argomento: Agevolazioni - Giurisprudenza
Con l’ordinanza annotata, la Suprema Corte afferma che il godimento delle agevolazioni fiscali da parte delle Associazioni Sportive Dilettantistiche è subordinato all’inserimento, nell’atto costitutivo o nello statuto, delle clausole espressamente indicate dalle normative fiscali di riferimento. In aggiunta ai suddetti adempimenti formali fondamentali, inoltre, occorre dimostrare che l’ASD svolga in concreto un’attività sportiva, ritenendo irrilevante la mera iscrizione al Registro del CONI. La Suprema Corte si pronuncia altresì sulla natura di ente “non commerciale”, confermando l’orientamento maggioritario, secondo cui la presunzione de qua rileva esclusivamente nei casi in cui l’attività di cessione di beni e servizi prestata dall’ASD nei confronti dei soci e sia svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
» visualizza: il documento (Ordinanza Cass. Civ., sez. V, 9 giugno 2020, n. 10980)PAROLE CHIAVE: agevolazioni fiscali - enti non commerciali - ASD - registro CONI
di Davide Stefani
Com’è noto, il regime fiscale introdotto dalla Legge n. 383 del 2000 consente, a particolari tipologie di enti, di autofinanziarsi con i proventi della cessione di beni e servizi alla clientela e di beneficiare di una presuntio legis di “non commercialità”.
Tale presunzione, ai sensi dell’art. 148 TUIR e dell’art. 4 D.P.R. n. 633 del 1972, deve essere prestata non solo in favore dei soci iscritti e tesserati, ma anche «in diretta attuazione degli scopi istituzionali» e «in conformità alle finalità istituzionali» (in tema cfr. M. TRAVAGLIONE, Inquadramento tributario degli enti non commerciali: sviluppo ed evoluzione, in Dir. prat. trib., 2005, 25; A. RUSSO, Bar dei circoli culturali e presunzione di “commercialità”: irremovibile la Cassazione, in Il Fisco, 2013, 288; F. NAPOLITANO, Circoli ricreativi-culturali: commerciale l’esercizio anche se svolto nei confronti dei propri associati, in Il Fisco, 2018, 2884).
Alla luce di tale limite funzionale e teleologico, la tendenza giurisprudenziale, come è parso di capire, ha interpretato la suddetta disciplina normativa con rigore. La giurisprudenza maggioritaria, infatti, ad eccezione di qualche precedente difforme (vedi infra), ha applicato la presunzione di “non commercialità” secondo un criterio letterale strettamente legato al significato della disposizione, precludendo – in sostanza – la concessione dei benefici fiscali qualora l’attività di cessione di beni e servizi non sia svolta, essenzialmente, per il raggiungimento dei fini istituzionali.
In questo senso, si è ritenuta “non commerciale”, come nella fattispecie in esame, l’attività di ristoro e bar esercitata dalla medesima associazione non profit, non potendo essere tale attività ritenuta strumentale al raggiungimento, in questo contesto, del fine sportivo (cfr., ex pluribus, Cass. civ., Sez. V, 20 ottobre 2008, n. 25463, in Banca Dati Leggi d’Italia).
Conseguentemente, ad eccezione di isolati precedenti giurisprudenziali, che hanno ritenuto «complementare, se non essenziale, alla sussistenza stessa del suo carattere ricreativo», si osserva che la possibilità di usufruire dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 148 comma 4 TUIR dipende dal concorso di due circostanze: in primo luogo, che l’attività svolta non abbia natura commerciale e sia quindi “pregiudiziale” agli scopi istituzionali; in secondo luogo, che lo svolgimento dell’attività sia esercitata esclusivamente nei confronti dei soci (per l’orientamento maggioritario, cfr. Cass. civ., Sez. V, Ord., 13 giugno 2018, n. 15474; Cass. civ., Sez. V, 30 giugno 2006, n. 15191, in Banca Dati Pluris; Cass. civ., Sez. V, 30 novembre 2012, n. 21406, in Banca Dati Pluris; Cass. civ., Sez. V, 12 ottobre 2005, n. 19839, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. civ., Sez. V, 3 maggio 2002, n. 6340, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. civ., Sez. V, 29 marzo 2000, n. 3850, in Banca Dati Pluris; per l’orientamento minoritario, Cass. civ., Sez. V, 13 gennaio 2004, n. 280, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. civ., Sez. V, 20 settembre 2005, n. 18560, Banca Dati Pluris).
Nel caso di specie, dunque, confermando l’orientamento maggioritario, la Suprema Corte escludeva la natura “non commerciale” dell’attività di bar-ristoro dell’associazione, avallando la contestazione dell’Amministrazione finanziaria in sede di avviso di accertamento.
