argomento: Principi generali e fonti - Legislazione e prassi
Il legislatore della riforma fiscale ha avvertito la necessità di modificare alcuni aspetti dell’interpello al fine di promuovere la riduzione del ricorso all’istituto, incrementando, al contempo, l’emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale. Tuttavia, esaminando le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 219/2023 recante modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente, desta perplessità sia la previsione di un contributo, al cui versamento è subordinata la presentazione dell’istanza di interpello, sia la limitazione nell’utilizzo dell’interpello probatorio, sia la diversa disciplina introdotta per le persone fisiche, anche non residenti, e per le società in regime di contabilità semplificata: per tali soggetti, infatti, la presentazione dell’istanza di interpello è limitata alla sola ipotesi in cui non sia possibile ottenere risposte mediante servizi di interlocuzione rapida.
PAROLE CHIAVE: riforma fiscale - interpello - interlocuzione rapida
di Aurora De Roma
1. Come noto, in riferimento all’interpello (S. LA ROSA, Prime considerazioni sul diritto di interpello, in Il Fisco, 1992, 7950; G. ZIZZO, Diritto di interpello e ruling, in Riv. dir. trib., 1992, 136 ss.; M. NUSSI, Prime osservazioni sull’interpello del contribuente, in Rass. Trib., 2000, 1862 ss.; A. COMELLI, La disciplina dell’interpello: dall’art. 21 della L. n. 413/91 allo statuto dei diritti del contribuente, in Dir. prat. trib., 2001, 605 ss.; E. DELLA VALLE, Affidamento e certezza nel diritto tributario, Milano, 2001, 161 ss.; M. LOGOZZO, L’ignoranza della legge tributaria, Milano, 2002, 252 ss.; A. GIOVANNINI, L’interpello preventivo dell’Agenzia delle Entrate (C.F.C. e Statuto dei diritti del contribuente), in Rass. trib., 2002, 452 ss.; R. LUPI, Il diritto di interpello, in G. Caputi (a cura di), Il diritto di interpello, Roma, 2003; M. MICCINESI, L’interpello, in G. MARONGIU (a cura di), Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004; M. VERSIGLIONI, L’interpello nel diritto tributario. Contributo alla teoria dell’interpretazione amministrativa della norma tributaria, Perugia, 2005; F. PISTOLESI, Gli interpelli tributari, Milano, 2007; A. BALDASSARRE, L’interpello tributario, in Dir. prat. trib., 2008, 1027 ss.) la previgente formulazione dell’art. 11 dello Statuto (riformato dal D.lgs. n. 156/20156, in attuazione dell’art. 6 della L. delega n. 23/2014) distingueva fra interpello ordinario interpretativo, attivabile in tutti i casi in cui sussiste obiettiva incertezza nella interpretazione della norma applicabile a un caso concreto e personale; interpello ordinario qualificatorio, volto ad ottenere certezza in merito alla qualificazione di una determinata fattispecie obiettivamente incerta; interpello probatorio, finalizzato ad ottenere, nei casi espressamente previsti, un parere sulla sussistenza delle condizioni o sulla idoneità degli elementi probatori richiesti dalla norma ai fini dell’accesso a un determinato regime fiscale; interpello antiabuso, concernente la disciplina dell’abuso del diritto; interpello disapplicativo, relativo alla disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che, nella particolare fattispecie, tali effetti elusivi non possono verificarsi.
2. Il D.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, recante modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente (G. MELIS, Una visione d’insieme delle modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente: i principi generali, in Il Fisco, n. 47-48/2023, 4441 ss.), in attuazione dei criteri direttivi indicati nell’art. 4, comma 1, lett. c), della L. 9 agosto 2023, n. 111 (delega fiscale), conferma la scelta del Legislatore di razionalizzare la disciplina, raggruppando tutte le diverse tipologie di interpello al primo comma dell’art. 11 dello Statuto. Diversamente rispetto al passato, inoltre, l’interpello probatorio per l’accesso al regime del neo domiciliati ex art. 24-bis del TUIR trova specifica previsione.
Se alcuni aspetti dell’istituto non sono stati oggetto di modifica [basti pensare alla possibilità per l’Amministrazione di richiedere documentazione integrativa; agli effetti della mancata risposta nei termini che equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente (c.d. silenzio assenso); alla vincolatività della risposta per ogni organo dell’Amministrazione Finanziaria, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente; alla annullabilità di qualsiasi atto impositivo/sanzionatorio difforme alla risposta; alla possibile rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’Amministrazione con valenza per i comportamenti futuri dell’istante; alla non impugnabilità delle risposte] è necessario soffermarsi sugli elementi innovativi.
