argomento: Agevolazioni - Legislazione e prassi
Il legislatore sta completando la disciplina delle zone economiche ambientali (ZEA) incentivando lo svolgimento di attività eco-sostenibili, quali l’utilizzo di imballaggi mediante il c.d. “vuoto a rendere”: pur intravedendo scenari di potenziamento della modulazione del tributo, nel rispetto della compatibilità costituzionale ed europea, la scelta d’istituire un credito d’imposta rappresenta un uso della fiscalità che sebbene sia “semplificato” risulta apprezzabile in termini di flessibilità e in funzione di una parziale neutralizzazione della traslazione economica dei maggiori oneri sugli utilizzatori.
PAROLE CHIAVE: zone economiche ambientali - credito d’imposta - vuoto a rendere
di Paolo Barabino
La novella offre l’occasione per valutare il rapporto con la preesistente normativa di cornice delle ZEA (art. 4ter, comma 1, D.L. n. 111/2019, conv. mod. L. 141/2019) al fine di riconoscere un’attuazione o un’integrazione di quest’ultima e, dunque, apprezzare, rispettivamente, la compatibilità o la specialità delle disposizioni.
Si intuiscono i tratti distintivi delle ZEA rispetto agli altri modelli di zone franche presenti nell’Ordinamento: i) le zone franche urbane, istituite dall’art. 1, comma 340, Legge n. 296/2006 e successive modificazioni, sono rivolte a quartieri urbani degradati dal punto di vista socio-economico; ii) le zone franche doganali, la cui disciplina di cornice è individuata nell’art. 243 e ss. del Codice Doganale dell’Unione, Reg. UE n. 952/2013, interessano le merci scambiate a livello internazionale; le zone economiche speciali, ex art. 4 del D.L. n. 91/2017, conv. L. n. 123/2017, sono destinate allo sviluppo di zone geografiche che includano almeno un’area portuale (Per dei recenti contributi dottrinali e per rinvio alla relativa bibliografia vedasi P. Barabino, Le zone franche nel diritto tributario, Torino, 2020; A. Laukkanen, P. Pistone, J. de Goede, (eds.), Special Tax Zones, IBFD Publications, Amsterdam, 2019).
Il presupposto territoriale delle ZEA è del tutto peculiare in quanto esso assume un’estensione su quelle zone già individuate quali “parchi nazionali” condividendone la finalità ambientale rivolta a potenziare il contributo delle aree naturalistiche al contenimento delle emissioni climalteranti e a favorire investimenti eco-sostenibili nonché di coesione sociale e territoriale (art. 4ter, comma 1, D.L. n. 111/2019, conv. mod. L. 141/2019).
Esiste, allora, una delimitazione del territorio tracciata per ragioni ambientali all’interno della quale la modulazione del tributo può trovare spazio in variegate manifestazioni, purché destinate a condividere ed attuare la funzione stessa delle ZEA: si sottolinea, inoltre, che il legislatore ha espresso chiaramente il nesso di collegamento tra la tutela ambientale e la coesione sociale in ragione del comune elemento territoriale, concedendo così ampia facoltà per l’istituzione di agevolazioni o regimi differenziati che tengano conto dei suddetti valori.
La zona franca, per sua natura, a prescindere dalla specifica tipologia, rappresenta il luogo ideale ove istituire una fiscalità che non si ponga quale deroga/eccezione rispetto all’ordinario livello di tassazione secondo una ricostruzione del principio della capacità contributiva che ammette una declinazione del prelievo in base a regimi differenziati (cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, 2008, p. 155. Sulla discriminazione qualitativa dei redditi cfr. A. Giovannini, Equità impositiva e progressività, in Dir. prat. trib., n. 5/2015, p. 10675 ss., il quale, ricordando che la distinzione ha antiche origini - gli averi dell’art. 25 St. Albertino - porta quale esempio di equità orizzontale i diversi trattamenti tra redditi d’impresa normale e quelli d’impresa cooperativa. Sulla differenziazione qualitativa dell’imposta vedasi, diffusamente, L. Antonini, Dovere tributario, interesse fiscale e diritti costituzionali, Milano, 1996; P. Boria, L’interesse fiscale, Torino, 2002; A. Fedele, La funzione fiscale e la capacità contributiva, in AA.VV., Diritto tributario e Corte costituzionale, a cura di L. Perrone, C. Berliri, Napoli, 2006; F. Moschetti, Il principio di capacità contributiva, espressione di un sistema di valori che informa il rapporto tra singolo e comunità, in AA.VV., Diritto tributario e Corte costituzionale, a cura di L. Perrone, C. Berliri, Napoli, 2006; G. Falsitta, Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008; F. Gallo, Le ragioni del Fisco, Bologna, 2007).
