Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

27/05/2023 - La dubbia natura giuridica degli oneri generali del sistema elettrico

argomento: Principi generali e fonti - Giurisprudenza

Con l’ordinanza interlocutoria 5 ottobre 2022, n. 28992, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno chiesto l’intervento dell’Ufficio del Massimario al fine di acquisire gli elementi utili per dirimere una questione da tempo controversa riguardante il corretto inquadramento degli oneri generali del sistema elettrico e la conseguente giurisdizione. Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno ripreso la giurisprudenza costituzionale che qualifica una entrata erariale come tributaria se presenta determinate caratteristiche quali: a) la doverosità della prestazione; b) il collegamento della prestazione alla spesa pubblica; c) la previsione di una fonte legale relativa all’obbligazione. Inoltre, si fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che, nell’attribuire agli oneri di sistema natura tributaria, identifica le caratteristiche necessarie (e in parte coincidenti con quelle individuate dalla giurisprudenza costituzionale italiana) per poter qualificare come imposta indiretta una prestazione patrimoniale imposta.

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PAROLE CHIAVE: fiscalitā dell - oneri generali di sistema - natura giuridica


di Caterina Verrigni

  1. L’ordinanza riguarda l’annosa e attuale problematica della corretta individuazione della natura giuridica degli oneri generali del sistema elettrico, in riferimento alla posizione soggettiva del gestore del servizio di distribuzione del gas. I giudici nel rimettere la questione all’Ufficio del Massimario elaborano un ragionamento che si basa sostanzialmente sulla norma della Direttiva generale accise 2008/118/CE (ora Direttiva 2020/262/UE) che consente agli Stati membri di istituire altre imposte indirette sull’energia elettrica purché abbiano una specifica finalità e siano conformi alle norme europee in materia di IVA e di accise. Inoltre, la Corte di Cassazione richiama una decisione della Corte di Giustizia che aveva già statuito che i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema potevano costituire imposte indirette, lasciando però al giudice di merito il compito di verificare gli elementi di fatto e le norme di diritto interno che disciplinano quegli specifici tributi.
  2. La decisione scaturisce da un ricorso per regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia in relazione ad una controversia che coinvolge una società totalmente partecipata dal Comune di Acireale, affidataria del servizio idrico e della distribuzione del gas, la quale ha proposto ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, avverso una cartella di pagamento, notificata dall’Agente della riscossione, per oneri generali di sistema e componenti tariffarie derivanti dalle dichiarazioni periodiche riguardanti la propria attività, per conto della Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA). I giudici tributari, con sentenza n. 2601/20, declinavano la giurisdizione in favore del giudice amministrativo. Successivamente, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, con sentenza n. 904/2022 ha sollevato il conflitto negativo di giurisdizione, rilevando che la CSEA, ente pubblico economico ha esercitato nei confronti della ricorrente attività di accertamento e di riscossione, rilevando diverse incongruenze. Per i giudici amministrativi le pretese fatte valere dalla CSEA nei confronti della società ricorrente non configura situazioni di interesse legittimo devolute al giudice amministrativo, al contrario la società ricorrente vanta posizioni di diritto soggettivo riconducibili alla corretta determinazione del debito sorto nei confronti di CSEA. Il giudice amministrativo ritiene che la controversia scaturente dalla cartella di pagamento elaborata dall’Agente della riscossione, debba essere devoluta al giudice ordinario, in virtù della qualificazione relativa alla specifica prestazione patrimoniale. Le considerazioni svolte dalla Cassazione in sede di regolamento di giurisdizione sembrano escludere a priori la giurisdizione amministrativa. Ciò appare condivisibile poiché la situazione giuridica soggettiva di colui che corrisponde gli oneri alla CSEA non è di interesse legittimo. Infatti, la Cassa non esercita alcun potere discrezionale nella determinazione e riscossione degli oneri di sistema. Pertanto, l’individuazione della giurisdizione può porsi tra giudice tributario e giudice ordinario. L’altra osservazione che emerge dall’ordinanza riguarda l’individuazione della natura tributaria (di imposte indirette) o di prestazione patrimoniale non tributaria degli oneri, funzionale ai fini dell’applicabilità della disciplina europea in tema di fiscalità energetica.
