<p>Le nuove sanzioni tributarie - Lattanzi</p>
Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

21/03/2024 - Imposta di soggiorno e riparto della responsabilità tra gestore della struttura e piattaforma telematica: una reale svolta chiarificatrice?

argomento: IRAP e tributi locali - Giurisprudenza

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in commento, si pronuncia in materia di responsabilità di pagamento dell’imposta di soggiorno. La questione prospettata, che concerne la responsabilità del soggetto proprietario/gestore della struttura, pone all’attenzione anche il tema, diverso ma affine, del riparto di responsabilità tra quest’ultimo e il gestore della piattaforma telematica; riparto che, a seguito della modifica legislativa apportata all’art. 4 c. 1-ter D.Lgs. n. 23/2011, pone non poche problematiche di raccordo con la disciplina, di cui all’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, applicabile alle fattispecie di locazione breve. La soluzione interpretativa individuata dalla Corte, in realtà, pare sorvolare su alcuni aspetti di criticità sottesi all’esegesi del combinato disposto. Di talché, l’approdo ermeneutico, non sorretto da un rigoroso iter logico-argomentativo, ad un’attenta riflessione risulta meno decisivo di quanto non appaia ad una prima lettura: un’occasione mancata per riportare a coerenza interna – o, quantomeno, attenzionare – un regime in cui, tutt’oggi, residuano non poche zone d’ombra.

» visualizza: il documento (Corte di Cass., ord. 23 giugno 2023, n. 18018) scarica file

PAROLE CHIAVE: responsabile di imposta - imposta di soggiorno - locazioni brevi - gestore della struttura ricettiva - piattaforme telematiche


di Giulia Grimaldi

1. L’ordinanza in commento, pronunciata in tema di responsabilità ai fini del pagamento dell’imposta di soggiorno, si propone di fare chiarezza sul tanto dibattuto ruolo di responsabile d’imposta del gestore/proprietario di struttura ricettiva, nonché sulla linea di demarcazione che deve insistere tra la responsabilità di quest’ultimo e la responsabilità dell’eventuale intermediario – rappresentato, nel caso di specie, da una piattaforma telematica – che intervenga nella fase di prenotazione del soggiorno e nell’incasso dei corrispettivi.

2. La controversia de qua origina dall’impugnazione proposta dal gestore/proprietario di una struttura ricettiva avverso le ordinanze di ingiunzione, emanate dal Comune in cui aveva sede la struttura, aventi ad oggetto la contestazione del mancato rispetto degli obblighi relativi alla riscossione dell’imposta di soggiorno, nonché degli ulteriori obblighi connessi di registrazione e comunicazione dei dati sulla riscossione cui adempiere nel contesto dell’attività locativa esercitata; suddetta attività, svolta presso un’unità abitativa, era da inquadrarsi come locazione “turistica”, e rinveniva pertanto la disciplina applicabile anche nella normativa vigente per le locazioni brevi.

Il gestore/proprietario della struttura, in sede di impugnazione, rilevava di essersi avvalso dell’intermediazione della piattaforma online “Booking”, soggetto che, avendo incassato i canoni e i corrispettivi, in applicazione della normativa vigente avrebbe dovuto essere l’unico soggetto legittimato a riscuotere l’imposta di soggiorno, e l’unico soggetto, dunque, da ritenere responsabile per la sua omessa riscossione e per il mancato adempimento degli obblighi connessi.

Il Giudice di Pace, in funzione di giudice di primo grado, respingeva tuttavia l’opposizione, ritenendo che anche il gestore/proprietario della struttura, insieme alla piattaforma intermediaria, fosse da individuare quale soggetto responsabile, e confermava dunque la validità delle ordinanze di ingiunzione emanate nei suoi confronti.

Diversamente riteneva il Giudice di secondo grado, il quale annullava le ordinanze impugnate, rilevando che unico soggetto responsabile fosse da individuare nella piattaforma online, per aver la stessa, come pacificamente acquisito alle risultanze del giudizio, incassato i canoni di locazione dovuti per il soggiorno in relazione al quale veniva contestato il mancato adempimento degli obblighi di riscossione dell’imposta.

Il Comune resistente, insistendo per la conferma delle ordinanze previamente emanate, proponeva allora ricorso in Cassazione, facendo valere la violazione e falsa applicazione della normativa di livello nazionale, regionale e municipale che disciplinava, in relazione alla fattispecie concreta, la responsabilità di pagamento dell’imposta di soggiorno. Secondo la tesi del Comune, aveva errato il Giudice di seconde cure nell’individuare il soggetto responsabile, il quale doveva identificarsi unicamente nel proprietario/gestore della struttura, e non nella piattaforma, la quale incassava sì i canoni di locazione, ma lo faceva tuttavia in veste di mero tramite del versamento, rigirando prontamente le somme al gestore della struttura al termine del soggiorno; oltretutto, la piattaforma non partecipava comunque all’incasso delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, che venivano invece versate dall’ospite direttamente nelle mani del soggetto locatore.

3. Per comprendere quali siano le questioni giuridiche sottese al caso di specie, è bene in prima battuta ripercorrere sinteticamente la normativa ratione temporis applicabile.

