argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi
L’emanazione del D.Lgs. 10 Giugno 2020, n. 49, in recepimento della Direttiva UE 10 Ottobre 2017, n. 1852, innova i meccanismi di attivazione e gestione delle Procedure Amichevoli tra gli Stati membri, offrendo garanzie ai contribuenti sull’efficacia degli esiti e sui tempi di definizione delle istanze, assicurando il coordinamento normativo con l’ordinamento interno.
PAROLE CHIAVE: procedure amichevoli - controversie internazionali - coordinamento normativo
di Enrico di Tommaso
1. In considerazione dell’approssimarsi del termine decadenziale delle verifiche fiscali relative ai periodi di imposta in corso al 1° gennaio 2018, nei prossimi mesi si potrebbe assistere ad un aumento delle richieste di apertura di procedura amichevole ai sensi del nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie fiscali internazionali introdotto dalla Direttiva UE n. 1852/2017: come definito dall’art. 25 del D.Lgs. n. 49/2020, emanato in recepimento della citata Direttiva, tali strumenti infatti possono essere applicati a partire dai periodi di imposta che iniziano dal 1° Gennaio 2018 in avanti. L’ampliamento del novero delle fattispecie rientranti nell’ambito delle procedure di risoluzione delle doppie imposizioni fiscali apportato dalla Direttiva, consente l’accesso alla procedura amichevole o altre procedure risolutive in tutti i casi derivanti dall’interpretazione o applicazione di Accordi e Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia e della Convenzione n. 90/436/CEE per la rettifica degli utili di imprese associate, prevedendo un obbligo di risultato e strumenti di tutela per il contribuente in caso di inerzia (MAZZETTI DI PIETRALATA, Procedura amichevole per controversie in materia di transfer pricing, in Eutekne.info – Il quotidiano del commercialista, 2024).
2. L’intervento normativo è stato dettato essenzialmente dalla necessità degli operatori economici di avere maggiori garanzie a supporto delle operazioni transfrontaliere, per evitare una plurima imposizione per la stessa fattispecie. Lo strumento più utilizzato fino ad oggi per ovviare al problema è stato quello del trattato internazionale bilaterale (o multilaterale), basato sul Modello di Convenzione OCSE pubblicato dal 1963 e successivamente aggiornato negli anni (OECD, Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed version 2017, in https://www.oecd.org/ctp/treaties/model-tax-convention-on-income-and-on-capital-condensed-version-20745419.htm). Tuttavia tale soluzione non si è rivelata sufficientemente efficace, poiché le procedure previste dagli accordi bilaterali spesso sono risultate carenti sia sotto il profilo amministrativo che procedimentale, consentendo scarsa partecipazione al contribuente, le cui sorti sono rimesse a non meglio definiti accordi amministrativi e di relazioni internazionali tra gli Stati (DEL FEDERICO, Il D. Lgs. 10 Giugno 2020, n. 49 attua la Direttiva UE 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie fiscali internazionali: le questioni di fondo, in Tax News, 16 ottobre 2020).
3. L’emanazione della Direttiva UE n. 1852/2017, recepita in Italia con la quasi integrale trasposizione del testo tramite il D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, ha sancito un significativo passo in avanti nei confronti dell’acquisizione di garanzie per il contribuente, quantomeno all’interno degli Stati membri dell’Unione Europea. Prima di allora la Procedura Amichevole poteva essere instaurata in virtù delle singole Convenzioni bilaterali sottoscritte dall’Italia con un altro Stato ovvero della Convenzione n. 90/436/CEE del 23 Luglio 1990 “Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate”, con i conseguenti limiti derivanti da un lato dalla “buona volontà” dei singoli Stati di attivare e giungere ad un accordo conclusivo della procedura amichevole e dall’altro dal limitato raggio d’azione delle dispute rientranti nell’alveo della Convenzione 90/436/CEE citata (CHIRICHIGNO-CAPRIOTTI-SEGRE, Il raggio di azione delle procedure amichevoli: un’analisi comparativa, in Corr. trib., 2024, 3, p. 226 ss.; sul tema anche DEL FEDERICO, Le procedure amichevoli di composizione delle controversie fiscali internazionali nell’esperienza italiana in DEL FEDERICO-PISTONE-TRIVELLIN (a cura di), La Risoluzione delle controversie fiscali internazionali nell’Unione Europea, Pisa, 2022, p. 23 ss.). La Direttiva UE n. 1852/2017 ha invece esteso a molte più fattispecie reddituali la tutela prevista nella Convenzione Arbitrale n. 90/436/CEE, tant’è vero che l’articolo 4 del D.Lgs. n. 49/2020 stabilisce che in caso di presentazione contemporanea di più istanze di apertura MAP “ai sensi del presente decreto e di altri Accordi o Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni”, sarà dato seguito all’istanza riferita a detto decreto, la quale tra l’altro interrompe qualunque altro procedimento avviato sulla medesima questione ai sensi di altri Accordi o Convenzioni internazionali.
