Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

28/12/2020 - La risposta dell’agenzia delle Entrate in tema di MLBO e abuso del diritto

argomento: Attuazione del tributo - Legislazione e prassi

La Risposta è stata emessa a seguito dell’interpello avente ad oggetto una operazione di Merger Leveraged Buy Out (MLBO). L’operazione descritta è strumentale all’assunzione del controllo di diritto della società da parte del socio di minoranza e all’acquisizione di una partecipazione di rilievo da parte del general manager, non socio. L’Agenzia delle Entrate ravvisa l’Abuso del Diritto e, dopo aver rilevato il risparmio fiscale e la sua natura indebita, argomenta l’assenza di ragioni economiche e individua nel recesso societario il percorso “più naturale” per gli obbiettivi su menzionati.

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PAROLE CHIAVE: MLBO - abuso di diritto - sostanza economica - interpello - recesso tipico - recesso atipico


di Paolo Torracca

  1. La Risposta in commento (per la descrizione della fattispecie si rinvia al testo pubblicato) sembra allineata ai più recenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate in tema di ristrutturazione del controllo societario e merger leveraged buy out. Infatti, a partire dal 2019, l’Agenzia delle Entrate, con il Principio di Diritto n. 20 del 23 luglio 2019 e la Risposta n. 341 del 23 agosto 2019, sembra disconoscere la validità del MLBO finalizzato al riassetto del controllo della società nell’ambito del passaggio generazionale (ANTONINI-PAVESI, Rivalutazione delle partecipazioni e riorganizzazioni societarie: perplessità sulle interpretazioni dell’Agenzia, in Il Fisco, 2019, 38, p. 3707; LAUGELLI, Rivalutazione delle partecipazioni in ambito di passaggio generazionale, in Pratica Fiscale e Professionale, 2020, 13, p. 41. Più in generale sui profili antielusivi: CONTRINO, La trama dei rapporti tra abuso del diritto, evasione fiscale e lecito risparmio d’imposta, in Diritto e Pratica Tributaria, 2016, 4, p. 1406 ; BEGHIN, La cessione di partecipazioni affrancate e il leveraged cash out tra interpretazione della legge e abuso del diritto, in Boll. Trib., 2020, 21, p. 1551). Di contro, tale impostazione non sembra del tutto coerente con quanto precedentemente espresso nella Circolare n. 6/E del 2016, già menzionata, dove l’MLBO è descritto quale strumento tipico e valido, se diretto ad un effettivo cambio di controllo della società (pur permanendo margini di incertezza con riferimento alle ipotesi in cui nella compagine risultante dall’operazione permangano “i medesimi soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano la società target”: BONTEMPO, I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulle acquisizioni con indebitamento, in Il Fisco, 2016, 17, p. 1638; COMMITTERI, Operazioni di Leveraged Buy Out: nella circolare molte luci e qualche ombra, in Il Fisco, 2016, 18, p. 1753; FORMICA – DE NICOLA, Change of control ed elusività delle operazioni di LBO/MLBO, in Il Fisco, 2016, 41, p. 3919; ANTONINI – PAPOTTI, Luci ed ombre dei chiarimenti dell’Agenzia sulle operazioni di “Leveraged Buy-Out”, in Trib., 2016, 20, p. 1541).

La Risposta in oggetto, per quanto accolta con sollievo (seppur parziale) da parte di alcuni commentatori (MICHELUTTI - ROSSI, Rivalutazione delle partecipazioni, dalle Entrate un passo in avanti, il Sole 24 Ore del 22 ottobre 2020) che hanno evidenziato, quanto meno, la mancata trasformazione in recesso tipico delle cessioni a SPV da parte dei soci uscenti, risulta censurabile sotto vari aspetti.

  1. In questa sede si vuole porre l’attenzione sui profili inerenti il fatto che l’operazione descritta sarebbe “priva di sostanza economica” …. “inidonea a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali” ed avrebbe comportato un “numero superfluo di negozi giuridici non coerente con le normali logiche di mercato”, parafrasi queste contenute nella Risposta in commento, con un espresso riferimento ai dettami dell’art. 10-bis, 1° comma e al 2° comma lettera a) dello Statuto del Contribuente, dove sono riportati gli indicatori dell’assenza di sostanza economica (MIELE, Abuso del diritto: quale certezza nei rapporti tra Fisco e contribuente?, in Trib., 2020, 2, p. 125; CARRIOLO, LBO: disapplicazione dei vincoli e valutazioni antiabuso, in Il Fisco, 2020, 45, p. 4357; LEO, Leverage cash out: l’abuso non è automatico, in Corr. trib., 2020, 4, p. 327).
  2. Volendo, quindi, procedere ad una indagine sulla sostanza economica dell’operazione descritta, occorre preliminarmente osservare che il punto di partenza è quello di una compagine distribuita tra più soci, nessuno in posizione di controllo di diritto, il quale controllo, conseguentemente, può essere raggiunto attraverso combinazioni diverse di insiemi di soci.

