Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

24/05/2022 - Sull’imputazione del reddito da sublocazione

argomento: IRPEF - Giurisprudenza

Nell’ordinanza, 21 ottobre 2021, n. 29335 la Suprema Corte ha statuito il seguente principio di diritto: costituendo reddito diverso ex art. 67, comma 1, lett.. h), Tuir, il canone di sublocazione di un immobile deve essere imputato esclusivamente al percipiente, e non va tassato in capo al proprietario o al titolare di altro diritto reale sull’immobile.

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PAROLE CHIAVE: sublocazione - redditi diversi - imputazione


di Andrea Quattrocchi

1. Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte si è pronunciata sulla corretta imputazione (e conseguente tassazione) di un canone di sublocazione di bene immobile. Nella fattispecie, due persone fisiche risultavano comproprietarie di un immobile concesso in locazione alla società in nome collettivo di cui erano entrambe socie. La società, a sua volta, aveva concesso in sublocazione a terzi una frazione della superficie dell’immobile, traendone canoni. Nonostante questi ultimi fossero stati regolarmente contabilizzati tra i ricavi della società, l’Agenzia aveva ritenuto di imputare ai fini fiscali detti canoni direttamente in capo ai soci, quali redditi fondiari. Tale ricostruzione era stata inizialmente condivisa dai giudici di merito di primo grado ma rigettata in seconde cure. La Commissione tributaria regionale aveva argomentato che l’imputazione ai soci, quali redditi fondiari, dei canoni di sublocazione, fosse errata perché attraverso il contratto di locazione soci-società, era solo quest’ultima a poter sublocare i beni (rectius: parte di essi) e quindi era corretto che essa contabilizzasse tra i propri ricavi i suddetti canoni; aggiungeva che la loro imputazione diretta in capo ai soci avrebbe determinato una duplicazione d’imposta.
2. La difesa erariale proponeva dunque ricorso per cassazione. La Suprema Corte, con una motivazione lineare, ha rigettato la prospettazione dell’Agenzia, articolando condivisibilmente il differente perimetro applicativo dei redditi fondiari e dei redditi diversi di natura immobiliare previsti dalla lett. h) dell’art. 67 Tuir. Al riguardo, richiamando un precedente recente (Cass., 8 novembre 2017, n. 26447), ha preso le mosse dalla regola generale di imputazione del reddito fondiario, prevista dall’art. 26 Tuir, secondo cui il provento immobiliare rientra in tale categoria solo se la parte locatrice disponga del possesso del bene locato in quanto proprietaria, usufruttuaria o titolare di altro diritto reale sul bene [E. De Mita, Principi di diritto tributario, Milano, 2019, 159; F. Picciaredda, Art. 26, in A. Fantozzi (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, III – Tuir e leggi complementari, Padova, 2010, 181]. Tale disposizione non sarebbe suscettibile di interpretazione estensiva perché legherebbe incontrovertibilmente la nozione di reddito fondiario alla titolarità del bene censito in catasto, censimento cui consegue l’attribuzione della rendita, rilevante quale reddito presuntivo soggetto a imposizione. Da ciò consegue che non può essere compreso tra i redditi dei fabbricati il canone percepito su base negoziale da un soggetto locatore che non sia titolare di diritto reale [G. Escalar, Art. 67, in A. Fantozzi (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, cit., 355].
3. Questa impostazione non determina tuttavia, de iure condito, una esclusione da tassazione del provento di cui trattasi. Come è noto, la sistematica adottata dal Tuir nel delineare la categoria dei redditi diversi è invero quella della “residualità” e intende assicurare - nei limiti della testualità e dunque della predeterminazione normativa - che elementi di ricchezza non suscettibili di rientrare nelle categorie nominate possano comunque soggiacere a tassazione, trattandosi di manifestazioni rilevanti di capacità contributiva collegati a presupposti ritenuti meritevoli, secondo legge, di essere tassati (v. G. Tinelli-S. Mencarelli, Lineamenti giuridici dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, Torino, 2018, 243; R. Schiavolin, L’imposta sul reddito delle persone fisiche, in G. Falsitta, Corso istituzionale di Diritto tributario, Padova, 2014, 496; A. Viotto, Altri redditi diversi, in F. Tesauro (diretta da), Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, vol. II, Torino, 1994, 998, quest’ultimo anche per un confronto con il sistema precedente].
4. In questo quadro, i redditi fondiari e i redditi diversi derivanti dalla sublocazione di un immobile si differenziano tra loro sotto un duplice aspetto: il titolo e l’attualità o meno dell’incremento di ricchezza. Sotto il primo profilo, mentre il reddito fondiario presuppone la proprietà o il possesso del bene, il reddito diverso è prodotto in capo a chi disponga dell’immobile in base ad un titolo di carattere negoziale, che determini un diritto personale di godimento e la facoltà di concederlo a sua volta a terzi [G. Melis, Manuale di Diritto tributario, Torino, 2019, 624, osserva che per quanto in ambito Irpef la nozione di possesso differisca da quella di cui all’art. 1140 c.c., nel caso dei redditi fondiari deve farsi riferimento ad essa, stante il collegamento con il cespite, costituito da una res materiale dalla quale deriva il reddito; analogamente M. Interdonato, I redditi fondiari, in F. Tesauro (diretta da), Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, I, cit., 174]. Allo stesso tempo, mentre il reddito da fabbricato ha carattere potenziale e la sua determinazione è legata alla rendita risultante in catasto, il provento da sublocazione deriva dallo sfruttamento economico del bene e comporta un effettivo e definitivo incremento di ricchezza in capo al percipiente.