In capo al soggetto imprenditore, pertanto, lo svolgimento dell’attività di “riutilizzo” degli imballaggi, finalizzata a prevenire la produzioni di tale tipologia di rifiuti, consente una riduzione del prelievo tributario in ragione della compensazione con il credito d’imposta ricevuto.
Emerge la capacità del diritto tributario di condizionare il comportamento dei consumatori e degli imprenditori verso attività ecosostenibili che siano capaci di evitare azioni dannose per l’ambiente in piena attuazione del principio di prevenzione, già riconosciuto dalla Commissione europea [(F. Fichera, Calamità naturali, principi costituzionali e agevolazioni fiscali, in Rass. trib., n. 6/2014, p. 1214 e ss. osserva che secondo la Commissione europea (cfr. Commissione delle Comunità Europee, Un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana, COM -2009- 82 definitivo, 23 febbraio 2009; Direttiva n. 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni) “per prevenzione si intende i) impedire, ove possibile, che avvengano catastrofi e ii) ove ciò non fosse possibile, intervenire per ridurne al minimo le conseguenze”. Il riconoscimento del principio nell’ordinamento dell’Unione europea trova la sua ragione nel fatto che le catastrofi naturali e quelle provocate dall’uomo possono avere conseguenze gravissime per “la vita e la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale, l’attività economica”, “per lo sviluppo economico e sociale di regioni e Stati membri, “compromettono gli ecosistemi e la biodiversità, incidono sullo sviluppo sostenibile e mettono a rischio la coesione sociale”.)].
Il provvedimento, che necessita di ulteriori decreti attuativi (entro 90 giorni da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Mef), assume i caratteri della sperimentazione considerato che il riconoscimento degli abbuoni agli acquirenti è circoscritto espressamente agli anni 2021-2022 ed è limitato sia in ordine all’ammontare massimo (10.000 euro annui per ciascun utilizzatore) sia in relazione al rispetto del Regolamento europeo degli aiuti minori (così il comma 765 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2021 n. 178/2020).
Il credito d’imposta per “il vuoto a rendere”, pur condividendo il presupposto territoriale e soggettivo della ZEA, si distingue per l’assenza di limiti nell’attuazione del depotenziamento del prelievo. Difatti, non vengono fissate le condizioni prestabilite dalla disciplina di cornice della ZEA sulla permanenza al suo interno (il mantenimento dell’attività nella zona per almeno sette anni dopo il completamento dell’investimento agevolato) e sullo status di ordinario svolgimento dell’attività (uno stato che non sia di liquidazione o di scioglimento).
Si conferma, dunque, una natura integrativa e di dettaglio della novella confrontata con la precedente, e tutt’ora vigente, disciplina che ha anticipato, presumibilmente, più incisivi provvedimenti attuativi delle linee guida fissate dal legislatore che stimolino lo svolgimento di attività imprenditoriali green: se, per un verso, si rende opportuna una normativa delle ZEA non frammentata, per l’altro, essa potrebbe contraddistinguersi anche quale “laboratorio” per sviluppare incentivi, ad esempio, per la conversione ecosostenibile di mezzi di trasporto verdi da applicare, successivamente, alla restante parte del territorio nazionale (Cfr. P. Barabino, Una proposta normativa green per la conversione ibrida delle imbarcazioni, in Riv. it. dir. turis., in corso di pubblicazione nel 2021).
