argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza
La Corte di Cassazione ha più volte rimarcato che l’unitarietà dell’accertamento alla base della rettifica della dichiarazione dei redditi della società di persone e di quelli dei loro soci postula il necessario coinvolgimento di tutte le parti interessate nel medesimo processo tributario, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992. Tuttavia, ove la violazione dei principi del litisconsorzio necessario dovesse condurre al giudicato su una singola posizione, la suprema Corte ritiene che gli effetti del giudicato “parziale” sugli altri soggetti debbano discendere dall’applicazione dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa, all’egida dei quali il terzo potrà trarre beneficio dal giudicato inter alios, ma non potrà esserne pregiudicato.
» visualizza: il documento (Corte di Cass., sent. 14 marzo 2022, n. 8211)PAROLE CHIAVE: redditi prodotti in forma associata - litisconsorzio necessario - limiti soggettivi del giudicato
di Lucrezia Valentina Caramia
1. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, torna a pronunciarsi sulla necessitata unitarietà dei giudizi tra società di persone e soci in materia di imposte sul reddito, contemperando rilevanti principi quali il diritto di difesa, la ragionevole durata del processo, la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici.
La controversia scaturisce da un accertamento volto al recupero di tributi corrispondenti al maggior reddito contestato ad una società di persone e dalla speculare contestazione di un maggior reddito di partecipazione in capo ai suoi soci. Nel giudizio di legittimità vengono esplorate le conseguenze del giudicato formatosi limitatamente ai giudizi promossi dalla società e da due dei suoi soci, senza la partecipazione del terzo socio. Secondo la tesi erariale, in questo caso, il giudicato (a sé favorevole) sarebbe comunque opponibile a tutte le parti, ivi compresa quella che non ha preso parte al giudizio.
2. La suprema Corte, nel solco della sistematica posizione assunta dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 14815 del 4 giugno 2008 (Cfr. M. Basilavecchia, L’accertamento unitario trova un assetto stabile, in Corr. Trib., 2008, p. 2270 ss.; M. Nussi, A proposito di accertamento unitario del reddito delle società di persone e litisconsorzio necessario (verso un processo tributario sulle questioni?), in GT – Riv. Giur. Trib., 2008, p. 758 ss.; M. Travaglione, Litisconsorzio necessario “formale” e “sostanziale” tra soci e società di persone – La riunione dei procedimenti per connessione oggettiva in sostituzione del litisconsorzio necessario alle società di persone, in GT – Riv. Giur. Trib., 2019, p. 906 ss.;), ha invece negato la possibilità che la strutturale unitarietà dell’”accertamento” possa dissolversi in sede processuale (cfr. su tale tema le molteplici e autorevoli riflessioni della dottrina, tra cui G. Tremonti, Ancora sull’accertamento unitario dei redditi delle società di persone, in Dir. Prat. Trib., 1979, I, p. 883 ss.; F. Tesauro, L’accertamento unitario dei redditi delle società di persone, in Boll. Trib., 1979, p. 437 ss.; C. Bafile, Alcune osservazioni sulla pluralità soggettiva e sulle società di persone, in Riv. Dir. Trib., 1993, II, p. 340 ss.; P. Boria, Il principio di trasparenza nella imposizione delle società di persone, Milano, 1996, passim; P. Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 1999, p. 278 ss.; M. Basilavecchia, Il principio di trasparenza nell’accertamento unitario e nei giudizi autonomi, in Corr. Trib., 2001, p. 1165 ss.; G. Fransoni, Giudicato tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, p. 345 ss.). Proprio detta unitarietà, infatti, collocandosi alla base della rettifica dei redditi di società e soci, comporta che ciascuno di essi debba essere parte del medesimo processo tributario, in applicazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992. Pertanto, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari sarebbe affetto da nullità, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio. Tuttavia, aggiunge la Corte, ove dovessero formarsi giudicati “parziali” (relativi a singole posizioni) in violazione dei principi del litisconsorzio necessario, tale conflitto potrà essere risolto in forza dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa in declinazione dei quali il terzo ben può trarre beneficio dal giudicato inter alios, ma non può risultarne pregiudicato.
