argomento: IRES - Giurisprudenza
L’ordinanza in argomento si pronuncia su un ricorso avverso una sentenza della CTR Lazio avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento in materia di reddito di lavoro dipendente per omesse ritenute, corretto inquadramento del trattamento di trasferta e prestazione lavorativa straordinaria, a seguito di P.V.C. della Guardia di Finanza conseguente ad un accesso ispettivo dell’I.N.P.S. All’emanazione di avviso di accertamento per le omesse ritenute si giungeva, tra l’altro, tramite la valorizzazione di alcuni dati informatici estratti durante le attività ispettive che evidenziavano irregolarità nella gestione del personale dipendente tra diversi cantieri. La contribuente lamenta che tale prova non potesse essere utilizzata poiché illegittimamente acquisita. Tuttavia, tale percorso veniva avallato dalle corti di merito e dalla Suprema Corte che ribadiva come il verbale redatto dal pubblico ufficiale godesse di fede privilegiata nella parte in cui attestava le modalità di estrazione dei suddetti dati informatici, mentre l’apprezzamento e la valorizzazione probatoria di questi ultimi rimane oggetto di libera valutazione del giudice. La parte, inoltre, deducendo un’errata ricostruzione dei fatti posti a fondamento dell’accertamento per errata valutazione da parte dei giudici di merito degli elementi di prova contenuti nel P.V.C., sostiene che gli atti conseguenti all’attività ispettiva siano da considerare viziati per aver valorizzato elementi impropriamente acquisiti dai pubblici ufficiali, anche ai sensi di quanto disposto dal Codice dell’Amministrazione Digitale. Da ultimo, la ricorrente lamenta l’omessa valutazione da parte del giudice di appello degli elementi istruttori offerti in entrambi i gradi di giudizio, andando così a travalicare i confini del sindacato di legittimità propri della Suprema Corte. Tutti e tre i motivi di ricorso, che di seguito si andranno compiutamente ad esporre, vengono rigettati dagli Ermellini.
» visualizza: il documento (Corte di Cass., ord. 21 marzo 2024, n. 7569)PAROLE CHIAVE: processo verbale di contestazione - ispezione - modalitā di verifica - - omesso versamento ritenute
di Gianluca Cipro
1. Con la Legge 284/2006 sono state convertite le misure contenute nel Decreto Legge nr. 233/2006 per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e contrasto all’evasione fiscale. L’Art 36-bis del suddetto Decreto Legge, che conteneva misure urgenti per il contrasto al lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro, affidava al personale ispettivo del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, anche previa segnalazione di personale all’uopo dedicato dell’I.N.P.S. (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e dell’I.N.A.I.L. (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), il potere di sospendere le attività lavorative presso i cantieri edili nel caso in cui, a seguito di accessi ispettivi, veniva riscontrato “[...] l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni”. Verificatesi tali violazioni, il Ministero delle Infrastrutture avrebbe potuto emanare, prosegue la norma, “[...] un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni” (I. Valerio Romano, L’ispezione in materia di lavoro e legislazione sociale, Matelica, 2007, 193). Considerando poi la conversione in legge avvenuta con Legge nr. 248/2006, l’entrata in vigore della summenzionata disposizione avveniva dall’anno 2006.
2. Il fatto trae origine da un accesso ispettivo eseguito nel 2004 da personale dell’I.N.P.S., il quale, attraverso l’esercizio dei poteri conferiti dalla legge in materia di controlli sul lavoro, tra cui interviste ai lavoratori presenti ai fini del corretto inquadramento contrattuale, richiesta di esibizione altri elementi che possano fornire un quadro circa il personale presente e/o assente al momento dell’accesso, avviava un controllo presso un cantiere edile in un dato comune, all’interno del quale venivano identificati lavoratori subordinati che prestavano ivi servizio (P. Rausei, Ispezioni del lavoro, Milano, 2021, 135) e che, stando alla ricostruzione documentale e contrattuale postuma, avrebbero dovuto prestare il proprio servizio presso altro cantiere in altra località. Tali ricostruzioni venivano operate anche mediate consultazioni sia del “registro presenze” presso il cantiere acceduto che del sistema di rilevazione automatica degli accessi al cantiere installato da ENEL spa per motivi di sicurezza, i cui dati sono stati messi a sistema con le situazioni documentate dall’azienda. Il quadro che emergeva permetteva di documentare come per alcuni lavoratori vi fosse stata un’errata applicazione dell’indennità di trasferta, inquadrati in un cantiere ed impiegati in un altro, mentre per altri una mancata indicazione in busta paga dei compensi per indennità per prestazione lavorativa straordinaria nei giorni di sabato, domenica e festivi.