Come noto, l’imposta di soggiorno, (re)introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 4 c. 1 del D.Lgs. n. 23/2011, è un tributo di scopo, che i Comuni hanno la facoltà di istituire, avente come presupposto il pernottamento da parte dei non residenti - i soggetti passivi dell’imposta - nelle strutture ricettive situate sul territorio comunale, da applicare, secondo criteri di gradualità e in proporzione al prezzo, sino alla somma di cinque euro per notte di soggiorno (sulla disciplina dell’imposta di soggiorno si vedano, senza pretesa di esaustività: BERETTA, L’imposta di soggiorno. Amnesie legislative ed esigenze di riforma nell’era della sharing economy, in Dir. prat. trib., 6, 2017, p. 2450 ss.; BERETTA, Regime fiscale delle locazioni brevi: intermediari e piattaforme responsabili anche per l’imposta di soggiorno, in Il Fisco, 28, 2017, p. 2719 ss.; MAGLIARO, L’imposta di soggiorno e imposta di sbarco, in AA.VV., Manuale dei tributi locali, Rimini, 2014, p. 1323 ss.; SELICATO, Verso la depenalizzazione dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno?, in Riv. trim. dir. trib., 2, 2020, p. 407 ss.; TOMO, L’imposta di soggiorno tra opportunità di rilancio del turismo e il problematico ruolo degli albergatori: luci e ombre della nuova disciplina, in Giur. imp., 2020, 1, p. 58 ss.; TOSI, BAGAROTTO, La tassazione delle città d’arte ed il contributo di accesso alla città di Venezia, in Riv. trim. dir. trib., 1, 2021, partic. p. 101 ss. Per un interessante inquadramento che tratta dell’imposta di soggiorno, e della tassazione turistica, nell’alveo della tassazione ambientale, v. anche MENDOLA, Note sull’imposta di soggiorno, nel quadro dei tributi ambientali, tra presupposto impositivo astrattamente economico e novellata responsabilità del gestore della struttura ricettiva, in Riv. dir. trib. online, 27 luglio 2023, e SCIANCALEPORE, Attività turistiche e tutela dell’ambiente nella prospettiva del Fisco, in URICCHIO, SELICATO, La fiscalità del turismo, Bari, 2020, p. 64 ss.).

Considerato l’alto rischio di evasione connotante il tributo, e l’inesigibilità concreta di obblighi dichiarativi in capo ai turisti pernottanti nelle strutture, sin da subito si era rivelato nevralgico, per assicurare il corretto adempimento degli obblighi fiscali, il ruolo svolto dai gestori delle strutture ricettive.

Nella sua versione originaria, e fino al 19 maggio 2020, la normativa taceva sul punto, non attribuendo al gestore della struttura alcun ruolo di rilevanza fiscale. Si era così proceduto in via pretoria (a fronte dell’impossibilità, nel silenzio della legge, di qualificare quest’ultimo soggetto, quand’anche i regolamenti comunali gli avessero attribuito adempimenti strumentali al controllo e al prelievo dell’imposta di soggiorno, come responsabile d’imposta - pena la violazione della riserva di legge operante in materia tributaria di cui all’art. 23 Cost., come a più riprese rilevato in giurisprudenza -) ad inquadrare il gestore della struttura come “agente contabile di fatto”, ovvero come soggetto estraneo al rapporto tributario ma, se ed in quanto gravato dal Comune da specifici obblighi di riscossione e riversamento dell’imposta, facente parte di un rapporto di servizio dal contenuto principalmente contabile, tenuto dunque alla resa del conto giudiziale della gestione svolta e sottoposto al controllo del giudice contabile (cfr., in particolare, Corte dei Conti, Sez. Riunite, sent. 22 settembre 2016, n. 22, il cui decisum è stato poi ripreso anche dalla successiva giurisprudenza di legittimità, sino ad arrivare a Cass., SS.UU., ord. 24 luglio 2018, n. 19654). Un simile inquadramento ingenerava non poche incertezze e difficoltà di ordine applicativo, assai dibattute in dottrina (in generale, sulla responsabilità contabile del gestore della struttura, v., ex multis, MERCATI, L’imposta di soggiorno: i gestori delle strutture ricettive come agenti contabili “di fatto”, in Giorn. dir. amm., 2, 2017, p. 256 ss.; TENORE, Sulla pacifica giurisdizione contabile sul mancato versamento dell'imposta di soggiorno da parte degli albergatori, con postilla di MARINI, in Riv. trim. dir. trib., 2, 2018, p. 471 ss.). Di non poco conto erano le criticità emerse in relazione all’attribuzione del rapporto alla giurisdizione del giudice contabile (cfr. FARRI, Imposta di soggiorno alla Corte dei Conti?, in Riv. dir. trib. online, 12 settembre 2018), nonché quelle connesse, in seguito alla conversione in legge del D.L. n. 50/2017 (il quale, come si avrà modo di dar conto nel proseguo, attribuiva invece espressamente, nelle fattispecie di locazione breve, il ruolo di responsabile d’imposta per la riscossione dell’imposta di soggiorno a chiunque incassasse o intervenisse nel pagamento dei relativi canoni), alla “dualità” di regimi di responsabilità operanti in materia di imposta di soggiorno: da una parte, il regime degli albergatori e dei gestori delle strutture ricettive che non avessero stipulato contratti di locazione breve, qualificati come meri agenti contabili di fatto estranei al rapporto tributario, soggetti alla giurisdizione contabile, e non tenuti al riversamento di eventuali somme non riscosse ma incriminabili – per la connotazione pubblicistica del ruolo svolto - per reato di peculato qualora avessero omesso il riversamento di quanto invece percepito (criminalizzazione, come a più riprese rilevato, da ritenersi ultronea rispetto alle originarie intenzioni del legislatore); dall’altra, il regime dei gestori che avessero stipulato locazioni brevi, nonché degli intermediari e dei gestori delle piattaforme online intervenuti nella riscossione dei canoni, responsabili d’imposta soggetti alla giurisdizione del giudice tributario, aventi diritto di rivalsa e obbligati in proprio, in qualità di co-obbligati dipendenti, al versamento delle somme non riscosse ma comunque dovute dai soggetti passivi realizzanti il presupposto, e passibili, in caso di omesso riversamento delle somme riscosse, di vedersi comminare la sanzione amministrativo-tributaria in luogo di quella penale (in merito alla dualità dei regimi di responsabilità, cfr. anche BERETTA, opp. citt.).

