argomento: Profili europei e Internazionali - Giurisprudenza
L’esenzione dal pagamento dell’accisa sull’energia può essere riconosciuta ai contribuenti che sono assoggettati al regime EU-ETS. L’EU – ETS costituisce un sistema di regolamentazione dei prezzi a finalità ambientale con elementi di fiscalità. La tassazione dell’energia e il regime EU-ETS dovrebbero essere coordinati per una più efficace transizione ecologica attraverso la previsione di una esenzione generale da accise per coloro che sono soggetti al regime ETS.
» visualizza: il documento (Corte di Giustizia UE, sent. 31 marzo 2022, causa C-139/20)PAROLE CHIAVE: direttiva energia - regime EU-ETS - esenzione - ammissibilità - livelli minimi
di Rossella Miceli
1. Con la pronuncia del 31.3.2022, C-139/20 la Corte di Giustizia rende un’importante interpretazione di una disposizione di esenzione recata nella direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici e della elettricità (Direttiva del Consiglio 27.10.2003, n. 2003/26/CE).
In particolare, i giudici europei affrontano la questione della possibilità di esentare totalmente dal pagamento delle accise sull’energia le società a forte consumo energetico soggette alla disciplina dello scambio di emissione di quote dell’Unione europea, conosciuta come sistema EU-ETS (acronimo di European Emission Trading Scheme). La Corte di Giustizia assume una decisione di senso favorevole sulla base di una interpretazione sistematico letterale della disposizione, contrapponendosi, in tal modo, alla posizione della Commissione che aveva escluso tale possibilità. Il tema è di notevole importanza nella fase storica attuale, nella quale si sta realizzando un’epocale transizione ecologica che coinvolge in prima linea la materia fiscale. In tale assetto, come si dimostrerà, un ruolo fondamentale è rivestito dalla direttiva sulla tassazione dell’energia e dal regime ETS, sui cui rapporti statuisce la pronuncia della Suprema Corte europea, definendo principi che - a nostro avviso - possono trascendere la fattispecie in esame. Per tali ragioni una riflessione sul contenuto della sentenza medesima risulta di particolare rilievo giuridico ed attualità.
2. La transizione ecologica è stata promossa dalla Commissione europea e si è esplicitata in documenti di estrema importanza (quali: Green deal, New generation Eu, Fit for 55%). Tra questi, in particolare, il Green deal (o Patto verde per l’Europa formalizzato dalla Commissione europea nella Comunicazione 11.12.2019, n. 640) definisce un insieme di misure e di azioni per avviare un’importante trasformazione dell’ambiente in Europa. Il primo passaggio della transizione ecologica è costituito dalla politica di decarbonizzazione, di cui si occupa specificamente il pacchetto Fit for 55%. La decarbonizzazione definisce l’obiettivo più importante del progetto, qualificando un passaggio ineliminabile nel processo di crescita sostenibile. Senza la suddetta attività, infatti, nessuna transizione ecologica risulterebbe possibile. Per meglio dire, la produzione di energia avviene attraverso processi di combustione di materie prime energetiche (i combustibili fossili), costituiti principalmente da legno, petrolio e carbone. Il processo di combustione genera anidride carbonica (CO2) in dose troppo elevata per essere assorbita in modo naturale e senza conseguenze nocive per l’ambiente. Gli studi scientifici hanno dimostrato che l’eccesso di emissioni di CO2 costituisce la prima causa dell’inquinamento del pianeta e dell’effetto serra, determinando modificazioni climatiche, minacce per le biodiversità nonché diffusione di epidemie. In quest’ottica il Green deal ha programmato un percorso di graduale riduzione dell’utilizzo del carbonio (alias decarbonizzazione) e il progetto Fit for 55% ha definito un piano per graduare tale riduzione (in misura pari al 55%) fino all’anno 2030, con l’obiettivo di far divenire l’Europa il continente climaticamente più neutro entro l’anno 2050. Le Comunicazioni suddette identificano una politica di decarbonizzazione basata su alcuni punti fermi, tra i quali si riscontrano l’utilizzo del sistema EU-ETS e l’operatività della direttiva sulla tassazione dell’energia. In tal senso, entrambe le normative sono oggetto di importanti progetti di revisione al fine di allinearle ai nuovi obiettivi climatici e di rivederne alcune logiche secondo i più recenti standard ecologici.
