Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

05/09/2023 - Tassazione in Italia delle pensioni svizzere: una luce dalla legge di bilancio 2023 e quesiti aperti

argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi

Il trattamento fiscale in Italia delle prestazioni previdenziali svizzere è stato oggetto di ampio dibattito nel corso degli anni, a causa di una normativa storicamente lacunosa e del susseguirsi di prassi differenti. L’art. 76 della Legge n. 413 del 30 dicembre 1991 prevede che le pensioni di fonte svizzera siano assoggettate a una ritenuta agevolata del 5 per cento; tuttavia, le condizioni e l’ambito di applicazione della norma di favore sono da sempre controverse.  Dopo che gli ultimi orientamenti dell’Agenzia delle Entrate avevano generato confusione e incertezza, la recente Legge di bilancio 2023 ha armonizzato la disciplina tributaria per tutte le prestazioni previdenziali svizzere, in qualunque forma erogate e ovunque corrisposte. La novella legislativa pone fine a una annosa questione irrisolta per molti anni; tuttavia, rimane aperto l’interrogativo se il suddetto regime fiscale favorevole sia applicabile anche in caso di corresponsione della pensione svizzera a una persona diversa dal soggetto assicurato che ha maturato la contribuzione previdenziale nel corso della sua carriera lavorativa. Nel presente contributo gli autori – dopo aver sinteticamente ripercorso l’evoluzione normativa – commentano la recente riforma legislativa e indagano sulla possibilità di estendere il trattamento di favore anche alle prestazioni pensionistiche di fonte svizzera versate agli aventi causa dell’assicurato.

PAROLE CHIAVE: tassazione pensioni svizzere - secondo pilastro - previdenza sociale - legge di bilancio 2023 - tassazione agevolata


di Marco Lucheschi - Davide Marchesini Mascheroni

  1. Nell’ordinamento svizzero il sistema previdenziale è fondato sul cd. “principio dei tre pilastri”. Si distingue tra:
    1. la previdenza statale obbligatoria (I° pilastro), costituita dall’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) e dall’assicurazione invalidità (AI), finalizzata a garantire il fabbisogno essenziale durante la pensione (garanzia del minimo vitale durante la vecchiaia o in caso di decesso o di invalidità), disciplinata dalla Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e i superstiti [LAVS; RS 831.10] e dalla Legge federale sull’assicurazione per l’invalidità [LAI; RS 831.20];
    2. la previdenza professionale obbligatoria (II° pilastro), che mira a mantenere durante la terza età il tenore di vita abituale in modo adeguato, governata dalla Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità [LPP; RS 831.40]; e, infine,
  • la previdenza individuale facoltativa (III° pilastro), che è una forma di previdenza privata, avente lo scopo di colmare eventuali lacune previdenziali, a sua volta suddivisa tra previdenza vincolata (III° Pilastro 3a) e previdenza libera (III° Pilastro 3b).

 

 

  1. Ai sensi dell’articolo 18 della Convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e Svizzera in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio conclusa il 9 marzo 1976 [CDI IT-CH, RS 0.672.945.41], “fatte salve le disposizioni dell’articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato”.

Il citato articolo 19, paragrafo 1, tratta le pensioni di fonte pubblica e dispone: “Le remunerazioni, comprese le pensioni, pagate da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale, oppure ancora da una persona giuridica o da un ente autonomo di diritto pubblico di detto Stato, sia direttamente sia mediante prelevamento da un fondo speciale, a una persona fisica che ha la nazionalità di detto Stato a titolo di servizi resi presentemente o precedentemente, sono imponibili soltanto nello Stato contraente da dove provengono dette remunerazioni”.

Pertanto, in base alle disposizioni convenzionali in vigore tra Italia e Svizzera, le pensioni private sono imponibili nello Stato di residenza del percettore; invece, le pensioni statali o erogate da enti di diritto pubblico rimangono di principio imponibili nello Stato da cui provengono se sono versate a persone fisiche aventi la cittadinanza di detto Stato, mentre sono imponibili nello Stato di residenza del percettore negli altri casi.

Ne consegue che le pensioni private di fonte svizzera percepite da una persona fisica residente in Italia sono di competenza fiscale dello Stato italiano.

Tuttavia, il corretto trattamento fiscale e le modalità di imposizione di tali prestazioni hanno dato origine a una lunga querelle e a molteplici interpretazioni divergenti, a causa di una normativa storicamente lacunosa e poco chiara.