Quindi il contribuente che ritenga di essere assoggettato ad una duplice imposizione fiscale può richiedere, alle autorità competenti degli Stati coinvolti, l’attivazione di una procedura amichevole (MAP), entro tre anni dalla conoscenza del provvedimento che generi o potrebbe generare una doppia imposizione a suo carico (art. 3 D.Lgs. n. 49/2020). In Italia, l’autorità competente alla decisione sull’accoglimento dell’istanza di avvio della procedura amichevole è l’Agenzia delle Entrate, la quale deve esprimersi entro sei mesi dalla ricezione della richiesta (oppure entro tre mesi dalla ricezione dell’integrazione documentale richiesta al contribuente entro tre mesi dalla ricezione dell’istanza), trascorsi i quali, in caso di mancata risposta, si considera accettata per silenzio-assenso (art. 6). L’eventuale diniego è impugnabile dinanzi alla competente Corte di Giustizia Tributaria (art. 8).
Una volta verificata l’ammissibilità dell’istanza, le Autorità degli Stati chiamati in causa instaurano dialogo formale, mirante all’obiettivo di giungere ad un accordo teso a risolvere la questione (art. 7).
Qualora nei due anni successivi all’attivazione della procedura (termine prorogabile di un ulteriore anno) non si sia ancora giunti ad un accordo, ovvero in caso sentenza favorevole emessa in seguito all’impugnazione del diniego all’apertura della procedura amichevole, la Direttiva prevede che la questione sia devoluta, su istanza del contribuente, ad una Commissione Consultiva.
La Commissione Consultiva è istituita entro 120 giorni dalla richiesta ed è composta da due o quattro personalità indipendenti nominate dalle Autorità (una o due per ciascuna), all’interno delle quali viene scelto un Presidente, il quale riveste la funzione di giudice (art. 10).
Tale Commissione ha il potere di decidere sull’instaurazione della procedura amichevole entro sei mesi (prorogabili di ulteriori tre) dalla sua istituzione e può inoltre emettere un parere su come risolvere la questione controversa, se dopo il sessantesimo giorno dalla notifica alle Autorità competenti della decisione favorevole all’ammissibilità della MAP, nessuna abbia richiesto l’avvio della procedura amichevole sulla base di tale decisione (art. 16). Tale parere assume efficacia vincolante, a meno che entro 6 mesi dalla sua emanazione le Autorità raggiungano un accordo alternativo (art. 18).
Detta procedura è valida ad eccezione che le Autorità competenti si accordino per istituire una Commissione Alternativa per la risoluzione delle controversie, eventualmente sottoforma di Comitato permanente, le cui norme di funzionamento sono stabilite dagli stessi Stati sulla falsa riga di quanto previsto per la Commissione Consultiva, salvo diversamente concordato (art. 13).
4. Evitando di soffermarsi ulteriormente sugli aspetti prettamente procedurali, occorre evidenziare come siano stati fatti grandi passi in avanti verso la tutela dei diritti del contribuente, grazie alla rimozione di alcuni ostacoli che in passato potevano provocare lo stallo o l’improcedibilità della procedura amichevole (cfr. TRIVELLIN, Studi sugli strumenti di soluzione delle controversie fiscali internazionali, Torino, 2018, p. 147 ss.; TRIVELLIN, Le procedure di composizione delle controversie fiscali internazionali nella prospettiva del progetto BEPS e del Multilateral Instrument (MLI). Cenni alla tutela garantita dai Bilateral Investment Treaties (BITs) in materia tributaria in DEL FEDERICO-PISTONE-TRIVELLIN (a cura di), La Risoluzione delle controversie fiscali internazionali nell’Unione Europea, cit., p. 5 ss.).
In particolare, la prima forma di garanzia è rappresentata dalla previsione del meccanismo del silenzio-assenso per le richieste di avvio della Procedura Amichevole presentate all’Agenzia delle Entrate, cosicché il contribuente non rimanga più “incastrato” dalle lungaggini burocratiche o organizzative dell’Autorità, la quale adesso si trova obbligata a dare un riscontro esplicito.
