<p>Le nuove sanzioni tributarie - Lattanzi</p>
Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

13/06/2023 - L'inclusione delle accise nella base imponibile IVA dei prodotti petroliferi immessi in consumo: nota a risposta ad interpello n. 506/2022

argomento: IVA - Legislazione e prassi

L’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad interpello 506/2022 ha espresso il proprio parere in merito alla possibilità di espungere dalla base imponibile iva dei prodotti petroliferi le accise versate in sede di immissione in consumo. La fattispecie personale e concreta descritta dal contribuente si realizzava in una gestione dei prodotti petroliferi “conto terzi” effettuata dal destinatario registrato in favore della società appartenente al medesimo gruppo. L’Agenzia delle Entrate, nell’esprimere il proprio parere sul caso esaminato, evidenziava due differenti ipotesi su cui andava chiarito il trattamento iva delle accise versate: l’immissione in consumo dei beni in sede di estrazione degli stessi dal deposito del destinatario registrato e il rapporto privatistico nell’ambito della “prestazione di deposito” tra quest’ultimo e la società “trader”.

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PAROLE CHIAVE: iva anticipata - rivalsa accise


di Pietro Giordano

1. Nella Risposta ad interpello 506 del 2022 veniva richiesto il parere dell’Agenzia delle Entrate in merito alla possibilità di non tener conto nella base imponibile iva dei prodotti petroliferi da immettere in consumo delle relative accise da versare. L’origine del dubbio interpretativo risiedeva nella combinazione di diverse circostanze giuridico-economiche che caratterizzavano il caso concreto e personale sottoposto all’attenzione dell’amministrazione: 1) la movimentazione dei beni – e dunque anche l’immissione in consumo - avveniva coinvolgendo un destinatario registrato che operava “conto terzi”, ovverosia in favore di una società “trader” appartenente allo stesso gruppo; 2) nell’ambito della gestione conto terzi dei prodotti sottoposti ad accisa la stessa imposta da versare veniva anticipata dalla società consociata - proprietaria dei relativi beni - al destinatario registrato titolare del deposito; 3) per la commercializzazione dei prodotti petroliferi (destinati all’autotrazione) è previsto un particolare meccanismo di versamento dell’iva che avviene in via anticipata rispetto all’ estrazione degli stessi dal deposito in cui sono custoditi/detenuti temporaneamente in sospensione d’imposta.

Alla luce del descritto contesto veniva, dunque, richiesto se, in virtù dell’anticipazione delle accise da parte della società proprietaria dei beni al destinatario registrato (che provvedeva poi a versare la stessa imposta in sede di immissione in consumo “in nome e per conto” della società “trader”), potevano ritenersi realizzate le condizioni di esclusione dalla base imponibile IVA delle somme anticipate (le accise) ex. art 15. co. 3 n. 4 del D.P.R. 633 del 1972 (mandato con rappresentanza), con la conseguenza che i prodotti venduti ai clienti avrebbero scontato l’iva solo sul valore venale degli stessi senza tener conto delle relative accise versate. L’Agenzia delle Entrate, nell’analizzare il caso rappresentato, si esprimeva negativamente per la soluzione proposta dal contribuente, chiarendo, secondo l’amministrazione, le differenze tra il rapporto obbligatorio d’imposta proprio del destinatario registrato e il rapporto privatistico di servizio tra lo stesso e la società “trader” proprietaria dei beni.