 

 

  1. Sul farraginoso iter legislativo e sulle relative criticità e lacune sono stati dedicati ampi contributi dottrinali (ex multis, Beltrame, La tassazione delle rendite AVS e LPP in Italia, Novità Fiscali (NF), n. 7-8/2016, pp. 13-16; Lucheschi-Marchesini Mascheroni, Tassazione agevolata delle pensioni svizzere solo se accreditate in Italia: profili di incostituzionalità?, NF, n. 2/2021, pp. 96-100; Baccaglini, L’evoluzione della prassi italiana sulla tassazione del secondo pilastro svizzero, NF, n. 7/2022, pp. 396-398). In questa sede ci si limita, pertanto, a un breve excursus dell’evoluzione normativa sull’annoso tema dell’imposizione delle pensioni svizzere in Italia.

Tutto ebbe inizio con la Legge (L.) n. 413 del 30 dicembre 1991 (Legge finanziaria per il 1992), il cui articolo 76, alla voce “Disposizioni per ampliare la base imponibile”, stabilì che “le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d’imposta, per il cui tramite l’AVS svizzera le eroga ai beneficiari in Italia”.

Il contesto socioeconomico dell’epoca era in realtà assai diverso da quello attuale. Come si legge dagli atti preparatori della L. n. 413 del 30 dicembre 1991, alla base dell’introduzione della ritenuta unica sulle pensioni AVS svizzere vi era la necessità di risolvere un problema aperto da tempo e dare una risposta positiva ad una questione sollevata dalle organizzazioni dei lavoratori italiani all’estero e, in particolare, dai lavoratori frontalieri. In tal modo, si istituiva una “misura equa nei confronti delle rendite maturate e corrisposte in Italia da parte dell’assicurazione invalidità vecchiaia e superstiti svizzera” (resoconto stenografico della seduta parlamentare del 17 dicembre 1991).

Pur accolto con grande favore dalla politica italiana, il testo legislativo destò incertezze sin da subito. In primo luogo, la disposizione regolava unicamente la tassazione delle rendite AVS versate su un conto italiano, mentre rimaneva silente in merito al trattamento fiscale applicabile in caso di accredito presso istituti esteri. Inoltre, la norma di legge riguardava soltanto le prestazioni del I° pilastro, senza alcun riferimento alle pensioni di LPP (per una analisi critica in merito, Beltrame, op. cit., La tassazione, pp. 13-16).

L’ambiguità del testo di legge non fu chiarita nemmeno con l’intervento del Ministero delle Finanze, con la Circolare n. 6 del 8 giugno 1993. In tale occasione l’ente governativo si limitò a parlare di profonda innovazione del trattamento fiscale delle rendite corrisposte in Italia da parte dell’AVS svizzera, senza dare risposta agli interrogativi irrisolti. Anzi, l’incertezza aumentò in merito all’ambito applicativo soggettivo della norma, laddove il Ministero delle Finanze dapprima sembrava limitare l’applicabilità della norma fiscale ai soli lavoratori transfrontalieri e, in coda al documento, includeva invece anche i cittadini svizzeri residenti in Italia.

Più recentemente, in occasione della voluntary disclosure, l’Agenzia delle Entrate evidenziò la lacunosità della normativa tributaria, con la Circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015, alla sezione “Trattamento fiscale applicabile alle rendite di tipo AVS”, precisando che “ogniqualvolta l’accredito dell’AVS svizzera non venga canalizzato in Italia […] si possono porre dubbi in merito al trattamento fiscale da applicare alle rendite incassate. In tal caso, infatti, in assenza di un sostituto residente in Italia che operi la ritenuta a titolo d’imposta, la disposizione di cui alla legge n. 413 del 1991 non può trovare applicazione. La citata legge n. 413 del 1991, peraltro, non disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui il percettore che abbia ricevuto l’accredito all’estero possa autoliquidare in dichiarazione l’imposta dovuta assoggettando le rendite ad un’imposizione sostitutiva dell’IRPEF con la medesima aliquota del 5 per cento che le stesse avrebbero scontato canalizzandone la riscossione in Italia. Tuttavia, al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita, si ritiene che quando tali pensioni siano accreditate su conti elvetici senza l’intervento di un intermediario finanziario residente, l’imponibile debba essere comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5 per cento. Ciò in quanto l’assoggettamento ad imposizione ordinaria costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva”.

