Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

27/10/2021 - Scissione e “chiamata” in solido della beneficiaria, quale tutela per il contribuente?

argomento: IRES - Giurisprudenza

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 10238 del 29 maggio 2020, ha affrontato  il tema riguardante la piena ed illimitata solidarietà della società beneficiaria in relazione ai debiti tributari della società scissa, in forza della deroga alla disciplina generale dovuta alla specialità della norma tributaria.

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PAROLE CHIAVE: scissione - debiti tributari - responsabilità


di Alessandro Carovillano

 

 

  1. L’art. 2506 quater, co. 3 del cod. civ., rubricato “Effetti della scissione” stabilisce che “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore del patrimonio ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui fanno carico”. Tale disciplina, sembrerebbe non trovare rispondenza all’interno dell’ordinamento tributario. Per mezzo dell’art. 173 co. 12 e 13 del d.P.R. 917/1986 infatti, è espressamente stabilito come, per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito afferente al rapporto tributario, sussista la natura solidale senza prevedere alcun limite quantitativo riconducibile al patrimonio assegnato a seguito di scissione che ne limiti, in alcun modo, la responsabilità. In tal senso, si è espressa la Suprema Corte di Cassazione la quale, con la sentenza in commento, ha sancito che “in ambito tributario, l’istituto della responsabilità solidale riprende vigore secondo la regola generale di integralità e pariteticità di cui agli artt. 1292 e 2740 cod. civ.”. Tale orientamento giurisprudenziale, oramai consolidato negli ultimi anni (Cass. 24 giugno 2015 n. 13059; Cass 16 novembre 2016 n. 23342, Cass. 4 dicembre 2018 n. 31306, Cass. 6 dicembre 2018 n. 31591, Cass. 21 giugno 2019), risulta essere frutto del riconoscimento di una prevalenza della norma tributaria e del rapporto con il fisco creditore rispetto ai rapporti con i creditori privatistici che, di converso, sono regolati dal Codice civile. Nella sentenza oggetto di analisi, l’illimitatezza della responsabilità è stata riconosciuta anche alla luce della lettura combinata del disposto normativo del sopra richiamato art. 173 e dell’art. 15 co. 2 del d.lgs. 472/1997, in forza del quale “nei casi di scissione anche parziale di società o enti, ciascuna società od ente è obbligato in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto”. Pertanto, alla luce di tale consolidato orientamento giurisprudenziale oramai adottato dalla Suprema Corte, sembra pacifico non poter ritenere la norma fiscale quale corollario di quella civilistica. C’è da aggiungere che, dello stesso avviso, si è dimostrata essere l’Amministrazione Finanziaria, la quale, per mezzo della C.M. n. 180/1998 ha specificato come, la disciplina che regola la solidarietà prevista in ambito tributario non possa mutuare la medesima prevista in quello civile (Sul punto, con tale C.M. che fu strumento di analisi delle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni tributarie, prevedendo dei commenti ai singoli articoli del d.lgs. 472/92, fu previsto come “sorge una responsabilità solidale delle società per le violazioni commesse prima della scissione, […] senza i limiti ivi  previsti relativi   al  valore effettivo del patrimonio netto trasferito o  rimasto”). Ancorché, quindi, venga riconosciuto l’investimento pieno e paritetico della responsabilità in capo al beneficiario per i debiti sorti in capo alla scissa in data antecedente all’operazione, è possibile delineare una zona grigia di confine relativa alle modalità di notifica degli atti e di come gli stessi possano essere portati a conoscenza dei terzi. Infatti, sembrerebbe possibile supporre che, operando tramite una presunzione assoluta, a seguito della notifica di atti alla sola società scissa, ne derivino automaticamente i medesimi effetti in capo alla società beneficiaria. Alla luce di ciò, è quindi possibile ritenere che siffatto approccio espone al rischio di non permettere, al contribuente, la possibilità di poter esperire eventuali azioni in sede di contradditorio.
