi in quanto, prima facie, l’estensione del giudicato esterno in ambito processuale tributario sembrerebbe porsi in contrasto con il principio di autonomia dei singoli periodi d’imposta, espressamente previsto in materia di imposte sui redditi dall’art. 7, comma 1 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito “TUIR”) e con la natura del processo (si veda Cass., sez. un., 14 luglio 1962, n. 1873; Cass. nn. 14714/2000; 14702/2001; 8709/2003; 19152/2003; 22197/2004; 22648/2004; Cass. 19353/2006; Cass. 2438/2007, Cass, 16996/2012; Cass. n. 2438/2007, in Rass. Trib., 2007, p. 566, con nota di INGRAO, Il giudicato esterno nelle ipotesi di tributi differenti: un ripensamento della Cassazione).

Nonostante le suddette perplessità la nozione di res iudicata, traslata dal diritto processuale civile, opera anche nel processo tributario in ragione del rinvio operato dall’art. 1, comma 2 del D. lgs. n. 546/1992 (in tema di giudicato tributario si vedano: GLENDI, Giudicato IV, diritto tributario, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2004; FRANSONI, Giudicato tributario e attività dell’Amministrazione finanziaria, Milano, 2001; RUSSO, I limiti oggettivi del giudicato nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, p. 858 ss.; MICELI, Riflessioni sull’efficacia del giudicato tributario alla luce della recente sentenza Olimpiclub, in Rass. Trib., 6/2009, p. 1846. Recentemente, sui rapporti tra giudicato e ottemperanza si veda VERRIGNI, Profili evolutivi dell'ottemperanza nell'ambito del processo tributario, in riv. trim. dir. trib., 2021, 4, p. 969). Ne consegue che in ambito tributario non soltanto deve riconoscersi l’efficacia del giudicato sostanziale ma altresì del giudicato esterno.

Quest’ultima considerazione è stata a lungo ostacolata ritenendo, da un lato, insuperabile il principio di autonomia dei periodi d’imposta, in ossequio al quale ogni obbligazione tributaria è autonoma e distinta e, dall’altro, che la natura del processo tributario non consentisse l’efficacia del giudicato esterno (cfr. Cass., 30 maggio 2003, n. 8709, e, in senso conforme, Cass., 22 febbraio 2005, n. 3551; Cass., 24 novembre 2004, n. 22197; Cass., 21 novembre 2001, n. 14702).

  1. In merito alla natura del processo tributario e agli effetti che tale qualificazione produce in tema di giudicato esterno occorre precisare che in dottrina non sussiste una visione unanime.

Alcuni autori ritengono inopportuno estendere l’efficacia del giudicato ad altre controversie in ragione dell’autonomia delle situazioni giuridiche dedotte in giudizio, sostenendo la natura di mero annullamento del processo tributario. Quest’ultimo, infatti, avrebbe ad oggetto unicamente l’esistenza o meno del diritto all’annullamento dell’atto impugnato e, in questa prospettiva, assumerebbe rilevanza preminente l’atto impugnato (a discapito del rapporto d’imposta sottostante) (tra i molti sostenitori della teoria cd. costitutivista, senza alcuna pretesa di esaustività si rinvia a GIANNINI, Circa i limiti oggettivi della cosa giudicata tributaria, in Giur. compl. Cass. civ., 1944, p. 13; ALLORIO, Per una teoria dell’oggetto dell’accertamento giudiziale, in Jus, 1955, p. 186 ss.; TESAURO, Manuale del processo tributario, 2020, p. 208; MAGNANI, Il processo tributario. Contributo alla dottrina generale, Padova, 1965). La diversità di atti impugnati, dunque, imporrebbe di qualificare ogni contenzioso in modo distinto ed autonomo e il giudicato non sarebbe idoneo in assoluto a produrrebbe effetti in altri giudizi (cfr. BASILAVECCHIA, Il giudicato esterno cede all'abuso del diritto (ma non solo), GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria, n. 1, 1 gennaio 2010, p. 13).

Secondo altri, invece, il giudizio avrebbe ad oggetto il rapporto tributario e sarebbe volto non soltanto all’annullamento del singolo atto ma altresì ad accertare il rapporto obbligatorio sottostante (si rinvia, in particolare, a FANTOZZI, Diritto tributario, Diritto tributario, Torino, 2012; RUSSO, Manuale di diritto tributario. Il processo tributario, Milano, 2013).