3. La direttiva sulla tassazione dell’energia è entrata in vigore nel 2003 con lo scopo di armonizzare l’imposizione dei prodotti energetici in ambito europeo, prevenendo l’emersione di forme di concorrenza sleale tra Stati e di pianificazioni aggressive degli operatori economici in una fase storica in cui diversi Paesi europei avevano iniziato ad avviare politiche di protezione ambientale. Con l’introduzione di tale direttiva si è profondamente innovato il settore della tassazione delle materie prime. Si è così previsto un livello minimo di tassazione dei prodotti energetici, nonché la possibilità di prevedere esenzioni nell’ambito di una serie di fattispecie con lo scopo di definire un quadro fiscale uniforme in tutta Europa. In tale assetto, l’art. 17, par. 1, lett. b) della direttiva del Consiglio del 27.03.2003, n. 2003/26/CE, ha previsto, a condizione che siano rispettati i livelli minimi di tassazione, che gli Stati possano applicare esenzioni e sgravi sui prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento a favore di imprese a forte consumo di energia “qualora siano conclusi accordi con imprese o associazioni di imprese o qualora siano attuati regimi concernenti diritti commercializzabili o misure equivalenti purché volti a conseguire obiettivi di protezione ambientale o a migliorare l’efficienza energetica”. Tale disposizione ha consentito di agevolare le società cd. “energivore” (ovvero a forte consumo di energia e di elettricità secondo i parametri europei) a condizione che tali società stipulassero accordi o partecipassero a regimi concernenti prodotti commercializzabili per la promozione della protezione ambientale. Si è configurato, in tal modo, un regime derogatorio all’ordinario trattamento impositivo giustificato dalla circostanza che le società energivore attuassero comportamenti di sostegno ambientale. In tal senso la suddetta disposizione ha qualificato un’agevolazione tributaria sotto forma di esenzione dal pagamento dell’imposta, che gli Stati membri hanno avuto facoltà di attivare discrezionalmente alle condizioni previste dalla direttiva. In merito all’interpretazione del presupposto della “attuazione di regimi attinenti i diritti commercializzabili” si è sviluppata la controversia in esame. La questione, oggetto di riflessione, attiene alla possibilità di ricondurre a tale ultima fattispecie il regime EU ETS. La legge polacca, infatti, ha riconosciuto l’applicazione della suddetta esenzione (art. 31a, l. 6.12.2008, legge sulle accise) alle imprese che soggiacevano a tale ultimo regime. Risulta a questo punto necessario effettuare una riflessione sul regime EU-ETS.
4. Con la Direttiva C-2003/87/CE (Direttiva del Parlamento e del Consiglio 13.10.2003, intitolata “Misure di sostegno transitorie a favore di determinate industrie a elevata intensità energetica nell’eventualità di una ricollocazione delle emissioni di carbonio”) è stato istituito il sistema per lo scambio di emissioni dei gas ad effetto serra nell’Unione europea (EU-ETS). Il sistema è entrato in vigore nel 2005 e costituisce la principale politica di decarbonizzazione introdotta in Europa e rivolta a tutti i settori ad alta intensità energetica (DORIGO – MASTELLONE, La fiscalità per l’ambiente, Roma, 2013, 35). La disciplina in esame si fonda sul principio di limitazione e qualifica uno strumento multifunzionale nel quale concorre anche una connotazione tributaria (DEL FEDERICO – GIORGI, The coordination of energy taxes and ETS via tax exemptions: the compatibility test in the context of free or auctioning allowancesand TFEU rules, in A.V.Energy taxes, environmental protection and State aid, IBFD, Amsterdam, 2016, p. 349). Il suddetto regime si caratterizza, infatti, per alcuni elementi indefettibili, quali: una stringente regolamentazione pubblicistica, una fase di scambi regolata dal mercato ed una finalizzazione del gettito alla spesa ambientale; tale ultimo fattore, unitamente alla coattività del prezzo renderebbe la materia in esame affine alla funzione fiscale (GIORGI, Aiuti di stato, fiscalità e “parafiscalità” nel settore energetico: ibridazione, modernizzazione e bilanciamento, in Dir. prat. trib. int., 2017, p. 70, la quale rileva la “fiscalizzazione del meccanismo”). In altre parole, la disciplina suddetta non regola