2. La normativa sulle accise, stante la sua natura di imposta di fabbricazione e sui consumi, risulta strettamente influenzata dai concreti schemi operativo-gestionali e logistici con cui si danno vita le operazioni di commercializzazione dei prodotti su cui grava tale particolare prelievo tributario. La pericolosità fiscale che caratterizza tali beni ha portato il legislatore ad introdurre delle disposizioni ad hoc per i c.d. trader, ovverosia per i soggetti che operano commercializzando i prodotti petroliferi senza essere titolari dell’oggettiva e soggettiva struttura organizzativa rilevante nel cosmo delle accise (e. il deposito e le relative qualifiche di depositario autorizzato o destinatario registrato). Questi ultimi, infatti, sono definiti come “operatori commerciali del settore petrolifero che, non avendo a disposizione proprie strutture di deposito ovvero avendole in luoghi diversi da quelli in cui i prodotti vengono esitati, si avvalgono di impianti di proprietà di terzi appartenenti a depositari autorizzati o di destinatari registrati.” [cfr. www. adm.gov.it. Per un completo approfondimenti su tali soggetti si rinvia a Cipolla, Presupposto, funzione economica e soggetti passivi delle accise nelle cessioni di oli minerali ad intermediari commerciali, in Rass. Trib, 6/2023 p. 1859].

L’interposizione di un soggetto nella gestione logistica e tributaria dei prodotti petroliferi realizza una dicotomia tra colui che è il proprietario dei beni e colui che invece è legittimato nei confronti dell’amministrazione nell’assolvimento del tributo che insiste su tali tipologie di prodotti. Proprio detta circostanza ha portato il legislatore con la Legge di Bilancio 2018 a introdurre una particolare metodologia di pagamento dell’iva nell’ambito che qui interessa, che si concretizza nel versamento anticipato della stessa prima dell’immissione in consumo dei prodotti senza neanche possibilità di compensazione. Come indicato anche nei documenti di prassi in commento, con la L. 205 del 2017 al co. 937 è stato previsto che “Per la benzina o il gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori […], introdotti in un deposito fiscale o in un deposito di un destinatario registrato […], l'immissione in consumo dal deposito fiscale o l'estrazione dal deposito di un destinatario registrato è subordinata al versamento dell'imposta sul valore aggiunto […] senza possibilità di compensazione. Il versamento è effettuato dal soggetto per conto del quale il gestore dei predetti depositi procede ad immettere in consumo o ad estrarre i prodotti di cui al presente comma. La base imponibile, che include l'ammontare dell'accisa, è costituita dal corrispettivo o valore relativo all'operazione di introduzione ovvero dal corrispettivo o valore relativo all'ultima cessione effettuata durante la loro custodia nel deposito […] [per una completa disamina della disciplina iva applicabile all’immissione in consumo dei prodotti petroliferi destinati all’autotrazione si rinvia a Cerioni, Pagamento immediato dell’IVA sui carburanti estratti dai depositi fiscali o dei destinatari registrati, in Corriere Tributario, 21/2018 p. 1617 e Peruzza-Degani, Le misure antifrode su accise e IVA complicano gli adempimenti per gli operatori del settore carburanti, in Il fisco 7/2020, p.631].

Nel caso in esame, la richiesta di esclusione dalla base imponibile iva dell’accisa da pagare in sede di estrazione dei prodotti dal deposito - nonostante il citato co. 937 prevedesse espressamente l’inclusione della stessa imposta - veniva argomentata in forza dell’art. 15 del D.P.R. 633 del 1972 che, come noto, prevede l’esclusione da iva delle “somme” anticipate a titolo di “mandato”. Si sosteneva, dunque, che l’anticipazione della provvista da parte del trader avrebbe comportato il versamento dell’accisa “in nome e per conto” dello stesso depositante. La necessità di avere un riscontro positivo da parte dell’amministrazione a tale modus operandi si rendeva anche necessaria in virtù del successivo co. 938 della legge citata la quale dispone che nel caso in cui il destinatario registrato proceda ad immettere in consumo senza aver ricevuto la relativa quietanza di versamento anticipato dell’iva da parte del traderil gestore del deposito è solidalmente responsabile dell'imposta sul valore aggiunto non versata”. L’esclusione dell’accisa dalla base imponibile iva ex. art. 15 avrebbe comportato, dunque, non solo un “risparmio” in termini di iva da versare da parte del proprietario dei beni in sede di svincolo dal regime sospensivo ma avrebbe permesso anche al destinatario registrato di non essere ritenuto solidalmente responsabile per la stessa quota parte di iva non versata.

