argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza
L’ordinanza in commento riafferma, ma senza addurre argomenti nuovi e persuasivi, il precedente del 2017 che ha disapplicato l’art. 2 d.lgs. n. 546/1992, ritenendo devoluta alla giurisdizione tributaria l’opposizione ex art. 617 c.p.c. contro il pignoramento asseritamente non preceduto da valida notifica degli atti preparatori.
» visualizza: il documento (Cass. Ordinanza 14 aprile 2020, n. 7822)PAROLE CHIAVE: - esecuzione tributaria - opposizione esecuzione - opposizione agli atti esecutivi
di Massimo Cirulli
La domanda cautelare veniva rigettata dal g.e. con ordinanza resa il 13 settembre 2017 (anteriormente alla sentenza n. 114/2018 della Corte costituzionale, ma successivamente alla sentenza n. 13913/2017 delle Sezioni unite: le decisioni possono leggersi in Riv. trim. dir. trib., 2019, 745, con nota di M. Cirulli, Palinodia giurisprudenziale sulle opposizioni all’esecuzione tributaria), sul rilievo che l’opposizione all’esecuzione era inammissibile (secondo il testo all’epoca vigente dell’art. 57 d.P.R. n. 602/1973), mentre dell’opposizione agli atti esecutivi doveva conoscere il giudice tributario, avendo il contribuente eccepito la nullità del pignoramento non per vizio proprio, ma derivato, lamentando “la nullità della notifica delle cartelle di pagamento”. Con il provvedimento era pertanto assegnato termine perentorio per la riassunzione del giudizio di merito al giudice speciale.
La così disposta translatio iudicii non poteva che destare gravi e fondate perplessità: il debitore opponente non si era infatti doluto dell’omessa od invalida notifica delle cartelle di pagamento, talchè nella specie non era applicabile il principio enunciato nel 2017 dalle Sezioni unite, che avevano dichiarato la giurisdizione del giudice tributario a conoscere dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. contro il pignoramento asseritamente non preceduto dalla valida notificazione degli atti preparatori (cartella di pagamento e, ove richiesta, intimazione ad adempiere). Peraltro, la regula iuris si riferisce all’ipotesi che quell’omissione sia assunta ad unico motivo dell’opposizione di rito contro il pignoramento, che risulti pertanto affetto da un vizio derivato, mentre nella specie il contribuente si era doluto di un vizio proprio del pignoramento, stante l’inesistenza del terzo pignorato. Ed infatti la commissione tributaria provinciale, davanti alla quale il contribuente aveva tempestivamente riassunto la causa, con ordinanza 29 ottobre 2018 richiedeva d’ufficio il regolamento di giurisdizione ex art. 59 legge 18 giugno 2009, n. 69, ritenendosi priva della potestas iudicandi, nella considerazione che la massima di Cass. n. 13913/2017 era nella specie inapplicabile, mentre serbava assoluto silenzio sulla sopravvenuta Corte cost. n. 114/2018.
Le Sezioni unite: a) qualificano – interpretando la domanda del debitore - principale l’opposizione ex art. 617 e subordinata quella ex art. 615; b) dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’opposizione di rito, avendo il contribuente, per sua ammissione, ricevuto valida notifica delle cartelle di pagamento, talchè non si verte nell’ipotesi di c.d. pignoramento a sorpresa; c) quanto all’opposizione di merito, osservano che la contestazione contro la prima cartella si fonda su fatti estintivi del credito in thesi verificatisi in data anteriore alla notifica del ruolo e che quindi avrebbero dovuto dedursi davanti al giudice tributario mediante la tempestiva impugnazione dell’atto, mentre la contestazione contro la seconda cartella si fonda su un fatto sopravvenuto alla notifica (la concessa rateazione), il quale deve essere esaminato dal giudice ordinario, ove rigetti l’opposizione proposta in via principale.