Avvedutosi della perdurante situazione di incertezza e delle notevoli criticità applicative, è intervenuto il legislatore, inserendo, con l’art. 180 del D.L. n. 34/2020, il comma 1-ter nell’art. 4 del D.Lgs. n. 23/2011; la disposizione adesso, per come novellata (ma la modifica ha efficacia retroattiva, come disposto dall’art. 5-quinquies del D.l. n. 146/2021, che qualifica l’intervento legislativo come norma di interpretazione autentica), prevede che il gestore della struttura ricettiva è responsabile (il richiamo è da intendersi riferito alla figura del responsabile d’imposta, di cui all’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973) ai fini del pagamento dell’imposta di soggiorno – nonché del contributo di soggiorno –; ad esso viene attribuito anche l’assolvimento del relativo obbligo dichiarativo (con dichiarazione da presentarsi, relativamente ad ogni annualità, in via cumulativa), nonché degli ulteriori obblighi individuati dalla normativa locale integrativa. Alla violazione di suddetti obblighi consegue, come specificato dalla norma, la comminazione di sanzioni amministrative tributarie – escludendosi così la rilevanza della condotta sul piano penale (sulla complessa questione dell’abrogatio criminis intervenuta nei confronti del gestore della struttura, e della portata retroattiva della stessa, v., ex multis: DI SIENA, Divagazioni sullo “status” del gestore della struttura ricettiva ai fini dell’imposta di soggiorno a margine della recente giurisprudenza penale scaturente dal Decreto Rilancio, in Riv. dir. trib., 1, III, 2022, p. 1 ss.; FAGGIOLI, BRICCHETTI, L'albergatore è responsabile dell'imposta di soggiorno dovuta dal cliente, in IUS Pen., 15 giugno 2022; GAMBARDELLA, Il “peculato dell'albergatore”: una depenalizzazione che non retroagisce?, in Cass. pen., 1, 2021, p. 187 ss.; SELICATO, Verso la depenalizzazione dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno?, cit.).

Per le fattispecie, quale quella del caso concreto, che concernono il pagamento dell’imposta relativamente a soggiorni avvenuti nel quadro di un rapporto di c.d. “locazione breve” (come tale devono intendersi, come chiarito dall’art. 4 c. 1 del D.L. n. 50/2017, quei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata  non superiore  a  30  giorni,  quand’anche il rapporto contrattuale preveda l’espletamento di taluni servizi accessori quali servizi di fornitura di biancheria e di  pulizia  dei locali, stipulati da persone fisiche, operanti al di fuori  dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o per il tramite di soggetti intermediari, tra cui anche i soggetti gestori di piattaforme telematiche), la normativa applicabile deve integrarsi, tuttavia, anche col disposto di cui all’art. 4 c. 5-ter del D.L. n. 50/2017. Come noto, il testo legislativo pone, a carico degli intermediari che intervengano nei rapporti di locazione breve, svariati obblighi di “collaborazione”: trattasi della trasmissione dei dati relativi ai contratti conclusi per il loro tramite e dell’effettuazione di una ritenuta a titolo d’acconto, in qualità di sostituti d’imposta, sui canoni o corrispettivi che abbiano incassato o nel pagamento dei quali siano intervenuti (nonché dell’obbligo strumentale, per i soggetti non residenti e privi di una stabile organizzazione nel territorio dell’Unione, di nomina di un rappresentante fiscale).

Ebbene, la norma prevedeva – e prevede – un ulteriore e specifico obbligo, relativo all’assolvimento dell’imposta di soggiorno, in capo a tutti i soggetti – ivi compresi dunque gli intermediari, nonché piattaforme telematiche – che abbiano incassato o siano intervenuti nell’incasso dei corrispettivi: ex art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, tali soggetti sono da ritenere responsabili del pagamento dell’imposta di soggiorno – nonché del contributo di soggiorno -, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi; gli stessi sono gravati anche dell’obbligo di presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalle fonti locali.