L’Agenzia delle Entrate intervenne, quindi, a distanza di oltre un ventennio dall’ultima circolare del Ministero delle Finanze e, cogliendo l’occasione del programma di collaborazione volontaria, equiparò il regime fiscale previsto per le rendite AVS erogate presso istituti finanziari elvetici a quelle accreditate in Italia tramite intermediari residenti, al fine di garantire la parità di trattamento tra i contribuenti.

A distanza di poche settimane, fu promulgato il Decreto Legge (D.L.) n. 153/2015 , il cui art. 2 lett. b), si occupò per la prima volta della tassazione delle prestazioni LPP, stabilendo che “l’ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera (LPP), in qualunque forma erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all’aliquota del 5 per cento”, ma questo “ai soli fini della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186”.

Tale Decreto ebbe in verità lo scopo primario di prorogare la scadenza del programma di voluntary disclosure; tuttavia, sebbene esulante da tale finalità, venne inserito in extremis anche l’articolo 2 lett. b) con cui veniva equiparato il trattamento fiscale delle prestazioni LPP con le rendite AVS.

Fece seguito, infine, il D.L. n. 50/2017 che con l’art. 55-quinquies introdusse nell’art. 76 L. n. 413/1991 il comma 1-bis, stabilendo che la ritenuta unica del 5 per cento prevista per le rendite AVS “è applicata dagli intermediari finanziari italiani, che intervengono nel pagamento, anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera (Lpp), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera e in qualunque forma erogate”.

La strada della tassazione delle pensioni svizzere in Italia sembrava quindi delinearsi verso una sostanziale equiparazione del regime fiscale delle prestazioni LPP, erogate sotto forma di rendita o di liquidazione in capitale, a quello delle rendite AVS, applicando a entrambi i trattamenti la ritenuta unica del 5 per cento.

 

 

  1. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020, aggiunse un nuovo capitolo a questa articolata e confusionaria saga.

Interpellata in merito al corretto trattamento fiscale applicabile alle prestazioni erogate dalla previdenza professionale obbligatoria svizzera (LPP) ai sensi dell’art. 76, comma 1-bis L. n. 413/1991, l’Amministrazione Finanziaria affermò che la ritenuta del 5 per cento fosse applicabile unicamente alle prestazioni previdenziali svizzere accreditate su conti correnti in Italia; al contrario, in caso di versamento della pensione su un conto corrente all’estero, la norma agevolativa non avrebbe trovato applicazione.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate si basava sostanzialmente su una interpretazione letterale dell’art. 76 comma 1-bis L. n. 413/1991, il cui tenore espressamente assoggettava alla ritenuta unica del 5 per cento solo le somme pensionistiche accreditate presso un intermediario finanziario in Italia, agente come sostituto di imposta; la norma, invece, rimaneva silente in merito al trattamento fiscale applicabile nel caso in cui l’accredito della pensione svizzera fosse avvenuto su un conto estero.

Da tale lacuna normativa l’Agenzia delle Entrate dedusse l’inapplicabilità della ritenuta agevolata del 5 per cento alle prestazioni pensionistiche non canalizzate presso conti correnti situati in Italia, argomentando che la presenza di un intermediario residente in Italia fosse esplicitamente richiesta dal legislatore allo scopo di valorizzare il tracciamento del flusso finanziario e costituisse, pertanto, un presupposto necessario per l’applicazione del regime fiscale di favore con aliquota al 5 per cento.

Secondo l’Agenzia, quindi, ai fini dell’applicazione della ritenuta agevolata, le somme pensionistiche di fonte svizzera dovevano necessariamente essere accreditate su un conto corrente italiano. In caso di accredito della pensione presso un conto estero, la tassazione agevolata al 5 per cento risultava inapplicabile, con conseguente assoggettamento della prestazione previdenziale alle regole tributarie ordinarie (tassazione progressiva in caso di rendita oppure tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, comma 1, TUIR, in caso di liquidazione una tantum in capitale).

 

 

  1. La Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 dell’Agenzia delle Entrate suscitò severe critiche, sia dal fronte politico che giuridico, in quanto creava una disparità di trattamento fiscale tra i percettori di prestazioni previdenziali di fonte svizzera, basata sul luogo di incasso del reddito e non sulla capacità contributiva.