In questa prospettiva, il processo tributario non assumerebbe soltanto natura impugnatoria ma altresì di merito, essendo chiamati i Giudici a valutare, oltra alla legittimità dell’atto impugnato, anche l’an e il quantum dell’obbligazione tributaria.

Seguendo quest’ultimo orientamento, il giudicato avrebbe ad oggetto il rapporto tributario e pertanto sarebbe idoneo a produrre effetti in successivi giudizi relativi a diverse annualità e accomunati da un medesimo fatto (per una ricostruzione della teoria dichiarativista, si veda FANTOZZI, Diritto tributario, Diritto tributario, Torino, 2012, p. 1059, nota 329; FRANSONI, Giudicato tributario e attività dell’Amministrazione finanziaria, Milano, 2001, p. 273 ss.; RUSSO, La giurisprudenza della Corte tra disfavore per il formalismo giuridico e valorizzazione delle garanzie per il contribuente, in rass. trib., 2001, p. 1064 ss.; MULA, Il giudicato in materia di imposte periodiche, in AA.VV., Il processo tributario, a cura di Della Valle-Ficari-Marini, Padova, 2008, p. 434).

  1. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha manifestato orientamenti oscillanti, aderendo alternativa alle diverse teorie elaborate dalla dottrina.

Tuttavia, è possibile constatare che l’orientamento dominante tende a qualificare il processo tributario come impugnazione-merito, in quanto non si tratterebbe di un giudizio volto semplicemente all’eliminazione dell’atto impositivo impugnato ma finalizzato ad una decisione di merito avente ad oggetto la definizione del rapporto di imposta (tale posizione si manifesta nella giurisprudenza della Suprema Corte a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, Cass. 945/1977. Da ultimo, ex multis, Cass.  n. 6858/2016, Cass. 25 marzo 2021 n. 8510, Cass. 6 aprile 2020, n. 7695, Cass. 05 ottobre 2020, n. 21290; Cass., 3 agosto 2016, n. 16154; Cass., 18 settembre 2015, n. 18448; Cass., 23 marzo 2001, n. 4280).

Ebbene, l’Organo giudicante non soltanto deve vagliare la legittimità dell’atto impugnato e la legalità formale dello stesso ma deve altresì valutare il merito della pretesa e, ove occorresse, rideterminarla accertando questioni di fatto che costituiscono i presupposti della pretesa entro i limiti posti dalle domande di parte; la sentenza di merito, infatti, è volta a sostituire l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria (Cass. 19 settembre 2014, n. 19750; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27560; Cass. 9 febbraio 2021, n. 3080.).

È proprio l’accertamento compiuto dal Giudice in ordine ai presupposti di fatto e di diritto della pretesa che consente di ritenere operante la vis espansiva del giudicato intervenuto tra le stesse parti in un diverso procedimento.

  1. Per quanto concerne, invece, il principio di autonomia dei periodi d’imposta, occorre precisare che, sulla base di una interpretazione letterale dell’art. dell’art. 7, comma 1 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si è sostenuto che ogni obbligazione tributaria è autonoma e distinta rispetto alle altre e ogni presupposto d’imposta, seppur periodico, è indipendente.

Tuttavia, tale rigida interpretazione dopo esser stato oggetto di un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale è stata superata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Cass. SS. UU. 16 giugno 2006, n. 13916; per una visione critica di tale orientamento si vede, ex multis, BASILAVECCHIA, Funzione impositiva e forme di tutela: lezioni sul processo tributario, Giappichelli, 2009, p. 319 e ss., secondo il quale è opportuno che il Giudice della causa successiva possa apprezzare l’affidabilità del giudicato ma senza esserne vincolato come se fosse il proseguimento di una causa già decisa; MAGNANI, Sui limiti oggettivi del giudicato tributario, in  GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria, n. 9/2006, p. 763; BASILAVECCHIA - A. PACE, Valenza ultrannuale del giudicato tributario, in Corr. Trib., n. 34/2006, p. 2694; INGRAO, La rilevanza del giudicato nel processo tributario, in Rass. Trib., n. 6/2006, pp. 1954-1981; BUTTUS - NUSSI, Il ridimensionamento del giudicato esterno nei limiti della "specificità tributaria", in Corr. Trib., n. 26/2008, pp. 2111-2118).

