argomento: Sanzioni e contenzioso - Legislazione e prassi
Prima della (parziale) riforma dello Statuto del contribuente, prevista dall’art. 4 della l. 111/2023 e attuata con il d.lgs. 219/2023, il regime delle invalidità delle notificazioni era in gran parte di derivazione giurisprudenziale. La Cassazione, infatti, aveva codificato la fattispecie dell’inesistenza e individuato le ipotesi alla stessa riconducibili. Inoltre, sempre la Suprema Corte aveva determinato gli effetti dell’invalidità delle notificazioni e le condizioni al ricorrere delle quali era possibile sanarle. A seguito della revisione dello Statuto, invece, il legislatore ha introdotto espressamente l’art. 7-sexies. La disposizione identifica in via legislativa i casi in cui la notificazione è nulla o inesistente, e le conseguenze dell’invalidità della notificazione. La norma contribuisce a definire, insieme agli artt. 7-bis, ter, quater e quinquies, il nuovo regime di invalidità degli atti e dell’attività istruttoria. L’intervento, pur in continuità con la giurisprudenza consolidata su questi temi, fa tuttavia emergere alcuni profili dubbi. In particolare, relativamente all’individuazione dei soggetti la notificazione ai quali produce inesistenza. Il chiarimento di tali profili – si ritiene – potrà avvenire solo in sede applicativa e interpretativa della norma.
PAROLE CHIAVE: notificazione - statuto dei diritti del contribuente - vizi
di Alessia Fidelangeli
1. Con l’art. 7-sexies dello Statuto, il d.lgs. del 30 dicembre 2023, n. 219, entrato in vigore il 18 gennaio 2024 in attuazione dell’art. 4 della legge 9 agosto 2023, n. 111, introduce la nuova disciplina legislativa del regime di invalidità delle notificazioni degli atti tributari (per un commento alla modifica delle invalidità introdotto dalla legge 9 agosto 2023, n. 111 si vedano Marello, F. Pepe, L’introduzione di una disciplina generale delle invalidità tributarie nella legge delega di riforma fiscale n. 111/2023, in E. Manzon, G. Melis (a cura di), Il diritto tributario nella stagione delle riforme, Ospedaletto (Pisa), 2024, p. 175 ss.; G. Melis, Un visione d’insieme delle modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente: i principi del procedimento tributario, in Il fisco, 2024, p. 221 ss.; F. Pepe, L’introduzione di una disciplina generale delle invalidità tributarie nella legge delega di riforma fiscale n. 111/2023, in E. Manzon, G. Melis (a cura di), Il diritto tributario nella stagione delle riforme. Dalla legge 130/2022 alla legge 111/2023, Pisa, 2024, 175 ss.; Id., La (possibile) futura disciplina generale delle invalidità tributarie: profili innovativi e criticità, in Il fisco, 2023, p. 4449 ss.). La disposizione ha l’intento dichiarato di recepire la giurisprudenza più recente in materia di nullità e inesistenza della notificazione. Con questo lavoro si vogliono analizzare le innovazioni introdotte della norma alla luce della giurisprudenza pregressa ed individuare i profili di incertezza che emergono dal nuovo regime. L’obiettivo è di verificare in che misura il nuovo regime si pone in continuità con la giurisprudenza precedente, su quali aspetti la nuova norma contribuisce a fare maggior chiarezza e su quali, invece, permangono incertezze che potranno essere chiarite solo in futuro, in sede applicativa.
2. L’art. 7-sexies deve essere letto congiuntamente agli artt. da 7-bis a 7-quinquies. Tali norme introducono nello Statuto dei diritti del contribuente il «corpo organico delle regole delle invalidità tributarie» (Relazione di accompagnamento al d.d.l. 1038/2023, 23 marzo 2023, p. 5). Secondo la relazione tecnica al d.d.l. 1038/2023 si tratta di un intervento ispirato dall’esigenza di conferire organicità alla disciplina, seguendo la stessa logica delle normativa avente ad oggetto l’invalidità degli atti amministrativi di cui agli articoli 21-septies e 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Sulle invalidità nel diritto tributario si vedano Farri, Forme ed efficacia nella teoria degli atti dell’Amministrazione finanziaria, Padova, 2015; E. Marello, Per una teoria unitaria dell’invalidità nel diritto tributario, in Riv. Dir. Trib., 2001, p. 386 ss.; S. Zagà, Le invalidità nel diritto tributario, Padova, 2012). Come si è sostenuto, l’introduzione di un regime delle invalidità tributarie adeguato a cogliere la patologia dell’agire amministrativo è un elemento fondamentale della riforma, che contribuisce a improntare il rapporto tra contribuente e Amministrazione finanziaria al giusto procedimento, oltre a garantire la certezza del diritto (E. Marello, F. Pepe, L’introduzione di una disciplina generale delle invalidità, cit., 175).