3. La risposta dell’Agenzia delle Entrate che non ha – correttamente - legittimato la bontà del trattamento fiscale ai fini iva dell’accisa così come descritta dall’istante (il destinatario registrato), si innesta tuttavia nel dibattito dottrinale in merito al rapporto obbligatorio d’imposta che si realizza in capo a quest’ultimo.

L’agenzia ha infatti chiarito la non applicabilità dell’istituto del mandato con rappresentanza in quanto ai sensi della normativa del D.l.gs 504 del 1995 (d’ora in poi “TUA”) il destinatario registrato è l’unico soggetto obbligato al versamento dell’imposta non potendosi pertanto verificare nessun trasferimento di tale obbligo in virtù dell’anticipazione finanziaria effettuata da parte del trader [in tale direzione si richiama quanto descritto da Cipolla op. cit. in merito ai rapporti tra intermediario commerciale e deposito fiscale (o destinatario registrato), nel quale viene, infatti, chiarito che la proprietà dei beni non assume assolutamente criterio discretivo per stabilire chi è il soggetto passivo dell’imposta]. Una diversa interpretazione sarebbe contraria anche alla normativa e alla giurisprudenza europea che più volte hanno sancito l’inclusione delle accise nella base imponibile iva. Di contro, però, l’agenzia evidenziava che nell’ambito della “prestazione di deposito” – e dunque per i servizi privatistici di gestione fiscale e commerciale dei prodotti custoditi dal destinatario registrato – la provvista finanziaria anticipata ben poteva essere intesa come un’anticipazione “in nome e per conto” e dunque da escludersi dal campo di applicazione dell’iva.

Si è assistito, pertanto, ad una duplice concezione del trattamento fiscale delle accise: 1) assoluta ricognizione ex lege delle stesse tra gli oneri che concorrono a formare la base imponibile dei prodotti petroliferi per l’iva da versare anticipatamente (e dunque, verosimilmente, quando il prodotto immesso in consumo dal deposito deve essere venduto al cliente del  trader); 2) esclusione dal campo di applicazione iva delle accise nella regolazione dei rapporti privatisti tra depositante e depositario quando le stesse sono oggetto di anticipazione.

Il primo punto, condivisibile in via di principio, necessita tuttavia una serie di considerazioni.