Similmente, le normative locali – nel caso di specie, trattasi della L.r. del Piemonte n. 13/2017, art. 5 c. 5 lett. d) e c. 7, e del Regolamento del Comune di Torino n. 349/2012, art. 5 –, per le fattispecie di locazione breve (inquadrate nella normativa locale come “locazioni turistiche”) affiancano, ai fini della riscossione e riversamento dell’imposta di soggiorno, alla responsabilità del proprietario/gestore della struttura ricettiva quella del soggetto, eventualmente diverso – e anche gestore di portali telematici –, che incassi i canoni o i corrispettivi, il quale, specificano le disposizioni, assolve agli adempimenti fiscali vigenti attraverso le modalità convenute con i rispettivi enti comunali di competenza.

4. Venendo al contenuto della decisione in commento, i Giudici ermellini nell’ordinanza de qua accolgono il ricorso del Comune, condividendone gli assunti e cassando la sentenza impugnata, con contestuale rimessione al Giudice di merito.

Nella parte motiva, a sostegno della propria decisione, la Corte rileva come le norme applicabili in materia d’imposta di soggiorno (individuate nell’art. 4 c. 1-ter D.Lgs. n. 23/2011, e nella normativa regionale e comunale di attuazione) facciano tutte riferimento al gestore/proprietario della struttura quale soggetto responsabile d’imposta. La Corte fa sì notare che, in esclusivo ambito di locazioni turistiche – quale è, lo si ricorda, quella del caso di specie –, la legge regionale prevede la possibilità che anche i gestori dei portali telematici che mettono in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità abitative da locare possano assolvere agli adempimenti fiscali vigenti in materia di imposta di soggiorno, qualora abbiano incassato i canoni o corrispettivi di locazione e nelle modalità eventualmente convenute con gli enti comunali di competenza, ma ritiene che la suddetta disposizione non sia applicabile al caso di specie. E ciò, spiega la Corte, in considerazione di quelle stesse ragioni, spese dal Comune nel proprio motivo di ricorso, che la stessa ritiene pienamente condivisibili: non potrebbe applicarsi la normativa richiamata, vigente per le locazioni turistiche, mancando nella fattispecie concreta un’apposita convenzione, stipulata tra l’ente comunale di competenza e la piattaforma telematica, che regoli le modalità di adempimento da parte di quest’ultima degli obblighi fiscali relativi all’imposta; ci si troverebbe, del resto, qui nel caso – diverso, a opinione della Corte, da quello contemplato dalla normativa riferita alle locazioni turistiche – “del gestore di una struttura ricettiva che si avvale di un portale telematico per gestire le prenotazioni e che non può ritenersi esonerato dall’obbligo di provvedere al pagamento dell’imposta di soggiorno anche se il pagamento da parte dei clienti avviene mediante il suddetto portale che incassa il corrispettivo e successivamente lo riversa al gestore”, difettando così il presupposto applicativo individuato dalla norma (l’incasso dei canoni) in capo al gestore della piattaforma, che percepisce i canoni in via meramente provvisoria e in funzione di garanzia, procedendo al termine del soggiorno al riversamento degli stessi al gestore della struttura, effettivo destinatario dei proventi, e dunque unico soggetto che incassi realmente le relative somme. Ad ogni modo, considera infine la Corte, nel caso di specie dovrebbe rilevare il fatto che il gestore della struttura rappresenta l’unico soggetto in grado di constatare l’insorgenza del presupposto dell’imposta (l’effettivo soggiorno dell’ospite nella struttura); di provvedere all’adempimento dichiarativo con la dichiarazione periodica e cumulativa richiesta dalla legge (non potendosi chiedere al gestore della piattaforma telematica, in difetto di un rapporto di esclusiva con la struttura ricettiva, di procedere alla compilazione della stessa, potendo ben darsi che tale soggetto non abbia a disposizione i dati relativi a tutti gli ospiti che abbiano soggiornato nella struttura in un dato periodo); di riscuotere infine, e conseguentemente, l’imposta, che, anche nel caso di specie, avrebbe dovuto essere versata, alla fine del soggiorno, direttamente nelle mani del gestore della struttura, unico soggetto dal quale si possa dunque esigere il riversamento della stessa in qualità di responsabile, coerentemente alla natura e al presupposto applicativo dell’imposta stessa.

Per tutte queste ragioni, unitariamente considerate, l’organo giudicante giungeva così alla conclusione di non potersi sostituire, nonostante l’intervento della piattaforma telematica nel rapporto di locazione breve (la cui responsabilità parrebbe comunque essere esclusa dalla Corte), la responsabilità del gestore della struttura, soggetto da ritenersi sempre obbligato e, dunque, correttamente destinatario delle ordinanze di ingiunzione contenenti la contestazione del mancato assolvimento degli obblighi di registrazione, di comunicazione dati, e di mancata riscossione dell’imposta di soggiorno.