L’esigenza di ricostruire il regime delle invalidità tributarie era da tempo avvertita in dottrina. Si era sottolineato che la disciplina tributaria si caratterizzava sia per la pluralità di termini e concetti giuridici adoperati per individuare le forme e le conseguenze sull’efficacia dell’atto viziato (S. Zagà, Le invalidità, cit., p. 4), sia per la frammentarietà delle norme, che aveva costretto la giurisprudenza di legittimità a intervenire più volte a specificarne la portata, non sempre con esiti chiari (cfr. M. Basilavecchia, La nullità degli atti impositivi; considerazioni sul principio di legalità e funzione impositiva, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2006, p. 356 ss.; S. Buttus, Implicazioni tributarie del nuovo regime dei vizi del provvedimento amministrativo, in Dir. Prat. Trib., 2007, p. 465 ss.; L. Del Federico, La rilevanza della legge generale nell’azione amministrativa in materia tributaria e l’invalidità degli atti impositivi, in Riv. Dir. Trib., 2010, p. 729 ss.; E. Marello, Per una teoria unitaria, cit.; P. Piantavigna, Osservazioni sul “procedimento tributario” dopo la riforma della legge sul procedimento amministrativo, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2007, p. 44 ss.). Ne derivava una disciplina confusa ed incerta, caratterizzata dalla coesistenza di una serie di regole di fonte legale e giurisprudenziale (E. Marello, F. Pepe, L’introduzione di una disciplina generale delle invalidità, cit., p. 177).
Le nuove disposizioni introdotte nello Statuto delineano un sistema delle invalidità tributarie, articolato in: regime generale della nullità in senso proprio (artt. 7-bis e 7-ter); ipotesi di nullità ed annullabilità residuali ed eccezionali (art. 7-quater); disciplina specifica per i vizi dell’attività istruttoria (art. 7-quinquies) e per la notificazione degli atti impositivi e della riscossione (7-sexies). Dunque, l’obiettivo del legislatore delegato è quello di istituire una normativa che copra tutte le potenziali manifestazioni di invalidità relative agli atti e all’azione dell’Amministrazione finanziaria, inclusi i difetti procedurali e le irregolarità nella notifica.
3. Secondo gli atti di accompagnamento al d.d.l. 1038/2023, l’art. 7-sexies, oggetto di questo lavoro, ha l’obiettivo di recepire la giurisprudenza della Cassazione in tema di inesistenza della notificazione (Dossier del Servizio Studi del Senato della Repubblica del 2 agosto 2023, Schede di lettura al d.d.l. 1038/2023 di delega fiscale n. A.C. 1038-B).
Innanzitutto, la disposizione codifica la distinzione giurisprudenziale tra inesistenza e nullità. È inesistente la notificazione degli atti impositivi o della riscossione priva dei suoi elementi essenziali ovvero effettuata nei confronti di soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento con il destinatario o estinti. Nei casi, diversi da quelli di inesistenza, in cui la notificazione è avvenuta in violazione delle norme di legge, essa è nulla. In secondo luogo, la disposizione afferma esplicitamente che la nullità può essere sanata dal raggiungimento dello scopo dell’atto, sempreché l’impugnazione sia proposta entro il termine di decadenza dell’accertamento (1° comma). La norma statuisce, poi, che l’inesistenza della notificazione di un atto recettizio ne comporta l’inefficacia (2° comma). Infine, dispone che gli effetti della notificazione, ivi compresi quelli interruttivi, sospensivi o impeditivi, si producono solo nei confronti del destinatario ed esplicita che tali effetti non si estendono ai terzi, inclusi i coobbligati (3° comma). In questo lavoro ci concentreremo sul regime dell’inesistenza delle notificazioni e, dunque, sui primi due commi della disposizione.