5. La selezione operata dal legislatore su base normativa si riflette anche sull’applicabilità o meno, ai redditi diversi costituiti da canoni di sublocazione, dei regimi sostitutivi di tassazione dei redditi di fabbricati, come la c.d. “cedolare secca” di cui all’art. 3, D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (su cui v. O. Esposito De Falco, La cedolare sul reddito da locazioni immobiliari, in Dir. prat. trib., 2012, I, 569). Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria (Ag. Entr., 1 giugno 2011, n. 26/E) ha precisato che la suddetta imposta sostitutiva non si applica alle sublocazioni di immobili, dal momento che i proventi da esse derivanti non sono qualificabili come redditi fondiari ma, appunto, quali redditi diversi. Tale esclusione è da considerarsi corretta, dal momento che l’art. 3, D. Lgs. n. 23/2011 prevede espressamente che il regime si applichi “in alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”, e che sia fruibile da parte del “proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo”.
6. Con riguardo alla determinazione della base imponibile ai fini della tassazione dei canoni di sublocazione, l’art. 71, comma 2, Tuir, stabilisce che i redditi di cui all’art. 67, comma 1, lett. h), Tuir sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. Il reddito è dunque tassato secondo il principio di cassa al netto dei costi sostenuti. Dal momento che ai sensi dell’art. 8, Tuir, le perdite rilevanti ai fini della determinazione del reddito complessivo sono quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni, le spese fiscalmente rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del reddito da sublocazione non potranno eccedere l’ammontare dei proventi stessi, pena, per l’appunto, l’indeducibilità.
7. Tra le spese deducibili in capo al sublocatore rientrano certamente i canoni corrisposti al locatore dell’immobile [G. Escalar, Art. 71, in A. Fantozzi (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, III – Tuir e leggi complementari, cit., 372] dal momento che trattasi senza dubbio di costi specificamente inerenti alla produzione del reddito. Tale conclusione, obbligata sotto pena di produrre un vulnus alla capacità contributiva, è confermata sia dalla prassi amministrativa (Min. Fin., circ. 20 giugno 2002, n. 55/E, 10), sia dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che esaminando una fattispecie anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. n. 917/1986, ha sottolineato come nel precedente sistema, alla tassabilità “generale” dei redditi diversi prevista dall’art. 80, D.P.R. n. 597/1973, non corrispondesse una disposizione quale quella dell’art. 85, Tuir (oggi art. 71, Tuir), volta a consentire la deducibilità delle spese inerenti alla produzione del reddito (Cass., 10 aprile 2006, n. 8361). A fronte di tale previsione, occorre considerare che per il caso in cui il conduttore (persona fisica non imprenditore) utilizzi direttamente una parte del bene e ne destini altra frazione alla sublocazione, si porrà il problema di individuare la quota di canone di locazione deducibile ai fini della tassazione del reddito diverso in capo al percettore. Nel caso oggetto della sentenza in commento, pur ricorrendo una sublocazione parziale – per il resto l’immobile era utilizzato direttamente - il tema della individuazione della quota di canone deducibile non si è posto in quanto il residuo fitto versato ai proprietari era comunque deducibile essendo inerente all’attività della società.
8. Un ultimo profilo meritevole di segnalazione riguarda la rilevanza della sublocazione immobiliare ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto. Ciò in quanto la qualificazione del provento quale reddito diverso è destinata a permanere, alla luce delle indicazioni della sentenza, anche qualora il sublocatore sia professionista o imprenditore. Ciò tuttavia non escluderebbe la soggezione ad Iva del canone in caso di esercizio di impresa o arti e professioni. Invero, anche in altre ipotesi nelle quali l’Agenzia considera determinate prestazioni come non effettuate nell’ambito dell’esercizio dell’attività professionale, essa ne conferma la rilevanza ai fini Iva (v. Ag. Entr., risol. 16 febbraio 2006, n. 30, relativo alla cessione di un marchio da parte di un professionista e Ag. Entr., risol. 29 marzo 2002, n. 108, relativa al trattamento fiscale, ai fini dell’Iva e delle imposte dirette, delle somme percepite da un professionista a fronte della “cessione” di una parte della propria attività professionale, e relativa clientela, ad un altro professionista).