Il progetto decritto presenta due elementi chiave ai fini del riassetto del capitale e della governance della società. Il primo è quello dell’assunzione del controllo di diritto da parte del socio di minoranza che riveste il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società. Il secondo è quello dell’ingresso nella compagine sociale del general manager con una partecipazione di rilievo (per una rassegna di giurisprudenza, anche recente, sulla rilevanza economica del riassetto proprietario del capitale sociale: COMMITTERI, Leveraged buy-out e mutamento dell’assetto proprietario, in Corr. Trib., 2019, 4, p. 352; ANTONINI – ZOPPIS, Esclusa la sostanza economica dell’LBO in mancanza di cambio di controllo della target, in Il Fisco, 2020, 6, p. 577).

Il primo elemento risulta determinante ai fini della stabilizzazione del controllo della società con l’effetto di evitare la formazione di maggioranze diverse, e contrapposte, nonché possibili contrasti societari che porterebbero, inevitabilmente, conseguenze negative sull’attività sociale. In merito alla valenza sul piano economico di tale scopo è anche utile ricordare come “il fine di stabilizzare gli assetti proprietari e il governo della società” rappresenti il fulcro della disciplina dei patti parasociali, oggetto di riconoscimento normativo nell’ambito della riforma (D. lgs. 6/2003) che ha introdotto l’art. 2341-bis del Codice civile.

Il secondo elemento risulta altrettanto rilevante in termini economici nella prospettiva della fidelizzazione di una figura chiave all’interno dell’organigramma aziendale che potrebbe decidere di trasmigrare altrove. Inoltre, l’ingresso del manager nel capitale si riflette sulla società attraverso la ragionevole aspettativa di un miglioramento dei risultati economici ai quali lo stesso manager andrebbe a compartecipare. Volendo limitarci al richiamo di alcune norme delle disciplina generale, quale testimonianza della valenza sul piano economico di siffatto elemento, si osserva come siano diffuse le disposizioni dirette a favorire l’ingresso di manager o dipendenti nel capitale della società (basti menzionare, nell’ambito del TUIR, all’art. 51, comma 2-bis, avente ad oggetto la disciplina di favore in caso si assegnazione delle azioni ai dipendenti, ovvero, nell’ambito del Codice civile, all’art. 2349, dedicato all’attribuzione di utili ai dipendenti e ai prestatori di lavoro tramite l’assegnazione di categorie di azioni e all’art. 2441, ultimo comma, diretto a disciplinare l’offerta in sottoscrizione ai dipendenti in deroga al diritto di opzione).

La validità sul piano economico del riassetto descritto che si traduce in un rafforzamento delle prospettive di continuità (e di successione) dell’impresa non può essere messo in discussione. La Risposta dell’Agenzia, quindi, lascia disorientati laddove, senza compiere alcuno sforzo di comprensione sul piano degli effetti economici del fenomeno a Lei sottoposto, si limita a parafrasare la lettera dell’art. 10-bis sostenendo che “l’articolata serie di operazioni prospettate …appare priva di sostanza economica, in quanto inidonea a produrre effetti significativi diversi dai descritti vantaggi fiscali”.

  1. L’ulteriore indagine diretta a sostanziare (o meno) i profili economici dell’operazione descritta attiene l’analisi della natura dei negozi giuridici nel senso della “non coerenza della qualificazione giuridica delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme” (art. 10-bis, 2° comma, lettera b)).

L’istante prevede l’utilizzo del MLBO mentre l’Agenzia sostiene che il “recesso tipico parziale” è l’istituto più naturale per il conseguimento del descritto riassetto.