  3. I consumi energetici oltre ad essere assoggettati ad accisa applicata sulla base dei consumi e ad IVA sono gravati dagli oneri di sistema che incrementano il costo complessivo della bolletta energetica in modo significativo. Si tratta di componenti tariffarie complesse nella struttura e nella disciplina, tanto da aver generato diversi profili di criticità sia per i consumatori, incisi dall’onere, sia per l’Autorità che li regolamenta (ARERA). Dal punto di vista europeo le fonti che disciplinano la tassazione dell’energia elettrica sono principalmente rappresentate dalla Direttiva 2003/96/CE (sul tema delle accise si rinvia a: VERRIGNI, Le accise nel sistema dell’imposizione sui consumi, Torino, 2017; ID., La direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dell’energia ed il suo tardivo recepimento nell’ordinamento italiano, in prat. trib. int., 2007, 735 ss.) e dalla Direttiva 2008/118/CE (ora Direttiva 262/2020/UE) che ha lo scopo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione dei prodotti soggetti ad accisa. E’ utile precisare che la disciplina europea sulla tassazione energetica si limita a fissare dei livelli minimi di tassazione che gli Stati membri devono rispettare per assicurare il buon funzionamento del mercato interno. Il livello minimo di tassazione è riferibile all’onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette, esclusa l’IVA (art. 4, par. 2, Direttiva 2003/96/CE). Conseguentemente per la determinazione dell’onere fiscale complessivo che incide sul consumo dell’energia elettrica bisogna delimitare la nozione di “imposte indirette” e delimitarle rispetto alle altre prestazioni patrimoniali che non necessariamente devono essere di natura fiscale ma che incidono sul costo complessivo dell’energia.
  4. Gli oneri generali di sistema (per la dottrina che si è occupata del tema cfr.: SALVINI, Ancora sulla natura degli oneri generali del sistema dell’elettricità e del gas, in Fiscalità dell’energia 20 febbraio 2023;, Oneri di sistema e tutela del consumatore, in Rivista energia, 2018, 64; SUPINO – VOLTAGGIO, La povertà energetica. Strumenti per affrontare un problema sociale, Bologna, 2018, 205 ss..) sono normalmente indicati nella fattura che viene periodicamente pagata da parte dei clienti finali che acquisiscono la fornitura di energia elettrica. Si tratta di un elemento tariffario che incide per circa il 25% sul prezzo totale della fornitura con delle variabili collegate al tipo di utenza, al livello di tensione ed al mercato di riferimento (maggior tutela o mercato libero). La funzione di questi oneri è quella di finanziare i costi sostenuti per attività di interesse generale che interessano il sistema energetico nazionale. Nello specifico, il gettito derivante dall’applicazione di tali oneri è utilizzato per finanziare spese di diversa natura come per esempio le spese per la messa in sicurezza del nucleare o per la compensazione di carattere territoriale; inoltre gli oneri di sistema possono essere utilizzati per coprire le spese che si sostengono per concedere incentivi alle fonti rinnovabili o incentivi tariffari destinati al settore ferroviario; o ancora per finanziare misure di sostegno alla ricerca o bonus per i consumatori che si trovano in stato di disagio; nonché per concedere agevolazioni alle imprese manifatturiere energivore.
  5. Nell’attuale contesto storico la struttura degli oneri generali di sistema è oggetto di una profonda rivisitazione, funzionale al superamento del sistema della progressività che ha determinato una maggiore incidenza per i soggetti che hanno consumi elevati. Con il nuovo sistema l’obiettivo è quello di differenziare i clienti residenti (ai quali gli oneri saranno applicati in proporzione al consumo) e i clienti non residenti (ai quali gli oneri saranno applicati per una quota in misura fissa e per la restante parte, tenendo conto dei consumi). All’interno del procedimento che conduce al versamento degli oneri di sistema, emergono varie figure che a diverso titolo partecipano con competenze diversificate. Il soggetto passivo in senso sostanziale degli oneri di sistema viene individuato nel cliente finale a cui viene erogata l’energia elettrica. Coloro che vendono l’energia elettrica (ossia coloro che si occupano del servizio di trasporto e di vendita – traders – che acquistano energia elettrica dai produttori e la rivendono ai clienti finali in regime di libero mercato) fatturano e riscuotono gli oneri verso i rispettivi clienti finali, provvedendo a riversarli ai distributori di energia elettrica territorialmente competenti (i quali trasportano l’energia, mediante le reti locali, fino al punto di consumo). I distributori, a loro volta, fatturano gli oneri nell’ambito del contratto di trasporto concluso con i traders. Infine, sulla base delle diverse componenti di cui si compongono gli oneri, i distributori versano su distinti Conti di gestione istituiti presso la Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA), oppure direttamente al gestore dei Servizi Energetici (GSE). Tutta la problematica emersa riguarda sostanzialmente l’individuazione degli elementi strutturali degli oneri di sistema al fine di attribuire a tali prestazioni patrimoniali la natura tributaria o meno e conseguentemente indicare la giurisdizione competente a dirimere le varie questioni controverse. La Cassazione nella concreta fattispecie, ha elaborato una serie di argomentazioni al fine di individuare la natura giuridica del prelievo, tuttavia, nonostante il richiamo a solidi principi giurisprudenziali ha sentito l’esigenza, a causa della forte incertezza normativa, di rinviare la questione all’Ufficio del Massimario.