La ratio di tale disciplina giuridica è da individuarsi nella certezza circa l’esistenza dell’ente non profit e nella conseguente valutazione, ai fini tributari, circa la legittimità della concessione dei benefici fiscali (cfr., in argomento, F. NAPOLITANO, L’ASD ente non commerciale fruisce dei benefici fiscali anche sulle attività commerciali svolte, in Il Fisco, 2020, 2174).
Tanto premesso, la contestazione indirizzata alla contribuente concerneva il mancato possesso dei requisiti idonei per fruire del regime agevolato di cui alla Legge n. 398 del 1991, a causa dell’assenza non solo dell’atto costitutivo, dello statuto (e dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 1 della Legge citata), ma anche delle clausole statutarie richieste come necessarie per la valutazione concreta ed effettiva circa l’esistenza dell’associazione sportiva.
Si pensi, ad esempio, a quelle clausole statutarie che, ai sensi della citata Legge, prevedono l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’associazione, in caso di suo scioglimento, ad altra associazione con finalità analoghe, ovvero alla predisposizione di modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto associativo; clausole che, come evidenziato dall’ordinanza annotata, parrebbero essere sostanzialmente simili a quelle richieste dall’art. 148 TUIR.
Occorre tuttavia precisare che la mera presenza delle clausole statutarie non pare essere considerata sufficiente ai fini del godimento delle agevolazioni fiscali; occorre altresì che l’ente si conformi ed attui concretamente il loro contenuto, poiché è «rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto».
Così, la recente tendenza giurisprudenziale – da una parte – ha evidenziato che il disconoscimento dei benefici fiscali possa avvenire nei casi in cui, seppur si sia in presenza di uno statuto o di un atto costitutivo, le clausole ivi contenute non siano in concreto rispettate (cfr. CTP Lombardia, Milano, Sez. I, 29 settembre 2016, in Banca Dati Pluris); dall’altra, ha riconosciuto la legittimità dei suddetti benefici fiscali qualora, nell’ipotesi in cui l’amministratore di una ASD ricopra la medesima carica in altre associazioni sportive in violazione dell’art. 90 comma 18 bis L. n. 289 del 2002, il principio di democraticità della vita sociale, nella sostanza, sia pienamente rispettato (cfr. CTP Emilia Romagna, Reggio Emilia, Sez. II, 12 ottobre 2018, in Banca Dati Leggi d’Italia).
Conseguentemente, in tanto i benefici fiscali sono legittimamente concessi, in quanto dal loro godimento sia dimostrata la reale “vita associativa”.
A nulla rileverebbe, infine, come invece sostenuto dalla difesa, il fatto che l’art. 90 della Legge n. 289 del 2002, così come modificato dalla Legge n. 128 del 2004, abbia semplificato la procedura delle associazioni sportive dilettantistiche, potendo l’atto costitutivo essere redatto senza il ministero del Notaio, dovendo invece – al fine di garantire certezza al fenomeno associativo, anche ai fini tributari – rispettare le forme per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o registrata (in argomento, si veda F. NAPOLITANO, L’ASD priva di atto costitutivo e statuto non può fruire dei benefici fiscali, cit., 2877).
In particolare, posta come necessaria l’esistenza materiale dell’atto costitutivo, dello statuto e delle relative clausole, con l’ordinanza commentata la Suprema Corte sembrerebbe invece considerare irrilevante l’elemento formale dato dall’iscrizione dell’associazione sportiva al registro del CONI.
Tale adempimento, infatti, nel giudizio volto alla dimostrazione della legittimazione al godimento dei benefici fiscali, sarebbe da considerarsi meramente neutrale e non influente, rispetto all’elemento sostanziale dell’esercizio effettivo di attività sportiva.