tributi veri e propri secondo i canoni tradizionali ma prezzi pubblici con alcuni connotati fiscali. La regolamentazione della materia prevede la fissazione di un limite massimo di emissioni di carbonio riferibili ad uno Stato e ad ogni impianto industriale; tale valore non può essere superato. Le emissioni di carbonio sono espresse da titoli rappresentativi di tale utilizzo (quote), il cui possesso legittima ogni soggetto all’emissione di carbonio. Le quote sono acquistate nel limite del valore massimo previsto e le quote non utilizzate possono essere cedute (a terzi o ad aste) o restituite. La partecipazione al sistema EU-ETS è obbligatoria in Europa per tutte le imprese che operano nei settori del gas e dell’energia o che si caratterizzano per dimensioni elevate. Il sistema EU-ETS qualifica, in questo modo, un regime amministrativo obbligatorio, finalizzato al controllo ed alla riduzione progressiva di emissioni di carbonio nel territorio europeo, nel quale l’utilizzo del carbonio è soggetto ad un prezzo pubblico ed a limitazioni quantitative. Sulla base di tali riflessioni, ne consegue come l’EU-ETS possa essere qualificato dall’art. 17, par. 1, lett. b) della direttiva del Consiglio del 27.10.2003, n. 2003/26/CE, alla stregua di un regime concernente diritti commercializzabili, volto a conseguire obiettivi di protezione ambientale o a migliorare l’efficienza energetica. La pronuncia della Corte di Giustizia ha reso una decisione conforme al dato normativo ed al sistema giuridico, ritenendo che l’esenzione dal pagamento delle accise sull’energia sia stata correttamente riconosciuta dalla disciplina polacca ai contribuenti soggetti al regime EU-ETS in quanto quest’ultimo costituisce un diritto commercializzabile, volto a conseguire obiettivi di protezione ambientale e a migliorare l’efficienza energetica. La circostanza che la soggezione a tale regime sia obbligatoria non rileva ai fini della fruibilità della agevolazione, in considerazione dell’assenza di indicazioni in tal senso all’interno della Direttiva. La decisione, pertanto, appare coerente con il dato normativo ed allineata agli scopi del sistema. Nel precisare le proprie statuizioni la Corte di Giustizia sottolinea come il riconoscimento della suddetta agevolazione non possa essere automatico, in quanto devono essere rispettati i livelli minimi di tassazione e deve conseguentemente valutarsi l’equivalenza degli effetti sull’ambiente. In alte parole, i vantaggi per l’ambiente che si conseguono con la soggezione al regime EU-ETS e l’esenzione da accisa devono essere analoghi a quelli ritraibili dalla applicazione di livelli minimi di tassazione. In assenza di tale condizione nessuna esenzione può essere riconosciuta in quanto la protezione dell’ambiente risulta scarsa e non allineata agli Pertanto, è sempre necessario valutare che gli oneri a carico dei contribuenti non scendano al di sotto di una determinata soglia (livello minimo) e conseguentemente non si abbassi il livello di tutela rivolto all’ambiente.
5. A questo punto risulta fondamentale comprendere se i principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza possano resistere ad un mutamento del quadro normativo ovvero alle riforme in divenire. Attualmente l’impianto normativo analizzato (relativo alla direttiva energia e alla direttiva ETS) risulta datato e superato in numerosi passaggi. Ne consegue come la decisione in esame possa apparire coerente con il dato normativo attuale ma non più allineata al sistema di valori che emerge dalla transizione ecologica. La valutazione del grado di resistenza dei principi enunciati passa da alcune brevi riflessioni sulle riforme in essere e sul ruolo del tributo ambientale.
6. Il progetto di riforma della direttiva energia prevede una sostanziale razionalizzazione di aliquote e riduzione di esenzioni, sulla base di un quadro giuridico modificatosi rispetto al 2003 con riferimento ai principi generali e agli obiettivi di sistema. In tale assetto anche la valutazione dei livelli minimi di tassazione si modifica nella logica di fondo, che valuterà i prodotti sulla base della loro prestazione ambientale (COMELLI, La tassazione ambientale nella prospettiva europea, oltre la crisi economica e sanitaria innescata dal Covid-19, in Dir. Prat. Trib., 2022, p. 791).