La fattispecie della traslazione sui prezzi al consumo può richiamare l’esperienza vissuta dal divieto di traslazione dell’imposta previsto nella c.d. Robin Hood Tax (RHT) ma con dei distinguo da puntualizzare (cfr. L. Salvini, Traslazione e rimborso delle imposte sul reddito in Corte Cost. n. 10/2015, in Rass. trib., n. 5/2015, p. 1158 e ss.; la disciplina del credito d’imposta in oggetto non comprende una funzione redistributiva come quella presente nella RHT, norma dichiarata incostituzionale): il credito d’imposta per il “vuoto a rendere”, da un lato, è facoltativo e, dall’altro, è finalizzato a ridurre o a eliminare la traslazione dei maggiori oneri sul corrispettivo di vendita mentre nella RHT l’effetto traslativo era vietato per legge ed il prelievo era, ovviamente, autoritativo; tali discrepanze rappresentano, tuttavia, una articolazione “speculare” di un principio che mira a limitare il fenomeno della traslazione (La natura opzionale del credito d’imposta in questione potrebbe attribuire una certa “elasticità” alla fattispecie che si traduce nella possibilità di effettuare scelte pro ambiente. Sulla tendenziale inefficienza dei tributi ambientali in presenza di una curva di domanda del settore di riferimento non elastica cfr. M. Cecchetti, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano, 2000, p. 135 e ss.).
Ulteriore apporto funzionale alla sterilizzazione dell’effetto traslativo è costituito dal contributo economico a fondo perduto (comma 761) di ammontare pari alla spesa sostenuta dall’utilizzatore (fino ad un massimo di 10.000 euro): si configura, così, una misura di sostegno strutturata in una forma statica e in una dinamica, ovverosia in un auto all’investimento e uno al funzionamento, costituiti rispettivamente dal contributo a fondo perduto e dal credito d’imposta indirizzati sia alla realizzazione dell’attività a minor impatto ambientale (l’utilizzo del vuoto a rendere) sia all’effettivo svolgimento della stessa (in ragione della proporzionalità tra credito d’imposta e vuoti a rendere riconosciuti agli acquirenti).
Si constata, dunque, una conformità con il principio costituzionale della eguaglianza fiscale (Principio elaborato dalla Corte Cost., sentt. n. 120/1972, n. 513/1990. Cfr., fra i tanti, G. Marongiu, Il principio di capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Dir. prat. trib., n. 1/1985, p. 6 ss. Cfr. Corte costituzionale n. 10/2015 con commento di P. Boria, L’illegittimità costituzionale della “Robin Hood Tax” e l’enunciazione di alcuni principi informatori del sistema di finanza pubblica, GT, n. 5/2015, p. 384 e ss., nella quale si afferma che “la diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione”. A. Fedele, Principio di eguaglianza ed apprezzamento delle “diverse situazioni dei contribuenti” in tema di legittimità costituzionale della c.d. Robin Hood Tax, in Riv. dir. trib., n. 1/2015, p. 4 e ss. Similmente cfr. Corte cost. 341/2000, 223/2012. La discriminazione settoriale dei redditi è ammessa dando vita a una differenziazione del sistema impositivo per aree economiche o per tipologia di contribuente purché supportata da adeguate giustificazioni per evitare una arbitraria discriminazione. Così il punto 6.2 della citata sentenza della Corte Cost. n. 10/2015, commentata in tal senso da G. Bizioli, L’incostituzionalità della Robin Hood Tax fra discriminazione qualitativa dei redditi ed equilibrio di bilancio, in Rass. trib., n. 5/2015, p. 1079 ss., sottolinea che si tratta di una discriminazione fondata sulla differente forza economica dei diversi soggetti. A ciò consegue la necessità di misurare oggettivamente la diversità reddituale a cui far corrispondere una diversità impositiva. Dello stesso A. cfr. G. Bizioli, Eguaglianza tributaria e discriminazione soggettiva dei redditi, in Quaderni cost., n. 3/2015, p. 723. Sul commento e sugli