5. Ebbene, se anche, nel caso di specie, si possa in parte comprendere – come si argomenterà nel proseguo - perché la Corte abbia attribuito, ai fini dell’imposta di soggiorno, la responsabilità al gestore/proprietario della struttura, si ritiene che la decisione sia stata presa per il tramite di una condivisione degli assunti del Comune resistente svolta – lo si consenta – in maniera alquanto acritica, giungendo così ad elaborare un iter logico-argomentativo in cui si rinvengono passaggi connotati da una certa problematicità.

I Giudici di legittimità, nell’assumere la loro determinazione, come supra esposto, da una parte considerano il portato della normativa locale ma ne escludono l’applicazione per il caso di specie, ritenendo che ne difetti il presupposto, non essendo propriamente integrato il requisito “dell’incasso” da parte della piattaforma telematica; dall’altra, omettono però completamente di confrontarsi con l’altra norma, di rango nazionale, rilevante per il caso di specie: l’art. 4 c. 5-ter del D.L. n. 50/2017, che disciplina la responsabilità ai fini dell’imposta di soggiorno nelle fattispecie di locazione breve e che avrebbe dovuto applicarsi al caso concreto, coordinandosi al disposto di cui all’art. 4 c. 1-ter del D.Lgs. n. 23/2011.

Un serio confronto con l’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, invero, sarebbe stato doveroso, ingenerando l’interpretazione del testo della norma non poche perplessità in merito alla compatibilità della stessa con la soluzione – responsabilità esclusiva, ai fini dell’imposta di soggiorno, del gestore della struttura ricettiva – individuata dalla Corte, la quale certamente avrebbe necessitato di essere supportata da un più solido substrato motivazionale.

In primo luogo, la Corte avrebbe dovuto chiarire se abbia ritenuto che le norme che disciplinano la responsabilità della piattaforma telematica nelle fattispecie di locazione turistica/locazione breve non siano applicabili al caso di specie in mancanza dell’avvenuta stipula di convenzione tra piattaforma ed ente comunale di competenza. Invero, se anche le normative locali potrebbero essere interpretate nel senso di prevedere una responsabilità della piattaforma meramente eventuale, subordinata alla facoltativa stipula di apposite convenzioni, difficilmente in tal senso potrebbe essere interpretata la normativa nazionale di cui all’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, la quale non fa alcun rinvio alle suddette convenzioni, ma individua piuttosto una norma cogente nei confronti di tutti i soggetti – comprese le piattaforme telematiche – che incassino o intervengano nel pagamento dei corrispettivi, la cui vincolatività non può ritenersi incisa dalle normative locali per il tramite di un mero rinvio, ai fini dell’individuazione delle concrete modalità di espletazione degli adempimenti fiscali già individuati dalla legge, alla stipula di convenzioni con gli enti locali. Se la Corte (come, seppur con toni assai sfumati, parrebbe invece suggerire) avesse inteso statuire che l’inerzia, da parte delle piattaforme e degli enti locali, nella stipula delle suddette convenzioni possa escludere in radice l’applicabilità del regime di responsabilità di cui all’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, avrebbe dovuto dichiararlo espressamente, argomentando con attenzione sul punto.

Ad ogni modo, se anche l’assenza delle convenzioni non fosse stata ritenuta ostativa all’applicazione della normativa in materia di locazioni turistiche, ad opinione dei Giudici – e questo, la Corte, lo chiarisce inequivocabilmente – le relative disposizioni non sarebbero state comunque applicabili al caso di specie, difettandone il presupposto. Anche questa affermazione, se raffrontata con l’esegesi del combinato disposto, si rivela assai problematica.  

A parere della Corte, il fatto che la piattaforma telematica abbia incassato i canoni di locazione in via meramente provvisoria, riversandoli poi al gestore/proprietario della struttura, beneficiario finale degli stessi, farebbe sì che di “incasso” da parte della piattaforma – il presupposto applicativo atto a far sorgere in capo ad essa la responsabilità di versamento dell’imposta di soggiorno - non si possa propriamente parlare. Tuttavia, si ritiene che tale interpretazione non sia condivisibile. In primo luogo, la stessa non trova supporto neanche nel testo della normativa locale, la quale non fa riferimento a nozioni di definitività dell’incasso o di beneficiario dello stesso; in secondo luogo, interpretare così restrittivamente la nozione di “incasso” non è coerente neanche con la ratio delle disposizioni, le quali, evidentemente, intendono ricollegare alla disponibilità – anche temporanea – delle somme l’attribuzione della responsabilità ad un soggetto chiamato a partecipare al rapporto fiscale in funzione di garanzia per il fisco, senza che l’eventuale riversamento dei canoni al locatore, successivo allo scomputo dell’imposta dovuta, vada a incidere in alcun modo sulla ratio dell’attribuzione del ruolo di responsabile. Si consideri anche, infine, che richiedere un connotato di definitività all’incasso ai fini dell’applicazione della norma vorrebbe dire, sostanzialmente, vanificarne totalmente l’applicazione con riguardo ai gestori di piattaforme telematiche, i quali difficilmente potranno mai incassare a titolo definitivo i proventi di locazione, dei quali il beneficiario finale sarà sempre, logicamente, il diverso soggetto locatore.

