argomento: Principi generali e fonti - Giurisprudenza
La pronuncia della Corte costituzionale sancisce la debenza del contributo consortile di bonifica solo in presenza del beneficio fondiariogoduto dal contribuente. Il contributo, dunque, può essere richiesto tenendo conto della specifica utilità conseguita dal consorziato per effetto delle opere realizzate nel comprensorio di bonifica. La sentenza, inoltre, ha il pregio di annoverare il contributo consortile nell’alveo dei tributi, svelandone la natura di tributo regionale proprio derivato nonché di tributo di scopo.
PAROLE CHIAVE: contributi consortili di bonifica - beneficio fondiario - federalismo fiscale - tributo di scopo - tributo regionale proprio derivato
di Claudio Sciancalepore
. Con la sentenza manipolativa n. 188/2018, la Corte costituzionale pone la parola fine ad una vexata quaestio sull’esigibilità dei contributi consortili sancendone la debenza solo nel caso in cui il contribuente tragga un beneficio dall’attività del Consorzio. Il giudice delle leggi, infatti, ha censurato l’art. 23, comma 1, lett. a), L.R. calabrese n. 11/2003 dichiarandolo illegittimo nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica sia dovuto “indipendentementedal beneficio fondiario” invece che “in presenza del beneficio”.La pronuncia consolida il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità che collega la debenza del contributo consortile con l’ottenimento di un beneficio da parte del consorziato-contribuente (su tutte Cass., sent. 15 maggio 2013, n. 11801).
La spinta classificatoria dei giudici costituzionali si spinge sino a descrivere il contributo consortile come un “tributo che può definirsi di scopo, almeno in senso lato, perché destinato ad alimentare la provvista del Consorzio per poter realizzare le opere di bonifica.”. I tributi di scopo sono prelievi tributari destinati alla copertura di specifiche spese sostenute dall’ente pubblico e rappresentano una deroga al principio di unità ed universalità del bilancio previsto nella contabilità pubblica (sul tema si rimanda a Uricchio, Imposizione di scopo e federalismo fiscale, Rimini, 2013, passim).L’assimilazione dei contributi consortili ai tributi di scopo appare, invero, apodittica in quanto i contributi, analogamente alle tasse, contengono, ex se, una destinazione del provento fiscale. I contributi in esame, infatti, sono “naturalmente” destinati al Consorzio di bonifica affinché quest’ultimo goda di una provvista finanziaria sufficiente a conseguire i propri fini istituzionali.
– il contributo sia richiesto ai proprietari di immobili ricadenti nel comprensorio soggetto alla competenza del Consorzio;
– l’importo addebitato nell’atto impositivo sia quantificato tenendo conto della specifica utilità conseguita dal singolo consorziato per effetto delle opere realizzate nel comprensorio.
In particolare, sono chiamati a versare il contributo consortile solo i proprietari degli immobili situati nel perimetro di contribuenza, quale sottoinsieme del comprensorio di bonifica. Il riparto delle spese tra i consorziati inseriti nel perimetro di contribuenza avviene secondo degli indici di contribuenza individuati nel piano di classifica che individua i benefici derivanti dalle opere di bonifica per ciascun immobile. In definitiva, il perimetro di contribuenza, necessario a specificare i soggetti passivi e quantificare il quantum debeatur, consente di individuare gli immobili che rispettino congiuntamente due condizioni quali la collocazione all’interno del comprensorio di bonifica ed il conseguimento, attuale o potenziale, di benefici dall’attività di bonifica.
Non è sufficiente la mera inclusione dell’immobile nel territorio appartenente al comprensorio per presumere il beneficio in favore del contribuente in quanto il proprietario deve conseguire un beneficio particolare dall’esecuzione di opere di bonifica. In altri termini, gli immobili devono conseguire un incremento di valore direttamente riconducibile alle opere di bonifica ad alla loro manutenzione, pur se potenziale o futuro. Il beneficio, dunque, deve essere immediato e diretto, tale da incrementare il valore dell’immobile, non essendo sufficiente un beneficio indiretto derivante dalla sua mera inclusione del comprensorio di bonifica.
Nel caso in esame, tuttavia, il contributo consortile di bonifica calabresenon può più essere inquadrato tra i tributi regionali propri derivati in quanto non riproponela fattispecie imponibile individuata dal Legislatore statalein una legge, seppur arcaica, quale il R.D. n. 215/1930. Il contributo calabrese, infatti, è applicato indipendentemente dal beneficio fondiario, finendo per rappresentare «un’imposta fondiaria regionale di nuovo conio che, come tributo regionale proprio, eccederebbe la competenza del legislatore regionale».
Lo stesso Legislatore regionale calabrese, probabilmente conscio del vulnus contenuto nella propria disposizione, prima della pronuncia della Corte costituzionale, con la L.R. n. 13/2017 ha novellato l’art. 23, comma 1, L.R. n. 11/2003 disponendo che i proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli ricadenti nell’ambito di un comprensorio di bonifica, che traggono un beneficio, consistente nella conservazione o nell’incremento del valore degli immobili, derivante dalle opere pubbliche o dall’attività di bonifica effettuate o gestite dal Consorzio, sono obbligati al pagamento di un contributo consortile, secondo i criteri fissati dai piani di classifica. La novella legislativa specifica, inoltre che «Per beneficio deve intendersi il vantaggio tratto dall’immobile agricolo ed extragricolo a seguito dell’opera e dell’attività di bonifica tesa a preservarne, conservarne e incrementarne il relativo valore». In tal modo si è tornati a gettare un ponte tra l’esigibilità del contributo consortile di bonifica ed il beneficio ritratto inteso quale fondamento e limite del prelievo impositivo.