La circostanza che l’accisa formi base imponibile iva viene da sempre sostenuta alla luce dell’art. 78 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 la quale dispone che «Nella base imponibile devono essere compresi gli elementi seguenti :a) le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa IVA; (...)» [disposizione che poi viene di fatto recepita dal domestico art. 13 che sul tema detta il principio di “omnicomprensività”, ricomprendendo all’interno del corrispettivo tutte le spese riaddebitate al cliente. Si veda sul tema per una contestualizzazione con le accise Verrigni, Le accise sull’energia elettrica non sono da includere nella base imponibile dell’IVA in assenza di traslazione sul consumatore finale, in Riv. Trim. Dir. Trib 2/2020 p. 504 e ss.]. Se l’accisa concorre alla formazione della base imponibile, tale circostanza non gode tuttavia di un automatismo impositivo, in quanto, affinché vi sia la concreta applicazione dell’iva su tale onere fiscale, l’accisa dovrà essere in ogni caso oggetto di rivalsa nei confronti del cliente. Infatti, come noto, nell’impianto normativo delle accise non è previsto un principio che preveda una rivalsa obbligatoria della stessa sul soggetto posposto nella catena commerciale [evidenzia infatti Verrigni, Le accise nel sistema dell’imposizione sui consumi, Torino, 2017, p. 224, che il meccanismo della traslazione si atteggia nel campo delle accise secondo differenti modalità: ora attraverso il riconoscimento esplicito del diritto (e non obbligo) di rivalsa, come nel caso dell’imposta sul gas naturale o sull’energia elettrica; ora congegnando il meccanismo applicato del tributo in modo da rendere naturale e necessaria la traslazione dell’onere impositivo sul consumatore finale (come nel caso dell’accisa sui tabacchi) mentre nella maggior parte dei casi la rivalsa non è disciplinata dal legislatore (ad esempio per l’ accisa sui prodotti energetici o sugli alcoli)]. Quanto appena affermato è stato, infatti, ribadito da recente giurisprudenza europea, chiarendo appunto che le accise concorrono a formare base imponibile iva nel momento in cui il fornitore dei beni decide di rivalersi nei confronti del proprio cliente [come fa notare anche Degani, L’inclusione delle accise nella base imponibile iva: tra nesso diretto e principio di corrispettività, in Dir. Prat. Trib, 4/2020, p.1705 a cui si rimanda per una completa analisi giurisprudenziale sul tema]. Alla luce di tali ormai – pacifici - assiomi della fiscalità indiretta dovrebbero essere, dunque, rivisti alcuni principi che si sono recentemente ravvisati nell’attività nomofilattica della Suprema Corte di Cassazione. Risulterebbe, infatti, criticabile quanto affermato dagli Ermellini con la pronuncia 24015/2018 i quali si esprimevano a favore delle ragioni dell’amministrazione che contestava ad un soggetto - che procedeva a commercializzare alcole detenuto presso un deposito fiscale terzo - la non inclusione nella base imponibile iva dei prodotti venduti delle relative accise da versare. In tal caso, i giudici delle leggi, provvedevano a ricostruire acriticamente la normativa domestica europea senza effettuare alcuna contestualizzazione con l’obbligatorietà o meno dell’esercizio della rivalsa dell’accisa (il caso specifico, come anticipato, riferiva ad un soggetto proprietario di prodotti alcolici che, similarmente al caso trattato nel documento di prassi in commento, non disponeva di un proprio deposito fiscale e si avvaleva, dunque, di un soggetto terzo per la movimentazione dei prodotti alcolici) [concordemente con quanto appena detto le autorevoli considerazioni di Salvini, L’Iva