A tal fine occorre ricordare che MLBO è ora regolamentato nell’ambito dell’art. 2501-bis del Codice civile, intitolato alla “Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento”. Tale schema è, quindi, una modalità “tipica” per il riassetto del capitale, mediante l’utilizzo delle risorse finanziare generate della stessa società. La disciplina menzionata è diretta a regolamentare la fusione tra SPV e Target al fine di tutelare i creditori della società - ed in primis della banca finanziatrice – risultante dall’operazione straordinaria. Sono perciò previste, in deroga alle regole ordinarie, alcune specifiche previsioni dirette a rafforzare il contenuto minimo legale dei documenti previsti per la fusine nonché l’analisi del revisore indipendente sul piano della sostenibilità finanziaria dell’operazione (il progetto di fusione ai sensi dell’art. 2501-ter del Codice civile deve indicare le risorse finanziarie per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione; la relazione dell’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2501-quinquies, deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziare e la descrizione degli obiettivi; l’attestazione degli esperti ai sensi dell’art. 2501-sexies, si deve esprimere sulla ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione; infine, sullo stesso punto, è tenuto ad esprimersi anche il soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società Target o della società SPV).

Venendo ora al recesso, suggerito dall’Agenzia delle Entrate, occorre ricordare che lo stesso, sul piano generale, è un atto giuridico unilaterale che consente ad una parte di sciogliersi dal vincolo contrattuale. Il diritto di recesso si atteggia in modo particolare nel diritto societario in ragione del fatto che il contratto di società è un contratto associativo con comunione di scopo. Tale istituto si pone, quindi, a tutela dei soci di minoranza in presenza di modifiche del contratto sociale di particolare rilievo (CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, Utet. p. 568 e ss) ed è incentrato sul diritto del socio al rimborso della propria partecipazione, secondo tempi, e modalità di determinazione del valore, predefiniti. Poiché il diritto di recedere deve trovare un contemperamento con il diritto degli altri soci, della società e dei terzi, alla continuazione dell’attività sociale le relative cause sono tipizzate dalla norma, che ammette anche cause pattizie purché previste nello statuto. In merito a quest’ultime, tuttavia, si discute circa l’ampiezza dell’autonomia dei privati rispetto alla loro introduzione e, in particolare, se l’esercizio di tale diritto debba comunque essere collegato ad un evento particolare e definito che attiene alla vicenda societaria. In più si discute – ed anche su tale punto la Risposta dell’Agenzia sembra non curarsi di sottoporre a fattibilità la propria tesi - se il “recesso parziale” nella società a responsabilità limitata sia effettivamente ammesso. Tale istituto, infatti, è normativamente previsto nella società per azioni, mentre altrettanta previsione non è contenuta nella disciplina della società a responsabilità limitata (sull’argomento il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie ammette il recesso parziale nella s.r.l. solo quando lo statuto lo prevede espressamente I.H.11 - RECESSO PARZIALE 1° pubbl. 9/05; la maggior parte degli interpreti che si sono occupati dell’argomento, nel silenzio della norma, escludono l’ammissibilità del recesso parziale anche se non mancano opinioni contrarie che ammettono la possibilità di recesso parziale nelle s.r.l.; per una rassegna completa si rinvia a MAFFEI ALBERTI, Commentario Breve al Diritto delle Società, CEDAM, 2017, p. 1407; sulla incoerenza dei negozi giuridici prospettati dall’Agenzia rispetto alle normali logiche di mercato, ROMITA-VASELLI, L’Abuso del diritto nel family buy-out, in Boll. Trib., 2020, 3, p. 178).

In sintesi, riflettendo sulla coerenza dell’istituto in commento in rapporto scopi perseguiti nell’istanza, è utile osservare che il risultato della redistribuzione delle quote prodotto dal recesso tipico non è contemplabile tra le finalità dell’istituto, bensì semplicemente tra le sue conseguenze.

Occorre, infine, porre a raffronto i due istituti (recesso e MLBO) sul piano degli effetti patrimoniali: è agevole osservare come il recesso sia sottoposto a vincoli patrimoniali del tutto inesistenti nell’MLBO.

Infatti si osservi come, data per assunta la sostenibilità finanziaria– da parte della società che ha subito l’iniziativa di recesso e da parte della società Target nell’MLBO –  delle due operazioni poste a raffronto, il recesso sia attuabile solo in presenza di riserve disponibili o, in mancanza, di capitale utilizzabili per tale finalità, pena la messa in liquidazione della società (l’art. 2473, 4° comma, del Codice civile “il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili, o in mancanza, corrispondentemente riducendo il capitale sociale; in quest’ultimo caso si applica l’art. 2482 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso delle partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione), mentre l’MLBO non presenti tale limitazione ed sia sempre fattibile.