  6. Per la Cassazione, al fine di delimitare l’ambito della giurisdizione tributaria rispetto a quella ordinaria risulta decisivo il corretto inquadramento giuridico della prestazione patrimoniale, oggetto della controversa vicenda. Dal punto di vista formale, le somme pagate dagli utenti funzionali alla copertura degli oneri generali di sistema si qualificano come “componenti tariffarie”, fermo restando che il termine “tariffa”, non è idoneo a qualificare giuridicamente un onere come tributario o di diversa natura giuridica come risulta anche dal consolidato orientamento della Corte costituzionale (tra le tante cfr. Corte cost. 14 dicembre 2017, n. 269 in comm., 2019, II, 486 ss.; Corte cost. 30 aprile 2015, n. 70 in Riv. it. dir. lav., 2015, II, 826; Corte cost., 17 dicembre 2013, n. 310 in Foro amm., 2014, 1882) che, chiamata a pronunciarsi in ordine a singole prestazioni patrimoniali imposte ai fini di determinarne la natura tributaria o meno ha chiarito che gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a finanziare pubbliche spese (in dottrina, v.: FEDELE, La definizione del tributo nella giurisprudenza costituzionale, in Riv. dir. trib., 2018, 1 ss.; FRANSONI, La nozione di tributo, in AA. VV., Diritto tributario e Corte costituzionale, L. Perrone – Berliri (a cura di), Napoli 2006, 135 ss.; DEL FEDERICO, Tasse, tributi paracommutativi e prezzi pubblici, Torino, 2000). Sulla scia dell’orientamento della Corte costituzionale anche la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente identificato i confini della nozione di tributo, precisando la funzione eminentemente pubblica dell’onere tributario, correlato ad un presupposto economicamente rilevante, doveroso e quindi non rinunciabile, sostenuto a vantaggio della collettività e non del soggetto passivo in senso sostanziale che ne sopporta effettivamente il costo (svincolato così da uno schema sinallagmatico) e finalizzato alle pubbliche spese (Cass. Sez. Unite, Ord. 26 gennaio 2011, n. 1780, in merito alla natura giuridica del cd. “bollino SIAE”; Cass. Ord. 26 gennaio 2011, n. 1872, in Corr. trib., 2011, 2041 ss., con nota di PURI, Il contributo all’albo come tributo, verso una nozione generica di prestazione imposta? Cass. 29 ottobre 2021, n. 30963, con commento di RICCI, Sulla natura tributaria del contributo al Consiglio Nazionale Forense, in Riv. dir. trib. 2022, II, 110 ss.). Nella fattispecie in esame, la Cassazione richiama anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia, intervenuta proprio sul tema degli oneri di sistema. La decisione dei giudici unionali ( C. giust. UE, 18 gennaio 2017, causa C-189/15, con nota di ARMELLA, Sono imposte indirette gli oneri generali del sistema elettrico, in Corr. trib., 2059 ss.) scaturisce da un rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato (Ord. n. 1930/2015) in merito alla compatibilità del sistema nazionale di agevolazioni a favore delle sole imprese energivore operanti nel settore manifatturiero con la Direttiva 2003/96/CE. La Corte ha affrontato una duplice questione: da una parte, se possa qualificarsi come imposta indiretta per la Direttiva generale accise (2008/118/CE ora 262/2020/UE), il meccanismo di ripartizione tra i consumatori degli oneri generali di sistema; dall’altra, quale sia la natura giuridica dell’agevolazione riconosciuta dallo Stato italiano alle imprese manifatturiere consistente in una forte riduzione degli oneri di sistema. In materia di