nei rapporti tra il depositario ed il depositante di prodotti soggetti ad accisa, in Fiscalità dell’Energia, 26.0.2020, p. 1-3, il quale, infatti, a commento di tale pronuncia giurisprudenziale, evidenzia che la Corte si dilunga sulla normativa e sulla giurisprudenza Ue evidenziando correttamente che le stesse prevedono l’assoggettamento ad iva delle somme addebitate a titolo di rivalsa dell’accisa senza porsi, però, il problema se debba essere o meno assoggettata ad iva l’accisa legittimamente non addebitata al cliente in virtù della facoltatività dell’esercizio della rivalsa nella normativa delle accise]. Contestualizzando quanto fin qui detto con il documento di prassi in commento è evidente invece che il versamento dell’iva sulla presente fattispecie particolare (immissione in consumo di prodotti petroliferi per l’autotrazione) avverrebbe ope legis includendo l’accisa nella base imponibile dell’iva (a lettera di norma del citato co. 937). Pertanto si assisterebbe, nell’ambito dell’operatività dei trader sui carburanti, ad un implicito obbligo legale nell’esercizio della rivalsa dell’accisa, in quanto, come detto, la stessa imposta concorrerebbe (per norma speciale contenuta nella legge di bilancio 2018) alla formazione della base imponibile iva, e dunque quest’ultima dovrà essere versata anticipatamente conteggiando necessariamente l’accisa assolta, nonostante la normativa del TUA non preveda nessun obbligo in tal senso [detta circostanza assumerebbe ancora più concreta rilevanza nel momento in cui il deposito fiscale potrebbe rifiutare di immettere in consumo un prodotto qualora ritenesse che l’iva sia stata versata con una errata ricognizione della base imponibile dei prodotti da estrarre dal deposto, pena la propria responsabilità solidale sul versamento. Quanto detto dovrebbe essere ponderato, inoltre, con la circostanza che l’accisa, quasi sempre, non viene evidenziata nei documenti di vendita come voce indipendente. A tal riguardo si veda Cipolla, op. cit. e Schiavolin, Accise, in Enc. Dir. Agg. IV, p.27]. L’articolo di legge citato, come visto, impone ai fini dell’immissione in consumo il preventivo versamento dell’imposta sul valore aggiunto includendo espressamente l’accisa nella base imponibile iva. Tale evenienza comporterebbe, pertanto, la virtuale obbligatorietà per il trader di rivalersi dell’accisa sul proprio cliente al momento della vendita (poiché è obbligato a conteggiare l’accisa nella base imponibile iva dei prodotti) persino qualora non fosse nelle sue intenzioni procedere a riaddebitare l’accisa al cliente. Anche qui però vi è la necessità di alcune contestualizzazioni. La presenza di un trader (che come visto è il proprietario dei beni) comporta in tale schema economico commerciale la presenza di 3 soggetti (deposito fiscale/destinatario registrato, trader per l’appunto, e i clienti) che invece si riducono a due qualora la vendita sia posta in essere dallo stesso deposito fiscale proprietario dei beni (schema lineare di vendita). Quando vi sono soggetti intermediari, il ruolo del deposito fiscale risulta fondamentale poiché è il soggetto legittimato dinanzi l’amministrazione alla movimentazione dei beni e al versamento del tributo quale soggetto passivo di diritto. A giustificazione dell’ipotizzata obbligatorietà della rivalsa nei carburanti (e anche delle ragioni non scritte della Cassazione citata che atteneva ad un caso similare ma nel campo degli alcolici), potrebbe essere sostenuto che, l’evento rilevante, ai fini del riconoscimento dell’avvenuto esercizio della rivalsa, nello schema trilaterale, sia, in verità, il momento di riaddebito dell’accisa