Gli atti così cristallizzati venivano trasmessi alla Guardia di Finanza competente che formalizzava irregolarità di natura tributaria in ordine ad omesse ritenute operate dal datore di lavoro per redditi di lavoro subordinato per i fatti suesposti, che portavano all’emissione di avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004 (A. Federici, Lavoro irregolare e omissioni contributiva. Tecniche di tutela e sistema sanzionatorio. Matelica, 2006, 260).
A seguito di ricorso del contribuente, la CTP di Roma e la CTR del Lazio avallavano sostanzialmente quanto emergeva dall’avviso di accertamento, reputando attendibili i dati su cui si fondava l’atto impositivo, sia in termini di potere probatorio che di corretta ricostruzione del fatto storico.
La Corte di Cassazione, con ordinanza in argomento, rigettava in toto il ricorso della parte.
3. Il primo motivo di ricorso attiene alla violazione e/o falsa interpretazione dell’art. 36-bis del Decreto Legge 233/2006, convertito con Legge 248/2006. In particolare, la doglianza riguardava la valorizzazione dell’irregolare tenuta del registro presenze presso il cantiere ispezionato nell’anno 2004, laddove tale obbligo è stato introdotto a partire dall’anno 2006. A tal proposito giova rimarcare come la normativa in esame, introdotta per fronteggiare il dilagante fenomeno delle “morti bianche” sul lavoro, avesse introdotto tutta una serie di misure finalizzate a disincentivare l’impiego di manodopera c.d. irregolare e/o in nero, ossia completamente assente da qualsivoglia forma di emersione del rapporto di lavoro, presso i cantieri edili (M. Rusciano e G. Natullo, Diritto del lavoro, Milano, 2007, 580).
Tale registro contiene alcune basilari informazioni tra cui il nominativo dell’azienda, nome e cognome del lavoratore dipendente, periodo di riferimento e i vari orari di entrata e uscita con il totale delle ore di presenza. Al di là di ogni valutazione, pur la contribuente denunziando un vizio di violazione di legge, tale giudizio si sarebbe ridotto in un sindacato di merito circa la documentazione prodotta dalla contribuente ed il vaglio critico operatone dalla corte di merito, che esulerebbe dal perimetro di competenza della Corte di Cassazione. Pertanto, tale motivo è risultato inammissibile. Il motivo è altresì infondato, in quanto i giudici di appello avevano basato il loro giudizio sull’incapacità della società di fornire elementi contrari a quanto dimostrato grazie all’estrapolazione dei dati dai sistemi di rilevazione automatica degli accessi al cantiere installati da ENEL spa, adducendo in sede di ricorso, con relazione tecnica, un mero giudizio di attendibilità sulla presenza media di personale presso il cantiere ispezionato (L. Del Prete, Lavoro “nero” ed irregolare. Questioni processuali, Milano, 2011, 16). Tali constatazioni, proseguono i giudici, non coincidevano con talune dichiarazioni rese dal personale dipendente, alla luce di quanto cristallizzato al momento dell’accesso dal personale dell’INPS.
In merito alla ricostruzione dalla situazione lavorativa del cantiere ispezionato e la conseguente determinazione delle omesse ritenute per l’anno 2004, i giudici enunciano quanto normato all’articolo 51 comma 1 del D.P.R. 22 dicembre 1986 nr. 917 e articolo 51 comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986 nr. 917. Tali disposizioni introducono, rispettivamente, il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, essendo quest’ultimo costituito da tutte le somme ed i valori in genere ricevuti dal lavoratore subordinato, a qualunque titolo percepiti (anche sotto forma di partecipazione agli utili), anche da terzi (es. INPS ed INAIL), purché trovino una loro causa nel rapporto di lavoro (Cass. 12 settembre 2023, n. 26396); la seconda norma introduce le condizioni per beneficiare di esenzioni dal reddito delle indennità di trasferta entro un certo limite ed a determinate condizioni documentali (G. Melis, Manuale di diritto tributario, Torino, 2022,665). Nel caso di specie, i giudici di merito avevano osservato come la contribuente non fosse stata in grado di documentare analiticamente in ordine alla presenza presso un cantiere piuttosto che un altro del proprio personale dipendente, non superando le risultanze dei dati emergenti dal sistema di rilevazione automatico degli accessi installato da ENEL spa posti a fondamento del giudizio. La Suprema Corte riconosce come, al di là dell’obbligatorietà o meno del registro presenze alla data del controllo, la singola rimostranza afferente al registro in parola non supererebbero le motivazioni a sostegno del giudizio di secondo grado. Par tale specifica ragione, il primo motivo di ricorso viene rigettato.
4. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente lamenta la violazione del D.Lgs. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale), in ordine agli articoli 20, 21, 22, 23 e 71, i quali tutelano l’integrità, la provenienza, l'attribuzione di una data certa e, infine, la non modificabilità delle informazioni e dei documenti, anche cartacei. La questione risiede, a parere della ricorrente, nell’elaborazione da parte degli ispettori dell’INPS di file autonomi circa la rilevazione delle presenze presso il cantiere, come risultanti dalle rilevazioni dei sistemi dell’ENEL spa, che sarebbero poi confluite anche nell’atto della Guardia di Finanza che avrebbe portato all’elaborazione dell’avviso di accertamento in materia di omesse ritenute.
Tale percorso logico proposto dalla ricorrente non ha convinto gli Ermellini, i quali hanno giudicato corretta la statuizione operata dalle corti di merito poiché, come già cristallizzato in pregressa giurisprudenza (Cass. 8 marzo 2018, n. 5523; Id 17 luglio 2019, n. 19155; Id 21 febbraio 2019, n. 5141) a godere di fede privilegiata, ossia a fare fede fino a querela di falso, non è il dato informatico così elaborato, ma l’atto redatto dal pubblico ufficiale contenenti le cose che attesta siano avvenute in sua presenza, ossia l’estrapolazione di quel dato informatico da quel sistema informatico (Cass. 10 luglio 2007, n. 15372). Gli Ermellini, nell’elaborato principio di diritto, proseguono rimarcando come non sia sindacabile in sede di legittimità la libera valutazione da parte del giudice di merito se congruamente e ragionevolmente motivata. Nel caso di specie trattasi di quegli specifici dati estratti da quel preciso sistema informatico ed indicati nel verbale poi sottoscritto sia dagli operanti che dalla parte. A tal proposito, a mente dell’art. 116 c.p.p., il giudice è tenuto a valutare liberamente le prove secondo il principio del così detto “prudente apprezzamento” (M. Russo, Prova legale e libero apprezzamento del giudice, Torino, 2017, 106), ponendo a fondamento del suo giudizio una determinazione che sia connotata da certezza e non, invece, una che sia basata su una valutazione del tipo dubitativo, come ribadito in altra occasione dalla Suprema Corte (Cass. 17 novembre 2021, n. 34786).
5. Risolto anche il secondo motivo di ricorso, la Corte affronta il terzo motivo proposto dalla contribuente, ossia l’omessa valutazione da parte della CTR Lazio degli elementi istruttori proposti in giudizio capaci di confutare quanto sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria. In merito occorre richiamare altre precedenti analoghe decisioni della Corte di Cassazione (Cass. 1 marzo 2022, n. 6774, id. 17 gennaio 2019, n. 1229) secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, una censura tale non può proporsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo qualora egli abbia posto a base della sua decisione prove non dedotte dalle parti, oppure, tra le altre, abbia considerato come facenti piena prova elementi che avrebbero dovuto essere soggetti ad apprezzamento critico. Tale previsione non risulta calzante con il caso in esame, essendo il terzo motivo di ricorso finalizzato esclusivamente a contestare nella sostanza la valutazione delle risultanze delle prove offerte che il giudice di merito ha valorizzato in ottica ragionata. Per le ragioni rappresentate, il terzo motivo di ricorso viene rigettato.
6. La sentenza in argomento, con il secondo motivo di ricorso, non sposta l’ago della bilancia rispetto a quanto già affermato da precedenti arresti giurisprudenziali, per altro sopra richiamati, in tema di efficacia probatoria degli atti redatti dai pubblici ufficiali, a prescindere che si tratti di documenti cartacei o informatici (F. Caringella, G. De Marzo, Manuale di diritto civile, Milano, 2008, 284). L’enunciato principio di diritto cristallizza fortemente il rapporto tra efficacia probatoria di un atto avente fede privilegiata ed il principio del libero e prudente apprezzamento operato dal giudice in sede di valutazione delle prove (Cass. 12 ottobre 2021, n. 27847). Gli artt. 115 e 116 c.p.c. rappresentano la base legale di come l’organo giudicante debba orientarsi nella valorizzazione delle prove introdotte o da introdurre nel processo. Qualora, però, si tratti di documenti e/o atti assistiti da fede privilegiata, ossia facenti fede fino a querela di parte a mente dell’art. 2700 c.c., l’opera del giudice riceve una compressione circa la sua discrezionalità in termini di valutazione riguardante i fatti provati (M. Bove, Lineamenti di diritto processuale civile, Torino, 2012, 210). Il documento farà “piena prova” della provenienza del pubblico ufficiale che lo ha formato e del fatto che le dichiarazioni delle parti siano avvenute in sua presenza, ad eccezione del vero e proprio contenuto delle dichiarazioni ivi riportate che possono perciò essere impugnate con la querela di falso e possono essere oggetto di libera valutazione del giudice di merito, “[...] non sindacabile in sede di legittimità se congruamente e ragionevolmente motivate [...]”. Tale principio, in definitiva, esula dal concetto stilistico e formale: che si tratti di documento formato digitalmente o cartaceo, si applicano le stesse disposizioni.