fiscalità energetica la Direttiva 2008/118/CE (ora Direttiva 2019/262/UE) consente agli Stati membri la facoltà di introdurre altre forme di imposizione indiretta sull’energia elettrica già sottoposta ad accisa armonizzata e all’IVA. È ammessa quindi la possibilità di istituire tributi non armonizzati rispondenti soltanto ad esigenze fiscali o extrafiscali di ordine nazionale a condizione che essi abbiano finalità specifiche (per la Corte di Giustizia, la specifica finalità non deve essere puramente di bilancio - C. giust. 27 febbraio 2014, causa C-82/12, su un’accisa introdotta dall’ordinamento spagnolo sui prodotti energetici) e siano conformi alle norme fiscali europee dettate per le accise e per l’IVA con riguardo alla determinazione della base imponibile, alla liquidazione, all’esigibilità ed ai controlli (art. 1, par. 2). Tali imposte indirette aventi “specifiche finalità”, devono essere considerate ai fini dell’applicazione dell’art. 4, par. 1, Direttiva 2003/96/CE, poiché i livelli di tassazione fissati dagli Stati membri sull’energia elettrica non possono essere inferiori ai livelli minimi di tassazione stabiliti dalla direttiva stessa. La Corte di Giustizia ha innanzitutto definito il concetto di imposta indiretta a livello unionale, mettendo in evidenza i tre requisiti fondamentali, quali: a) la natura coattiva; b) la destinazione al riparto delle spese pubbliche per finalità di interesse generale (rimanendo irrilevante, a tal fine, che siano destinati a conti di gestione della Cassa per il settore elettrico e non al bilancio dello Stato); c) la tendenza ad incidere sul consumatore del bene e del servizio. Pertanto, dal punto di vista del diritto dell’Unione europea, gli oneri di sistema si devono qualificare come “imposte”, essendo obbligatoriamente poste a carico dei consumatori di elettricità e ripartiti in funzione dei rispettivi consumi. Per confermare ulteriormente la loro natura tributaria si precisa che gli oneri sono destinati a finanziare finalità di interesse generale in linea con la tutela dell’ambiente per cui la prestazione patrimoniale assume una connotazione pubblicistica (C. giust. 15 aprile 2010, causa C-96/08). Pertanto, dalla ricostruzione dei giudici unionali gli oneri generali del sistema elettrico sembrano assumere, per la legislazione italiana, natura tributaria. Ciò in quanto tali componenti costituiscono prestazioni patrimoniali aventi le caratteristiche che normalmente connotano una entrata tributaria. Sono previste dalla legge, hanno un presupposto rappresentato da un fatto economico (il consumo di energia elettrica), hanno carattere autoritativo, atteso l’obbligo di pagamento da parte dei soggetti passivi (venditori e distributori di energia elettrica); sono funzionali al finanziamento di una spesa pubblica che va a beneficio della collettività; infine, non emerge alcun nesso sinallagmatico. L’ARERA da tempo ha definito gli oneri di sistema quale prelievo parafiscale (atto 19 aprile 2007, n. 17/07), interrogandosi tra l’altro sulla questione se essi, proprio in ragione di tale natura giuridica, debbano o meno essere assoggettati ad IVA. Più recentemente ha qualificato gli oneri come imposte indirette (Delibera 50/2018/R/EEL). Di diverso avviso è il Consiglio di Stato (sentenza 19 gennaio 2018, n. 346) secondo cui gli oneri sarebbero dovuti dai consumatori <<nell’ambito di un rapporto di natura sinallagmatica>> e quindi, dubitando della loro natura tributaria.