Sarebbe pedante riproporre in questa sede le ragioni di fermo e motivato dissenso da tale conclusione. Mi limito ad osservare che il pignoramento è il primo atto dell’espropriazione forzata tributaria e che, per il disposto dell’art. 2 d.lgs. n. 546/1992, tutte le controversie concernenti atti successivi alla notifica della cartella e dell’intimazione sono sottratte al giudice tributario, dovendo continuare ad osservarsi l’art. 57 d.P.R. n. 602/1973, che attribuisce al giudice ordinario le opposizioni c.d. successive agli atti esecutivi. Resto convinto che i vizi del pignoramento non siano mai conoscibili dal giudice tributario, quale che sia il motivo addotto dall’opponente. Invece la S.C. osserva, a fondamento della dichiarata riserva al giudice tributario dell’opposizione al pignoramento c.d. a sorpresa, che con tale mezzo il contribuente eccepisce l’omissione o l’invalidità della notifica del titolo esecutivo, che per espressa previsione dell’art. 57 D.P.R. n. 602/1973 non può essere elevata a motivo di opposizione agli atti esecutivi.
La principale contraddizione che affligge la ratio decidendi è la seguente: l’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 concede l’impugnazione degli atti enumerati nel primo comma (e tra i quali non figura il pignoramento) “solo per vizi propri”; il pignoramento che si assume non preceduto dalla valida notifica degli atti preparatori è invece affetto, secondo la S.C., da un vizio derivato (il carattere derivato del vizio, predicato da Cass. n. 13913/2017, è riaffermato da Cass. n. 7022/2020, che nella specie dichiara la giurisdizione del giudice ordinario sull’opposizione ex art. 617 c.p.c. proposta contro il pignoramento affetto da vizio proprio, per inesistenza del terzo debitor debitoris, “dedotta come causa di nullità del pignoramento in quanto tale e non in quanto derivata da una nullità della notifica delle due cartelle, che anzi non era stata in alcun modo dedotta”: in motivazione, § 6.1); ne consegue che il pignoramento non può essere impugnato davanti al giudice tributario, né per vizio proprio (del quale deve conoscere il giudice ordinario), né per vizio derivato (pena la violazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992).
Nell’annotare la sentenza delle Sezioni unite pubblicata nel 2017, avevo osservato come fosse dubbio se il termine decadenziale per l’opposizione contro il pignoramento davanti alla commissione tributaria provinciale fosse quello codicistico di venti giorni, o piuttosto quello di sessanta giorni al quale è sottoposto il ricorso al giudice speciale. L’ordinanza in epigrafe non risolve expressis verbis la questione, pur sembrando propendere per la seconda alternativa. Si legge infatti nella motivazione (§ 5.1) che “quando la tutela concerne un atto esecutivo che si assume viziato per la mancanza o l'invalidità (sia per nullità sia per inesistenza) della notificazione della cartella o dell'intimazione oppure per vizi formali inerenti al loro profilo di contenuto forma, l'azione davanti al giudice tributario non è - lo si dice a precisazione degli insegnamenti di cui a Cass. n. 13913 del 2017 - un'opposizione agli esecutivi secondo il modello di cui all'art. 617 c.p.c., ma un giudizio ai sensi dell'art. 19, comma 3, del citato d.lgs. (n. 546/1992, n.d.a.), del quale si può dire solo che ha una funzione simile a quella del rimedio dell'art. 617”.
Se prima della sentenza della Corte costituzionale al soggetto passivo dell’espropriazione tributaria era riservato un trattamento ingiustamente deteriore rispetto al suo omologo dell’esecuzione di diritto comune, ora al privilegium fisci si sostituisce il privilegium debitoris. Il contribuente, sol che deduca non essere stato il pignoramento preceduto dalla valida notifica degli atti preparatori, dispone di sessanta giorni (termine al quale dovrebbe applicarsi la sospensione feriale, in quanto il combinato disposto degli artt. 1 e 3 legge 7 ottobre 1969, n. 742 e 92 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 si applica alle opposizioni esecutive, mentre non è ontologicamente tale – secondo l’ordinanza in rassegna - l’opposizione contro il pignoramento a sorpresa) per gravarsi davanti alla commissione tributaria provinciale e fruisce del doppio grado di merito, stante l’appellabilità della sentenza della commissione tributaria provinciale (laddove la sentenza ex art. 618, comma 2, c.p.c. è ricorribile per cassazione). La giurisdizione viene a dipendere non dal petitum sostanziale, che è la domanda di annullamento del pignoramento viziato, ma dalla prospettazione del vizio del pignoramento, siccome asseritamente non preceduto dalla valida notifica degli atti preparatori.