Ed invero, i Giudici di legittimità, ponendo fine alla querelle insorta in ordine al riconoscimento dell’istituto del giudicato esterno in ambito tributario, hanno statuito che il principio di autonomia dei periodi d’imposta non rappresenta un ostacolo all’efficacia del giudicato esterno in materia tributaria, ammettendo che la res iudicata non si limita a produrre effetti nel giudizio tributario dal quale promana ma può potenzialmente manifestare una capacità espansiva in altri giudizi.

Eppure, nonostante la citata pronuncia abbia avuto il merito di riconoscere la forza espansiva del giudicato esterno in ambito tributario, non ne ha delineato i confini né tantomeno ha chiarito quali siano le questioni che possano essere coperte da un precedente giudicato.

La Suprema Corte si è limitata a prevedere che nel perimetro di azione del giudicato sostanziale sono certamente incluse le questioni relative ad una questione fondamentale, comune a tutte le cause, che formano la premessa logica indispensabile ai fini della risoluzione della controversia.

Da tale statuizione, si è sviluppato un ampio filone giurisprudenziale volto a definire quali fossero effettivamente le questioni, già esaminate in precedenti sentenze, che potessero avere efficacia di giudicato in relazioni alle obbligazioni tributarie periodiche (sul punto si vedano: Cass. 12 febbraio 2015, n. 4832; Cass. 15 settembre 2017, n. 21395; Cass., 15 marzo 2021, n. 7162).

In particolare, ai fini dell’estensione del giudicato, si è ritenuto alternativamente che dovesse sussistere un “rapporto tributario unico”, “un fatto generatore unico”, “un carattere tendenzialmente permanente” ovvero che un determinato elemento fattuale fosse presupposto di tributi diversi (cfr., ex multis, Cass., 15 febbraio 2013, n. 3804; Cass., 11 marzo 2015, n. 4832;).

In sostanza, si è tentato di dare pratica applicazione ai principi generali individuati dalle Sezioni Unite, generando orientamenti di fatto contrastanti.

  1. Anche la sentenza in commento, innestandosi nel citato filone giurisprudenziale, ha superato la questione relativa al principio di autonomia dei periodi d’imposta e ha statuito che nel caso di tributi periodici l’oggetto del giudicato riguarda un unico rapporto e, di conseguenza, non occorre una disamina ulteriore circa quanto già statuito da una precedente sentenza passata in giudicato.

Al fine di giungere a tale conclusione, i Giudici di merito, in primo luogo, hanno ribadito – seppur incidenter tantum – la natura di impugnazione-merito del processo tributario e, in secondo luogo, hanno ammesso l’efficacia del giudicato esterno nel caso in cui gli elementi di fatto e di diritto di cui si richiede l’accertamento giudiziale siano già stati oggetto di una precedente sentenza passata in giudicato.

Per quanto concerne la comunanza di presupposti fra i giudizi, i Giudici della Commissione tributaria regionale hanno precisato che il giudizio relativo ad un periodo è vincolato dal giudicato esterno formatosi su un’altra controversia fra le stesse parti per un diverso periodo d’imposta “quando la relativa sentenza riguardi elementi pregiudiziali della medesima fattispecie impositiva comuni ad entrambi, il che ben può avvenire in relazione a tributi periodici aventi ad oggetto il medesimo rapporto giuridico o comunque in relazione a differenze impositive relative a comuni presupposti di fatto e di diritto”.

L’utilizzo della congiunzione disgiuntiva da parte dei Giudici pare indurre ad ammettere la possibilità di estendere l’efficacia del giudicato non soltanto in relazione a fattispecie aventi ad oggetto il medesimo rapporto giuridico ma altresì laddove il rapporto dedotto in giudizio sia diverso ed autonomo, purché sia fondato su elementi di fatto e di diritto comuni aventi carattere permanente.

