argomento: Principi generali e fonti - Legislazione e prassi
In tema di riscossione coattiva delle imposte, Agenzia Entrate Riscossione può iscrivere ipoteca sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale se l'obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni. Ne consegue che spetta al debitore, che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti nel fondo, l’onere di provare l'estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore.
» visualizza: il documento (Cass., ord. 4 ottobre 2023, n. 27948)PAROLE CHIAVE: fondo patrimoniale della famiglia - onere della prova del debitore
di Luca Procesi
1.Il fondo patrimoniale come patrimonio “separato” (sul concetto di patrimonio si veda Trimarchi, Patrimonio, nozione generale, in Enc. Dir., vol. XXXII, Milano, 1982; sulla separazione patrimoniale Bianca, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996) rappresenta un tema in cui è particolarmente evidente l’influenza degli schemi privatistici sull’esercizio di una pubblica funzione (ossia quella impositiva).
Per comprendere al meglio la questione appare utile ripercorrere brevemente i tratti essenziali dell’istituto, introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975 e regolamentato negli articoli 167 ss. C.C. e che consente di limitare la disponibilità di determinati beni e di sottrarli all’azione esecutiva dei creditori dei singoli soggetti che gli hanno dato vita (entrambi i coniugi o uno solo di essi) in quanto destinati a soddisfare i bisogni della famiglia.
La necessità di costituire un patrimonio vincolato e in certa misura separato ha, infatti, la funzione di difendere i beni familiari dalle eventuali azioni dei creditori nell'ipotesi in cui l'attività imprenditoriale o professionale, svolta da uno dei coniugi, versi in una situazione economica difficile o, addirittura, fallimentare (nel caso dell'imprenditore).
Il fondo patrimoniale ai sensi dell’art.167 C.C. consente la costituzione di un vincolo per atto pubblico inter vivos o anche per testamento in forza del quale determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito vengono destinati da uno o entrambi i coniugi o da un terzo a far fronte ai bisogni esclusivi della famiglia.
In quest’ottica, ne segue, pertanto, una chiara deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dall'art. 2740 c.c., per cui il debitore risponde, salvo che siano previste forme di limitazione di responsabilità, nell'adempimento della prestazione dovuta con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Se invece è costituito un fondo patrimoniale, i creditori generali potranno far valere le proprie pretese su tutti i beni del debitore esclusi quelli oggetto del patrimonio separato. I beni confluiti in detto patrimonio sono, infatti, protetti da un vincolo di destinazione che li rende aggredibili soltanto, come sottolineato, dai creditori che vantino crediti sorti in ragione del soddisfacimento di interessi familiari.
L’effetto connesso a tale costituzione è quello di rendere i beni in esso inseriti (beni immobili, beni mobili registrati e titoli di credito) non aggredibili con la procedura di esecuzione forzata per i crediti contratti dopo la costituzione del fondo per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Questo strumento di protezione del patrimonio che pure aveva un finalità meritevole di tutela si è sempre più diffuso e ha, come di sovente accade visto affievolirsi le sue caratteristiche essenziali, tanto da essere frequentemente utilizzato anche a prescindere dalla tutela degli interessi familiari per sottrarre i beni costituenti il fondo patrimoniale alla garanzia prestata nei confronti di buona parte dei creditori dei coniugi che svolgono attività imprenditoriale o professionale. Per contrastare tale fenomeno la giurisprudenza ha cercato di interpretare la limitazione all’aggredibilìtà dei beni in maniera restrittiva.
Si è venuta con il tempo a creare una cospicua giurisprudenza sul tema di cui si possono però individuare degli aspetti comuni (per una rassegna di giurisprudenza piuttosto esaustiva Califano-Gennari, Bisogni della famiglia e debiti tributari. Un rebus non risolto in tema di efficacia del fondo patrimoniale, in Contratto e Impresa, 2022, 699, Perrone, Profili tributari del fondo patrimoniale in Rass.trib. n.6/2008, 1541ss; Capolupo, Esecuzione dell’obbligazione tributaria e fondo patrimoniale, in Il fisco n.2/2018, 153 ss.).
In questa sede ci occuperemo, anche in considerazione delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità ampiamente richiamate nell’ ordinanza in commento, di precisare cosa si intenda per soddisfacimento degli interessi familiari e se il fisco si trovi in una posizione diversa dagli altri creditori.
2.Va innanzitutto ricordata la possibilità per i creditori, ai quali sia opposta la creazione del fondo patrimoniale, di utilizzare tutti gli strumenti che l’ordinamento pone loro a disposizione per far dichiarare inefficace nei loro confronti gli atti dispositivi del patrimonio del debitore quando possano recare pregiudizio ai loro diritti.
La misura per eccellenza è l’azione revocatoria ordinaria, che in base all’art.2901 C.C.. consente al creditore di far dichiarare inefficaci (entro i 5 anni dal compimento dell’atto) gli atti potenzialmente pregiudizievoli posti in essere dal debitore nei suoi confronti.