  2. Orbene, al fine di un’esaustiva analisi, non si può sottacere una considerazione di carattere sistemico legata al sopra richiamato orientamento giurisprudenziale che blinda il soggetto beneficiario, solidalmente ed illimitatamente, alle debenze tributarie del soggetto scisso. Il carattere di specialità della norma tributaria e le questioni legate ad un’ipotetica mancanza di legittimità costituzionale dell’art. 173 del d.P.R. 917/1986 è stato oggetto di trattazione da parte della Corte Costituzionale, la quale, per mezzo della sentenza n. 90 del 26 aprile 2018, ha sancito come infondata la questione di legittimità e prevedendo, nel caso di scissione totale così come in quella parziale, una responsabilità solidale illimitata (posizione, tuttavia, non pienamente condivisa in dottrina; sul punto MONTANARI F., Scissione, responsabilità da rivedere, in “Norme e Tributi” del 18 dicembre 2018, pag. 32 e RANDAZZO F., Solidarietà illimitata tra società scissa e beneficiaria per i debiti fiscali – Società – Scissione e responsabilità per i debiti tributari: le ragioni di condivisione dell’indirizzo della cassazione in contrasto con la dottrina, in “GT – Rivista di Giurisprudenza Tributaria” n. 6 del 2019, pag. 522). Infatti, è stato riconosciuto come diverse norme possano essere identificate come strumentali a garantire l’esatta riscossione dei tributi e ciò in ossequio al principio sancito dall’art. 53 della Costituzione. Secondo la Corte Costituzionale, quindi, è la rilevata connotazione di specialità dei crediti tributari che “giustifica, sul piano costituzionale del rispetto del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, che in caso di scissione societaria vi sia una disciplina differenziata quanto al regime della solidarietà per i debiti sociali, più favorevole per l'amministrazione finanziaria, secondo un canone di adeguatezza e proporzionalità di tale più estesa tutela”. In aggiunta a ciò, al fine di poter avallare tale considerazione, bisognerebbe tenere conto di come sia stato ritenuto che la neutralità dell'operazione sotto l'aspetto passivo della responsabilità patrimoniale, risulti essere coerente, in chiave sistematica, con la neutralità sul versante attivo “sicché sotto il profilo fiscale la scissione societaria si rivela essere un'operazione sostanzialmente organizzativa di riassetto della partecipazione societaria che non pregiudica l'amministrazione finanziaria, perché quest'ultima conserva la garanzia patrimoniale potendo contare sulla (non limitata) responsabilità solidale delle società risultanti dalla scissione” (in questi termini, Corte Cost. 90/2018 cit.). Avendo quindi riconosciuto la mancanza di una piena equiparazione di trattamento tra le inadempienze delle obbligazioni civili e quelle tributarie, rimane un dubbio sulle modalità procedimentali adottate in tale sede.
  3. Ritenendo quindi assodata, la compatibilità della disciplina di cui all’art. 173 del d.P.R. 917/1986 con l’art. 53 della Costituzione, è ragionevole volgere uno sguardo al passato notando come sia stata reintrodotta la c.d. “super solidarietà tributaria”, principio espunto dal nostro ordinamento a far data dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 48 del 30 aprile 1968, in ragione della quale venne riconosciuto come tale disciplina confliggesse con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, sulla base di un’efficacia ultra soggettiva degli atti di accertamento notificati alla sola società scissa (CAPOLUPO S., Legittima nelle operazioni di scissione l’estensione della responsabilità solidale e illimitata?, in “il fisco”, n. 17 del 2019, pag. 1-1643). Sembrerebbe opportuno, quindi, effettuare una riflessione terminologica poiché, ai sensi del menzionato art. 173, gli obbligati solidalmente possono partecipare al procedimento di accertamento “senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l’Amministrazione”. Da una prima lettura dell’enunciato normativo sembrerebbe, dunque, esclusa la reiterazione della notifica dell’atto alla società beneficiaria, in qualità di obbligato solidale, quandanche lo stesso sia già stato notificato alla società scissa; ebbene, in tale contesto, è possibile scorgere due differenti scenari. Il primo, in cui l’atto sia stato notificato in data antecedente all’operazione di scissione, tale per cui risulterebbe ragionevolmente presumibile che entrambe le parti siano a conoscenza della tax liability, di conseguenza sarebbe tanto superflua, quanto ingiustificata, la necessità di effettuare, nuovamente, la notifica dell’atto anche alla “nuova” beneficiaria. Il secondo scenario, sicuramente più di confine, risulta essere quello in cui la notifica dell’atto abbia data postuma rispetto a quella di scissione. In tal caso sarebbe possibile ipotizzare come qualunque interessenza tra società scissa e beneficiaria si sia estinta, così come la compagine o gli organi sociali risultino esser stati novati rispetto a quelli precedenti creando, in questo modo, un solco di demarcazione che sancisca la totale interruzione di qualunque tipo di rapporto tra le due entità. In tale contesto la Suprema Corte, già con passata sentenza  richiamata da quella in commento, ha sancito come, “la disposizione legislativa - volta a garantire un ruolo partecipativo in capo alle società solidalmente responsabili per i debiti della società scissa - risulta conforme alla natura stessa dell'operazione straordinaria in questione, nella quale la società beneficiaria - indipendentemente dalla sua distinta