Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

08/07/2024 - POST: Il Carbon Border Adjustment Mechanism č entrato in vigore

argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi

Il Carbon Border Adjustment Mechanism comporta l’applicazione di un prezzo per le emissioni inquinanti incorporate in alcuni prodotti industriali, con una ratio complementare al sistema di scambio delle quote di emissione (EU ETS). Il Regolamento prevede una prima fase transitoria di mero monitoraggio, dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025, in cui il prelievo non sarà effettuato sulle merci importate, ma saranno semplicemente acquisite informazioni sulle quantità dei prodotti in entrata soggetti al CBAM, compresa la valutazione delle emissioni incorporate; seguirà una seconda fase definitiva, dal 1° gennaio 2026, allorché il meccanismo entrerà in funzione integralmente, con piena applicazione del prelievo, degli adempimenti informativi, dichiarativi ecc. Si tratta di capire se al di là dell’impatto sul piano delle politiche ambientali e commerciali emerge una connotazione fiscale del prelievo, e quale possa essere la tipologia ed il regime giuridico di un siffatto tributo.   "Progetto di ricerca Prin PNRR “Fiscalità e finanza pubblica nella transizione verso uno sviluppo economico sostenibile” finanziato con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Programma finanziato dall’Unione Europea. NextGenerationEU, PRIN PNRR 2022 Prog. n. P20229KAX2."

PAROLE CHIAVE: risorse proprie UE - Carbon Border Adjustment Mechanism - sistema doganale - tributi ambientali


di Lorenzo Del Federico

Il Carbon Border Adjustment Mechanism è entrato in vigore, smentendo lo scetticismo dei molti critici. La nuova entrata, destinata al bilancio dell’Unione e basata su un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, è stata introdotta dal Regolamento (UE).

La misura rappresenta un elemento essenziale del “Green Deal europeo”, in cui si colloca l’insieme di proposte “Fit for 55” che mirano a ridurre, entro il 2030, le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 ed a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (v. in merito: MONTEDURO, Cambiamenti climatici e politiche fiscali: impatti sociali ed effetti economici del pacchetto europeo “fit for 55”, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2021, p. 447 ss.; MAJOCCHI, Carbon Pricing e politica climatica dell’Unione Europea, ivi, 2022, p. 3 ss.).

Si tratta di un meccanismo finalizzato a garantire che gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas serra in ambito Unionale non siano contrastati da un contestuale aumento delle emissioni al di fuori dei confini per le merci prodotte all’estero e poi importate nell’Unione europea.

Il Carbon Border Adjustment Mechanism, c.d. CBAM, comporta infatti l’applicazione di un prezzo per le emissioni incorporate nei prodotti di alcune tipologie di industrie, paragonabile a quello sostenuto dai produttori Unionali nell’ambito del vigente sistema di scambio delle quote di emissione (EU ETS).

Il Regolamento prevede due fasi d’implementazione:

- una prima fase transitoria di mero monitoraggio, dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025, in cui il prelievo non sarà effettuato sulle merci importate, ma saranno semplicemente acquisite informazioni sulle quantità dei prodotti in entrata soggetti al CBAM, compresa la valutazione delle emissioni incorporate;

- una seconda fase definitiva, dal 1° gennaio 2026, allorché il meccanismo entrerà in funzione integralmente, con piena applicazione del prelievo, degli adempimenti informativi, dichiarativi ecc.

La disciplina ed il funzionamento del CBAM risultano di difficile inquadramento sistematico in quanto si tratta di una misura del tutto nuova, ignota rispetto alle esperienze nazionali, di dubbia natura giuridica, ma certamente molto rilevante sul piano delle politiche e delle finanze Unionali.

Ci si propone quindi di individuarne la collocazione sistematica, la natura giudica ed il ruolo finanziario. Compito non agevole, stante l’enfatizzazione del meccanismo nell’ambito delle politiche Unionali e la particolare prudenza seguita dalle Istituzioni in questa prima fase, in cui è risultato evidente il tentativo di offuscarne il quadro giuridico, spingendo verso una dimensione asistematica e politica della misura 2023/956 del 10 maggio 2023 (sui vari profili qui tratteggiati e ripresi v. più ampiamente DEL FEDERICO, Prime riflessioni sui profili tributari del Carbon Border Adjustment Mechanism, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2023, p. 417 ss.).

In tale ottica diventa quindi rilevante la dimensione finanziaria e tributaria del CBAM, che le autorità Unionali tendono a porre in secondo piano ed a sfumare, in ragione del fatto che dopo l’iniziale opzione per la connotazione tributaria, stanti le consuete difficoltà poste dalla regola dell’unanimità in tale settore, la Commissione è giunta ad identificare la base giuridica nell’art. 192 del TFUE, incentrando l’intervento sulle politiche ambientali e non nell’ambito della fiscalità (questione estremamente delicata e complessa, tant’è che la Polonia ha impugnato il Regolamento dinanzi alla Corte di Giustizia UE, chiedendone l’annullamento per violazione della base giuridica di approvazione; secondo il Governo polacco il regolamento CBAM sarebbe qualificabile come normativa fiscale e non ambientale, per cui avrebbe dovuto essere approvato con voto unanime e non con la maggioranza qualificata – Ricorso per annullamento, 8 agosto 2023, Polonia c. Parlamento UE e Consiglio UE; Caso C-512/23, 2023/C 338/19).