Primo tra tutti, il termine di 90 giorni previsto per tutte le tipologie di interpello - a differenza della previgente formulazione che prescriveva il termine di 120 giorni nell’ipotesi di interpello probatorio, antiabuso e disapplicativo - con sospensione nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 agosto di ogni anno e in ogni caso in cui sia obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra Amministrazione (a tal proposito, viene, però, precisato che se il parere non è reso entro 60 giorni dalla richiesta, l’Amministrazione risponde comunque all’istanza di interpello). Tale rimodulazione e unificazione dei termini di risposta appare apprezzabile nell’ottica di garantire maggiore omogeneità della disciplina.
La medesima ratio di uniformità di trattamento tra le diverse tipologie di istanze sembra ispirare anche la decisione di prevedere che tutti gli interpelli diventino facoltativi (compreso, dunque, l’interpello disapplicativo, che costituiva l’unica categoria di interpello obbligatorio prevista nel sistema). Tale modifica è da salutare con favore, determinando un superamento dei “riflessi coercitivi che testimoniano, emblematicamente, all’interno dell’istituto, un autentico ossimoro giuridico” (Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Deliberazione 5 agosto 2015, n. 5/2015/G in materia di “Gli istituti dell’interpello fiscale”), comportando il venir meno del rischio di trasformare l’interpello da strumento di “supporto interpretativo” con funzione “chiarificatrice” a “misura coercitiva” volta a comprimere la sfera potestativa privata (D. CONTE, Interpello tributario e diritto ad una buona amministrazione: riflessioni per un bilancio, in Dir. prat. trib., n. 6/2022, 2024 ss.).
3. Non condivisibile appare la modifica relativa agli interpelli probatori. Tale categoria, comprendete ipotesi tassativamente individuate dal Legislatore, include fattispecie piuttosto frequenti: basti pensare alle istanze relative al beneficio ACE o alle istanze CFC, attraverso le quali il contribuente può fornire in anticipo la dimostrazione delle condizioni previste dalla norma per evitare l’applicazione della tassazione per trasparenza ex art. 167 del TUIR.
Ebbene, rispetto a tale tipologia di interpello, la novità consiste nella limitazione delle istanze, riservando tale facoltà ai soli soggetti che aderiscono al regime della cooperative compliance (di cui agli artt. 3 ss. del D.lgs. 5 agosto 2015, n. 128) ed ai soggetti che presentano istanze di interpello sui nuovi investimenti (di cui all’art. 2 del D.lgs. 14 settembre 2015, n. 147). Tale modifica, precludendo alla gran parte dei contribuenti l’utilizzo dell’interpello probatorio, se, da un lato, ridurrà il numero delle istanze - con conseguente vantaggio in termini di tempo e risorse per l’Amministrazione Finanziaria - dall’altro, determinerà, indubbiamente, maggiore incertezza per i contribuenti.
Ancora, ciò che desta perplessità è la previsione dell’obbligo di versamento, ai fini della presentazione dell’istanza, di un contributo, il cui ammontare -oggetto di apposito decreto del MEF - sarà diversamente modulato, in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza. Tale ultimo criterio, in particolare, sembra introdurre anche una certa componente di soggettività nella valutazione di cosa sia “complesso” e “rilevante”.
Se sembra ragionevole graduare l’ammontare del menzionato contributo a seconda della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e se sembra altrettanto condivisibile la destinazione del gettito, volto a finanziare la formazione professionale del personale delle agenzie fiscali, è l’introduzione stessa del contributo a sollevare dubbi.
Se, infatti, tale previsione appare in linea con la finalità sottesa all’intera riforma dell’istituto in esame -ovvero razionalizzare e ridurre il ricorso all’interpello- tale innovazione, producendo un effetto “dissuasivo” alla presentazione dell’istanza, appare confliggente rispetto alla ratio ispiratrice dell’istituto: promuovere la collaborazione nei rapporti con la generalità dei contribuenti (in questi termini, G. RAGUCCI, Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Coregulation, Torino, 2023, 24).
Tale obbligo, inoltre, risulta ancor più irragionevole per gli interpelli presentati da soggetti in regime di adempimento collaborativo, nonché da coloro che, avendo adottato un tax control framework, utilizzano l’interpello per una segnalazione di rischio.
Come anticipato, le novità introdotte non sono altro che una conferma della finalità che anima l’intera riforma dell’istituto: contenere il numero di interpelli, cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni (basti pensare che, solo nel 2023, sono quasi 500 le risposte ad interpello pubblicate dall’Agenzia delle Entrate).
Per raggiungere tale obiettivo, il Legislatore ha previsto un intervento su più fronti: da un lato, razionalizzando il ricorso a tale istituto, attraverso il potenziamento dell’attività interpretativa di carattere generale e l’emanazione di circolari (i dati attuali confermano un trend opposto: al fronte dell’elevato numero di risposte di interpello, dal 2018 al 2022 sono state pubblicate una media di 26 circolari all’anno, cui vanno aggiunte le 35 circolari del 2023) e, dall’altro, favorendo il ricorso alla consultazione semplificata, prevista dal nuovo art. 10-nonies dello Statuto.