soggettività e personalità giuridica - ha modo di acquisire, attraverso i propri organi, piena contezza della situazione debitoria della società scissa, del resto normalmente descritta nel progetto di scissione” (in questi termini, Corte Cass. 16710/2019 cit.). Non vi è dubbio, quindi, che tale enunciato, riconducibile alla prima fattispecie, risulti essere inopinabile in quanto le pendenze tributarie già contestate alla società scissa con motivati avvisi di accertamento ricadano all’interno della sfera di conoscenza della società beneficiaria. Tuttavia, allo stesso tempo, mutuando un enunciato formulato dalla stessa Cassazione nella sentenza 16 novembre 2016 n. 23342, sembrerebbe possibile affermare che la Suprema Corte abbia oramai consolidato un orientamento in forza del quale sia possibile affermare come notificato l'avviso di accertamento nei confronti della società scissa o designata, anche in epoca successiva all'efficacia della scissione, non vi sia la necessità di rinnovare la notifica stessa, né di integrare il contenuto della cartella di pagamento nei confronti delle società beneficiarie. Tale orientamento lascerebbe intendere quindi che la società beneficiaria, in qualità di obbligato solidale, possa essere il destinatario di un atto esattivo privo di motivazioni relative alla pretesa vantata dall’Amministrazione Finanziaria (CISSELLO A., Cartella di pagamento “sintetica” per la beneficiaria della scissione, in “Eutekne”, 17 novembre 2016). Ebbene, proprio nel solco del secondo scenario sopra rappresentato, si ritiene di fondamentale importanza la funzione delle attività riconosciute dalla Legge a tutela del contribuente. Basti pensare all’art. 7 della L. 212/2000, il c.d. “Statuto del contribuente” in ragione del quale gli avvisi di accertamento devono, a pena di nullità, essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che ne hanno condotto la pretesa. Ancorchè, nella sentenza in analisi, la Suprema Corte abbia sancito  che la società beneficiaria “possa essere richiesta del pagamento dall’Amministrazione Finanziaria mediante la notificazione di una cartella facente riferimento essenziale alla pretesa”  e di come “la beneficiaria non subisce alcun pregiudizio del suo diritto di difesa, potendo dedurre in sede di opposizione alla cartella ogni argomentazione idonea ad eventualmente inificiare il fondo della pretesa impositiva”, sembrerebbe possibile ritenere tale formulazione in contrasto con il principio di tutela dell’affidamento e della buona fede ex art. 10 della L.212/2000, in forza del quale “i rapporti tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.
  4. Allo stesso modo, sembrerebbe possibile estendere le considerazioni di cui sopra anche con riferimento alla sfera attinente le società prive di personalità giuridica (c.d. società di persone) per le quali il socio è ritenuto responsabile per i debiti fiscali maturati prima del suo recesso. In considerazione di ciò neppure l’intervenuta estinzione della compagine sociale ovvero il recesso del singolo socio risultano essere condizioni necessarie o sufficienti affinchè venga meno la responsabilità del socio stesso per le obbligazioni pregresse. Ad ogni modo, a partire dalla cancellazione della società dal registro delle imprese e verificandosi di conseguenza l’estinzione della stessa, si priva la società della capacità giuridica e processuale con contestuale successione dei soci a titolo universale in tutte le posizioni attribuibili alla società estinta. Sul piano tributario, quindi, volendo mutuare ed applicare i principi sopra esposti attribuibili in via principale, rispetto alla sentenza in commento, alle società aventi personalità giuridica, è possibile affermare che anche il socio di società di persone è considerabile come eligibile ai fini dell’esazione degli eventuali debiti tributari accertati nei confronti della società senza che sia necessario notificargli l’atto impositivo originario e/o gli atti amministrativi conseguenti, già notificati alla società.
  5. Sebbene, quindi, la sentenza in commento risulti riconducibile al primo dei due scenari proposti, in ragione del quale si ritiene condivisibile l’approccio adottato, ad una più attenta lettura è possibile ritenere che la Suprema Corte, non intenzionalmente, abbia sollevato un dubbio al lettore relativo ad una questione di legittimità procedurale inerente al secondo scenario descritto. In ragione di ciò, nonostante l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale adottato negli ultimi anni ( 24 giugno 2015 n. 13059; Cass. 16 novembre 2016 n. 23342, Corte Cost. 26 aprile 2018 n. 90; Cass. 4 dicembre 2018 n. 31306; Cass. 6 dicembre 2018 n. 31591; Cass. 21 giugno 2019 n. 16710; Cass 29 maggio 2020 n. 10238), è possibile ritenere che la questione sarà, anche in un prossimo futuro, nuovamente oggetto di contenzioso.