In caso di risposta negativa, è questo il secondo strumento di tutela, il contribuente può presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria competente per territorio ai fini dell’ottenimento di una pronuncia in senso favorevole, grazie all’inserimento nel novero degli atti impugnabili, come definito dall’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992, del diniego espresso dall’Agenzia delle Entrate all’apertura della Procedura Amichevole ai sensi della Direttiva UE n. 1852/2017, della Convenzione 90/436/CEE o di una Convenzione bilaterale o multilaterale alla quale l’Italia ha aderito (art. 22).
A questo punto è opportuno fare una riflessione sull’opportunità dell’instaurazione o prosecuzione del ricorso avverso il diniego. Dalla lettura delle norme l’obiettivo del legislatore è di incentivare quanto più possibile le attività amministrative e negoziali finalizzate alla risoluzione della controversia, salvaguardando la specialità e celerità delle norme della Direttiva, fermi restanti i limiti del giudicato. Infatti quando la richiesta di apertura della MAP sia rigettata da almeno una, ma non tutte, le Autorità coinvolte, il contribuente può, a norma dell’art. 9, richiedere direttamente all’Autorità l’istituzione della Commissione Consultiva, a condizione che il diniego non sia impugnabile secondo il diritto interno dello Stato rappresentato dall’Autorità che lo ha emesso o che non esista un contenzioso pendente in merito o, infine, che il contribuente qualora lo avesse instaurato, esprima formale rinuncia ad esso. Con queste premesse è chiaro che, per il contribuente che abbia ricevuto anche solo una risposta favorevole all’apertura della MAP da parte di una delle Autorità adite, sia più conveniente richiedere direttamente l’istituzione della Commissione Consultiva che avviare o attendere l’esito del ricorso instaurato avverso il diniego, il quale potrebbe addirittura impedire definitivamente l’avvio o la prosecuzione della procedura amichevole. Il rimedio giudiziale quindi rimane opportuno, e in verità l’unico esperibile, solo in seguito all’emanazione di provvedimenti di diniego di accesso da parte di tutte le Autorità coinvolte: tant’è vero che il comma 1 dell’art. 8 consente al contribuente la possibilità di presentare ricorso “nel caso in cui sia l’Agenzia delle Entrate che le Autorità competenti degli altri Stati membri interessati abbiano rigettato l’istanza di apertura della procedura amichevole”.
Ciò detto, la terza forma di tutela per il contribuente è rappresentata quindi dalla possibilità di richiedere l’istituzione della Commissione Consultiva entro 50 giorni dalla notifica dell’accordo raggiunto, o della comunicazione dell’Autorità di mancato raggiungimento dell’accordo ovvero della sentenza favorevole a seguito del ricorso presentato avverso il diniego (art. 9). In caso di inadempienza entro i successivi 120 giorni, il contribuente può poi presentare, entro i 30 giorni successivi al decorso di tale periodo, istanza al Presidente della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio, la quale ha il potere di chiedere l’istituzione della Commissione e anche di nominare i soggetti indipendenti, se l’Agenzia delle Entrate non vi provvede (art. 11).
Ulteriori garanzie di efficacia della procedura amichevole sono la possibilità per il contribuente di esperire ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art 70 del D.Lgs. n. 546/1992, qualora l’Agenzia delle Entrate non dia seguito all’accordo raggiunto o alla decisione adottata dalla Commissione (art. 19), e la previsione esplicita di poter richiedere, da parte del solo contribuente, la sospensione del processo tributario in pendenza di una procedura amichevole avviata ai sensi della Direttiva UE n. 1852/2017, la quale implica anche l’automatica sospensione della riscossione fino alla conclusione delle procedure di cui alla Direttiva in esame (art. 3). Il fine è quello di evitare l’insorgenza di una sentenza definitiva che precluda la possibilità di giungere ad un accordo.
Il limite del giudicato è un principio chiaramente esplicitato nel D.Lgs. n. 49/2020, poiché in quasi tutti gli articoli che disciplinano le varie fasi della procedura vi è un comma che sancisce l’interruzione immediata della procedura amichevole qualora nel frattempo emerga una sentenza passata in giudicato o una decisione del giudice a seguito di conciliazione ai sensi degli artt. 48 e 48 bis D.Lgs. n. 546/1992. Probabilmente proprio per questo motivo è stata prevista la possibilità per il contribuente di richiedere la sospensione del processo, che diventa quasi un obbligo perché, a norma dell’art. 3, i termini per l’accoglimento dell’istanza di apertura MAP sono bloccati fino a quando non sia richiesta la sospensione dei giudizi tributari eventualmente instaurati. Anche in questo caso è stata apportata un’importante miglioria nel coordinamento normativo, in quanto a differenza della MAP attivata sulla base di Accordi o Convenzioni internazionali che richiedono una rinuncia al giudizio, per la prosecuzione della procedura amichevole ai sensi della Direttiva è sufficiente che il processo tributario sia sospeso (ESCALAR, Le opportunità della nuova MAP UE, in Corr. trib., 2021, p. 1089).