Si tratta di un aspetto fondamentale della riforma dal momento che la notificazione assolve alla duplice funzione di garantire che siano prese le necessarie precauzioni volte a garantire al destinatario la conoscenza dell’atto e di assicurare il contraddittorio tra le parti (Corte cost., 30 settembre 1998, n. 346 e Corte cost., 13 gennaio 2004, n. 28. Sulla funzione della notificazione in ambito tributario tra conoscenza effettiva e legale v., in particolare, M. Bruzzone, Notificazioni e comunicazioni degli atti tributari, Padova, 2006, p. 12). Di conseguenza una maggior chiarezza riguardo alle norme sulle notificazioni non può che essere accolta con favore.
4. Prima della riforma dello Statuto la legislazione non contemplava espressamente la categoria dell’inesistenza. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, ciò non avrebbe dovuto indurre a ritenere che la fattispecie non esistesse in quanto «il legislatore non ha motivo di disciplinare gli effetti di ciò che non esiste, non solo, com’è ovvio, dal punto di vista storico-naturalistico, ma anche sotto il profilo giuridico» (Cass. civ., SS.UU., Sent., 20 luglio 2016, n. 14916). Di conseguenza la stessa giurisprudenza aveva individuato le ipotesi al ricorrere delle quali la notificazione potesse considerarsi inesistente.
In particolare, con un importante arresto del 2016, la Cassazione aveva proposto una definizione generale di inesistenza della notificazione, con l’obiettivo di fare chiarezza rispetto alle posizioni giurisprudenziali precedenti non univoche in materia di inesistenza e nullità (per un’analisi e proposta di classificazione dei vizi di notifica v. S. Carunchio, Inesistenza e nullità degli atti tributari per vizi di notifica, in Il fisco, 2016, p. 2814 ss., secondo il quale i vizi della notifica possono essere divisi in tre gruppi: vizi attinenti ad aspetti soggettivi, al luogo in cui è stata effettuata la notifica o ad aspetti formali. Per dei commenti alle pronunce della Cassazione in cui si individuano ipotesi di notificazione inesistente v. anche M. Bruzzone, La notifica a mezzo posta è ‘inesistente’ se manca il civico nell’avviso di ricevimento, in Corr. Trib., 2013, p. 2323 ss.; S. Ginanneschi, Valida la notifica al familiare anche in caso di presenza occasionale presso la dimora del contribuente, in Corr. Trib., 2013, p. 2016 ss.; C. Glendi, È giuridicamente inesistente la notifica dell’atto impositivo al defunto ex art. 140 c.p.c., in GT - Riv. Giur. Trib., 2014, p. 114 ss.).
Secondo tale pronuncia, confermata da decisioni successive (v., da ultimo, Cass., Ord., 12 marzo 2024, n. 6482 e Cass., Sent., 6 marzo 2024, n. 6100), gli elementi costitutivi della notificazione devono essere individuati nella: (1) trasmissione svolta da un soggetto qualificato, al quale la legge attribuisce il potere di esercitare detta attività e (2) fase di consegna, intesa come conseguimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dalla legge. La presenza di tali requisiti, definiti strutturali dalla Cassazione, permette di ricondurre l’attività alla fattispecie legale della notificazione. L’inesistenza della notificazione si realizza proprio nei casi in cui mancano gli elementi costitutivi essenziali che rendono un atto identificabile come notifica. Ad esempio, se il collegamento al luogo o alla persona è considerato estraneo alla struttura della notificazione, il vizio di notificazione che ne consegue rientra nell’ambito della nullità e non dell’inesistenza della notificazione (Cass. 14916/2016, cit., confermata da ultimo da Cass. 6100/2024, cit.).
Questo porta la Corte a dichiarare che l’inesistenza non è un vizio più grave della nullità, poiché la distinzione tra nullità e inesistenza «si riconduce alla dicotomia tra atto e non atto» (Cass. 14916/2016, cit.).
5. Con l’art. 7-sexies l’inesistenza, da ipotesi residuale, di derivazione giurisprudenziale e dottrinale, diventa un’ipotesi esplicitamente disciplinata dalla legge. La disposizione dimostra di uniformarsi a quanto già affermato dalla giurisprudenza non solo nella codificazione della categoria concettuale dell’inesistenza della notificazione, ma anche nell’individuazione della fattispecie.
