argomento: Profili europei e Internazionali -
Giurisprudenza
La Corte di Giustizia, superando un proprio precedente, ammette che in presenza di certe condizioni il contribuente interessato da una procedura di scambio di informazioni possa avere accesso agli elementi essenziali della richiesta e contestarne la sussistenza di fronte ad un tribunale. Si tratta di un’apertura importante in un contesto, quello della cooperazione internazionale, finora dominato da un atteggiamento di tutela delle relazioni diplomatiche tra Stati. L’attenzione per i diritti del contribuente, tuttavia, deve adesso essere meglio delineata in relazione al nuovo standard internazionale di scambio automatico di informazioni.
PAROLE CHIAVE: scambio di informazioni -
Corte di giustizia -
diritti del contribuente -
tutela giurisdizionale -
scambio automatico
di Stefano Dorigo
Con la sentenza depositata il 16 maggio 2017 nel caso Berlioz (C-682/15), la Grande Sezione della Corte di giustizia ha delineato i diritti che, ai sensi del diritto dell’Unione ed in particolare della Carta dei diritti fondamentali, un contribuente può esercitare nel contesto di procedure di scambio di informazioni. La pronuncia era molto attesa, soprattutto perché ci si interrogava sul modo con cui la Corte avrebbe risolto le questioni che le erano sottoposte in presenza di un precedente piuttosto restrittivo come il caso Sabou (C-276/12).
- La questione riguardava un fondo di investimento del Lussemburgo, al quale le autorità fiscali lussemburghesi –sulla base di una richiesta di informazioni provenienti dalla Francia– avevano imposto di fornire una serie di indicazioni al fine di consentire a queste ultime di verificare la corretta applicazione della normativa europea concernente la tassazione dei dividendi tra società madri e società figlie. A fronte del rifiuto della Berlioz (questo il nome del fondo) di fornire parte delle informazioni dal momento che le reputava non “prevedibilmente rilevanti” ai fini della soluzione della questione da parte delle autorità richiedenti, erano state imposte sanzioni, previste dalla legislazione lussemburghese. Impugnato il relativo provvedimento, le corti locali avevano dichiarato di potersi pronunciare solo sul quantum della sanzione (in effetti ridimensionata rispetto all’originaria pretesa) ma non sulla legittimità della richiesta di scambio di informazioni dalla Francia al Lussemburgo che stava alla base dell’irrogazione delle stesse.
- La Corte di giustizia veniva, quindi, investita di una serie di questioni pregiudiziali: per quanto più di interesse, se potesse ravvisarsi una violazione dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, che prescrive il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, nel caso di specie nel quale l’ordinamento del Lussemburgo non consentiva al contribuente di sottoporre ad un giudice la questione della legittimità della procedura di scambio di informazioni a monte della procedura sanzionatoria nazionale; e se, nel caso in cui venisse riconosciuta tale violazione, se il contribuente avesse il diritto a prendere conoscenza, nel corso del giudizio domestico, dei documenti oggetto dello scambio di informazioni tra gli Stati.
- Quanto al primo profilo, la Corte –pur dando atto che la procedura di scambio di informazioni si svolge tra Stati– ha ribadito l’importanza che anche in questo contesto siano rispettati “i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione”, tra cui quello sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. Di conseguenza, il diritto dell’Unione impone a ciascuno Stato di consentire al contribuente, nel momento in cui contesta dinanzi all’autorità giudiziaria la legittimità di una decisione che gli infligge una sanzione, di far valere gli eventuali vizi della domanda di assistenza amministrativa internazionale da cui è scaturita la richiesta di fornire documenti e quindi la sanzione a seguito del parziale rifiuto.
- Il principio enunciato dalla Grande Sezione è significativo, dal momento che riconosce come un soggetto che sia in qualche modo coinvolto in una vicenda concernente una procedura di scambio di informazioni ha diritto a vedere tutelata la propria posizione soggettiva, a prescindere dal fatto che tale procedura avvenga tra le autorità fiscali di due Stati. Viene, dunque, ridimensionata la posizione restrittiva in precedenza manifestata dalla Corte in Sabou; e ciò sulla base della considerazione che, nel momento in cui lo scambio di informazioni si traduce in un atto interno lesivo della sfera giuridica del contribuente, allora la tutela dell’art. 47 deve essere ammessa con pienezza.