Molteplici autori (Beltrame, Aggiornamenti sulla tassazione delle rendite AVS e LPP in Italia, NF, n. 5/2020, pp. 271-274; Baccaglini, op. cit., pp. 396-398; Lucheschi-Marchesini Mascheroni, op. cit., pp. 96-100) si espressero criticamente, censurando l’Agenzia di violare i principi costituzionali di eguaglianza tributaria e capacità contributiva enunciati dagli articoli 3 e 53 della Costituzione. La tesi interpretativa promossa dall’Agenzia delle Entrate pareva, inoltre, contraddire le indicazioni fornite con gli ultimi interventi del legislatore e della stessa Agenzia delle Entrate (precisamente, la Circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015 in materia di voluntary discolusure, nella quale l’Agenzia osservava come “l’assoggettamento ad imposizione ordinaria [della pensione di LPP svizzera accreditata su un conto corrente estero] costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva”) e fu disattesa anche da una pronuncia della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (sentenza n. 4203/2022 depositata il 2 novembre 2022), la quale giudicò illegittima la disparità di trattamento tra i percettori delle pensioni svizzere fondata sul luogo dell’incasso.

A risolvere la confusione e l’incertezza giuridica venutesi a creare, è finalmente intervenuto il legislatore che, con la Legge (L.) 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023), ha previsto una disciplina uniforme a tutte le prestazioni previdenziali svizzere AVS e LPP, estendendo l’ambito applicativo della ritenuta agevolata del 5 per cento anche alle somme pensionistiche elargite su conti correnti all’estero.

Il nuovo comma 1-ter dell’art. 76 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, recita: “Le somme ovunque corrisposte da parte dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (AVS) svizzera e da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (LPP) svizzera, ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte ed erogate in qualunque forma e a qualsiasi titolo, percepite da soggetti residenti senza l’intervento nel pagamento da parte di intermediari finanziari italiani, sono soggette ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta di cui ai commi 1 e 1-bis”.

La riforma di legge ha quindi armonizzato il trattamento tributario per tutte le prestazioni dell’AVS e della LPP svizzera erogate a soggetti residenti in Italia, assoggettandole a imposta sostitutiva con aliquota al 5 per cento, indistintamente dalla modalità di erogazione (rendita o liquidazione in capitale) e dal luogo dell’incasso (conto corrente italiano o estero). Rimangono escluse dal campo applicativo della norma le prestazioni di Terzo Pilastro 3A, che sono assimilabili a redditi di lavoro dipendente (risposta n. 471 del 14 ottobre 2020 dell’Agenzia delle Entrate), e di Terzo Pilastro 3B, per le quali non sono note prese di posizioni dell’Agenzia ma la cui funzione e caratteristiche induce a equipararle a polizze assicurative.

Il recente intervento legislativo è senz’altro da accogliere con favore, in quanto – come auspicato da lungo tempo – introduce una disciplina chiara, uniforme e completa sul trattamento fiscale delle prestazioni pensionistiche di fonte svizzera, garantendo semplificazione e certezza del diritto.

L’ultimo orientamento dell’Agenzia delle Entrate era infatti censurabile, in quanto determinava un ingiustificato trattamento discriminatorio tra i percettori di prestazioni pensionistiche svizzere fondato sul mero luogo di incasso.

Non persuadevano le argomentazioni sostenute dall’Agenzia, secondo cui la norma fiscale agevolativa era riservata esclusivamente ai contribuenti che accreditassero la pensione presso un intermediario residente in Italia al fine di valorizzare il tracciamento del flusso finanziario e mitigare il rischio di condotte elusive. Invero, il trattamento fiscale differenziato, anche quando supportato dalla finalità di contrasto all’evasione fiscale, non può essere rimesso ad una scelta di opportunità del contribuente, poiché violerebbe il principio di solidarietà tributaria e di capacità contributiva.

La riforma introdotta con la Legge di bilancio 2023 ribalta correttamente l’approccio postulato dall’Agenzia delle Entrate e, tramite un intervento di armonizzazione fiscale, risolve definitivamente una lacuna normativa che per molti anni aveva generato confusione e incertezze.

Inoltre, il legislatore ha adottato una misura volta a dirimere il contenzioso insorto nel corso degli anni, prevedendo che le nuove norme si applichino retroattivamente a decorrere dal 30 settembre 2015, escludendo tuttavia un diritto al rimborso per i contribuenti che abbiano già versato a titolo definitivo una imposta maggiore del 5 per cento.