3. La sentenza presenta, dunque, plurimi profili di interesse, scandagliando gli effetti della violazione del litisconsorzio necessario, il bilanciamento dei valori appena ricordati e la disposizione contenuta nell’art. 2909 c.c., norma chiave dell’ordinamento giuridico risalente al diritto romano (res inter alios udicatae nullum aliis praeiudicium faciunt, Dig. 44.2.1) la cui interpretazione non è pacifica in dottrina (cfr. E. T. Liebman, Giudicato (Diritto processuale civile), in Enc. Giur. Trecc., Roma, 1989, p. 1 ss.).
Sotto il primo profilo, si osserva che il giudizio con pluralità di parti riceve una precipua disciplina nei vigenti assetti del processo tributario. Infatti, colmando la lacuna esistente nel precedente sistema processuale, l’art. 14, D. Lgs. n. 546/1992 prevede adesso che “se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti … la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi”.
Non potendosi in questa sede dar conto delle numerose incertezze che siffatta regola ha generato, ci si limita a ricordare che autorevole dottrina ha sostenuto che il legislatore tributario, con questa formula, abbia inteso riferirsi alle sole ipotesi di ‘situazioni sostanziali plurisoggettive inscindibili’ (Così, P. Russo, Manuale di diritto tributario, cit., p. 474; L. Castaldi, Delle parti e della loro rappresentanza in giudizio, in T. Baglione, S. Manchini, M. Miccinesi, a cura di, Il nuovo processo tributario. Commentario, Milano, 1997, p. 133; B. Bellè, Il processo tributario con pluralità di parti, Torino, 2002). Orbene, una delle prime ipotesi di litisconsorzio necessario (sebbene avversata da alcuni autorevoli studiosi tra cui C. Glendi, in L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, p. 779-781), è stata individuata proprio nel rapporto tra società di persone e soci in sede di determinazione del (medesimo) reddito soggetto ad Ilor (in capo alla società) e ad Irpef o Irpeg (in capo ai singoli soci).
Il modello dell’accertamento unitario, che intende assicurare un identico trattamento delle situazioni sostanziali plurisoggettive inscindibili, venuta meno l’originaria esigenza di accomunare la determinazione del reddito ai fini ILOR della società con quella del reddito da partecipazione dei soci, ha continuato a trovare applicazione in relazione ad ulteriori schemi impositivi. Ai sensi dell’art. 40, c. 2, D.P.R. n. 600/1973, ad esempio, l’accertamento del reddito realizzato dalle società di cui all’art. 5, D.P.R. n. 597/1973, è effettuato con un unico atto intestato alla società ma i cui effetti si riverberano anche sulla determinazione del reddito di partecipazione dei singoli soci: trattasi di un “peculiare modello d’accertamento fondato su una definizione del reddito societario non solo unitaria per società e soci, quanto soprattutto contestuale, giacché destinata a compiersi solamente in questa sede con l’atto (cosiddetto accertamento unitario) indirizzato alla società” (A. Carinci, L’accertamento nel regime di trasparenza delle società: responsabilità, garanzie e tutele per la società e per i soci, in Rass. Trib., 2006, p. 172).