Al primo comma della norma si afferma, infatti, che l’inesistenza della notificazione può verificarsi solo in caso di assenza degli elementi costitutivi essenziali dell’atto; tutti gli altri difetti conducono alla nullità dell’atto stesso.
6. In secondo luogo, l’art. 7-sexies afferma che è inesistente la notificazione degli atti impositivi effettuata nei confronti di soggetti inesistenti, privi di collegamento con il destinatario oppure estinti. Ci sembra che il testo della disposizione sollevi incertezze riguardo al significato da ascrivere all’espressione «soggetti estinti». Occorre chiedersi se la disposizione si riferisca soltanto alle persone giuridiche oppure anche alle persone fisiche. Secondo un recente orientamento della Corte di Cassazione la notifica eseguita in capo al defunto, e non collettivamente e impersonalmente agli eredi, deve essere considerata nulla e non inesistente. Tale orientamento, avviatosi con una pronuncia del 2019 (Cass., Ord., 17 gennaio 2019, n. 1156), era stato sempre confermato dalle successive pronunce della Cassazione (v. , Ord., 6 ottobre 2023, n. 28215 Cass., Ord., 26 novembre 2021, n. 36841). L’interpretazione letterale del primo comma dell’art. 7-sexies sembrerebbe far propendere per l’inesistenza della notificazione di un atto tributario ad un soggetto deceduto, dal momento che indubbiamente la persona fisica deceduta è giuridicamente inesistente. Al contempo, tale interpretazione porterebbe ad avallare l’orientamento precedente della Cassazione, secondo il quale l’avviso di accertamento intestato ad un contribuente deceduto, che sia stato notificato nell’ultimo domicilio dello stesso, nonché la stessa notificazione dell’avviso, sarebbero affetti da nullità assoluta e insanabile (v. Cass., Sent., 5 settembre 2014, n. 18729 e giurisprudenza ivi richiamata).
7. Inoltre, per quanto riguarda le persone giuridiche è noto che, in ragione dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014, ai fini della validità e dell’efficacia degli atti tributari, l’estinzione della società di capitali ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese (sull’art. 28 c. 4 d.lgs. 175/2014 v. Ficari, La disciplina delle società estinte: il profilo dei termini di accertamento (art. 28, commi 4 e 6), in S. Muleo (a cura di), Commento al Decreto sulle Semplificazioni (D.Lgs. n. 175 del 2017), Torino, 2015, p. 129 ss.; G. Fransoni, L’estinzione postuma della società ai fini fiscali ovvero della società un poco morta e di altre amenità, in Rass. Trib., 2015, p. 47 ss.; G. Girelli, La sorte dei crediti fiscali dopo la cancellazione della società: molto rumore per nulla, in Riv. Dir. Trib., 2017, I, p. 72 ss.; A. Guidara, Sull’asserita agonia fiscale delle società di capitali estinte: una (diversa) interpretazione dell’intervento legislativo di fine 2014, in Riv. Dir. Trib., 2015, I, p. 375 ss.; F. Pepe, Le implicazioni fiscali della morte (e resurrezione?) delle società cancellate dal Registro delle imprese, in Riv. Dir. Trib., 2016, I, p. 60 ss.). La disposizione stabilisce quindi che l’effetto conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, cioè l’estinzione della società, è temporaneamente sospeso limitatamente ai casi in cui tale estinzione ha conseguenze sulla validità o sull’efficacia di determinati atti. Già in sede di adozione dell’art. 28, la disposizione era stata oggetto di critiche in dottrina. In particolare, ai fini di questo lavoro, ci sembrano interessanti i rilievi di chi si era chiesto come potesse avvenire la preservazione della validità ed efficacia di quelli fra gli atti indicati dall’art. 28, comma 4 che sono recettizi (G. Fransoni, L’estinzione postuma della società ai fini fiscali, cit.). La recettizietà richiede infatti la notificazione dell’atto e, dunque, l’individuazione della sede legale o del legale rappresentante della società estinta cui notificare l’atto stesso. Se si afferma che gli effetti della cancellazione con conseguenze sulla validità degli atti sono sospesi, l’art. 28 implicherebbe la sopravvivenza all’estinzione della sede legale oppure del legale rappresentante.