Tale circostanza (inattuabilità del recesso) si verifica spesso quando la società ha un rilevante valore di avviamento non iscritto in bilancio, o plusvalori latenti diffusi nell’ambito dei vari elementi del proprio patrimonio. In tali situazioni può verificarsi che il valore economico della quota per la quale è stato esercitato il recesso sia superiore al valore del patrimonio netto della società con la conseguenza che – sempreché non intervenga un acquisto proporzionale da parte degli altri soci ai sensi del già richiamato art. 2473, 4° comma - la società viene messa in liquidazione. Di converso nelle operazioni di MLBO il problema in oggetto non sussiste. L’eventuale eccedenza, anche ampia, dei valori economici rispetto ai valori contabili, infatti, viene in evidenza sul piano patrimoniale attraverso il “disavanzo da annullamento” che è poi imputabile agli elementi patrimoniali che l’hanno generato ed all’avviamento (OIC 4 – Fusione e Scissione).

Risulta ancora più evidente, da quanto appena sopra esposto, la forzatura da parte dell’Agenzia delle Entrate nell’utilizzo dell’istituto del recesso posto che lo stesso istituto, in molti casi, potrebbe non essere neppure compatibile con la continuità dell’impresa.

E’ l’MLBO, quindi, e non certo il recesso, che risulta coerente con le finalità del progetto descritto e non appare insensato osservare  che se dal recesso tipico fosse derivata una tassazione più mite rispetto alla cessione (recesso atipico), l’Agenzia avrebbe potuto invocare (sotto tale profilo) il possibile abuso del diritto nell’uso di tale istituto; a tale conclusione si dovrebbe giungere una volta osservato che la finalità perseguita fosse, giusto appunto come nel caso di specie, non quella regolamentare l’uscita del socio dalla società, bensì quella semplicemente di far circolare le partecipazioni con effetto di ristrutturazione del controllo.

  1. Occorre da ultimo riflettere in merito all’ulteriore elemento qualificante ai fini della presenza, o mancanza, della sostanza economica dell’operazione descritta: la “non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”. Tale prospettiva sembra potersi esaminare dal punto di vista della banca che interviene per finanziare l’operazione (ROMITA-VASELLI, op. cit., p. 183). Occorre infatti domandarsi se l’istituto di credito sia disponibile a finanziarie, da un lato, l’operazione di recesso societario e, dall’altro, il general manager che entra con una partecipazione del 20%

Sotto il primo profilo, pur non potendosi escludere a priori l’intervento dell’istituto bancario per tali finalità, ciò che dipende anche dall’entità “relativa” dell’esborso, devono ravvisarsi delle difficoltà oggettive in ragione delle motivazioni della richiesta di finanziamento. La finanza di impresa è a servizio di un “progetto aziendale” che, tipicamente, deve trovare nell’impiego delle risorse le ragioni della sua restituzione; e ciò non accade nel recesso dove le risorse sono destinate ad uscire dall’impresa.

Sotto il secondo aspetto occorre evidenziare la presenza di analoghe difficoltà in quanto la banca, nei casi normali, non finanzia un privato, a maggior ragione se il finanziamento è destinato all’acquisto di una quota societaria di minoranza.

Inoltre, entrambe le “istruttorie” risultano complicate in ragione della difficoltà oggettiva di ricollegarle alle finalità dell’unico progetto.

Nella prospettiva della banca finanziatrice che ha reso possibile il riassetto la “conformità…a normali logiche di mercato” depone per la strutturazione dell’operazione nella forma tipica del MLBO. Solo tale schema, infatti, consente di “istruire” un progetto unitario con una valenza sul piano economico per il riassetto della governance e il rilancio dell’attività. Inoltre, posto che la stipula del finanziamento rientra nello schema tipico dell’operazione, l’art. 2501-bis Codice civile pone dei presidi a tutela della banca finanziatrice e, in generale, dei creditori della società (Target) già oggetto di menzione al punto precedente. Di contro, non risulta presente alcun presidio normativo a tutela del soggetto che finanzia il recesso, la cui disciplina è incentrata su altri profili, ciò che conferma come tale modalità non sia coerente con il progetto descritto. Invero, a testimonianza del già segnalato mutamento di orientamento da parte dell’Agenzia delle Entrate,  è necessario ricordare che il profilo delle sostenibilità finanziaria dell’operazione è posto in evidenza nella menzionata Circolare n. 6/E del 30/3/2016, dove si osservava che la struttura scelta (MLBO) “rispondendo a finalità extrafiscali, riconosciute dal Codice civile e, spesso, imposte dai finanziatori terzi, difficilmente potrebbe essere considerata finalizzata essenzialmente al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali”.