argomento: Agevolazioni - Legislazione e prassi
Le attuali esperienze di zone franche in Italia non colgono le peculiarità della green economy. Si ipotizza, pertanto, un modello fiscale di “Zona Franca Verde” (ZFV) che persegua un “triplo dividendo”: incentivare le attività imprenditoriali, in particolar modo quelle rispettose dell’ambiente, al fine di contrastare lo spopolamento delle aree interne del Paese.
PAROLE CHIAVE: - - Zone franche - spopolamento - Zone franche urbane - fiscalitā ambientale
di Paolo Barabino
In estrema sintesi, le ZFU istituite e attuate in Italia[2] sono rivolte a micro e piccole imprese, aventi sede in quartieri degradati dal punto di vista socio-economico e prevedono l’attribuzione di una esenzione temporanea con riferimento alle imposte sui redditi, Irap, Imu e ai contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
La disciplina di simili ZFU non coglie tuttavia le peculiarità dell’economia ambientale e delle agevolazioni fiscali attribuibili a favore degli imprenditori green oriented. Essa, inoltre, non valorizza appieno, il ruolo – spesso rilevante – del lavoro autonomo specialmente all’interno dei centri urbani di minori dimensioni.
Le ZFD, d’altronde, incontrano stringenti vincoli di origine UE che rendono maggiormente complessa un’effettiva attuazione: infatti, dal primo maggio 2016, il Codice doganale unionale, Reg. UE 952/2013, consente agli Stati membri l’istituzione esclusivamente di zone franche (doganali) intercluse che comportano rilevanti problemi di delimitazione del territorio.[3]
Ciò premesso, la proposta normativa di seguito formulata sulle “Zone franche verdi” (ZFV) si rivolge alle imprese e ai lavoratori autonomi che esercitano l’attività in maniera eco-sostenibile[5] all’interno delle ZFV, individuate su porzioni di territorio comunale soggette al fenomeno dello spopolamento con conseguente degrado socio-economico dell’area interna.
La mappatura delle ZFV avverrebbe sulla base di parametri oggettivi quali la densità di popolazione e il reddito pro-capite inferiori alla media nazionale utili a conferire alla misura i caratteri della proporzionalità e della coerenza con la funzione della norma stessa.
Una prima modulazione delle ZFV potrebbe avvenire quale misura attuata nei limiti previsti dai c.d. aiuti de minimis (così come già avvenuto per le ZFU, con evidenti vantaggi dal punto di vista di immediatezza e semplicità attuativa, sebbene con efficacia/efficienza limitate).
Si sottolinea comunque l’opportunità di istituire simili agevolazioni fiscali attraverso un aiuto di Stato da autorizzare in deroga in virtù dell’art. 107, par. 3 del TFUE al fine di conferire una maggiore rilevanza nonché un carattere sistemico alle stesse. Infatti, in tal modo, le ZFV potrebbero essere attuate senza limiti quantitativi (tipici invece degli aiuti c.d. minori), fatte salve le disponibilità finanziarie. Si precisa che l’autorizzazione per l’istituzione delle ZFV quale aiuto di Stato in deroga dovrebbe riscontrare un esito positivo da parte della Commissione europea considerando sia l’esistenza delle già autorizzate ZFU sia la rilevanza di un interesse comune europeo costituito dal contrasto allo spopolamento con finalità economico-sociali e l’incentivazione di attività d’impresa green.
L’utilizzo della leva fiscale attraverso l’istituzione delle ZFV come quelle qui proposte mira a conseguire tre ordini di vantaggi (triplo dividendo, direbbero gli economisti): i) incentivare la crescita del mondo del lavoro, in particolar modo delle attività imprenditoriali (e di conseguenza anche del lavoro subordinato relativo ai dipendenti che verrebbero assunti, e delle libero professioni correlate) ii) concentrare le misure di vantaggio sulle attività imprenditoriali eco-sostenibili, iii) combattere lo spopolamento di determinati Comuni, fenomeno che interessa trasversalmente tutto il territorio nazionale.
“1 - Al fine di favorire lo sviluppo e l’integrazione sociale delle popolazioni abitanti in Comuni contraddistinti dal fenomeno dello spopolamento e incentivare lo svolgimento di attività eco-sostenibili, sono istituite, con le modalità di cui ai commi successivi, le zone franche verdi. Per tali finalità è istituito un fondo con dotazione pari a * euro per gli anni *.
d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, solo in caso di contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel territorio ove è stata istituita la zona franca verde. Per gli anni successivi l’esonero è limitato, per i primi cinque, al 60 per cento, per il sesto e settimo, al 40 per cento, per l’ottavo e nono, al 20 per
[1] Per un approfondimento sulle differenti tipologie di zone franche e sulla loro compatibilità costituzionale ed europea, sia consentito rimandare a P. Barabino, Le zone franche nel diritto tributario, Torino, 2020.
[2] Cfr. art. 1, c. 341 quater, Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 e successive modifiche.
[3] Vedasi da ultimo la ZFD di Cagliari ancora non operativa a causa dei limiti edificatori dell’area già individuata. La Cagliari free zone, divenuta poi Sardegna free zone (L.R. 2 agosto 2013, n. 20) è stata istituita per la gestione e organizzazione della zona franca di Cagliari attraverso il D.P.C.M. 7 giugno 2001, recante “Ulteriori disposi-zioni per l’operatività della zona franca di Cagliari” con il quale sono state fissate anche norme attuative per l’operatività della zona franca sulla base delle proposte della Regione Sardegna contenute nelle deliberazioni della giunta regionale del 25 luglio 2000 e 27 febbraio 2001.
[4] Cfr. art. 1465 A del Code général des impôts (CGI)1, introdotto dalla “loi d'orientation pour l'aménagement et le développement du territoire” del 4 febbraio1995 e modificata dalla “loi relative au développement des territoires ruraux” del 23 febbraio 2005.
[5] Il comma 3 della proposta prevede infatti lo svolgimento di attività “in funzione della loro capacità di assicurare la riduzione del consumo di risorse ambientali, degli scarti di produzione, della produzione di rifiuti, delle emissioni nocive per l’ambiente.”