4. Se nella fase di attuazione del tributo emergono numerosi e stringenti vincoli a carico dell’Amministrazione finanziaria affinché all’accertamento del reddito della società conseguano riflessi diretti e immediati sul versante del reddito dei soci – “nel senso che tale secondo reddito (il quale costituisce componente del reddito complessivo del socio) non può essere oggetto di autonomo (e divergente) accertamento” (E. Altieri, Accertamento nei confronti di società di persone e soci nel processo tributario. Litisconsorzio necessario?, in Il Fisco, 2003, p. 1484 ss.) – la successiva fase contenziosa non presidia il tema con pari rigore. Non si rinvengono, infatti, indicazioni legislative volte ad evitare una differente configurazione dell’obbligazione tributaria dei soci rispetto a quella del loro ente. Cionondimeno, la giurisprudenza tributaria di legittimità (ex multis, Cass., SS. UU., n. 1052 del 18 gennaio 2007), unitamente al Consiglio di Stato (Parere n. 68 del 17 gennaio 1984), hanno provato a sopperire a tale lacuna, collocando espressamente il litisconsorzio necessario tra le possibili soluzioni al rischio dei giudicati divergenti (V. Ficari, L’evoluzione delle vicende processuali dei rapporti tra soci e società trasparenti, in Rass. Trib., 2007, p. 1132 ss.). Secondo un consolidato orientamento della suprema Corte, infatti, “siffatta controversia, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario” (su tutte, Cass., SS. UU., n. 14815 del 4 giugno 2008).
5. Tornando alla questione controversa, trattandosi di giudizio necessariamente litisconsortile che ha tuttavia condotto alla formazione di giudicati parziali, il Giudice si sarebbe potuto limitare a rilevare la nullità della sentenza e dell’intero giudizio, potendo tale rilievo avvenire anche d’ufficio ed in ogni stato e grado del processo (v. Cass., n. 2880 del 7 febbraio 2013). Nel caso in esame, invece, valorizzando i principi costituzionali del giusto processo e di economia processuale sotto il profilo della ragionevole durata del processo, la Suprema Corte ha inteso conservare gli effetti processuali, non ritenendo opportuna la retrocessione dell’intero giudizio alla fase di primo grado “al [solo] fine di far partecipare ad esso altre parti, sulle cui posizioni si è ormai prodotta una decisione irrevocabile all’esito di altro giudizio”.
6. Tuttavia, il principio del contraddittorio e il diritto di difesa, unitamente ai limiti soggettivi degli atti notificati dall’Amministrazione finanziaria, ancor prima dei limiti soggettivi del giudicato di cui all’art. 2909 c.c., impediscono di opporre il giudicato a chi non ha partecipato al processo o non è stato posto nelle condizioni di essere parte dello stesso (v. Cass., n. 14815/2008, cit., p. 12). In tal senso, chiariscono i Giudici: “l’eventuale formazione di giudicati parziali (riferiti, cioè, a singole posizioni), saranno valutati tenendo conto dei limiti soggettivi stabiliti dall’art. 2909 c.c. (…) I limiti soggettivi del giudicato garantiscono che nessuna statuizione pregiudizievole venga adottata senza che il destinatario di tale statuizione si sia potuto difendere”. In tale contesto, la parte pretermessa può beneficiare del giudicato inter alios, ma quello stesso giudicato non può pregiudicarla. Così, a fronte di un annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, il relativo giudicato giova al socio che non ha partecipato al giudizio, in quanto “se avesse partecipato non avrebbe potuto fare di meglio” (in senso contrario cfr. D. Coppa, Accertamento dei redditi prodotti in forma associata e litisconsorzio necessario, in Rass. Trib., 2008, p. 978 ss.). Chiarisce, , in tal senso, la Corte, “applicando pertanto i criteri appena evidenziati, il giudicato favorevole all’Amministrazione, maturato sul ricorso della società avverso l’accertamento a quest’ultima diretto, non può essere opposto dall’Ufficio al controricorrente, che non ha preso parte al relativo procedimento e che ha invece impugnato l’accertamento emesso nei suoi confronti, contestando anche quello presupposto”.