Alla luce di questa ricostruzione, la nuova formulazione dell’art. 7-sexies appare in contrasto con l’art. 28 (F. Pepe, La (possibile) futura disciplina generale, cit.). Infatti, secondo la norma, la notificazione dell’atto al soggetto estinto è inesistente. Si potrebbe dunque immaginare che la disposizione implichi un’abrogazione dell’art. 28 c. 4. Tuttavia, la stessa Corte costituzionale si era espressa sulla possibilità di notificare validamente gli atti intestati ad un soggetto non più esistente, affermando che essa si presenta coerente con il sistema tributario, in quanto l’art. 65 c. 4 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 permette già, con riguardo alle persone fisiche, che la notifica degli atti intestati al dante causa possa essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso. Tale notifica è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione prevista dalla norma stessa. Di conseguenza anche la possibilità di notificare validamente gli atti intestati ad un soggetto persona giuridica non più esistente dev’essere ritenuta ammissibile (Corte cost., 26 maggio 2020, n. 142; sulla questione v. anche Cass., Sent., 30 dicembre 2022, n. 38130).
Ci sembra poco plausibile che, con l’art. 7-sexies, il legislatore abbia voluto abrogare implicitamente l’art. 28 c. 4. Di conseguenza riteniamo che dal combinato disposto tra le due disposizioni debba desumersi che si possano adottare atti recettizi nei confronti di una società estinta, ma, alla luce dell’art. 7-sexies, essi non possono essere notificati alla sede legale della società stessa.
8. Infine, la disposizione non riconduce l’atto con notificazione inesistente a un atto inesistente, o a un non atto, com’era stato una prima volta affermato nella decisione 14916/2016 e poi confermato in alcune pronunce successive (v., da ultimo, Cass., Ord., 15 gennaio 2024, n. 1549). In tal modo la norma dimostra di superare l’ambigua affermazione contenuta nella giurisprudenza del 2016 che sembrava inconsapevolmente contraddire il filone giurisprudenziale consolidato secondo il quale la notificazione sarebbe una condizione di efficacia e non di esistenza dell’atto stesso (v., da ultimo, Cass., Ord., 5 febbraio 2024, n. 3199). D’altronde, ciò appare condivisibile a maggior ragione se si considera che al comma 2 dell’art. 7-sexies, come si vedrà meglio nel prosieguo, si afferma che l’inesistenza della notificazione ne comporta l’inefficacia. Ci sembra che, nel momento in cui si accetta che la notificazione attiene all’efficacia dell’atto, la sua assenza/inesistenza non possa comunque condurre a un non atto. Riteniamo dunque che tali affermazioni delle Sezioni Unite debbano essere considerate obiter dictum a suffragio della teoria che l’inesistenza della notificazione non sarebbe sanabile, a differenza della nullità.
9. Al secondo periodo del primo comma, l’art. 7-sexies prevede che «fuori dai casi di cui al primo periodo, la notificazione eseguita in violazione delle norme di legge è nulla, ma la nullità può essere sanata dal raggiungimento dello scopo dell’atto, sempreché l’impugnazione sia proposta entro il termine di decadenza dell’accertamento».
L’applicazione del principio della sanatoria della notifica nulla per raggiungimento dello scopo non è sempre stata pacifica nella giurisprudenza, tanto che per lungo tempo si è dubitato della possibilità di applicarlo anche agli atti impositivi (v., tra i molti, M. Bruzzone, L’essenzialità dell’intermediazione dell’agente notificatore e l’inoperatività della sanatoria dei vizi della cartella di pagamento, in GT - Riv. Giur. Trib., 2009, p. 83; C. Glendi, Rimessa alle SS.UU. la questione sulla sanabilità dei vizi di notifica degli atti impugnati, in Corr. Trib., 2003, p. 2473; Id., Le Sezioni Unite si pronunciano sulla sanatoria dei vizi di notifica degli atti impugnati nel processo, in Corr. Trib., 2004, p. 3711; G. Ingrao, Sulla sanatoria dei vizi di notifica si consolida un’interpretazione giurisprudenziale discutibile, in Rass. Trib., 2005, p. 1716; F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Vol. 1, Torino 2000, p. 192).