Tale presa di posizione, a mero giudizio dello scrivente, potrebbe porsi in controtendenza rispetto a quella parte di dottrina e giurisprudenza che invece ritiene necessaria la registrazione al Registro CONI, quale ulteriore condizione formale per godere del regime fiscale agevolato (cfr., per la giurisprudenza, Comm. trib. reg., Lombardia, Milano, sez. XXIV, 25 febbraio 2014, n. 1780, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. Civ., Sez. V, Ord. 13 novembre 2019, n. 29402, in Banca Dati Pluris; in dottrina, si veda A. GAETA, Associazioni Sportive Dilettantistiche: è necessaria l’affiliazione per fruire delle agevolazioni ex legge n. 398/1991, in Il Fisco, 2019, 4480; G. VALORI, Il diritto nello sport, Torino, 2016, 11 e ss.; G. VIDIRI, Agevolazioni tributarie alle associazioni sportive dilettantistiche, in Le Società, 1992, 628; G. M. CIPOLLA, Il regime di tassazione dei redditi prodotti dalle associazioni sportive dilettantistiche, in V. UCKMAR (a cura di), Lo sport e il fisco, Milano, 2016, 47; in tema di sponsorizzazioni, si veda A. R. CIARCIA, Il regime di deducibilità delle spese di sponsorizzazione a favore delle ASD, in Riv. trim. dir. trib., 2020, 257, ove l’Autrice afferma che, per lo sponsor, una delle condizioni previste per la deducibilità delle spese sostenute in favore del soggetto sponsorizzato è proprio l’inserimento di quest’ultimo nel Registro delle associazioni sportive dilettantistiche presso il CONI).
Segnatamente, secondo tale orientamento, ai fini del godimento delle agevolazioni fiscali ex art. 1 della Legge n. 389 del 1991, le ASD devono necessariamente ottenere l’iscrizione al Registro CONI, la quale altro non è che il definitivo riconoscimento del titolo sportivo (per approfondire, circa la natura legale o regolamentare del Registro CONI, si veda G. MARTINELLI, Agevolazioni fiscali e iscrizione presso il registro CONI, in Enti non profit, 2011, 10).
Prescindendo, ora, dal caso di specie (che, come visto, rinviene la sua peculiarità nella totale assenza di un elemento formale circa la veste giuridica assunta), la Suprema Corte parrebbe ammettere – in linea teorica – la concessione dei benefici fiscali de qua anche in assenza d’iscrizione dell’ASD al registro del CONI, purché sia dimostrato l’esercizio effettivo dell’attività senza fini di lucro.
Se così fosse, allora, tale orientamento potrebbe favorire l’accesso ai benefici fiscali suddetti anche ad associazioni non formalmente “sportive”, in conformità a quella parte di giurisprudenza, minoritaria, che – in taluni noti precedenti – non aveva ad esse disconosciuto il godimento del regime agevolato, ove dimostrata l’esistenza dell’attività senza fini di lucro (in giurisprudenza, si vedano i seguenti precedenti: Cass. Civ. Sez. V, 13 novembre 2003, n. 17119, in Banca Dati Leggi d’Italia; più di recente, CTP Marche, Macerata, Sez. II, Sent., 30 maggio 2011, n. 173, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. Civ., sez. V, 5 agosto 2016, n. 16449, in Banca Dati Pluris; Cass. civ., Sez. VI, Ord., 30 aprile 2018, n. 18393, in Banca Dati Pluris; Cass. civ., Sez. VI, 5 Ord., 24 novembre 2017, n. 28175, in Banca Dati Leggi d’Italia; Cass. Civ., Sez. V, 13 novembre 2003, n. 17119, in Banca Dati Pluris; tra i commentatori in dottrina, si vedano cfr. R. CARMINA, L’illegittima limitazione delle agevolazioni fiscali agli enti sportivi dilettantistici facenti parte del sistema sportivo istituzionalizzato alla luce del disposto costituzionale e della ricostruzione sistematica della normativa relativa all’elenco C.O.N.I., in Dir. prat. trib., 2015, 20324; G. MARTINELLI, Agevolazioni fiscali e iscrizione presso il registro CONI, cit., 10; G. RAGUCCI, Il principio di legalità tributaria impone l’irrilevanza dell’iscrizione nel registro del CONI per l’accesso ai benefici fiscali degli enti sportivi dilettantistici, in GT – Riv. giur. trib., 2011, 998).
Si pensi, sotto quest’ultimo profilo, agli eSports (Elettronic Sports). Tale disciplina, praticata da atleti e sportivi, non solo a livello nazionale, ma anche mondiale, a causa del difetto di formale riconoscimento, patirebbe una verosimile discriminazione rispetto ad altre discipline sportive affini (quali, per esempio, gli scacchi e il bridge) nelle quali l’attività motoria è, in tutto od in parte, assente e che, diversamente dagli elettronic sports, vantano un espresso riconoscimento (in generale, sul fenomeno e-Sportivo, C. SAMBALDI, A. STRATA, Esports: un universo dietro al videogioco, Terni, 2019; M. PITTALIS, Sport e diritto, Milano, 2019, 5; K. JONASSON, J. THIBORG, Electronic sport and its impact on future sport, in Sport in Society, 2010, 287; A. CONI, Reality is broken: videogaming as a new form of sport. The accession of esports, in Riv. dir. econ. Sport, 2016, 81).