Non ultima vi è la definizione di tempi certi di conclusione della procedura, con scadenze predefinite e meccanismi che consentono di giungere ad un esito, qualunque esso sia. Ciò è vero però solo se la procedura amichevole sia effettivamente attivata e se non ci sia un ricorso contro il diniego pendente presso i tribunali nazionali: nel caso di impugnazione del diniego di attivazione della MAP occorrerà attendere la pronuncia dei tribunali competenti degli Stati membri, con conseguente possibile dilatazione dei tempi certi, i quali ricominceranno a decorrere dalla data della sentenza. Una riflessione simile può essere fatta anche a seguito dell’irrogazione di sanzioni per reati di cui al Titolo II del D.Lgs. n. 74/2000: in tal caso infatti occorrerà attendere la conclusione del procedimento penale (v. infra).
Infine un’importante innovazione è quella del superamento della definitività delle imposte secondo l’ordinamento italiano (art. 19, comma 7). Il riferimento è in particolare ai casi di omessa impugnazione dell’atto o per ricorso all’accertamento con adesione di cui al D.Lgs. n. 218/1997 o alla mediazione tributaria: qualora l’accordo in esito alla procedura amichevole o la decisione della Commissione risulti favorevole per il contribuente, l’Agenzia delle Entrate deve disporre il rimborso o lo sgravio delle somme non dovute a titolo di imposta, attraverso lo strumento dell’autotutela, ampiamente riconosciuto nel nostro ordinamento (principio richiamato anche nella relazione CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – UFFICIO DEL MASSIMARIO, Rel. n. 73 del 28 Settembre 2020, CONTENZIOSO TRIBUTARIO – CONTROVERSIE FISCALI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI DOPPIA IMPOSIZIONE – PROCEDURA AMICHEVOLE (cd. MAP) – PROCEDURA ARBITRALE OBBLIGATORIA – Decreto Legislativo 10 Giugno 2020, n. 49 di attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione Europea (cd. Direttiva DRM)). La relazione al D.Lgs. n. 49/2020 specifica che tale disposizione recepisce “nell’ordinamento interno il principio sancito dagli standard internazionali in base al quale il rimborso o lo sgravio dovuti in attuazione della decisione sono effettivamente garantiti anche in presenza di imposta divenuta definitiva” (ESCALAR, op. cit., p. 1091), fortemente raccomandato dall’OCSE anche per le procedure amichevoli aperte ai sensi di accordi o convenzioni internazionali (cfr. OECD, Making Dispute Resolution More Effective – MAP Peer Review Report, Italy (Stage 2): Inclusive framework omn BEPS: Action 14, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, 2020, in https://www.oecd.org/italy/making-dispute-resolution-more-effective-map-peer-review-report-italy-stage-2-08a4369e-en.htm). Invece gli importi eventualmente pagati a titolo di sanzioni invece non sono rimborsabili, a meno che la pretesa impositiva sia totalmente annullata, sebbene questa scelta sia discutibile (sul punto MATTARELLI, Procedure di risoluzione delle controversie contro le doppie imposizioni: brevi commenti sullo schema di decreto legislativo all’esame del Parlamento, in Riv. tel. dir. trib., 5 febbraio 2020).
5. Tuttavia permangono alcuni limiti, nonostante i significativi progressi nell’ambito della risoluzione delle controversie fiscali internazionali apportate dal D.Lgs. n. 49/2020. Uno di questi è l’insormontabilità del giudicato: l’art. 6 (comma 2) e l’art. 7 (comma 4) del D.Lgs. n. 49/2020 prevedono che l’emersione di una sentenza passata in giudicato o di una conciliazione giudiziale ex artt. 48 e 48 bis del D.Lgs. n. 546/1992 siano causa di inammissibilità dell’apertura della MAP o, nel caso di procedure già avviate, comportino l’immediata interruzione delle stesse. Con la formulazione di tali norme, il legislatore ha deciso perciò che l’Italia rientri tra i Paesi vincolati dal giudicato (ESCALAR, op. cit.). Un’interpretazione più restrittiva della norma però consentirebbe anche di superare detta criticità, nell’ottica di fornire una maggiore tutela per il contribuente: sembrerebbe errato infatti l’orientamento secondo cui il giudicato comporterebbe effetti preclusivi, perché l’applicazione degli effetti di un accordo scaturente da una procedura amichevole prevale sul diritto interno in virtù della sua natura para-giurisdizionale, che giustificherebbe l’esercizio dell’autotutela. In sostanza perciò l’unico limite effettivamente invocabile dall’amministrazione finanziaria sarebbe quello di una sentenza passata in giudicato ad essa favorevole, a norma dell’art. 2 del D.M. 11 Febbraio 1997, n. 37 (DEL FEDERICO, Le procedure amichevoli di composizione delle controversie fiscali internazionali nell’esperienza italiana, in DEL FEDERICO-PISTONE-TRIVELLIN (a cura di), La Risoluzione delle controversie fiscali internazionali nell’Unione Europea, cit., p. 36; v. anche MARINO-DELFINO LA FERLA, Istanza di apertura della procedura amichevole, ivi, p. 201).