Con riferimento al sistema ETS si conferma un rafforzamento dell’utilizzo dello strumento in ambito europeo ed una contestuale declinazione dello stesso nei rapporti con i Paesi terzi, in relazione ai beni ad alto contenuto di carbonio che accedono nel mercato unico. È evidente come entrambi i sistemi mirino ad obiettivi comuni sulla base della definizione di un quadro generale europeo in materia di energia. In tale assetto i prodotti energetici saranno tassati sulla base di due parametri: il contenuto di CO2 e il contenuto energetico. Il sistema dovrebbe così portare alla valorizzazione di tutti i beni che non hanno CO2 e che presentano un forte grado di efficienza energetica (PURI, La produzione dell’energia tra tributi ambientali ed agevolazioni fiscali, in Dir. prat. trib., 2014, p. 323). In tal senso si impone un raccordo tra la tassazione dell’energia e le diverse politiche ambientali in atto e, in particolare, un coordinamento con il sistema UE-ETS. Con riferimento a quest’ultimo tema, si ritiene necessario operare una sostanziale esclusione dalla tassazione dell’energia per tutti i soggetti che rientrano nel sistema ETS al fine di evitare eccessivi oneri e una forma indiretta di doppia imposizione (PURI, La produzione dell’energia tra tributi ambientali ed agevolazioni fiscali, in Dir. prat. trib., 2014, p. 323). Il soggetto che rientra nell’ETS paga l’utilizzo di CO2 contribuendo alla politica evidentemente più mirata alla decarbonizzazione; si comprende come nel rispetto delle condizioni stabilite possa essere coerente escluderlo dal pagamento delle accise sui beni energetici al fine di non aggravarne l’attività con ricadute negative sul lavoro e sul mercato.
7. In tale riflessione si inserisce anche il ruolo della tassazione ambientale nella transizione ecologica che definisce uno strumento di indirizzo dei comportamenti dei consumatori e degli operatori del mercato a favore di metodi di produzione o di prodotti ecocompatibili. In questo assetto i tributi costituiscono un mezzo di regolazione di condotte lecite e compatibili con i valori ordinamentali e, come tale, non possono assumere tratti sanzionatori o vessatori verso i contribuenti. In altre parole, l’area di operatività dei tributi ambientali nell’era della transizione ecologica deve conservare il suo spirito (ovvero il riparto delle spese pubbliche con riferimento a beni di interesse comune e di natura intergenerazionale) senza sconfinare nell’attribuzione di oneri esorbitanti nei confronti di soggetti che non sono in condizione di allinearsi repentinamente agli standard ecologici. Tale passaggio deve riguardare anche gli oneri obbligatori che non sono tributi veri e propri, ma che impattano in ugual modo sulla situazione economica del contribuente ed esprimono un disincentivo all’utilizzo di CO2. Ne consegue come appaia coerente esentare dalla tassazione dell’energia contribuenti che obbligatoriamente sono soggetti alla disciplina EU-ETS al fine di non gravarli di oneri eccessivi in relazione ai medesimi beni per i quali sono già impegnati attivamente in un sistema ecologicamente orientato.
8. In questi termini l’interpretazione della Corte di Giustizia è conforme al sistema giuridico attuale e si dovrebbe tradurre in una disposizione di valore generale, contenente una esenzione espressa da imposizione da accisa per coloro che rientrano nel sistema EU-ETS. Tale esenzione dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli Stati membri. È noto il rilievo delle esenzioni all’interno delle accise. Si tratta di discipline che promuovono rilevanti valori sociali nel mercato e che si sono distinte per la necessità di un’interpretazione uniforme in tutto il territorio europeo, passaggio necessario per garantire uno sviluppo economico contestuale e contribuire alla definizione di un mercato in concorrenza (LOGOZZO, Le accise: inquadramento sistematico e questioni aperte, in Riv. Dir. Trib., 2/2018, pag. 141). In questa fase storica di importante tensione tra finalità ecologiche ed equilibrio del mercato sarebbe importante che la suddetta esenzione assumesse natura obbligatoria e, così, operasse in tutto il territorio europeo. In tal modo si garantirebbe una parità di trattamento tra operatori economici e si eviterebbe, al contempo, di generare nuovi fenomeni di concorrenza fiscale sleale tra Stati e di pianificazione aggressiva dei contribuenti al fine di ricevere il miglior trattamento impositivo.
9. Un raccordo formale ed esplicito tra la disciplina della tassazione dell’energia e il sistema EU-ETS risulterebbe, pertanto, un passaggio importante ed auspicabile nella prospettiva di una transizione ecologica che non comprometta gli equilibri del mercato e dei suoi operatori.