argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Giurisprudenza
La Cassazione afferma che l'art. 22 del D.P.R. n. 26 aprile 1986 n. 131 intende alludere, ai fini fiscali dell'enunciazione, ad un concetto di parti in senso non contrattualistico, ma inteso come soggetti che hanno partecipato alle due operazioni, valorizzando cioè il riferimento ai soggetti destinatari degli effetti degli atti. La lettura combinata degli artt. 10, 22 e 57 conduce, a ben vedere, ad una soluzione differente, per la quale devono coincidere, nell’atto enunciato e nell’atto enunciante, le parti contraenti, intese come identità fisica delle stesse.
» visualizza: il documento (Corte di Cass., sent. 8 febbraio 2023, n. 3839 e n. 3841)PAROLE CHIAVE: enunciazione - parti contraenti - imposta di registro
di Guido Salanitro
1. In sede di aumento gratuito di capitale (e/o copertura perdite) delle società frequentemente si utilizzano versamenti dei soci a scopo di finanziamento, richiamandoli nel relativo verbale notarile (FINALDI, La fiscalità dei finanziamenti soci, dei versamenti a fondo perduto e di quelli a futuro aumento di capitale, in Notariato, 2021, n. 2, 667 ss.). Il verbale, essendo atto pubblico, è presentato per la registrazione e sconta l’imposta fissa di registro, oltre a quella di bollo. L’Agenzia delle entrate ravvisa nel riferimento, nell’ambito del verbale, all’utilizzo di finanziamenti dei soci alla società, un’ipotesi di enunciazione applicando l’aliquota del 3 per cento. La Cassazione ha sempre accolto quest’orientamento, a partire dalla della decisione del 30 giugno 2010, n. 15585 di cui si riporta la massima: “È soggetto a imposta di registro proporzionale, con aliquota del 3%, il finanziamento concesso alla società dai propri soci, che è intervenuto sulla base di un contratto verbale tra i soci finanziatori e la società finanziata, quando sia «enunciato» nel verbale di assemblea con cui viene deliberata la ricostituzione del capitale sociale azzerato da perdite, mediante la rinuncia dei soci alla restituzione del finanziamento stesso, con la definitiva acquisizione delle somme versate nel patrimonio della società e a prescindere dall’effettivo uso dello stesso”. La decisione della Cassazione è stata ribadita in successive decisioni, in alcuni casi relative ad un contratto verbale di finanziamento (Cass. del 2010, e le decisioni in commento); in altre ad un contratto formato per corrispondenza e quindi soggetto a registrazione in caso d’uso (Cass., Sez. VI-T, Ord. 12 dicembre 2019 n. 32516). L’orientamento è stato oggetto di numerose critiche in dottrina sotto una molteplicità di profili (dall’esaurimento degli effetti dell’atto enunciato, accolto dalle sentenze in esame, alla rilevanza del caso d’uso). In queste brevi note, ci limitiamo al profilo dell’identità delle parti. Per l’applicazione dell’imposta alle disposizioni enunciate, infatti, l’art. 22 del d.p.r. n. 131/1986 richiede che l’atto enunciato sia posto in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione. Nell’orientamento giurisprudenziale è implicita l’affermazione che l’atto enunciato, il contratto di finanziamento tra due società, e l’atto enunciante, il verbale notarile di appianamento perdite, siano posti in essere tra le stesse parti. Sul punto è opportuno ricordare che nella prassi notarile il verbale straordinario è firmato dal solo presidente dell’assemblea, normalmente rappresentante della società, oltre che dal notaio. Anzi, a seguito dell’emergenza Covid, il verbale può essere firmato dal solo notaio, collegato via web all’amministratore e ai soci. Nel verbale si fa poi riferimento, anche come dichiarazione del presidente, ai presenti, al contenuto dell’assemblea, alle relative dichiarazioni e deliberazioni. I soci, presenti o per delega, non sono soliti firmare. Già da queste semplici osservazioni si potrebbe dedurre che non vi può essere identità tra le parti, neanche con una interpretazione estensiva (VENTRELLA, Il difficile rapporto tra caso d’uso ed enunciazione nell’imposta di registro: quando lo scambio di corrispondenza “non basta”, in Dir. prat. Trib., 2021, n. 2, 873 ss.; CANNIZZARO, La registrazione d’ufficio e l’enunciazione nell’imposta di registro, Studio CNN n. 208 – 2010,/T, in Studi e materiali, Milano, 2012). Ma a soccorrere l’interprete giova anche la natura del verbale stesso, inteso come atto senza parti. La dottrina prevalente ha infatti ricostruito il verbale notarile di assemblea come atto che non è nella disponibilità dei soggetti destinatari dei suoi effetti. Non è parte del verbale il presidente dell’assemblea, che si limita a dirigere i lavori e a interagire con il notaio; non sono parti i soggetti presenti all’assemblea, dai soci agli amministratori, ai sindaci; e non è parte la stessa società che nel verbale non rende al notaio alcuna dichiarazione negoziale attraverso chi ne ha la legale rappresentanza (LAURINI, Verbale assembleare e enunciazione dei finanziamenti dei soci, in Notariato, 2010, n. 6, 705 ss.. Se guardiamo alla ”enunciazione” del contratto di finanziamento, “il notaio non riceve direttamente dal socio la dichiarazione negoziale previa sua identificazione e costituzione in atto ai sensi delle norme dell’atto pubblico, ma si limita a registrarla, né il socio rende tale dichiarazione rivolgendosi al notaio con facoltà di disporre del tenore della sua verbalizzazione eventualmente modificando o ritirando quanto dichiarato”).