Ma vi è di più, in quanto l’eventuale produzione in giudizio di una sentenza passata in giudicato che, a causa dei limiti soggettivi del giudicato stesso, non abbia efficacia vincolante nei confronti del socio pretermesso (ad esempio, la sentenza favorevole all’amministrazione finanziaria pronunciata nel giudizio relativo alla società o a singoli soci (v. Cass., 14815/2008, richiamata in motivazione)), “pur non producendo gli effetti tipici del giudicato, non è tamquam non esset”. In altri termini, la sentenza passata in giudicato, ed inopponibile nei confronti del socio che non ha partecipato al processo, non può essere considerata alla stregua di una sentenza inesistente, o inutiliter data in senso proprio, cioè che non ha alcuna attitudine a produrre effetti, se non resa nei confronti di tutti; trattasi, invece, di una sentenza gravemente viziata, la cui patologia può essere rilevata anche d’ufficio in sede di legittimità, ma che, in mancanza, definisce i rapporti tra le parti che hanno partecipato al giudizio (R. Lupi, M. Basilavecchia, La tendenza al processo unico per i redditi prodotti in forma associata, in Dial. Trib., 2008, p. 40). Il contenuto della sentenza eventualmente allegata dall’Ufficio a supporto del corredo probatorio dovrà, quindi, essere oggetto di autonoma valutazione e di specifica motivazione da parte del giudice, escludendo la possibilità della mera motivazione per relationem (Cfr. Cass., n. 14056/2006).
7. Tirando le fila del discorso, la sentenza oggetto di analisi conferma una esigenza di unitarietà nel processo tributario in materia di redditi prodotti in forma associata non sempre in linea con il rispetto del diritto di difesa, della ragionevole durata del processo, nonché della stabilità e della certezza dei rapporti giuridici.
Già secondo la Corte Costituzionale (ord. n. 5/1998) “al socio accomandante, privo di legittimazione processuale nel giudizio relativo all’accertamento del reddito societario ai fini dell’imposta ILOR, deve ritenersi sempre consentita, allorché gli sarà notificato l’accertamento del suo reddito personale, la possibilità di tutelare i suoi diritti, contestando anche nel merito l’accertamento del suo reddito di partecipazione nonostante l’intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario ai fini ILOR”. Tale pronuncia, anche se riferita ad un ricorso proposto secondo le regole processuali dettate dal D.P.R. n. 636/1972, quindi in assenza di una specifica disciplina in materia di litisconsorzio necessario nel processo tributario, ben rivelava l’effettiva esigenza di assicurare il diritto di difesa dei soggetti rimasti estranei alla trattazione della controversia pregiudiziale.
Nonostante gli sforzi compiuti dalla giurisprudenza nel corso del tempo, permane la percezione di un’oggettiva difficoltà di realizzare, in armonia con i principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, una giusta imposizione nell’interesse primario dell’ordinamento, ancor prima del singolo contribuente.
La fattispecie sottesa alla tassazione dei redditi prodotti in forma associata, a fronte di una ‘capacità economica unica (il reddito della società) ma debiti tributari diversi’ (cfr. R. Lupi, M. Basilavecchia, La tendenza al processo unico per i redditi prodotti in forma associata, cit., p. 2) attribuisce centralità alla simultaneità del processo, che coinvolga tutti gli interessati, al precipuo fine di evitare la formazione di giudicati contrastanti. L’unitarietà del giudizio si scontra, come più volte ribadito, con la necessità ordinamentale di non vanificare l’attività difensiva del socio che ha regolarmente impugnato l’atto ottenendo una sentenza favorevole definitiva. Tuttavia, se il Giudice si accorge della mancata integrazione del contraddittorio ma, per le ragioni di opportunità esposte non lo rileva, e si forma un giudicato, la suprema Corte ritiene la sentenza valida tra le parti che hanno partecipato al giudizio, scindendo, di fatto, le posizioni degli originari litisconsorti. L’assoluta inderogabilità del giudizio unitario tende quindi a cedere dinanzi alla esigenza di non pregiudicare la parte che abbia ottenuto un risultato favorevole da un giudizio e, parallelamente, alla possibilità di rimettere all’apprezzamento del giudice una sentenza resa, a ben guardare, a valle di un contraddittorio ‘monco’, in assenza di tutte le parti ‘necessarie’.