Tuttavia quando vengono utilizzati strumenti come il fondo patrimoniale (che richiede però e questo merita di essere sottolineato, l’esistenza di una “famiglia” e la presenza di figli minori) i profili della azione revocatoria si fondono con quelli dello specifico istituto di volta in volta utilizzato per creare un vincolo nella destinazione del patrimonio qualora possa ritenersi utilizzato per sottrarre i beni al soddisfacimento di debiti contratti per ragioni professionali e/o imprenditoriali.
Per quel che riguarda l’opponibilità del fondo patrimoniale al creditore, in base a quello che si legge anche nell’ordinanza in commento, tutto ruota intorno alla corretta individuazione della espressione “bisogni della famiglia”.
Nel caso di specie si discuteva infatti dell'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria sui beni conferiti ad un fondo patrimoniale, costituito anteriormente al debito, per debiti, che, in considerazione della tipologia, in primo grado erano stati ritenuti contratti per esigenze estranee ai bisogni della famiglia in quanto di pertinenza dell’attività d’impresa.
Tuttavia in appello (dove peraltro il contribuente non si era costituito e dunque non aveva svolto attività difensiva, né si era fatto carico di argomentare sull’ipotetica prova contraria) la situazione si è completamente rovesciata ed è stata riconosciuta la legittimità dell’iscrizione ipotecaria. In particolare i giudici hanno enfatizzato che “il contribuente non ha prodotto alcun elemento di prova che dimostri che il debito sia stato contratto per il soddisfacimento di bisogni estranei ai bisogni familiari nè che l'Ufficio ne fosse consapevole".
La Corte di Cassazione, cui si era rivolto il contribuente con apposito, ha confermato la decisione di appello richiamando un orientamento che definisce consolidato e che in qualche modo affievolisce il vincolo di destinazione del fondo patrimoniale.
I giudici in effetti non fanno altro che rendere evidente quella che è una debolezza dello stesso istituto del fondo patrimoniale; sotto il profilo letterale la norma che prevede l’istituzione del fondo e la sua efficacia non onera in alcun modo il creditore procedente di dimostrare che il debito per il quale si procede rientra tra quelli contratti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma gli consente di aggredire liberamente il bene, onerando invece il debitore, in sede di opposizione all’esecuzione, di dimostrare la sussistenza di entrambi i requisiti necessari per provocare l’impignorabilità del bene posto all’interno del fondo.
In sintesi viene richiesto ai coniugi che si oppongono (ex art.615 c.p.c.) alla misura esecutiva l’onere di provare una molteplicità di circostanze: l’esistenza del fondo, la sua opponibilità (sulla base del relativo regime pubblicitario) a terzi, nonché il fatto che il debito sia stato contratto per bisogni estranei alle esigenze familiari. Solo una volta dimostrata l’estraneità del debito rispetto al ménage familiare, allora costituirà onere dell’Ente riscossore, dare la prova della sua ignoranza di tale circostanza, anche avvalendosi delle presunzioni.
Si dovrebbero quindi considerare rientranti tra le obbligazioni contratte per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia soltanto quelle collegate direttamente a tali finalità, ovvero quelle finalizzate a dotare la famiglia dei mezzi necessari per il soddisfacimento degli interessi primari dei familiari (istruzione, vitto, vestiario, spese sportive ecc..). Da questo contesto dovrebbero poi essere escluse le obbligazioni contratte dai coniugi nelle rispettive attività professionali, soprattutto se imprenditoriali, perché è proprio da queste che possono sorgere i maggiori problemi economici che si ripercuotono, con gli effetti più negativi, anche nella sfera personale dell’imprenditore.
Nell'interpretare la nozione "bisogni della famiglia", la giurisprudenza ormai da tempo (cfr. Cass. 7 gennaio 1984, n. 134) ha accolto un'interpretazione piuttosto estesa facendovi rientrare non solo quanto indispensabile alla vita della famiglia, bensì anche le esigenze volte al "pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi".
Per anni, poi, si è discusso se i menzionati bisogni riguardino soltanto quelli alimentari oppure quelli volti ad assicurare un determinato tenore di vita, soluzione che appare preferibile con la sola esclusione delle esigenze di carattere voluttuario (cfr. Cass., Sez. 6-5, 24 febbraio 2015, n. 3738).
Questi principi sono stati estesi anche alle ipotesi in cui si discute della legittimità o meno dell'iscrizione ipotecaria disposta ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/73 a tutela di un credito erariale; anche in tale ipotesi bisogna verificare se i debiti contratti con l'Erario fossero o meno dovuti a bisogni della famiglia, o a ragioni estranee.
Come, seppur brevemente ricordato, la giurisprudenza è pacificamente orientata nel riconoscere rilevanza ai soli creditori, pubblici o privati che siano, che vantano pretese collegate al soddisfacimento di bisogni familiari. Tuttavia va tenuto presente che un’interpretazione eccessivamente restrittiva di tali conclusioni rischia di vanificare la stessa valenza del vincolo del fondo patrimoniale. Si consiglia dunque, qualora si istituisca il fondo patrimoniale, di fare particolare attenzione sia alla sussistenza dei presupposti sia alla finalità per la quale i debiti vengono contratti e al relativo profilo delle argomentazioni probatorie proprio in considerazione della particolare attenzione che, come visto, i giudici tributari prestano all’assolvimento di tale onere eccezionalmente, come visto, fatto gravare sul debitore.