Alla luce della riformata normativa, per le persone fisiche, anche non residenti, per le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e le società ad esse equiparate, ai sensi dell’articolo 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che applicano il regime di contabilità semplificata, sarà consentito presentare istanza di interpello soltanto nell’ipotesi in cui non sia possibile ottenere risposte scritte mediante servizi di interlocuzione rapida, realizzati anche attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale e, in particolare, mediante la consultazione di un’apposita banca dati.
Tale banca dati, di nuova costituzione, nel rispetto della normativa in materia di tutela dei dati personali, conterrà, debitamente classificati e categorizzati, documenti di prassi, circolari, risoluzioni, risposte a interpelli, istanze di consulenza giuridica ed ogni altro atto interpretativo e, dotata di intelligenza artificiale, consentirà l’individuazione della soluzione al quesito interpretativo o applicativo esposto dal contribuente.
La novellata disposizione, prevede, inoltre, che i soggetti indicati, soltanto dopo aver consultato, anche con l’ausilio di intermediari abilitati, la menzionata banca dati, a seguito della mancata individuazione della risposta al quesito, avranno la possibilità di presentare istanza di interpello.
Ordunque, nella logica della riforma, il contribuente, potendo far affidamento su orientamenti pubblici forniti ex ante, si vede negato il diritto di interrogare l’Amministrazione finanziaria per conoscere come intende applicare le disposizioni di legge utilizzabili nel suo caso concreto.
Se è vero che “l’assenza di intervento umano in un’attività di mera classificazione automatica di istanze numerose, secondo regole predeterminate (che sono, queste sì, elaborate dall’uomo), e l’affidamento di tale attività a un efficiente elaboratore elettronico appaiono come doverose declinazioni dell’art. 97 Cost. coerenti con l’attuale evoluzione tecnologica” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 8 aprile 2019, n. 2270), il menzionato differente trattamento previsto per i contribuenti persone fisiche, anche esercenti attività d’impresa, e per le società di persone che adottano regimi di contabilità semplificata, solleva molteplici criticità.
È indubbio che la crescita esponenziale delle istanze di interpello abbia prodotto problemi, sia per i contribuenti ed i professionisti, costretti a destreggiarsi tra migliaia di pagine di istruzioni, sia per l’Amministrazione Finanziaria, determinando un sovraccarico di lavoro, tuttavia, non appare comprensibile la ratio di tale discrimen.
Partendo dal principio di uguaglianza che, come noto, impone lo stesso trattamento per situazioni sostanziali comuni e, al contrario, che a situazioni giuridiche diverse corrispondano discipline normative eterogenee, nel caso in esame, non appare ravvisabile la ragione di una tale differenziazione, per altro legata al solo fatturato o, comunque, alla dimensione del soggetto istante. Probabilmente, sarebbe stata più ragionevole e, soprattutto, più in linea con la finalità sottesa all’intera riforma dell’istituto, introdurre la preventiva consultazione della banca dati per tutti i contribuenti, senza alcuna distinzione.
Tale discrimen, inoltre, desta maggiore timore, considerando che gli effetti della risposta fornita mediante tali servizi di interlocuzione rapida non sono equiparabili a quelli prodotti da una risposta ad interpello (Cfr. A. DODERO, Il nuovo interpello e i supporti interpretativi che favoriscono il rapporto Fisco-contribuente, in Il Fisco, n. 3/2024, 231 ss.).
Al riguardo, infatti, l’art. 10-nonies, comma 3, prevede espressamente che “la risposta produce gli effetti di cui all’articolo 10, comma 2, esclusivamente nei confronti del contribuente istante”, ossia costituisce soltanto causa di disapplicazione delle sanzioni e non debenza degli interessi moratori per il contribuente che vi si sia adeguato. Una garanzia, dunque, ben ridotta rispetto a quella, più ampia, prevista dall’art. 11 comma 5 dello Statuto.
Tutto ciò si traduce in un vero e proprio vulnus nei confronti di quei contribuenti che, ottenendo risposta attivando la consultazione semplificata, vedendosi preclusa la possibilità di presentare istanza di interpello, risultano privati della tutela consistente nella annullabilità di qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi dalla risposta, espressa o tacita.
4. Le modifiche introdotte, attraverso la previsione del pagamento di un contributo, le limitazioni per l’interpello probatorio ed il diverso trattamento previsto per le persone fisiche e per le società in regime di contabilità semplificata, inducono una serie di riflessioni conclusive.