L’interpretazione restrittiva portata avanti dalla Corte è poi ancora più problematica se confrontata col disposto della norma nazionale, che, a differenza della normativa locale (la quale, invero, opera un rinvio alquanto impreciso alla stessa), in ambito di locazioni brevi statuisce chiaramente che la responsabilità di pagamento dell’imposta di soggiorno sorge non solo in capo al soggetto “che incassa il canone o il corrispettivo”, ma anche in capo a quello che “interviene nel pagamento degli stessi”. Ebbene, è indubbio che, nel caso di specie, la piattaforma, incassando i corrispettivi – seppur poi riversati -, sia quantomeno intervenuta nel pagamento degli stessi, integrando il presupposto applicativo della norma a prescindere da qualsivoglia valutazione in merito alla definitività dell’incasso.

6. Così evidenziate le criticità che, fin qui, interessano la scelta interpretativa operata in pronuncia, deve ora farsi un passo ulteriore.

La Corte, difatti, alla suddetta conclusione (difetto del requisito applicativo della norma – l’incasso dei canoni - che avrebbe potuto far sorgere responsabilità in capo al gestore della piattaforma telematica) ne affianca anche una di natura completamente diversa, espressa dalla considerazione secondo la quale questione dirimente, per stabilire se nel caso di specie la responsabilità sia da attribuire al gestore/proprietario della struttura o alla piattaforma telematica, non sia tanto la configurabilità dell’incasso dei canoni di locazione, quanto piuttosto la posizione di prossimità in cui solo il gestore/proprietario della struttura viene a trovarsi, tramite cui poter verificare il sorgere del presupposto applicativo della stessa imposta – l’effettivo pernottamento nella struttura –; riscuotere, conseguentemente, le somme corrispondenti all’ammontare d’imposta dovuto; adempiere infine all’ulteriore obbligo dichiarativo in via periodica e cumulativa.

Rileva la Corte che, in questo senso, l’attribuzione della responsabilità al soggetto gestore/proprietario della struttura – la cui responsabilità non può essere esclusa o sostituita da quella del gestore della piattaforma telematica – rappresenta l’unica scelta coerente con la ratio e il presupposto dell’imposta di soggiorno, la quale sorge in considerazione del maggior aggravio che i flussi turistici comportano, per la realtà municipale, sulla gestione del territorio, sulla preservazione dell’ambiente e dei beni comuni e sull’espletamento dei servizi pubblici locali, e la quale dunque necessariamente richiede, per l’applicazione della stessa, che vi sia effettivamente un soggiorno in una struttura, non risultandone altrimenti integrato, nel caso di una prenotazione cui poi non consegua la materiale presenza dell’ospite, il presupposto impositivo. L’unico soggetto che, pertanto, sia in grado di constatare in loco la sussistenza del presupposto impositivo – l’effettivo soggiorno dell’ospite – e di riscuotere l’imposta dovuta sarebbe il proprietario/gestore della struttura, non potendosi rinvenire, in capo alla piattaforma telematica, analoga posizione di prossimità.

Si ritiene che le osservazioni della Corte siano in parte condivisibili; certamente apprezzabile è l’espressione di una sensibilità giuridica che non tralasci, nella ricostruzione del meccanismo di responsabilità ai fini dell’imposta di soggiorno, considerazioni relative alla natura dell’imposta e alla necessaria coerenza al presupposto che deve imperniarne l’intera disciplina.  

Imprescindibile rimane, tuttavia, il confronto con la lettera della legge. Rappresenta un dato oggettivo che la norma applicabile alle locazioni brevi – tanto quella nazionale, quanto quella locale – ai fini del sorgere della responsabilità d’imposta parli di “incasso del canone o del corrispettivo”. Se anche, dunque, il gestore/proprietario della struttura venga individuato, dall’art. 4 c. 1-ter D.Lgs. n. 23/2011 e dalla normativa locale di attuazione, come responsabile d’imposta in quanto tale, non può trascurarsi che per le locazioni brevi l’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017 ricolleghi all’incasso dei canoni il sorgere – in capo a qualsiasi soggetto, ivi compreso tanto il gestore della struttura, quanto il gestore della piattaforma telematica - della responsabilità di versamento dell’imposta di soggiorno. La soluzione individuata dalla Corte avrebbe dunque dovuto essere attentamente confrontata con il combinato disposto, e con le opzioni interpretative offerte dallo stesso.