2. Le decisioni in esame (sostanzialmente “gemelle”) meritano attenzione perché (oltre ad analizzare il profilo dell’esaurimento degli effetti dell’atto enunciato) affrontano invece espressamente e approfonditamente il problema se sussista il presupposto dell’identità delle parti tra atto enunciante (verbale dell’assemblea societaria) ed enunciato (finanziamento tra società e socio). La Cassazione riconosce che la stessa Corte con un’ordinanza interlocutoria (Cass., sez. V, 6 aprile 2022, n. 11118/2022, che ha rimesso alle Sezioni Unite il profilo della responsabilità del notaio circa l’imposta relativa agli atti enunciati), ha mostrato di dubitare della ricorrenza di tale requisito soggettivo nel caso di verbale assembleare, osservando che "A tal fine, se il concetto di "parti" appare compatibile - secondo un orientamento costante - con il contratto di finanziamento soci, ove le stesse sono rappresentate dai soci finanziatori da un lato e dalla società finanziata dall'altro, la stessa nozione risulta più difficilmente adattabile al verbale assembleare, che per propria natura, costituendo - secondo autorevole dottrina - un semplice resoconto degli accadimenti assembleari, è un atto "auto-riferito" e, dunque, senza parti". Nonostante il dubbio espresso nell’ordinanza menzionata, le due decisioni in commento prendono una posizione opposta. La motivazione sembra essere di natura testuale, ed infatti si richiama la decisione delle Sezioni Unite per la quale il criterio testuale deve orientare l'interpretazione della norma tributaria (Cass., Sez. U., 25 luglio 2022, n. 23051, in con nota di SALANITRO, Scissione di società e imposte indirette tra interpretazione delle norme tributarie, art. 20 T.U.R. e Costituzione, in Gt, Riv. Giur. Trib., n. 11/2022, 856 ss), il che consente di accreditare l'ordine di idee secondo cui la disposizione in commento intende alludere, ai fini fiscali dell'enunciazione, ad un concetto di parti in senso non contrattualistico, ma inteso come soggetti che hanno partecipato alle due operazioni (finanziamento e deliberazione assembleare), in termini, cioè, di "interrelazione tra quelle intervenute nei due atti", , valorizzando cioè il riferimento ai soggetti destinatari degli effetti degli atti (CASALI – CHIZZINI, L’atto contenente l’enunciazione deve avere gli stessi soggetti tra cui è intercorso quello enunciato, in Corr. Trib., 2000, n. 21, 1537 ss.). Per la Cassazione non v’è dubbio che il verbale di assemblea sia il mero resoconto di quanto accaduto in assemblea, il che vuol dire che, in ragione della funzione che esso esplica, esso è l'atto che registra l'intervento, la partecipazione dei soci e della società all'operazione oggetto di tassazione. In tale direzione, deve, allora, riconoscersi che il verbale assembleare, proprio quale riassunto/narrazione degli eventi avvenuti nel corso dell'adunanza assembleare, è l'atto che restituisce evidenza all'intervento dei soci, dando conto del loro intervento e delle deliberazioni della società attraverso il voto e le manifestazioni di volontà dei soci.