Un altro paletto fissato dal Decreto è l’impossibilità di apertura o prosecuzione di MAP nei casi di contestazioni ai sensi del titolo II del D.Lgs. n. 74/2000 in relazione al reddito o patrimonio oggetto di rettifica (art. 9): in tal caso l’Agenzia delle Entrate può negare l’accesso alla MAP, o nel caso questa fosse stata già avviata, può sospenderne la procedura (art. 21). Pertanto in presenza di procedimenti di irrogazione di sanzioni relative al reddito o al capitale rettificato per frode fiscale, dolo e grave negligenza, l’Agenzia delle Entrate ha la facoltà di sospendere la procedura amichevole fino all’esito del procedimento penale (ESCALAR, op. cit., p. 1089).
Altra criticità è quella della eludibilità della decisione della Commissione Consultiva tramite la stipula di un accordo alternativo ad essa da parte delle autorità degli Stati membri, se raggiunto entro 6 mesi dalla statuizione: grazie ad esso infatti potrebbero prevedere una soluzione a loro più favorevole, potenzialmente a discapito del contribuente. In tale evenienza, egli ha solo la possibilità di accettare l’accordo raggiunto e rinunciare al contenzioso presso i tribunali nazionali oppure rinunciare all’accordo e proseguire il giudizio, senza comunque garanzie di successo o di conservazione dei termini dell’accordo.
Vi è poi più in generale la questione della scelta della devoluzione delle questioni alla Commissione Consultiva o ad una Commissione Alternativa, istituita anche in forma permanente sulla base di un accordo fra gli Stati, le cui procedure di funzionamento sono stabilite da questi anche in deroga rispetto alle previsioni del D.Lgs. n. 49/2020, sebbene comunque debbano contenere le indicazioni dettate dal Decreto, ivi incluso il rispetto della normativa nazionale e comunitaria (art. 14).
In ogni caso la partecipazione del contribuente è ancora assai limitata, sebbene ora gli siano riconosciute molte più attività d’impulso, dovendo egli attendere l’esito dello scambio di comunicazioni tra le Autorità o la decisione della Commissione, la quale può concludere eventualmente anche secondo la c.d. “offerta finale” in attuazione del meccanismo della “Baseball arbitration”. Esso si sostanzia nell’adozione da parte della Commissione di una delle due proposte di accordo fornite dalle Autorità (una per ciascuna), senza obbligo di fornire motivazioni, determinando la conclusione della procedura senza possibilità di intervento per il contribuente, al quale rimane solo la scelta se accettarne il contenuto o proseguire l’eventuale giudizio in sede nazionale (DE FLORA, La decisione della questione da parte della Commissione. L’Agreement on a different resolution. Spunti sulla tutela del contribuente e sulla natura delle statuizioni arbitrali, in DEL FEDERICO-PISTONE-TRIVELLIN (a cura di), La Risoluzione delle controversie fiscali internazionali nell’Unione Europea, cit., p. 342).
6. Il D.Lgs. n. 49/2020, in recepimento della Direttiva UE n. 1852/2017, ha quindi aperto la strada verso una nuova modalità di gestione in ambito europeo delle pretese erariali dalle quali origina una doppia imposizione fiscale, garantendo una effettiva praticabilità della risoluzione della controversia tramite un accordo fra Stati o una decisione di una Commissione indipendente, che vincola le Autorità degli Stati membri coinvolti. Sebbene la procedura sia ancora migliorabile, il contribuente vede ampliato il suo raggio di tutela, potendo invocare non più solo l’Autorità che ha emesso il provvedimento impositivo, ma anche l’altra (o le altre) rientranti nell’ambito della fattispecie impositiva considerata, così da avere maggiori possibilità di veder riconosciute le proprie ragioni tramite l’attivazione della MAP.