Attraverso il D.lgs. n. 156/2015, attuativo dell’art. 6 della L. delega n. 23/2014, il ruolo dell’interpello è stato fortemente valorizzato, elevandolo al rango dei principi dello Statuto del contribuente (G. MARONGIU, Riflessioni sul diritto di interpello, in Corr. trib., 2002, 1408 ss.) e divenendo lo strumento, per eccellenza, di dialogo privilegiato e qualificato con l’Amministrazione Finanziaria (R. ALFANO, C. VERRIGNI, Gli interpelli: evoluzione sistematica e trend legislativo italiano, in Dir. prat. trib. int., 2016, 847; A.L. CAZZATO, Il “nuovo” volto dell’interpello tributario alla prova della compliance allargata, in Il Fisco n. 17/2016, 1620 ss.). Annoverato tra gli istituti deflativi (G. PIZZONIA, Il ravvedimento tra deflazione del contenzioso, fiscalità negoziata e cripto-condonismo. Prime note, in Riv. dir. fin., 2015, 72), consentendo al contribuente di conoscere, in via preventiva, l’opinione dell’Amministrazione in relazione all’applicabilità delle disposizioni tributarie, in un caso personale ben circostanziato, l’interpello risultava chiaramente ispirato dall’esigenza di rafforzare la cooperazione tra le parti.
Sebbene la recente riforma fiscale non ne abbia mutato le caratteristiche principali, la previsione dell’obbligatoria corresponsione di un contributo, la limitazione nell’utilizzo dell’interpello probatorio, e, in aggiunta, il divergente trattamento previsto per le persone fisiche e le società in regime di contabilità semplificata, implicano l’inevitabile conseguenza di non poter più qualificare l’interpello -quanto meno per la generalità dei contribuenti- quale strumento di elezione per la realizzazione dell’attività di assistenza giuridica da parte dell’Amministrazione Finanziaria (R. ALFANO, C. VERRIGNI, Gli interpelli: evoluzione sistematica e trend legislativo italiano, cit., 853).
Se, da un lato, non è possibile negare gli effetti benefici dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale (basti pensare alla velocità più elevata di estrazione e di elaborazione della soluzione più corretta per il contribuente ed alla organizzazione sistematica degli interpelli, a beneficio della consultazione dei contribuenti), dall’altro lato, considerando la finalità dell’interpello, ovvero l’instaurazione non soltanto di un colloquio diretto e, conseguentemente, la semplificazione del rapporto tra contribuente e Amministrazione Finanziaria al fine di prevenire eventuali contestazioni future, ma anche il riconoscimento del diritto del contribuente di interrogare o porre quesiti all’Amministrazione Fiscale onde ottenere pareri [S. GIANONCELLI, Il diritto ad una buona amministrazione nell’interpretazione della norma tributaria e gli interpelli, in M. PIERRO (a cura di), Il diritto ad una buona amministrazione nei procedimenti tributari, Milano, 2019, 97 ss.] è innegabile come la riforma fiscale, prima, e il D.lgs. n. 219/2023, dopo, abbiano negato, per la generalità dei contribuenti, tale diritto, sostituendolo con uno strumento – la consultazione semplificata – non altrettanto garantista.
Il ricorso all’intelligenza artificiale è sicuramente da incoraggiare, ma l’ammodernamento dell’ordinamento giuridico non può determinare un arretramento in termini di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali (F. PAPARELLA, L’ausilio delle tecnologie digitali nella fase di attuazione dei tributi, in Riv. dir. trib., n. 6/2022, 651).
Ed è quello che sembra essersi verificato con riferimento all’istituto dell’interpello.
In conclusione, il Legislatore avrebbe potuto perseguire le finalità sottese alla riforma - la riduzione delle istanze di interpello - senza subordinare l’accesso all’istituto al pagamento di un contributo, graduato nel quantum, ma certo nell’an, e, soprattutto, senza dare luogo ad irragionevoli disparità, attraverso la preventiva consultazione della banca dati per le sole persone fisiche e società in regime di contabilità semplificata, ma configurando l’utilizzo delle tecnologie digitali come diritto generale dei contribuenti, non come obbligo imposto in maniera del tutto indiscriminata (A. CONTRINO, Digitalizzazione dell’amministrazione finanziaria e attuazione del rapporto tributario: questioni aperte e ipotesi di lavoro nella prospettiva dei princìpi generali, in Riv. dir. trib., n. 2/2023, 116) e riconoscendo la possibilità di continuare a utilizzare le metodologie tradizionali di presentazione delle istanze. In tal modo, sarebbe stata preservata la funzione propria dell’istituto, quale strumento volto a garantire al cittadino/contribuente il diritto ad una buona amministrazione sotto il profilo della stabilità e della certezza del rapporto tributario.