  7. Un’altra riflessione meritevole di approfondimento riguarda l’applicazione agli oneri dell’art. 23, Cost. e quindi, della riserva di legge, la quale impone che gli elementi costitutivi del tributo siano disciplinati dalla legge o dagli atti aventi forza di legge. Nel caso di specie emergono dubbi circa la regolazione di questi oneri, poiché la loro misura è largamente devoluta ad ARERA e quindi sottratta al controllo della legge. Altro dubbio può riguardare il profilo dell’attuazione e conseguentemente il procedimento di riscossione e l’individuazione del soggetto che subisce il rischio dell’inadempimento da parte degli utenti finali. Il legislatore dovrebbe valutare la possibilità di qualificare i venditori di energia elettrica come veri e propri sostituti di imposta e prevedere idonei meccanismi di copertura in presenza di mancati versamenti da parte degli utenti finali al fine di non far ricadere il mancato gettito sugli operatori economici della filiera. Si tratta di problematiche sollevate dalla stessa Autorità (ARERA) correlate, peraltro, ad alcune decisioni della giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenze 30 novembre 2017, nn. 5619 e 5620, confermative delle decisioni del TAR Lombardia, Sez. II, sentenze nn. 237, 238, 243 e 244/2017) la quale, nell’intervenire sui poteri riconosciuti ad ARERA ha in primo luogo ribadito che gli oneri generali di sistema concorrono alla determinazione del prezzo finale dell’energia, coprendo sia i costi relativi agli incentivi per le fonti rinnovabili, sia i costi destinati a finalità sociali; in secondo luogo ha precisato che: a) dal quadro normativo emerge che l’ARERA determina il quantum degli oneri parametrandoli all’entità dei consumi del cliente finale e non del venditore; b) nessuna norma attribuisce la potestà di traslare in capo ai venditori l’obbligazione gravante sui clienti finali; c) la disciplina evidenzia una carenza normativa circa il soggetto che subisce le conseguenze legate all’inadempimento degli utenti finali. Per l’attuale disciplina i venditori, al di là dell’ammontare che incassano dai clienti finali, sono tenuti a versare ai distributori tutti gli oneri di sistema. A loro volta i distributori devono versare alla Cassa per i servizi energetici (CSEA) il totale degli oneri fatturati ai venditori, al di là dell’importo realmente incassato.
  8. Una ulteriore conseguenza riguardante la collocazione degli oneri di sistema nell’alveo delle entrate aventi natura tributaria incide sul regime IVA applicabile alle fatture energetiche. Sul punto si è espressa anche la giurisprudenza di merito ( Comm. trib. prov., Varese, 16 ottobre 2019, n. 504 – con nota di SUPINO, Gli oneri generali di sistema hanno natura tributaria e non sono soggetti ad IVA?, in Fiscalità dell’energia 20 gennaio 2020 - la quale, richiamando la giurisprudenza di Cassazione sull’assoggettamento ad IVA della TIA (Cass. 2 marzo 2015, n. 41) ha riconosciuto la natura tributaria agli oneri di sistema per l’assenza di volontarietà del rapporto; per la predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico, nonché per l’assenza di un rapporto sinallagmatico sottostante). La natura tributaria è stata considerata la base per non assoggettare ad IVA gli oneri da parte della CTR Lombardia (sentenza 28 febbraio 2022, n. 712) la quale ha ribadito che gli stessi, pur essendo addebitati in fattura ai clienti finali debbono essere esclusi dall’applicazione dell’IVA poiché non hanno una natura sinallagmatica, bensì di prestazione imposta, di natura tributaria. L’individuazione della natura non sinallagmatica degli oneri consente di affermare che su di essi non può essere applicata l’IVA. Trattasi di conclusione un po' riduttiva poiché il fatto che una entrata pubblica sia qualificabile come avente natura tributaria non appare sufficiente per sostenere che il suddetto onere non entri a far parte della base imponibile IVA. Come è noto, l’art. 78, 1 co., lett. a), della Direttiva 2006/112/CE, prevede espressamente che nella base imponibile devono essere compresi le imposte, i dazi, le tasse ad eccezione della stessa IVA. In virtù di tale disposizione le imposte, pur essendo prive del requisito della sinallagmaticità, possono far parte della base imponibile IVA pur non rappresentando un valore aggiunto del bene o del servizio prestato. La norma interna (art. 13, comma 1, D.P.R. n. 633/1972) prevede che “la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti verso terzi accollati al cessionario …”. In linea generale, la base imponibile dell’IVA è quindi costituita dall’ammontare complessivo di tutto ciò che è dovuto al cedente o al prestatore quale controprestazione della cessione o della prestazione. Si fa riferimento non solo ai corrispettivi in denaro ma anche a quelli in natura e ai debiti verso terzi, nonché agli altri oneri posti a carico dell’acquirente del bene o del committente del servizio. Concorrono, altresì, a formare la base imponibile le spese accessorie sopportate