Tuttavia, a partire dal 2004, in giurisprudenza si è consolidato l’orientamento secondo il quale l’art. 156 si applica non solo agli atti processuali in senso stretto, ma anche agli atti del procedimento (v. in particolare Cass., SS.UU., Sent., 5 ottobre 2004, n. 19854). Infatti, la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario non impedirebbe l’applicazione di concetti propri del diritto processuale, specialmente nei casi in cui esista un esplicito richiamo a essi nella normativa tributaria (Cass. civ., Sez. V, Sent., 13 gennaio 2016, n. 384 e, da ultimo, Cass., Sent., 29 novembre 2023, n. 33135, Cass., Ord., 12 luglio 2023, n. 19988). Pertanto, l’applicazione all’avviso di accertamento delle norme sulle notificazioni nel processo civile ai sensi dell’art. 60 del d.p.r. 600/73 comporterebbe l’applicazione del regime delle correzioni civilistiche. Dal momento che l’articolo 156 comma 3 c.p.c. stabilisce che la nullità non può essere dichiarata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, secondo la giurisprudenza di Cassazione, la presentazione del ricorso da parte del contribuente ha l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento (Cass., Sent., 21 settembre 2016, n. 18480). Infatti, se la finalità della notificazione si sostanzia nel conseguire la certezza legale che l’atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del destinatario, la presentazione del ricorso da parte del destinatario consente di desumere l’avvenuta conoscenza legale dell’atto.
10. L’applicabilità dell’art. 156 c.p.c. agli atti impositivi è proceduta di pari passo con l’elaborazione della differenza tra nullità sanabile e inesistenza insanabile. Secondo parte della dottrina, la notificazione inesistente sarebbe caratterizzata da insanabilità assoluta e dunque irrimediabile; soltanto la sanatoria dei vizi di nullità sarebbe possibile tramite la proposizione del ricorso ( Adorno, Luogo di notificazione della impugnazione - Le Sezioni unite “salvano” la notificazione dell’impugnazione presso il difensore revocato, in Giur. It., 1° maggio 2017, p. 1095 ss.). D’altronde la stessa individuazione delle caratteristiche che porterebbero a ritenere una notificazione inesistente piuttosto che nulla è strettamente legata alla possibilità di sanatoria ex art. 156 c.p.c. Infatti, secondo la giurisprudenza, in ragione dell’applicazione di tale norma, la notificazione è inesistente in ogni caso in cui i vizi che la colpiscono rendano la notificazione assolutamente inidonea al raggiungimento dello scopo, in quanto mancante dei suoi elementi strutturali (v. su tutte Cass. 14916/2016, cit.). Di conseguenza la giurisprudenza maggioritaria di Cassazione sostiene l’impossibilità di sanare la notificazione inesistente (Cass., SS.UU., Sent., 5 ottobre 2004, n. 19854; Cass., Ord., 19 dicembre 2014, n. 27021; Cass., Sent., 26 febbraio 2019, n. 5556; Cass., Ord., 17 gennaio 2022, n. 1211; Cass., Sent., 4 agosto 2022, n. 24301). Tuttavia, esistono delle pronunce in cui è stato espresso il principio per cui la sanatoria ex art. 156 c.p.c. opererebbe sia in ipotesi di nullità sia in ipotesi di inesistenza, in quanto l’atto amministrativo di imposizione tributaria è sottoposto a un regime procedimentale che distingue la fase di perfezionamento ed esistenza dell’atto, dalla fase integrativa dell’efficacia (in Cass., Sent., 15 gennaio 2014, n. 654, si afferma che «tanto la nullità, quanto l’inesistenza della notifica dell’atto non rileva ove l’atto abbia raggiunto lo scopo, per il fatto di essere stato, in particolare, impugnato dal destinatario prima della scadenza del termine fissato dalla legge per l'esercizio del potere impositivo»; lo stesso principio si rinviene in Cass., Sent., 9 giugno 2010, n. 13852; Cass., Sent., 24 aprile 2015, n. 8374; Cass., Sent., 7 agosto 2015, n. 16610; Cass., Ord., 24 agosto 2018, n. 21071; Cass., Sent., 4 febbraio 2020, n. 2479, Cass., Ord., 21 febbraio 2024, n. 4656, che richiamano Cass. 654/2014). Secondo questa giurisprudenza, poiché la notifica non è un requisito per l’esistenza dell’atto, la sua mancanza o invalidità non ne comporterebbero automaticamente l’inesistenza, che potrebbe quindi essere anch’essa sanata quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio (in Cass. 16610/2015, cit.).