Il contribuente che chiede l’invalidazione del pignoramento impugna un atto che non costituisce esercizio della potestà impositiva (già consumata con l’iscrizione a ruolo), ma dà avvio all’espropriazione forzata. Se il pignoramento non è stato preceduto dalla valida notifica degli atti prodromici, il contribuente è rimesso nel termine per l’impugnazione davanti al giudice tributario del ruolo, che costituisce il titolo esecutivo: ma in questo caso il pignoramento non è l’oggetto del processo, bensì il presupposto del gravame. A seguito del pignoramento diventa conoscibile l’atto presupposto, che il debitore può impugnare nella sede propria, fermo restando che l’opposizione agli atti esecutivi si propone davanti al g.e.
Viene in proposito addotto l’esempio della prescrizione, che se “si assume verificata perché la notifica della cartella o dell'intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in modo inesistente e, quindi, non si potè verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione”, allora suppone “l'accertamento di detti vizi della notifica e, dunque, si risolve in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria tramite l'impugnazione della cartella o dell'intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell'atto esecutivo che ne rivela l'esistenza. L'opposizione ai sensi dell'art. 615 non è data. Essa è data, invece, se la prescrizione si assume verificata per il decorso del tempo dopo una valida notifica o comunque per il decorso del tempo a prescindere dalla mancanza della notifica o dalla sua inesistenza o dalla sua nullità: si pensi al caso in cui un pignoramento sia compiuto in un momento che si colloca oltre il termine di prescrizione ancorchè calcolato dalla valida notifica della cartella o dell'intimazione (si veda, per questa ipotesi, di recente, Cass. Sez. un., n. 34447 del 2019, per un'applicazione in tema di esecuzione forzata concorsuale) oppure dal momento in cui si sarebbe in thesi collocata la notifica nulla, mancante o inesistente di detti atti” (in motivazione, § 4.3).
Il richiamo alla sentenza n. 34447/2019 non somministra valido argomento a favore della giurisdizione del giudice ordinario in materia di opposizione all’esecuzione. Tale decisione ha statuito, in tema di prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, che la decisione dell’eccezione opposta dal curatore del contribuente fallito spetta al giudice delegato ed al tribunale in sede di opposizione allo stato passivo, non al giudice tributario (Cass., Sez. un., 24 dicembre 2019, n. 34447, in GT – Riv. giur. trib., 2020, 394, con nota di L. del Federico, Quando le questioni relative alla prescrizione del credito tributario rientrano nella cognizione del Tribunale fallimentare). Il principio va condiviso, sia pure per una ragione diversa da quella addotta in motivazione: oggetto della verifica endoconcorsuale è infatti il diritto processuale al concorso e non il diritto sostanziale di credito (contestato, invece, con l’opposizione di merito all’esecuzione). Inoltre (e sul punto deve convenirsi con le Sezioni unite) non esiste un atto, successivo alla cartella di pagamento, astrattamente impugnabile davanti al giudice tributario (non è certamente tale la domanda di ammissione al passivo, che non costituisce atto della riscossione coattiva).
L’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 esclude la giurisdizione del giudice tributario in ordine alle “controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”; e mentre le opposizioni ex art. 617 c.p.c. hanno ad oggetto “singoli atti di esecuzione”, l’opposizione all’esecuzione concerne “il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata”: il precetto ed il pignoramento non costituiscono l’oggetto, ma il presupposto dell’opposizione, che investe il diritto processuale alla tutela (per difetto di titolo esecutivo) od il diritto sostanziale tutelato (per motivi di merito). Alla diversità di oggetto corrisponde – stante la correlazione tra competenza e thema decidendum – il diverso regime della competenza: che spetta al tribunale per l’opposizione ex art. 617 c.p.c., quale che sia il valore del credito, ed al giudice competente per materia o valore per l’opposizione ex art. 615 c.p.c. L’invalidazione del pignoramento è l’effetto della pronuncia favorevole al debitore, non l’oggetto principale del giudizio di opposizione all’esecuzione.