3. L’opinione accolta dalla Cassazione non appare condivisibile proprio muovendo dal criterio letterale che deve orientare l’interpretazione della norma tributaria (FRANSONI, Appunti sull’enunciazione nell’imposta di registro, in Riv. Dir. trib., 2017, I, 175 ss. per il quale “Il dato testuale – secondo cui gli atti scritti non registrati devono essere “posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione” – milita indubbiamente a favore della soluzione per cui la coincidenza delle parti debba essere riscontrata avendo riguardo all’identità fisica delle parti nei due distinti momenti in cui si è perfezionata la disposizione enunciata e in cui è stata posta in essere quella enunciante”). La stessa Cassazione a Sezioni Unite ricordata nella decisione in esame sottolinea che la necessità di adottare un criterio interpretativo che valorizzi - e non disperda - la coerenza interna alla prescrizione normativa induce a ritenere, in via generale e salvo univoci elementi di segno contrario, che la terminologia utilizzata dal legislatore sia segnata da costanza semantica. La costanza semantica che qui rileva è quella dell’art. 22 con gli articoli 10 e 57 che individuano i soggetti obbligati alla registrazione e al pagamento del tributo. In questi articoli si fa riferimento alle parti contraenti; e in questi articoli non si dubita che le parti sono quelle hanno partecipato all’atto, non potendosi estendere a chi non abbia partecipato all’atto, pur risentendone gli effetti (BUSANI, L’imposta di registro, Milano, 477). Si distingue, è vero, tra parte in senso formale, intesa come contraente in nome altrui, e parte in senso sostanziale, inteso come contraente in proprio (GHINASSI, Imposte di registro e di successione. Profili soggettivi ed implicazioni costituzionali, Milano, 1996, 6 ss; FEDELE, I rappresentanti delle parti nell’imposta di registro e nell’Invim, in Rass. Trib., 1987, III, 180 ss). Ma la distinzione rileva con riguardo alla responsabilità del procuratore (parte formale) in aggiunta alla responsabilità del rappresentato (parte sostanziale ma pur sempre parte contraente e infatti inserita nell’atto tra i comparenti). E le tre norme, il 10, il 57 e il 22 sono tra loro chiaramente collegate, non rilevando il mero mancato riferimento a “contraenti”, in quanto è precisato “intervenute nell’atto”. L’enunciazione richiede l’identità delle parti non perché guarda a chissà quale sostanza, ma perché le parti enunciano l’atto, registrano l’atto, pagano il tributo. In fondo, le due decisioni in esame provano a far riemergere interpretazioni sostanzialistiche dell’atto che sono rigettate dall’art. 20 come di recente riformulato. Sembra strano ammettere una interpretazione sostanzialistica dell’imposta con riguardo alle parti e un’interpretazione formalistica dell’atto riguardo al suo contenuto. E il collegamento con l’obbligo impositivo in capo alle parti può giustificare la responsabilità del notaio, anche se sul punto attendiamo cosa ci insegneranno le Sezioni Unite della Cassazione. Ma non può tacersi che proprio perché l’obbligazione del notaio si incrocia con quella delle parti, non si può condividere l’idea affermata dalla decisione in commento che il tema in rassegna non sia intercettato dalle valutazioni che le Sezioni Unite saranno chiamate ad effettuare sulla tematica rimessa dalla menzionata ordinanza, che risulta incentrata sulla questione della concorrente e solidale responsabilità del notaio rogante l'atto enunciante anche per il pagamento dell'imposta di registro sugli atti enunciati, in cui la perplessità interpretativa di fondo è stata individuata nella responsabilità fiscale del notaio per contratti (atto enunciato) rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione. Ci si deve piuttosto domandare, proprio nella logica della coerenza interna del sistema normativo dell’imposta di registro, se può avere rilevanza il riferimento compiuto nell’art. 57, al fine di individuare gli obbligati al pagamento, anche ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione. Silente sul significato la giurisprudenza recente. In dottrina, una tesi risalente vi ravvisa sia il soggetto che, pur non avendo partecipato ad un atto, ne richieda la registrazione assumendo di avervi interesse, sia il soggetto che abbia comunque un interesse dipendente dall’atto tassabile (RASTELLO, Il tributo di registro, Roma, 1955, 173 ss.; e una certa rilevanza all’interesse sostanziale (facendo riferimento a colui a favore del quale è stata stipulata una fideiussione), riconosce anche BUSANI, L’imposta di registro, Milano, 2018, 505 ss. che cita Cass., 23 gennaio 1956, in Riv. Leg. Fisc., 1956, 430, secondo cui la legge osserva la «situazione di vantaggio, sia pure relativa, che si presume si estenda a persone la cui qualità non si identifica formalmente con quella di parti contraenti, ma alla cui sfera patrimoniale variamente il rapporto attinge, sicché la formalità della registrazione deve ritenersi richiesta anche nel loro interesse»). Una tesi più recente vi ravvisa i partecipanti ad atti non contrattuali, distinguendosi dalle parti contraenti e dalle parti in causa (GHINASSI, Imposte di registro e di successione. Profili soggettivi ed implicazioni costituzionali, Milano, 1996, 51 ss.; tesi ribadita in Codice delle leggi tributarie, Torino, 2014, 57 ss.). Non è questa la sede nella quale sciogliere questo nodo interpretativo. Ai nostri fini è sufficiente notare che se riteniamo che la locuzione faccia riferimento all’interesse sostanziale dei soggetti (nel cui interesse fu richiesta la registrazione), siamo comunque fuori dalla nozione di parte usata nella norma sull’enunciazione; se preferiamo il riferimento agli atti non contrattuali, il finanziamento enunciato non vi rientra perché è un contratto.
4. Le due sentenze in commento, invertendo gli orientamenti pregressi, danno torto all’Agenzia delle entrate accogliendo la tesi dottrinale per la quale non si può applicare l’imposta ai contratti verbali di finanziamento, perché hanno esaurito i loro effetti con l’atto notarile, in forza del comma 2 dell’art. 22, per il quale l’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione (BUSANI, “La enunciazione di atti scritti e di contratti verbali”, in Dir. prat. trib., n. 3/2019, pag. 1379 ss.) Poiché però abbiamo visto che il contratto di finanziamento è spesso stipulato per corrispondenza, vi è rischio (anche un po’ paradossale) che in questo caso continuerà ad essere applicata la tassazione al 3 per cento dell’atto enunciato. Precisare che non si è in presenza delle stesse parti consente di chiudere definitivamente la questione e di riferire liberamente nel verbale i rapporti sottostanti all’operazione sul capitale.