Possiamo affermare che, all’esito della riforma, il legislatore propenda per il filone maggioritario, secondo il quale soltanto la notificazione nulla può essere sanata.
11. L’art. 7-sexies chiarisce anche che l’impugnazione non può intervenire una volta spirato il termine di decadenza per l’accertamento. Con questa specificazione, la norma dimostra di recepire la posizione delle Sezioni Unite della Cassazione del 2004 (Cass. 19854/2004, ; confermata da Cass., Ord., 16 febbraio 2012, n. 2272; Cass., Sent., 8 maggio 2015, n. 9358; Cass., SS.UU., Sent., 2 ottobre 2015, n. 19704; Cass., Ord., 21 aprile 2021, n. 10445) secondo la quale la presentazione del ricorso non può mai convalidare retroattivamente un atto imperfetto, di per sé inidoneo a evitare la decadenza. Infatti, dai principi generali dell’ordinamento emerge che, nei casi in cui la legge impone limiti temporali all'esercizio di poteri amministrativi, non si può conferire validità ex tunc a un atto di esercizio del potere di accertamento in ritardo rispetto al termine stabilito dalle singole leggi fiscali (Cass. 19854/2004, cit.).
La disposizione specifica anche che la sanatoria ha effetto dalla data di presentazione del ricorso e quindi tale data è rilevante per verificare il rispetto dei termini di decadenza per l’accertamento. Di conseguenza, nel caso di un atto il cui processo di notifica è dichiarato nullo, per il contribuente risulta più vantaggioso contestare il primo atto cautelare o esecutivo invocando la nullità derivata. In particolare, ciò potrebbe essere vantaggioso qualora l’accertamento sia notificato, con notifica dichiarata nulla, in prossimità del termine di decadenza, poiché in questo caso l’Amministrazione potrebbe non avere il tempo necessario per rinnovare la notificazione. Diversamente, nell’ipotesi di inesistenza non sanabile, invece, è sempre possibile impugnare l’atto senza incorrere nell’applicazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c., sul raggiungimento dello scopo.
12. Infine, al secondo comma, l’art. 7-sexies afferma che la conseguenza dell’inesistenza della notificazione è l’inefficacia (sul concetto di «efficacia giuridica» si veda per tutti Falzea, voce «Efficacia giuridica», in Enc. dir. XIV, Milano, 1963, p. 432 ss.).
La giurisprudenza della Cassazione rispetto al fatto che il vizio della notificazione ha conseguenze solo sull’efficacia (non sull’esistenza dell’atto) era già consolidata prima dell’introduzione dell’art. 7-sexies nello Statuto (Cass., Sent., 15 gennaio 2014, n. 654, richiamata da ultimo da Cass., Ord., 12 marzo 2024, n. 6482 e da Cass., Ord., 29 gennaio 2024, n. 2683). Malgrado tale soluzione fosse stata ampiamente criticata in dottrina (E. Allorio, Diritto processuale tributario, Torino, 1969, p. 471; C. Glendi, Notifica degli atti “impoesattivi” e tutela cautelare ad essi correlata, p. 16 ss.; Id. Atti recettizi, predeterminazione normativa degli atti impugnabili e improponibilità di impugnazioni facoltative nel processo tributario, in Dialoghi Trib., 2008, p. 22 ss.; G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 2012, p. 381; P. Russo, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2007, 299; F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Torino, 2011, p. 202), essa si era consolidata nella giurisprudenza successiva (ex multis, v. G. Melis, Manuale di diritto tributario, cit., p. 395).
Proprio in ragione dell’esistenza di questa giurisprudenza consolidata, è già stato sottolineato in dottrina che, a una prima lettura, la norma potrebbe sembrare ultronea (F. Pepe, La (possibile) futura disciplina generale delle invalidità, cit.).
Per superare l’idea che la norma sia superflua o ambigua, può essere utile partire dall’originaria formulazione dell’art. 7-sexies, presente nell’atto del governo sottoposto a parere parlamentare, n. 97/2023 (atto del Governo della XIX legislatura) e ancora riportata nel summenzionato Dossier del Servizio Studi della Camera n. 194 del 30 novembre 2023, ma scomparsa nella formulazione finale del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219. Secondo tale formulazione «l’invalidità della notificazione di un atto recettizio ne comporta l’inefficacia».