Sebbene la scelta del legislatore persegua evidenti esigenze di contenimento della spesa pubblica, appare discriminatoria e non condivisibile la disparità di trattamento creatasi tra i contribuenti che in passato, facendo legittimo affidamento sulle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, abbiano virtuosamente versato una maggiore imposta con aliquote ordinarie e i contribuenti che, nello stato di incertezza dell’epoca, abbiano “optato” per la tassazione agevolata al 5 per cento, rivelatasi ora corretta alla luce della Legge di bilancio 2023. Non si esclude in futuro un intervento chiarificatore sul punto da parte dell’Agenzia delle Entrate (in dottrina si sono già espressi Figundio, La tassazione in Italia dei redditi previdenziali di fonte svizzera, La Rivista, marzo 2023, pp. 21-23, che solleva perplessità sulla scelta adottata dal legislatore e, in senso contrario, Beltrame, LPP riscossa in Italia: stabilita, finalmente e definitivamente, la corretta modalità impositiva, NF, n. 5/2023, pp. 319-321, che reputa ragionevole per motivi di bilancio la irripetibilità delle eccedenze di imposta già versate a titolo definitivo dal contribuente).    

 

 

  1. Ci si interroga se il trattamento tributario uniformato dalla Legge di bilancio 2023 a tutte le pensioni AVS e LPP svizzere sia applicabile anche laddove il percettore della somma sia una persona diversa dal soggetto assicurato che ha maturato la contribuzione previdenziale.

Invero, di norma, il percettore della prestazione previdenziale è l’assicurato che, nel corso della sua carriera lavorativa svolta nel territorio svizzero, ha versato i contributi obbligatori ai fini AVS e LPP commisurati al suo reddito derivante da attività lucrativa. 

Nel caso del capitale previdenziale di II° pilastro (LPP) è tuttavia possibile che la prestazione venga versata a un soggetto diverso dall’assicurato, in particolare qualora quest’ultimo sia deceduto prima del raggiungimento dell’età pensionistica ordinaria definita dal diritto svizzero (che ordinariamente corrisponde al 65esimo anno di età).

Come noto, al momento del decesso, gli eredi subentrano a titolo universale in tutti gli attivi e i passivi del defunto secondo le norme di diritto successorio applicabili alla successione. Tuttavia, nell’ordinamento svizzero il capitale di II° pilastro (LPP) non è regolato dal diritto successorio, bensì dalle norme di diritto della previdenza sociale. Esso, pertanto, non entra a far parte della massa successoria del de cuius e non è trasmesso agli eredi per effetto della successione. Il capitale previdenziale maturato dalla persona assicurata sino al momento del suo decesso viene versato ai beneficiari designati nel regolamento dell’ente pensionistico, sotto forma di rendita o tramite liquidazione una tantum in capitale. Sovente il regolamento dell’istituto di previdenza indica come beneficiari del capitale di decesso il coniuge, i figli e, in assenza, i parenti prossimi dell’assicurato, ma sono possibili deviazioni a seconda delle disposizioni del singolo ente.

È quindi possibile che il capitale previdenziale di LPP venga corrisposto a persone diverse dall’assicurato che ha maturato la contribuzione pensionistica, le quali potrebbero anche non essere suoi eredi. Una dissociazione tra eredi di diritto successorio e aventi causa secondo il regolamento dell’ente previdenziale potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso dell’erede rinunziante in una successione ab intestato (che, quindi, non sarebbe erede secondo il diritto successorio, ma rimarrebbe beneficiario del Secondo Pilastro svizzero del defunto in base al regolamento pensionistico); oppure nel caso di una successione testamentaria in cui il de cuius abbia istituito uno o più eredi diversi dalle persone designate dal regolamento come suoi aventi causa in caso di decesso.

Si pone, a questo punto, l’interrogativo su quale sia il regime fiscale applicabile alla prestazione previdenziale di LPP svizzera erogata in favore degli aventi causa del soggetto assicurato deceduto.

Preliminarmente, occorre determinare la corretta qualificazione giuridica ai fini fiscali delle prestazioni previdenziali erogate a favore degli aventi causa del defunto.