dal cedente o dal prestatore per imballaggi, trasporti, ecc., nonché eventuali tributi gravanti l’operazione, ad eccezione della sola IVA. Si tratta di una indicazione molto ampia tale da includere anche le imposte, le tasse e qualsiasi forma di prelievo coattivo ricollegabile all’operazione. In altri termini, la base imponibile IVA è costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal cedente. Sulla tematica la Corte di Giustizia ha sempre ribadito che affinché un tributo possa rientrare nella base imponibile dell’IVA, pur non costituendo il corrispettivo economico della cessione di beni o della prestazione di servizi, esso deve presentare un legame diretto con tale cessione o prestazione; una circostanza determinante per accertare l’esistenza di un siffatto collegamento emerge dalla coincidenza tra il presupposto del tributo e quello dell’IVA (C. giust. 11 giugno 2015, causa C-256/14.; C. giust. 5 dicembre 2013, cause riunite C-618/11, 637/11 e 659/11). Diversamente, i giudici europei hanno escluso dalla base imponibile dell’IVA le imposte pagate dal prestatore del servizio per conto del committente, in quanto, se indicate in fattura rappresentano una ipotesi di riaddebito (C. giust., 15 febbraio 2007, causa C-35/05; C. giust., 26 aprile 2017, causa C-564/15, con nota di BALZANELLI-SIRRI, Iva non dovuta e reverse charge: la Corte di Giustizia chiude il cerchio, in Corr. trib., 2017, p. 2309 ss.). La problematica investe anche il settore delle accise. Dalla lettura della norma di diritto interno emerge una sostanziale conformità con la disciplina individuata dall’art. 73 della Direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale “La base imponibile all’interno di un Paese è costituita, per le cessioni di beni, da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore per tale operazione da parte dell’acquirente o di un terzo”. Alla luce dell’ampia formulazione dell’art. 13, D.P.R. n. 633/1972, la Cassazione, ha osservato che devono ritenersi inclusi nella base imponibile dell’IVA tutti i costi sostenuti dal fornitore prima della cessione del bene (o della prestazione dei servizi), purché connessi con essa, inclusi le imposte che, come le accise, lo Stato esige unicamente dal fornitore, in qualità di sostituto di imposta. Pertanto, in linea di principio, per la Cassazione, “nel corrispettivo finale su cui applicare l’IVA vanno inclusi tutti i tributi di ogni genere e, in particolare, quelli che gravano la produzione e la vendita dei beni, il cui importo – come per le accise – sia posto a carico del destinatario” (Cass. 16 ottobre 2019, n. 26145, commentata da VERRIGNI, Le accise sull’energia elettrica non sono da includere nella base imponibile dell’IVA in assenza di traslazione sul consumatore finale, in Riv. trim. dir. trib., 2020, 487 ss.; Cass. 3 ottobre 2018, n. 24105). Ne deriva che solo nel caso in cui la rivalsa sia stata effettivamente esercitata dal soggetto obbligato, le accise costituiscono una parte del prezzo dell’energia ceduta e, pertanto devono essere incluse nella base imponibile dell’IVA. Diversamente, se si corrisponde un prezzo per l’energia consumata non comprensivo delle accise, poiché non è avvenuta alcuna traslazione in avanti, non può sostenersi che nell’imponibile IVA debbano essere incluse anche le accise non traslate sul prezzo pagato dai consumatori finali. A tutto ciò aggiungasi le ulteriori conseguenze correlate all’attribuzione della natura tributaria agli oneri generali del sistema elettrico quali: la giurisdizione del giudice tributario (come è noto l’art. 2, D.Lgs. n. 546/1992, attrae a sé le controversie aventi ad oggetto “i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati”, tralasciando le eventuali definizioni applicate dalle norme. Emerge anche in questo caso un approccio sostanzialistico che tiene conto soprattutto della funzione del tributo controverso. In sostanza, la delimitazione della giurisprudenza pur basandosi su un criterio inequivocabile, non esclude incertezze collegate alla difficoltà, in alcuni casi, di stabilire se una entrata abbia o meno la natura tributaria. Sulla tematica si rinvia a: BASILAVECCHIA, La giurisdizione, in AA. VV., Il giudizio tributario, Consolo-Melis-Perrino (a cura di), Milano, 2022, 49 ss.; MARELLO, La giurisdizione delle commissioni tributarie, in Codice commentato del processo tributario, Tesauro (a cura di), 2016, 14; FICHERA, L’oggetto della giurisdizione tributaria e la nozione di tributo, in Rass. trib., 2007, 1059 ss.; L. PERRONE, I limiti della giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2006, 707 ss.; DEL FEDERICO, Tasse, tributi paracommutativi e prezzi pubblici, cit., 215); la disciplina pubblicistica dell’accertamento; l’applicabilità dello Statuto del contribuente e delle norme in tema di sanzioni amministrative di cui al D.Lgs. n. 472/1997; nonché la eventuale deducibilità ai sensi dell’art. 99, TUIR. Trattasi di problematiche complesse che non possono essere affrontate in questa sede.