Sono quindi comprensibili l’equilibrismo e le ambiguità che hanno caratterizzato i lavori preparatori e l’implementazione del CBAM e che più in generale caratterizzano analoghi interventi (v. per tutti il sistema Unionale ETS), dando corpo a misure ibride e multifunzionali, tendenti ad evitare quanto più possibile la caratterizzazione fiscale.

È comunque innegabile che la dimensione ambientale del CBAM sia estremamente significativa, stante la centralità del principio chi inquina paga (v. il considerando 1, Reg. UE n. 2023/956). Ed invero, il TFUE offre un certo spazio di manovra, in quanto l’art. 192, in tema di politiche ambientali consente di norma la procedura decisionale ordinaria, prevedendo la regola dell’unanimità con procedura legislativa speciale soltanto in determinati casi di particolare rilevanza, tra i quali l’emanazione di disposizioni ambientali “aventi principalmente natura fiscale”. Questa norma del TFUE (e similmente l’art. 194 in tema di politiche energetiche) attribuisce rilievo alla multifunzionalità, ritenendo qualificante la priorità della funzione fiscale ai fini della regola dell’unanimità. Diventa quindi importante individuare l’esatta connotazione funzionale del CBAM che sembra avere principalmente natura ambientale con funzione fiscale concorrente, ma non prioritaria.

Del resto, per quanto riguarda i tributi ambientali, stando al nucleo concettuale delle politiche Unionali, un tributo può rientrare nella categoria dei tributi ambientali in senso stretto, soltanto ove sussista una relazione causale fra l’unità fisica, che determina uno specifico deterioramento ambientale o un danno scientificamente dimostrato e la fattispecie imponibile. Ma la tutela dell’ambiente resta una finalità extrafiscale. Essa si pone come fine, perseguito dal Legislatore, derivante dall’introduzione di un prelievo (che può assumere connotazione e funzione tributaria), tale da determinane un aumento del costo del bene o dell’attività inquinante, ed indurre quindi il consumatore (contribuente) a rivolgersi verso altri beni con minore impatto ambientale (e tributario). In tale ottica, risulta chiaro che l’obiettivo prioritario di un tributo ambientale è ridurre l’inquinamento, sino al punto estremo di eliminarlo, giungendo così ad azzerare il gettito; è quindi chiaro che per i tributi ambientali in senso stretto la funzione ambientale è sempre prioritaria rispetto a quella tributaria.

Ed è in tale quadro teorico che si innesta il CBAM. Questo meccanismo comporta l’applicazione di un prezzo per le emissioni incorporate in alcuni prodotti industriali, paragonabile a quello sostenuto dai produttori Unionali nell’ambito del vigente sistema di scambio delle quote di emissione (Emissions Trading System – ETS).

Sulla base di apposite indagini conoscitive il Parlamento europeo è giunto ad evidenziare che, se le emissioni prodotte all’interno dell’UE sono diminuite negli ultimi anni, viceversa, le emissioni di gas serra aggregate alle importazioni sono in costante crescita; è quindi fondamentale creare le premesse affinché le industrie straniere inizino un processo di decarbonizzazione al pari di quelle europee.

L’ambizione Unionale di orientare il cambiamento delle politiche ambientali dei Paesi terzi risulta espressa sotto diversi profili, tra i quali spicca un complesso sistema di eccezioni all’applicazione del CBAM calibrato sull’atteggiamento tenuto da tali Paesi, finalizzato a premiare le convergenze con l’obiettivo Unionale della decarbonizzazione.

Assumono rilievo, in tale prospettiva, le scelte di esenzione dall’applicazione del CBAM delle importazioni provenienti da Paesi che abbiano concluso con l’Unione accordi che comportino convergenze nel settore dell’energia elettrica, delle fonti energetiche rinnovabili, e più in generale di energia, ambiente e concorrenza; ovvero l’esenzione delle importazioni da Paesi che abbiano presentato alla Commissione UE programmi per l’adozione di misure ad effetti equivalenti rispetto a quelle europee ovvero si siano impegnati a conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Ma, come è stato acutamente evidenziato, v’è di più, in quanto tali eccezioni sono subordinate alla verifica del concreto rispetto degli impegni assunti, “accedendosi per tale via ad un’inusuale dimensione ‘dinamica’ della pretesa sinergia, poiché l’Unione europea disconoscerebbe l’esenzione dal CBAM (così prefigurandone l’impiego in forma di sanzione impropria) allorquando il Paese o territorio terzo, nell’attuare gli impegni assunti, non rispettasse la propria tabella di marcia e non dimostrasse progressi sostanziali verso l’allineamento della legislazione nazionale al diritto dell’Unione in materia di azione per il clima” (su tali profili v. SELICATO, Verso l´adozione di un carbon border adjustment mechanism europeo, in Tax News, 2022, 1, p. 301 ss.).

