argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Legislazione e prassi
La Suprema Corte propende, ancora una volta, per la non imponibilità degli atti di conferimento di beni in trust in quanto il disponente non intende porre in essere alcun arricchimento nei confronti del trustee il quale, pur divenendone formalmente proprietario, non manifesta alcuna capacità contributiva: infatti, gli “effetti fiscali” dell’atto stesso rimangono “sospesi” fino alla definitiva attribuzione dei beni ai beneficiari finali.
» visualizza: il documento (Corte di Cassazione, 14 novembre 2019, n. 29642)PAROLE CHIAVE: trust - atti a titolo gratuito - imposte indirette - capacità contributiva
di Francesco Montanari
Con l’ordinanza 14 novembre 2019, n. 29642, la Suprema Corte pone un ulteriore “tassello” per una soluzione definitiva circa la vexata quaestio del regime impositivo connesso alla “fase genetica” dei trusts.
Nel corso degli anni, infatti, se, da un lato, sono stati risolti dalla giurisprudenza taluni dubbi interpretativi (ad es. è stata escluso dalla Suprema Corte che l’atto attributivo dei beni possa scontare l’imposta di registro in misura proporzionale in quanto “altro atto avente un contenuto patrimoniale”, ex art. 9, D. P. R. 131/1986, essendo riferibile tale norma solamente agli atti a titolo oneroso), dall’altro, si è sempre posto il problema dell’applicazione, o meno, dell’imposta sulle donazioni (fortemente ampliata nei presupposti in ragione della radicale riforma del 2006).
E’, infatti, noto che, in seguito a detta novella, il tributo colpisce oggi le “gratuità” in senso ampio e, soprattutto, la costituzione dei vincoli di destinazione (nell’ambito dei quali talune sentenze hanno annoverato, a fini impositivi, anche i trust).
La sentenza in esame – la quale fa seguito ad ulteriori numerosi precedenti nel medesimo segno di pochi mesi prima – chiarisce, ulteriormente, che l’atto con il quale vengono “conferiti” i beni in trust non può essere assoggettato ad imposizione, ciò in quanto, in estrema sintesi, il trustee non ottiene alcun arricchimento da parte del disponente. Secondo i Giudici di legittimità, infatti, per l'applicazione dell'imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Una soluzione di segno opposto andrebbe, altresì, a confliggere con il principio di capacità contributiva che impone la tassazione di una ricchezza attuale ed effettiva.
Tale orientamento, condivisibile e ben argomentato, pare essere ormai in fase di definitivo “consolidamento” e, a prescindere dalle peculiarità di ogni singola fattispecie, il dato comune alle diverse pronunce è il seguente: il presupposto dell’imposta comunemente denominata sulle “gratuità” non coinvolge la mera costituzione dei vincoli di destinazione, bensì, il reale trasferimento di beni o diritti e quindi il reale arricchimento dei beneficiari. A ciò consegue che l’atto costitutivo dei beni in trust non può essere ricondotto nel novero di quelli tassabili in quanto, come chiaramente affermato in ulteriori pronunce, il disponente vuole solamente che il trustee gestisca i beni conferiti in favore dei beneficiari (se previsti) segregandoli per la realizzazione dello scopo indicato nell'atto istitutivo del trust
A ciò consegue che l'intestazione dei beni al trustee – pur divenendone quest’ultimo pieno proprietario - deve ritenersi, fino allo scioglimento del trust, solo momentanea.
Pur essendo le menzionate sentenze inequivocabili e l’iter argomentativo seguito ineccepibile, sarebbe, comunque, auspicabile un intervento risolutivo delle Sezioni Unite in quanto sono noti precedenti (seppur maggiormente datati) di segno diametralmente opposto: infatti, l’esperienza insegna che la Suprema Corte ha, in più occasioni, mutato repentinamente e radicalmente il proprio indirizzo, con gravi conseguenze per la certezza del diritto e la stabilità dei rapporti giuridici.