Al riguardo si osservi, in primo luogo, che la necessità, avvertita dalla Corte di Cassazione, di affermare che la responsabilità del gestore della struttura, considerata la sua posizione di prossimità, non possa essere sostituita da quella dell’intermediario, non è aprioristicamente incompatibile con il riconoscimento di una responsabilità, conseguente all’applicazione dell’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, anche in capo alla piattaforma telematica: ben potrebbe, in astratto, prospettarsi una responsabilità in solido di entrambi i soggetti, l’uno – il gestore della struttura – gravato in quanto tale ex art. 4 c. 1-ter D.Lgs. n. 23/2011; l’altro – il gestore della piattaforma – gravato solo qualora incassi, o intervenga nel pagamento dei corrispettivi, ex art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017. Si consideri tuttavia che tale opzione interpretativa presenta un importante profilo di criticità: difettando il raccordo tra le due disposizioni attributive di responsabilità, le norme non dettano alcuna disciplina riguardo l’azione di regresso tra i due responsabili d’imposta. Di talché, qualora il pagamento venisse richiesto a quel responsabile d’imposta, tra i due individuati dal legislatore, che non abbia potuto incassare l’imposta di soggiorno, avendo all’incasso della stessa provveduto, tramite rivalsa sul soggetto passivo, l’altro soggetto responsabile, il responsabile escusso resterebbe gravato dal tributo senza poter, in assenza di espressa previsione legislativa, esercitare azione di regresso – per l’intero ammontare d’imposta versata – nei confronti dell’altro responsabile coobbligato in solido che abbia, invece, incassato le relative somme, fruendo di un’ingiustificata locupletazione del proprio patrimonio. Siffatto schema applicativo di responsabilità solidale risulterebbe, evidentemente, irragionevole, e suscettibile di censure di legittimità costituzionale.  

Non vi è comunque, in dottrina, chi non abbia ipotizzato una diversa tesi interpretativa: quella secondo la quale, in ambito di locazioni brevi, possa ritenersi applicabile come norma speciale la sola disposizione di cui all’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, cosicché, qualora sia un soggetto diverso dal gestore della struttura a procedere all’incasso, sarà questi, realizzando il presupposto applicativo della suddetta norma, a rappresentare il soggetto responsabile ai fini del pagamento dell’imposta di soggiorno (cfr. sul punto anche BERETTA, opp. citt.).

Sarebbe dunque parso opportuno che la Corte, svolgendo un’operazione di raccordo tra le due norme attributive di responsabilità, si fosse confrontata, in prima battuta, con le opzioni interpretative scaturenti dal combinato disposto: l’una – la responsabilità solidale dei due soggetti – connotata, per come attualmente formulate le disposizioni vigenti, da profili di irragionevolezza; l’altra – la responsabilità esclusiva del gestore della piattaforma, qualora intervenuto nell’incasso – più lineare ma in contrasto con la necessità, avvertita dai Giudici di legittimità, di non estromettere il gestore della struttura, legato alla fattispecie impositiva da un ruolo di prossimità, dal ruolo di responsabile d’imposta.

La Corte, invece, pare scartare aprioristicamente tali opzioni interpretative, propugnando una terza via – quella della responsabilità esclusiva e indefettibile del gestore della struttura ricettiva – che si risolve, sostanzialmente, in un’interpretatio abrogans della responsabilità dell’intermediario attribuita dall’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017.

Non solo. A tale risoluzione la Corte affianca la scelta di valorizzare, quale elemento idoneo a far sorgere la responsabilità, non tanto l’avvenuto incasso del canone di locazione, quanto piuttosto l’incasso dell’imposta di soggiorno. Tale interpretazione, che risulta, evidentemente, in disaccordo rispetto al disposto letterale dell’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017 e della normativa locale di attuazione, viene sviluppata dai Giudici di legittimità in assenza di un serio tentativo di raccordo con la lettera della norma.

Si conviene con il fatto che pare più coerente – uti supra – con il presupposto dell’imposta di soggiorno, nonché con i meccanismi che sorreggono l’istituto del responsabile d’imposta, ancorare il sorgere della responsabilità ai fini del pagamento dell’imposta stessa alla posizione del gestore della struttura, il quale, una volta constatata la ricorrenza del presupposto impositivo, abbia poi la materiale disponibilità delle somme corrispondenti all’imposta dovuta, di talché il soggetto responsabile sia sì chiamato a partecipare al rapporto fiscale – in funzione di garante dell’interesse erariale – pur rimanendo estraneo alla realizzazione del presupposto, ma venga anche tutelato dal rischio di rimanere inciso lui stesso dal prelievo, essendo non solo dotato dello strumento della rivalsa – la quale, se successiva, potrebbe rappresentare rimedio comunque ineffettivo –,  ma anche tutelato da quella situazione di fatto in cui viene a trovarsi, cui ricollegare il sorgere della responsabilità stessa, ove egli ha la preventiva disponibilità dell’imposta dovuta, oltre che dei canoni; ciò in piena rispondenza, e a massima valorizzazione, del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.

In questa prospettiva, è vero che il richiamo, operato dall’art. 4 c. 5-ter D.L. n. 50/2017, alla riscossione dei canoni, e non dell’imposta, pare difficilmente comprensibile, ponendosi in frizione con le esigenze sottese all’applicazione degli istituti sostanziali interessati; forse, si potrebbe ipotizzare, frutto di una svista del legislatore, che abbia ripreso la formulazione utilizzata, ai commi precedenti dello stesso articolo, per individuare i sostituti d’imposta obbligati all’effettuazione della ritenuta sui redditi da locazione, non avvedendosi del fatto che la formulazione utilizzata in quella sede (l’incasso dei canoni), evidentemente coerente con  l’attribuzione dell’obbligo di operare la ritenuta sui redditi da locazione, mal si attaglia al diverso caso in cui sulla base di quello stesso presupposto si debba individuare il soggetto responsabile ai fini del pagamento dell’imposta di soggiorno.