dal deposito fiscale al trader, paragonando tale evento a quello della diretta rivalsa tra deposito fiscale e cliente nello schema di vendita lineare. Tale circostanza assumerebbe importanza solamente perché il trader si sostanzia un intermediario commerciale. L’obbligatorietà dell’inclusione dell’accisa nella base imponibile dell’iva da versare all’atto dell’immissione in consumo troverebbe dunque fondamento nell’avvenuta rivalsa effettuata nei confronti nel trader dal depositario autorizzato/destinatario registrato, premiando tale momento della fase commerciale (in analogia allo schema lineare) a prescindere dal fatto che i beni saranno fatturati non dal deposito fiscale ma da un soggetto terzo. Il tutto troverebbe conferma, inoltre, anche nelle ragioni per cui è stato introdotto tale particolare meccanismo di versamento dell’iva, ovverosia al fine di attenuare il pericolo di frode in tale settore commerciale. Non di rado i trader, infatti, sono coinvolti in frodi che attengono il mancato versamento dell’iva sui carburanti o a ipotesi di sotto-fatturazione (concorrenza sleale) dei prodotti petroliferi [settore questo ad altro rischio frodi come evidenziato nell’”Audizione del capo del III reparto – Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza - “Le frodi nel settore carburanti” – 12 novembre 2019 Roma - X Commissione (attività produttive, commercio e turismo) Camera dei Deputati. Tali frodi comportano, infatti, una vendita sottocosto dei carburanti al di sotto del c.d. “platts”. Si veda a tal riguardo, per un esempio di operazione fraudolenta, quanto descritto nel Comunicato Stampa – Guardia di Finanza Comando provinciale di Parma del 22.03.2023. Sulle ragioni dell’introduzione di tale particolare metodologia di versamento dell’iva si rimanda anche al Dossier – XVII Legislatura – Legge di Bilancio XVIII Volume III]. Quanto detto potrebbe giustificare anche le ragioni della Cassazione citata, poiché, l’avvenuta rivalsa delle accise da parte del depositario autorizzato all’intermediario, potrebbe essere intesa come l’evento generante la legittimità dell’inclusione dell’accisa nella base imponibile iva nella successiva fatturazione tra trader e cliente finale, nonostante il primo non provvedeva a ricomprenderla nella base imponibile iva. In ogni caso, però, la normativa dell’accisa sull’alcole, quandanche in presenza di un “trader”, risulta manchevole di una norma che imponga il versamento dell’iva in via anticipata con una espressa previsione della riconduzione dell’accisa nella base imponibile. Pertanto quanto cassato dai giudici non risulterebbe in ogni caso condivisibile, permanendo la natura facoltativa della rivalsa dell’accisa. Nell’ambito dei carburanti destinati all’autotrazione, invece, la norma domestica prevede espressamente l’inclusione dell’accisa nella base imponibile iva dei prodotti da vendere. Si sarebbe, dunque, dinanzi ad una ipotesi di rivalsa obbligatoria dell’accisa, in quanto, alla luce della giurisprudenza europea, l’inclusione dell’accisa nella base imponibile iva avviene in caso di riaddebito della stessa in capo al cliente. Non prevedendo tale meccanismo - che come visto tenderebbe a ricondurre uno schema trilaterale di vendita ad uno lineare - i fenomeni fraudolenti in cui potrebbero essere coinvolti i trader (e.g. frodi carosello) sarebbero agevolati dalla concorrenza sul prezzo praticato al soggetto posposto nella catena commerciale. Come detto il settore dei carburanti è infatti un segmento di mercato molto delicato per la trasversalità dell’utilizzo dei prodotti e per l’importanza degli stessi nella politica economica ed energetica nazionale.