Mantenendo la prima versione del secondo comma si sarebbe confermato l’orientamento prevalente di Cassazione secondo il quale l’atto recettizio nasce valido e perfetto con la sua emanazione da parte dell'ufficio, ma è inefficace se non validamente notificato. Il riferimento al concetto di «invalidità» avrebbe forse potuto comportare alcune ambiguità, potenzialmente inducendo a ritenere che l’invalidità (nullità e forse anche irregolarità) fosse meno grave dell’inesistenza (sul concetto giuridico di invalidità si vedano, su tutti, a R. Tomassini, voce «Invalidità», in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, p. 584 ss. e G. Conso, Il concetto e le specie di invalidità, Milano, 1955, p. 3 ss.). La norma, secondo la precedente formulazione incondizionata avrebbe potuto indurre a ritenere che l’atto con notificazione nulla fosse sempre inefficace. Ciò avrebbe potuto creare dei problemi di coordinamento con la parte della disposizione che prevede che la nullità della notificazione possa essere sanata rendendo l’atto efficace. In altri termini, affermando al primo comma che la nullità può essere sanata e, al secondo comma, che l’atto con notifica invalida è inefficace, senza ulteriori specificazioni (ad esempio, «è inefficace, salva la possibilità di sanatoria») la formulazione della disposizione nel suo insieme non sarebbe apparsa lineare. D’altronde la Cassazione aveva già sostenuto che «la dizione, poi, di ruolo e cartella di pagamento “invalidamente notificata” dovrebbe comportare l’applicabilità della disposizione sia alle ipotesi di notifica invalida, sia quelle di mancata notifica, o di notifica è inesistente» (Cass., Ord., 11 febbraio 2022, n. 4526).
Alla luce di queste considerazioni si potrebbe ritenere che il comma 2 non sia inutile ma che serva a specificare che dalla notificazione, anche quando essa è inesistente, dipende solo l’efficacia e non l’esistenza dell'atto tributario. Diversamente, l’atto con notificazione inesistente è sempre inefficace.
Riteniamo, comunque, che, per chiarezza, si sarebbe potuto forse affermare che l’inesistenza della notifica causa l’inefficacia non sanabile dell’atto, mentre la nullità della notifica ne causa l’inefficacia se e fino al momento in cui la notificazione non sia sanata entro i termini decadenziali.
13. Quale che sia l’opzione interpretativa per cui si propende riguardo al secondo comma dell’art. 7-sexies, rimane aperta la questione se il raggiungimento dello scopo, e quindi la sanatoria, attribuisca efficacia ex nunc oppure ex tunc all’atto sanato. Nell’ultima parte del comma 1 si afferma che la proposizione del ricorso, che testimonia la conoscenza dell’atto, può sanare la nullità della notificazione dell’accertamento solo se si realizza prima che sia spirato il termine di decadenza dell’accertamento. Ciò lascerebbe intendere che la sanatoria abbia effetti ex nunc e non ex tunc. In alternativa si potrebbe sostenere che la parte finale del comma 1 non generalizza l’efficacia ex nunc della sanatoria della nullità della notifica, ma pone solo un limite finale alla possibilità che l’impugnazione del contribuente sani la nullità della notificazione (non oltre il termine di decadenza dell’accertamento). In questa seconda ipotesi, l’atto nullo diverrebbe efficace ex tunc. Sebbene appaia preferibile l’ipotesi secondo la quale la sanatoria ha effetti ex nunc, nella giurisprudenza precedente alla riforma si affermava che i vizi relativi all’origine della nullità dell’atto fossero sanabili, con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo (Cass., Ord., 22 settembre 2017, n. 22117; Cass., Sent., 4 ottobre 2023, n. 28028; Cass., Ord., 18 gennaio 2024, n. 1898).
14. Di conseguenza sembrano doversi accogliere positivamente gli interventi del legislatore con i quali si sono codificate la differenza tra inesistenza e nullità della notificazione. Diversamente, ci sembra che sarebbe stato opportuno chiarire ulteriormente la natura dei soggetti estinti, la notifica ai quali produce inesistenza della stessa. In particolare, sarebbe stato opportuno specificare il coordinamento tra l’art. 7-sexies e l’art. 28 c. 4 d.lgs. 175/2014.