Qualora, tuttavia, la Corte avesse inteso riportare a coerenza interna il sistema, avvertendo uno scollamento tra disciplina e presupposto dell’imposta, avrebbe comunque dovuto, evidentemente, confrontarsi con la norma, potendo forse tentare – ma con solide argomentazioni –  di propugnare un’interpretazione tramite la quale, privilegiando massimamente il criterio interpretativo teleologico e sistematico, potesse ricondursi la dicitura “canoni o corrispettivi” a espressione da riferirsi in realtà a quella parte delle somme globalmente corrisposte dall’ospite soggiornante corrispondente al solo importo dovuto a titolo di imposta di soggiorno. Tale operazione interpretativa, tuttavia, come è evidente, non è affatto scontata, e anzi ben si presta alla critica di essere interpretazione difforme dalla lettera – imprescindibile – della norma.

Ad ogni modo, quand’anche la Corte si fosse scontrata con l’impossibilità di ricavare dalla norma applicabile una soluzione coerente con la struttura e la ratio dell’imposta, alla stessa sarebbe pur sempre residuata la possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di legge nella parte in cui, non ricollegando la responsabilità di pagamento dell’imposta di soggiorno all’incasso dell’imposta stessa, e non inferendo la responsabilità indefettibile del gestore della struttura ricettiva quale soggetto avvinto alla fattispecie da un vincolo di prossimità, risultano non coerenti con il presupposto impositivo e lo schema applicativo del tributo, e, pertanto, prive di ragionevolezza.

Diversamente, la Corte si avventura nell’ideazione di una soluzione inedita, scollata dal combinato disposto legislativo e, priva di una solida argomentazione motivazionale, non passibile di essere riutilizzata nella decisione di casi futuri. Invero, a tale ultimo riguardo, si consideri che, nella pronuncia in commento, i criteri utilizzati per giungere alla soluzione vengono posti su di un piano equiordinato, pur essendo alcuni tra loro persino confliggenti; se la Corte avesse invece, con maggiore rigore metodologico, selezionato un criterio quale elemento dirimente ai fini del riparto di responsabilità in materia di imposta di soggiorno, la decisione avrebbe potuto fungere da guida interpretativa nella risoluzione dei dubbi ermeneutici che permangono, e che facilmente potranno ripresentarsi in fattispecie analoghe; si pensi, a titolo di esempio, alla situazione in cui, stipulata – come spesso accade – una convenzione tra piattaforma telematica e Comune, sia la piattaforma stessa ad incassare dall’ospite e poi riversare l’imposta di soggiorno: in tal caso, quale criterio dovrebbe applicarsi? Dovrebbe ritenersi responsabile la piattaforma che ha incassato non solo il canone, ma anche l’imposta? Dovrebbe comunque ritenersi esclusivamente responsabile il gestore, dovendosi escludere, come parrebbe suggerire la Corte, la responsabilità della piattaforma, che non si trova nel ruolo di prossimità ricoperto dal gestore/proprietario della struttura, la cui posizione è dunque insostituibile? La responsabilità del gestore della struttura e della piattaforma dovrebbe ritenersi solidale – con il permanere, però, dei profili di irragionevolezza di cui sopra –? Oppure, nell’impossibilità di ricondurre la norma nell’alveo di un’interpretazione coerente con la struttura dell’imposta, la normativa dovrebbe ritenersi viziata da incostituzionalità, da sottoporre pertanto al vaglio della Consulta?  Questi interrogativi, che pure, tangenti alle questioni giuridiche sottese, la Corte avrebbe potuto affrontare, sono destinati a rimanere privi di risposta.

7. In conclusione, pur condividendosi le istanze espresse dalla Corte di Cassazione nella pronuncia de qua, nel senso di doversi delineare una disciplina della responsabilità ai fini dell’imposta di soggiorno che sia, in tutti i suoi aspetti, coerente con il presupposto impositivo e con gli istituti generali del diritto tributario sostanziale sottesi, si ritiene che la soluzione individuata poggi su di un iter logico-argomentativo in alcuni punti lacunoso, non sostenuto da un attento, e necessitato, confronto con un complesso normativo che permane a tratti ambiguo, nonché foriero di notevoli criticità interpretative. Di talché, a parere di chi scrive, deve essere notevolmente ridimensionata la portata dirompente e risolutiva che si sarebbe potuta diversamente attribuire alla pronuncia, la quale, in parte carente di solidità motivazionale, mal si presta ad assolvere pienamente alla sua funzione nomofilattica, e solo apparentemente riesce a fare chiarezza sulla disciplina applicabile.

Un’occasione mancata, dunque, per ricondurre a ordine e coerenza un sistema normativo complesso, dissipando le molte zone d’ombra che, si ritiene, tutt’oggi residuino, nelle fattispecie di locazione breve, in tema di riparto di responsabilità di pagamento dell’imposta di soggiorno.