Al riguardo il Reg. UE n. 2023/956 presta particolare attenzione al profilo delle politiche ambientali, della cooperazione internazionale e del multilateralismo, prevedendo l’istituzione di un forum dei Paesi che dispongono di strumenti di fissazione del prezzo del carbonio o altri strumenti analoghi (c.d. gruppo per il clima), al fine di promuovere l’attuazione di politiche ambientali e preparare il terreno per la fissazione del prezzo del carbonio a livello mondiale (v. i considerando 7, 10 e 72). La partecipazione a questo gruppo per il clima è aperta, volontaria ed orientata a favorire politiche ambientali; in tale contesto, al fine di sostenere gli obiettivi dell’accordo di Parigi e l’adeguamento dei sistemi industriali al quadro normativo del CBAM, l’Unione assicura anche un sostegno finanziario alla mitigazione dei cambiamenti climatici ed agli sforzi dei Paesi terzi per la decarbonizzazione e la trasformazione delle loro industrie manifatturiere.

Orbene si tratta di tentare un inquadramento sistematico del CBAM, evidenziandone le funzioni giuridicamente apprezzabili, a prescindere dalle declamazioni politiche. Si tratta di capire se al di là dell’impatto sul piano delle politiche ambientali e commerciali emerge una connotazione fiscale del prelievo, e quale possa essere la tipologia ed il regime giuridico di un siffatto tributo.

Il prelievo CBAM, presenta particolare interesse ai nostri fini, in quanto nell’attuale dibattito fiscale sulla tassazione dell’economia digitalizzata, sulla dematerializzazione dei modelli di business, sulla catena di creazione del valore ecc., riaccende l’attenzione sulla rilevanza delle frontiere, sui tributi doganali e sui fattori fisici e materiali della fiscalità e del commercio internazionale. Gli studiosi della fiscalità saranno quindi indotti a recuperare tutto il ventaglio delle classiche discussioni sui tributi doganali, alquanto trascurati negli ultimi anni.

La fisionomia del prelievo CBAM non è ancora pienamente delineata; per avere un quadro normativo adeguato si dovrà superare la prima fase transitoria di mero monitoraggio, sperando che il Reg. UE n. 2023/956 superi il vaglio del sindacato della Corte di Giustizia ed eviti le censure dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).

Ovviamente gli Stati interessati tendono a contestare il CBAM come misura dazio, o misura equivalente, che penalizza ingiustamente le loro esportazioni. Russia, Ucraina, Cina, Turchia ed Australia sono tra i Paesi più colpiti e potrebbero scegliere di contestare la misura dinanzi all’OMC. L’Unione ritiene di essere in linea con le regole del commercio internazionale e sottolinea che il CBAM si rivolge ai prodotti e non ai Paesi. Ed in effetti sembra che laddove il CBAM sia configurato senza riduzioni/sconti all’esportazione e non sia discriminatorio tra prodotti Unionali ed extra Unionali, non siano ipotizzabili violazioni della regolazione dell’OMC.

Sul piano funzionale è possibile individuare nel sistema del CBAM una multifunzionalità, analogamente all’ETS; emergono infatti funzioni regolatorie, programmatorie, di politica commerciale, industriale ed ambientale. Tuttavia, rispetto all’ETS, dal meccanismo del CBAM è possibile enucleare e distinguere il prelievo CBAM che esprime una significativa funzione tributaria concorrente con quella ambientale, ma non prioritaria.

In termini strutturali il prelievo CBAM, da tenersi distinto dal complessivo meccanismo del quale esso è parte, si configura come una carbon tax gravante sulle importazioni, avente natura di prestazione patrimoniale imposta caratterizzata dall’attitudine a determinare il concorso alle pubbliche spese, riconducibile quindi all’area dei tributi ambientali, in quanto tali giustificati dal principio chi inquina paga.

Nel dettaglio si tratta di un diritto di confine sui generis, che tuttavia non è ancora dotato di uno specifico regime giuridico, in quanto l’iniziale ed attuale fase transitoria ha consentito all’Unione di porre in secondo piano le tematiche tipiche della fase attuativa dei tributi.

Sul piano delle politiche economiche e del tax design le evidenti analogie e le interconnessioni tra ETS e CBAM esprimono un significativo trend Unionale, riconducibile alle teorie di Ronald Coase ed alle logiche del “market based approach” e del “cap and trade”, di cui si trova eco anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. Ma lungi dal potersi dire risolto (rectius evitato) il problema della fiscalità, questo trend va coniugato con il superamento della semplice coattività delle prestazioni, in favore del più moderno e complesso fenomeno delle prestazioni autoritative, e con le tematiche dei criteri di riparto del concorso alle spese pubbliche, ben note nel dibattito nazionale, ma non ancora pienamente recepite in ambito Unionale.