In ossequio a tale conclusione, al fine di invocare l’efficacia del giudicato esterno, sarebbe sufficiente l’identità delle parti in causa e la sussistenza di comuni elementi di fatto e di diritto; ciò permetterebbe di invocare un precedente giudicato anche in relazione a tributi diversi.

Invero, ricorrendo ad una formula alquanto ampia la pronuncia in commento ha inteso estendere l’ambito di applicazione del giudicato esterno, evitando di individuare dei confini rigidi che potessero limitarne la portata.

La Commissione, in ogni caso, precisa che le argomentazioni esposte risultano valide unicamente per le cd. fattispecie a carattere permanente.

In quest’ottica risulta superato il principio di autonomia dei periodi d’imposta e si ammette che le statuizioni di merito aventi ad oggetto presupposti comuni a più fattispecie estendono i propri effetti anche a diverse annualità.

La pronuncia, seguendo i principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, consente pertanto di compire un ulteriore passo in avanti nell’opera di individuazione dei limiti di efficacia del giudicato sostanziale tributario (sull’annosa questione relativi ai limiti del giudicato esterno di rinvia a CORRARO, L’efficacia ultra litem del giudicato tributario tra vecchi modelli e nuove teorizzazioni: il lungo cammino della Cassazione nel segno di una costante incertezza sistematica, in Dir. prat. trib., 2020, pag. 2547 ss.; DALLA BONTÀ, Giudicato esterno tributario tra nuovi temperamenti e persistenti incertezze, in GT - Giurisprudenza tributaria, n. 4/2019, pag. 342 ss.; GLENDI, Limiti del giudicato e Corte di Giustizia Europea, in Corr. Trib., n. 5/2010, pag. 330 ss.).

  1. Alla luce di quanto esposto, la sentenza in commento risulta condivisibile poiché ha inteso ampliare le ipotesi in cui è possibile estendere l’efficacia del giudicato sostanziale tributario ad altra controversia, precisando che affinché ciò avvenga è sufficiente che il Giudice abbia accertato le medesime questioni di fatto e di diritto, rendendo l’applicazione del giudicato sostanziale tributario quanto più possibile aderente al modello civilistico.

Si tratta di un’applicazione consapevole dei principi del giusto processo che consente di garantire l’effettività della tutela per entrambe le parti e di agevolare l’iter processuale in un’ottica di semplificazione, economicità e ragionevole durata del processo.

A ciò si aggiunga che la stessa sentenza risulta in linea con la struttura del processo tributario, quale processo di impugnazione-merito e pertanto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Tuttavia, sotto altra e diversa prospettiva, non può sottacersi che l’efficacia esterna del giudicato sostanziale, perfettamente aderente al principio di economia processuale, potrebbe limitare in un giudizio successivo le possibilità di difesa delle parti.

I suddetti principi processuali assumono un ruolo rilevante ma necessitano di un adeguato contemperamento.

Ed invero, ammettendo che la sentenza avente ad oggetto una obbligazione tributaria periodica, una volta passata in giudicato, non possa essere oggetto di un ulteriore accertamento da parte di un diverso Giudice, sarebbe sufficiente sollevare l’eccezione di giudicato per definire la controversia, senza ammettere ulteriori prove o precisazioni.

Proprio in ragione di ciò, sarebbe auspicabile introdurre dei limiti entro cui il giudicato sostanziale può operare in ambito tributario.

In assenza di precise statuizioni, la giurisprudenza sul tema manifesta orientamenti contrastanti. Da un lato, si assiste al dilagare di pronunce che cercano di contenere la portata dell’istituto del giudicato sostanziale in ambito tributario e, dall’altro, si lascia spazio ad aperture eccessive che estendono irragionevolmente l’efficacia del suddetto giudicato.

Tali incertezze non collimano con l’apprezzabile consolidamento delle statuizioni sulla natura del processo operate dai Giudici di merito nella sentenza in commento e con riferimento ai suesposti principi processuali.

Da ultimo, occorre evidenziare le necessità di un intervento chiarificatore della Suprema Corte che, sulla base di una visione sistematica del processo tributario e del suo oggetto, possa eliminare ogni incertezza sulla portata del giudicato tributario.

Ciò condurrebbe ad una maggiore garanzia di quegli interessi costituzionalmente tutelati, ponderando i principi del giusto processo, le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e il diritto di difesa delle