Sebbene il diritto a ricevere il capitale di LPP abbia una derivazione mortis causa e sorga per effetto del decesso della persona assicurata, appare indubbio che la prestazione previdenziale percepita dall’avente causa del de cuius non sia assoggettabile a imposta di successione. Invero, come già esposto, il capitale di II° pilastro non appartiene alla massa successoria del defunto ma è sottoposto a regole di diritto previdenziale e viene corrisposto ai beneficiari indicati nel regolamento dell’ente pensionistico, che potrebbero anche non essere eredi del de cuius. Inoltre, dal profilo fiscale svizzero, la prestazione previdenziale versata a favore di un soggetto residente all’estero (sia esso l’assicurato o il suo avente causa) è tassata alla fonte e viene qualificata come prestazione previdenziale e non come lascito successorio. Ne discende, pacificamente, l’inapplicabilità di una imposta di successione.

La prestazione previdenziale versata agli aventi causa dell’assicurato deve invece essere ricondotta nell’alveo del già citato articolo 18 della CDI IT-CH, che disciplina la competenza impositiva sulle pensioni di fonte svizzera percepite da un residente in Italia. La disposizione, infatti, è applicabile non solo alle pensioni pagate direttamente all’assicurato ma anche ad altri beneficiari (ad esempio, i suoi superstiti) (OECD Model Tax Convention on Income and on Capital, 2017, Commentary on Article 18 concerning the taxation of Pensions, ove si legge che: “The types of payment that are covered by the Article include not only pensions directly paid to former employees but also to other beneficiaries (e.g. surviving spouses, companions or children of the employees) and other similar payments, such as annuities, paid in respect of past employment”).

Conseguentemente, la potestà fiscale su dette prestazioni generalmente compete allo Stato di residenza del percettore, in concreto all’Italia. Merita all’uopo evidenziare che per la determinazione della competenza impositiva assume rilevanza unicamente la residenza fiscale del percettore della prestazione previdenziale, ovverosia l’avente causa dell’assicurato, rimanendo privo di importanza il luogo di residenza abituale dell’assicurato defunto. Pertanto, la prestazione pensionistica di LPP sarebbe imponibile in Italia anche qualora l’assicurato fosse stato residente abitualmente all’estero o non avesse avuto alcun legame con l’Italia, ma il suo avente causa designato dal regolamento dell’ente avesse la residenza nel territorio italiano.

Occorre, a questo punto, chiedersi quale regime fiscale sia applicabile a tali prestazioni e, precisamente, se la ritenuta unica del 5 per cento uniformemente prevista per tutte le pensioni AVS e LPP di fonte svizzera sia applicabile anche laddove il percettore sia una persona diversa dall’assicurato.

Il tenore letterale dell’articolo 76 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, non chiarisce se la ritenuta unica agevolata del 5 per cento sia riservata solo a favore del soggetto assicurato che ha maturato il capitale previdenziale nel corso della sua carriera lavorativa in Svizzera ovvero se sia al beneficio indistintamente di qualsiasi percettore della prestazione previdenziale.

Il dibattito politico e giuridico aperto da anni è focalizzato sulla posizione dei contribuenti ex frontalieri o comunque ex lavoratori nel territorio svizzero che abbiano versato i contributi sociali obbligatori previsti dalla legislazione elvetica nel corso della loro attività lucrativa e che, al momento del pensionamento, percepiscano la pensione AVS o LPP svizzera.

Nella fattispecie qui esaminata, invece, il percettore della prestazione previdenziale potrebbe non aver mai avuto nulla a che fare con il territorio svizzero, in quanto il capitale previdenziale di II° pilastro è stato maturato dall’assicurato defunto, di cui il percettore risulta mero beneficiario in caso di decesso in base al regolamento dell’ente pensionistico svizzero. A ben vedere, l’assicurato defunto potrebbe ipoteticamente essere un cittadino svizzero, che ha risieduto per tutta la sua vita in Svizzera, ma il cui avente causa in caso di decesso secondo il regolamento previdenziale è residente in Italia al momento del versamento della prestazione pensionistica.

Secondo una lettura restrittiva della norma, la ritenuta agevolata sarebbe destinata solo agli ex lavoratori svizzeri residenti in Italia, che hanno contribuito alla formazione di quel capitale pensionistico, escludendo quindi dall’ambito applicativo della disposizione di favore ogni altro percettore diverso.

Aderendo a questa interpretazione, la prestazione pensionistica percepita dall’avente causa dell’assicurato deceduto dovrebbe essere assoggettata alle norme tributarie ordinarie e quindi, se erogata in forma di rendita, ad aliquota progressiva, ovvero, se liquidata una tantum in capitale, ad imposizione separata ex art. 17, comma 1, TUIR.