Per quanto attiene, in particolare, al primo motivo di ricorso vale la pena soffermarsi sulla disciplina che regolamenta l’esenzione dalla tassazione dell’indennità di trasferta, a mente dell’art. 51 co. 5 D.P.R. 22 dicembre 1986 nr. 917. È bene anche chiarire cosa si intende per trasferta e quali sono gli obblighi del datore di lavoro, sia giuslavoristici che fiscali. Il datore di lavoro, nell’ambito dell’esercizio del suo potere direttivo ed organizzativo, può disporre in modo unilaterale che un proprio dipendente presti l’attività lavorativa temporaneamente in altra località che non coincida con la sua sede di lavoro ordinaria (M. Bregolato, Fringe benefits, trasferte e rimborsi spese, Rimini, 2014, 14). Elementi tipici sono, pertanto, la diversità del luogo di lavoro ed il carattere temporaneo dello spostamento (F. Sacco, Le trasferte in Italia e all’estero dei dipendenti e degli amministratori degli Enti locali, Rimini, 2012, 12). Per poter beneficiare del regime dell’esenzione di cui alla citata norma, il contribuente è tenuto al rispetto degli obblighi documentali che attestino inequivocabilmente come il lavoratore subordinato abbia effettuato la trasferta, a quale tipo di regime abbia aderito e dove sia avvenuto lo spostamento. In mancanza, come avvenuto nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria è tenuta all’emissione di specifico avviso di accertamento teso alla rideterminazione delle ritenute fiscali non operate o impropriamente effettuate (Ag. Entr., circ. 23 dicembre 1997 n. 326). Non può essere sufficiente la mera indicazione di elementi generici che indichi un mero giudizio di attendibilità sul numero medio di unità lavorative presenti sul luogo di lavoro.
Per quanto attiene al terzo motivo di ricorso, la Corte sottolinea come sfugga al proprio sindacato di legittimità una questione attinente una censura relativa ai principi che guidano il giudicato, di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., nella misura in cui sia strumentale a sindacare la valutazione nel merito delle prove in giudizio. Tale censura sarebbe ammissibile qualora il giudice di merito “[...] abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione".
Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, su cui la Corte ha pronunciato un importante principio di diritto, è bene rimarcare l’equilibrio tra “atto fidefacente” e “libera valutazione del giudice”: con il primo concetto si intende quell’atto che, oltre all’attestazione di fatti rientranti nell’attività del pubblico ufficiale o appartenenti alla sua percezione, sia orientato ab initio alla prova, cioè preordinato a tutela della fede pubblica e prodotto da un pubblico ufficiale ad ivi preposto, nello svolgimento di una particolare funzione di certificazione, anch’essa orientata ex lege alla dimostrazione di fatti che il medesimo pubblico ufficiale redigente sostiene come visti, ascoltati o direttamente compiuti da lui (G. Lattanzi e E. Lupo, Codice Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Milano, 2010, 152). In questa definizione rientra in pieno il processo verbale di constatazione composto dal pubblico ufficiale attestante l’opera espletata nell’esercizio delle sue funzioni ed i fatti ricompresi nell’alveo della sua percezione immediata e diretta (A. Cisello, G. Odetto e G. Valente, Accertamento, Milano, 2008, 1020). In tale caso, esplicitando il secondo concetto, ossia quello della libera valutazione del giudice, è possibile affermare che quest’ultimo attenga alla valorizzazione in giudizio degli elementi contenuti nell’atto pubblico, e non del come questi sono stati costituiti e da chi, in cui il giudice di merito può valorizzarne il contenuto in un determinato verso, in considerazione di altri elementi che può considerare, oppure nel verso opposto. Ciò che appare in modo altrettanto chiaro è che il sindacato di legittimità in tema di libero apprezzamento del giudice è ammesso solo in carenza di congrua e ragionevole motivazione.