Resta pertanto ferma, a parer mio, la necessità che entrambe le opposizioni siano proposte, dopo il pignoramento, con ricorso al g.e., al quale è riservata l’adozione del provvedimento sulla sospensione, con contestuale rimessione della causa al giudice munito della giurisdizione e della competenza per il merito: il tribunale per l’opposizione agli atti esecutivi e per l’opposizione con la quale sia eccepita l’impignorabilità, la commissione tributaria provinciale per le altre opposizioni all’esecuzione. La sospensione dell’esecuzione si converte in misura estintiva alle condizioni previste dall’art. 624, comma 3, c.p.c.
Alla introduzione del processo a cognizione piena davanti al giudice tributario non sono di ostacolo né l’inesistenza di un atto impugnabile (che può essere individuato nel ruolo, ormai privo della sua efficacia esecutiva in ragione di un fatto sopravvenuto: cade acconcia la citazione di E. Allorio, Diritto processuale tributario2, Torino, 1953, 238, quando nota che con l’opposizione di merito “non è impugnato il titolo esecutivo come tale, nella sua genesi formale; ma in quanto presta il suo manto a un credito che non sussiste”), nè il divieto di azioni dichiarative in sede tributaria, stante la natura costitutiva dell’azione in opposizione all’esecuzione (M. Cirulli, Le opposizioni nel processo esecutivo, Milano, 2018, 294 ss.).
La ricostruzione che precede potrebbe esporsi, tuttavia, ad un rilievo: se la giurisdizione costituisce un presupposto per la valida decidibilità nel merito della causa (piuttosto che un presupposto processuale, stante che il difetto di giurisdizione, al pari dell’incompetenza, non impedisce la prosecuzione del giudizio davanti al giudice munito della potestas iudicandi, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, a condizione che la translatio sia tempestiva), come può il g.e., il quale ritenga che la cognizione del merito spetti al giudice tributario, sospendere il processo esecutivo? Il provvedimento interinale, infatti, ha funzione parzialmente anticipatoria della decisione a cognizione piena (M. Cirulli, La sospensione del processo esecutivo, Milano, 2015, 295 ss.); se non può ottenersi in sede cautelare un risultato non conseguibile in via ordinaria, allora il g.e. non può erogare una tutela strumentale ad una protezione definitiva della situazione soggettiva controversa che il suo ufficio non potrebbe mai assicurare, essendo privo della potestà giurisdizionale. Tuttavia l’argomento, valido in linea generale, prova troppo se esteso all’opposizione all’esecuzione. Il g.e. ha infatti il potere di adottare il provvedimento sospensivo ancorchè sia incompetente per il merito l’ufficio al quale appartiene, come si argomenta dall’art. 616 c.p.c., che impone al magistrato, definita la fase sommaria, di rimettere la causa al giudice competente.
4. A mò di finale epitome propongo il seguente schema classificatorio delle opposizioni all’esecuzione tributaria (tratto, non senza difficoltà, dalla massima ufficiale enunciata nell’ordinanza annotata), in relazione alla natura dei vizi e degli atti, con indicazione, per ciascuna fattispecie, della giurisdizione ritenuta competente dalle Sezioni unite: a) vizi formali e di merito della cartella e dell’intimazione validamente notificati: giudice tributario; b) vizi formali della cartella e dell’intimazione non notificati, od invalidamente notificati, dei quali il contribuente venga a conoscenza soltanto a seguito del pignoramento: giudice tributario; c) fatti estintivi del credito posteriori alla notifica della cartella o dell’intimazione: giudice tributario, se è rilevante l’accertamento della omissione, inesistenza o nullità della notifica; giudice ordinario negli altri casi; d) vizi formali propri del pignoramento: giudice ordinario; e) vizio formale del pignoramento per omessa od invalida notifica degli atti preliminari: giudice tributario.