effetti in ordine al principio della capacità contributiva vedasi anche L. Antonini, Il principio di stretta proporzionalità nel sindacato costituzionale delle leggi tributarie: potenzialità e limiti, in Rass. trib., n. 5/2015, p. 1064 ss., F. Gallo, Il diritto e l’economia, Costituzione, cittadini e partecipazione, in Rass. trib., n. 2/2016, p. 287 ss.) che inserisce il credito d’imposta sul “vuoto a rendere” nelle forme di ragionevole modulazione del prelievo, conclamata in ambito ambientale (Per un recente contributo vedasi V. Ficari, Nuovi elementi di capacità contributiva e ambiente: l’alba di un nuovo giorno… fiscalmente più verde?, in AA.VV., I nuovi elementi di capacità contributiva. L’ambiente, Roma, 2018, p. 215 e ss.; F. Gallo, F. Marchetti, I presupposti della tassazione ambientale, in Rass. trib., n. 1/1999, p. 115 e ss.; P. Selicato, Aspetti internazionali e comunitari della fiscalità ambientale. La tassazione ambientale: nuovi indici di ricchezza, razionalità del prelievo e principi dell’ordinamento comunitario, in Riv. dir. trib. int., n. 2-3/2004, p. 257 e ss.; M. Cecchetti, La materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» nella giurisprudenza costituzionale: lo stato dell’arte e i nodi ancora irrisolti, in Federalismi.it, n. 7/2009; B. Caravita, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2005.)
Sul piano europeo, la misura è stata introdotta nei limiti degli aiuti de minimis, presumibilmente sia per questioni di celerità sia in ragione della natura sperimentale, non sollevando così dubbi sulla compatibilità con il sistema europeo degli aiuti di Stato (sulla selettività e sull’incidenza sugli scambi G. Fransoni, Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pisa, 2007, p. 15 e ss.).
Tuttavia, al fine di garantire una maggiore efficacia ed efficienza del credito d’imposta ambientale sarebbe necessario ipotizzare una più ampia portata della misura per caratterizzare compiutamente il provvedimento posto in relazione alla sua istituzione all’interno della zona franca.
Se la disciplina della ZEA verrà integrata istituendo misure sulla fiscalità diretta, al pari di quanto avvenuto per le ZFU e le ZES, dovrà sicuramente transitare per l’autorizzazione della Commissione europea (ricordando che la giustificazione ambientale da sola non rende immediatamente ammissibile l’aiuto di Stato; cfr. A.E. La Scala, L’applicazione della disciplina sul divieto di aiuti di Stato in materia ambientale, in AA. VV., I nuovi elementi di capacità contributiva. L’ambiente, a cura di V. Ficari, Roma, 2018, p. 27 e ss. A.E. La Scala, Il carattere ambientale di un tributo non prevale sul divieto di introdurre tasse ad effetto equivalente ai dazi doganali, nota a CGCE sez. II 21 giugno 2007 (causa C-173/05), in Rass. trib., n. 4/2007, p. 1317 e ss.) oppure dovrà conformarsi agli schemi già compatibili previsti dal Regolamento generale di esenzione per categoria, Reg. UE n. 651/2014 (strada percorsa dalle ZES, quali aiuti a finalità regionale agli investimenti, art. 14 RGEC), secondo una prospettiva che “risolva” la selettività e la discriminazione in un interesse europeo e nazionale rappresentato dalla condivisa tutela ambientale (ad esempio, ripercorrendo quanto offerto dall’art. 36 del RGEC il quale prevede proprio degli aiuti per la tutela dell’ambiente).
Sarebbe auspicabile che, terminata la sperimentazione, il regime facoltativo e limitato nel tempo venisse, infatti, stabilizzato e reso obbligatorio all’interno delle ZEA per conservare, semmai, una natura opzionale nella restante parte del territorio nazionale: l’obbligatorietà del sistema del “vuoto a rendere” sarebbe così pienamente coerente con la natura ambientale della ZEA stabilendo un regime fiscale naturale e differenziato in virtù della protezione preventiva del bene ambiente, attuato su tutto il territorio della zona franca.