- A ben guardare, il superamento della giurisprudenza Sabou è solo parziale. La Corte sembra, infatti, ribadire che finché dura il procedimento amministrativo di scambio vero e proprio tra gli Stati, un diritto di intervento del contribuente non si pone; piuttosto, esso si manifesta laddove siffatto procedimento lasci la sfera esclusivamente statale per intromettersi in quella individuale. Nel caso di specie, ciò ha riguardato un soggetto terzo rispetto al contribuente francese coinvolto nelle indagini fiscali, ovvero il soggetto detentore in Lussemburgo delle informazioni oggetto di scambio; nel caso, più frequente, in cui le autorità richieste possano reperire le informazioni necessarie senza ricorrere a soggetti terzi, si può supporre che il contribuente non venga coinvolto e possa, semmai, avere tutela in un momento successivo, nel quale lo Stato richiedente utilizza le informazioni ricevute per formare e notificare un atto di accertamento nei suoi confronti.
- L’impressione di timidezza nell’approccio della sentenza Berlioz non deve tuttavia trarre in inganno. E ciò non solo perché comunque, per la prima volta, un diritto di intervento (e di sindacato giurisdizionale) nel contesto di una procedura di scambio di informazioni è stato comunque riconosciuto in base ai diritti fondamentali della Carta. Vi è infatti un altro motivo di interesse dell’approccio seguito dalla Corte di giustizia.
- Al fine di garantire l’effettività del diritto enunciato, essa ha infatti risposto alla seconda questione sopra ricordata riconoscendo, seppure ancora una volta solo in forma parziale, il diritto del contribuente di avere accesso alla documentazione oggetto della procedura di cooperazione internazionale tra gli Stati. Dato atto che il giudice nazionale, per poter proficuamente svolgere le proprie funzioni, deve avere accesso “alla richiesta di informazioni rivolta dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interessato”, la Corte si è quindi interrogata sulla possibilità che il contribuente, attore in tale procedimento giudiziario, possa avere piena cognizione di tali documenti.
- Sul punto, pur con un atteggiamento di cautela che può spiegarsi con la novità della soluzione offerta, la Grande Sezione ha sì affermato l’importanza di tutelare la segretezza di tale documentazione, ma ha anche evidenziato l’esigenza di non alterare il “principio della parità delle armi, che è un corollario della stessa nozione di equo processo”. Si profila dunque, secondo un approccio tipico della Corte di giustizia che richiama la “proporzionalità” dell’interpretazione propria della Corte EDU, un bilanciamento tra le due opposte esigenze, nella considerazione che –contrariamente a quanto spesso ritenuto dalla giurisprudenza nazionale (in particolare, con riguardo al diniego di accesso ai documenti scambiati tra Italia e Francia in relazione alla c.d. lista Falciani, cfr. C. St., sez. IV, 9-12-2011, n. 6472) – non si deve giungere ad un esito che sacrifichi completamente l’una a vantaggio dell’altra.
- Al proposito, la Corte di giustizia ha ammesso che, in prima battuta, il contribuente deve avere accesso ad un nucleo minimo di documenti –quelli relativi all’identità del contribuente coinvolto ed al fine fiscale delle informazioni richieste-; tuttavia, laddove le autorità richieste abbiano indirizzato a quelle richiedenti una domanda di fornire dati integrativi, allora il contribuente ha il pieno diritto ad accedervi seppur rispettando il principio di riservatezza.
- In questo passaggio conclusivo si coglie, dunque, appieno la rilevanza della pronuncia in commento, la quale supera di netto i limiti della precedente sentenza Sabou e afferma che il contribuente può legittimamente accedere, almeno in parte, al fascicolo della procedura di scambio di informazioni, senza che possano essergli opposte ragioni attinenti alla tutela dei rapporti diplomatici tra gli Stati.
- Si conferma, quindi, un atteggiamento di crescente attenzione della Corte di giustizia per i diritti fondamentali del contribuente, ad ogni livello; ciò che è apprezzabile in sé ed ancor più in un contesto più generalizzato, di cui è espressione tra l’altro la nuova direttiva sugli strumenti di risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione (approvata dal Consiglio lo scorso 23 maggio) che riconosce al contribuente ampi diritti di intervento e informativa nell’ambito delle procedure europee a tal fine previste.
- Naturalmente, anche in questo campo il diffondersi dello scambio automatico di informazioni costituisce una sfida piuttosto aspra, apparendo urgente l’esigenza di adattare i principi sin qui enunciati anche a tale strumento che più difficilmente si presta ad un controllo in itinere sul suo svolgimento.