Tuttavia, a giudizio di chi scrive, è preferibile una differente interpretazione della norma di legge, estendendo anche gli aventi causa dell’assicurato percettori della prestazione di LPP svizzera il beneficio della tassazione favorevole al 5 per cento. Questa lettura garantisce maggiore certezza giuridica e appare più aderente al tenore testuale della norma di legge, che prevede, senza distinzione alcuna, l’applicabilità della ritenuta unica del 5 per cento alle prestazioni di previdenza AVS e LPP svizzera “percepite da soggetti residenti in Italia … a qualsiasi titolo”.

A sostegno di questa interpretazione si possono richiamare alcune precedenti prese di posizione dell’Agenzia delle Entrate, in cui venne valorizzata l’interpretazione letterale della disposizione legislativa, tra cui da ultimo la citata Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020, nella quale l’Amministrazione Finanziaria escluse l’applicabilità della ritenuta agevolata alle pensioni svizzere versate su conti esteri, in quanto il testo normativo prevedeva espressamente la presenza di un intermediario residente in Italia. Nel caso concreto, in base al tenore testuale della norma di legge, unico presupposto soggettivo per l’applicazione della ritenuta agevolata risulta essere la residenza in Italia del percettore.

Questo assunto trova conferma anche consultando la Risposta n. 3 del 13 aprile 2021 pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, recante “Ulteriori chiarimenti circa l'applicazione della ritenuta sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale, per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP)”, nella quale l’Agenzia evidenziò che “ai fini della corretta applicazione della ritenuta in argomento, il cliente deve fornire alla banca almeno le seguenti informazioni: - di essere fiscalmente residente in Italia; - che si tratta delle somme previste dall'articolo 76, comma 1-bis, della legge n. 413 del 1991; - nell'ipotesi di erogazione in forma di rendita, la cadenza con cui verranno eseguiti i pagamenti e l'impegno del cliente di segnalarli di volta in volta alla banca; - l'importo lordo su cui applicare la ritenuta”. I presupposti applicativi della norma agevolata per le prestazioni di previdenza AVS e LPP svizzera risultano pertanto essere due: (i) la residenza in Italia del percettore e (ii) l’appartenenza della prestazione in erogazione al novero delle pensioni disciplinate dall’art. 76 della legge n. 413 del 1991.

Conseguentemente, alla luce del dettame normativo e delle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, è ragionevole ritenere che sussistano tutti i requisiti affinché il regime fiscale agevolato previsto uniformemente per le prestazioni previdenziali di AVS e LPP svizzera sia applicabile anche in caso di elargizione della rendita o del capitale pensionistico di II° pilastro agli aventi causa dell’assicurato dopo il suo decesso.

 

 

  1. Le novità introdotte con la Legge di bilancio 2023 hanno permesso una armonizzazione del regime fiscale per tutte le prestazioni di previdenza AVS e LPP, indipendentemente dalla forma di erogazione e dal luogo di incasso del reddito, risolvendo definitivamente le incertezze sulla modalità di tassazione e sulle condizioni di applicabilità della ritenuta unica del 5 per cento prevista dall’art. 76 della L. 30 dicembre 1991, n. 413.

L’intervento del legislatore, a lungo auspicato, è da accogliere positivamente e garantisce certezza giuridica. Nondimeno, rimane aperto l’interrogativo in merito al regime fiscale applicabile alla fattispecie – in verità non infrequente – in cui il capitale previdenziale di LPP svizzera sia versato agli aventi causa della persona assicurata deceduta prima del raggiungimento dell’età di pensionamento.

Pur in assenza di precedenti indicazioni o documenti di prassi pubblicati dall’Agenzia delle Entrate in materia, molteplici elementi inducono a sostenere che la ritenuta unica del 5 per cento sia applicabile anche alle prestazioni di LPP erogate agli aventi causa del soggetto assicurato deceduto. Questa interpretazione appare preferibile perché è conforme al tenore letterale della norma e soddisfa esigenze di semplificazione e certezza del diritto. Una differenziazione della disciplina tributaria per le prestazioni pensionistiche svizzere incassate da soggetti diversi dell’assicurato risulterebbe arbitraria difetterebbe di una base legale e rappresenterebbe un passo indietro nel percorso di armonizzazione giuridica intrapreso recentemente dal legislatore.