Alla luce di quanto descritto l’inclusione nella base imponibile iva dell’accisa avviene per espressa previsione di legge ed in conformità ai richiamati principi europei a nulla rilevando l’anticipazione in nome e per conto della provvista fatta da parte della società trader. Irridente è stata, infatti, la risposta dell’agenzia nell’evidenziare che “l'Istante sembra confondere l'anticipazione monetaria ricevuta dalla Collegata per l'assolvimento dell'accisa con il fatto che la medesima accisa è parte della base imponibile dell'IVA da assolvere in sede di immissione in consumo del carburante”.

4. Passando invece, all’analisi del secondo punto emerso dal documento di prassi in questione, emerge che l’Agenzia delle Entrate si è espressa a favore dell’esclusione da iva ex. art. 15 dell’accisa anticipata dal trader al destinatario registrato, in quanto attinente la regolazione del rapporto della “prestazione di deposito” tra i due soggetti de quibus. Anche in questo caso sono necessarie alcune considerazioni che potrebbero portare a delle differenti conclusioni rispetto a quanto affermato dall’amministrazione. È da rilevarsi, in primis, che quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate risulta essere accolto anche dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto, come indicato nella precedente Cassazione citata, i giudici delle leggi hanno cassato la bontà dell’esclusine da IVA dell’accisa anticipata nei rapporti interni tra trader e deposito fiscale [quanto appena detto risulta inoltre anche condiviso da autorevole dottrina in materia Verrigni, Le accise sull’energia elettrica non sono da includere nella base imponibile dell’IVA in assenza di traslazione sul consumatore finale, in Trim. Dir. Trib 2/2020 p. 502 e ss. la quale, a commento della Cassazione qui richiamata, evidenzia che le accise anticipate risultano spese che sono state sostenute dal titolare del deposito fiscale per conto della società contribuente per cui possono essere considerate concretamente come un rimborso spese fuori campo iva che in alcun modo doveva essere fatturato con l’indicazione dell’imposta, affermando e sostenendo altresì la compatibilità di tale soluzione con la disciplina europea]. Se, dunque, appare ormai confermato tale trattamento iva delle accise anticipate dalla triade tributaristica domestica (prassi, alcuna giurisprudenza favorevole e autorevole dottrina), a parere dello scrivente tale soluzione non risulterebbe quella più conforme al dettato normativo domestico ed all’implicita soggettività passiva delle figure soggettive che sono rilevanti nel cosmo delle accise (deposito fiscale o destinatario registrato). Come infatti espressamente sancito dall’art. 2 co. 4 del TUA è “obbligato al pagamento dell’accisa: a) il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l'immissione in consumo […] b) il destinatario registrato che riceve i prodotti soggetti ad accisa […]. La soggettività passiva del deposito fiscale e del destinatario registrato, dunque, sarebbe ontologicamente contraria ad una traslazione dell’onere (rectius titolarità) dell’accisa da versare. Il deposito fiscale o il destinatario registrato non versano mai, infatti, “in nome e per conto” di un soggetto terzo in quanto essi stessi sono i soggetti passivi obbligati al versamento dell’imposta dinanzi l’amministrazione finanziaria. L’anticipo della provvista finanziaria da parte del trader non realizza dunque uno spostamento dell’onere del versamento da questo al deposito fiscale o al destinatario registrato, in quanto il primo non è mai ed in alcun caso legittimato al versamento dell’imposta. [quanto appena detto è infatti evidenziato da Salvini op. cit. che si esprime in senso critico nei confronti della tesi dell’esclusione da iva. Anche la prassi dell’Agenzia delle Dogane è sempre attenta a sottolineare che, anche nel caso in cui soggetti terzi si rendano garanti dell’accisa da versare, il deposito fiscale “permane sempre il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria” [cfr. Risoluzione Agenzia delle Dogane 1/D 2009]. La titolarità dell’obbligazione tributaria quale elemento discriminante il trattamento iva di un onere fiscale esposto in fattura è infatti un principio che, in realtà, è già stato affrontato dall’amministrazione finanziaria. Caso emblematico è – mutatis mutandis - quello dell’addebito del bollo in fattura nell’ambito del regime forfettario. Infatti con la Risposta n. 428/2022 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’addebito in fattura del bollo da parte del soggetto emittente il documento fiscale deve essere ricondotto a tassazione in quanto parte del compenso e dunque da tassare secondo le norme impositive che regolano il regime forfettario. In tale documento viene infatti sostenuto, ai fini della decisione per l’imponibilità di tale imposta che “Con riguardo all'individuazione dei soggetti obbligati al pagamento dell'imposta di bollo, l'art. 22 del D.P.R. n. 642/1972 stabilisce la solidarietà nel debito relativo da parte dell'emittente la fattura e del committente. Tuttavia, come chiarito nella risposta n. 67/E del 2020, l'obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o sulle ricevute è a carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, in quanto per tali tipo di atti l'imposta di bollo è dovuta fin dall'origine, ossia dal momento della formazione”. In tale affermazione si fonda, dunque, l’analogia con l’imponibilità iva delle accise anticipate. Quanto detto, dunque, potrebbe essere inteso come principio di natura generale non solo applicabile ad un contribuente che applichi il regime forfettario. Quando un tributo grava su un soggetto passivo ben individuato dalla legge, e quest’ultima rimette allo stesso la titolarità del versamento del relativo onere tributario, sarebbe difficile giustificare un pagamento “in nome e per conto” altrui che si sostanzi successivamente in un riaddebito di spese conto terzi da esporre in fattura. Tuttavia, come anticipato, l’armonia sulla tesi dell’esclusione da iva tra giurisprudenza, prassi e dottrina risulta un granitico elemento tale da poter far ritenere quasi del tutto pacifica la diversa conclusione per l’esclusione da iva.