Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

03/08/2022 - La valenza del ruolo nel diritto fallimentare

argomento: Attuazione del tributo - Legislazione e prassi

Il ruolo è l’unico atto tributario statico che si esteriorizza con la notificazione di un atto dinamico. La notificazione del ruolo è imprescindibile nell’esecuzione esattoriale, mentre non è necessaria in ambito fallimentare, né per provocare il fallimento del contribuente e né per insinuarsi al passivo. Nelle procedure concorsuali, quindi, è bastevole l’estratto dal ruolo ad esplicitare e documentare, salvo contestazione, la pretesa del concessionario per la riscossione. Il decennio trascorso dalla pubblicazione del decreto legge n.78/2010, che ha accelerato l’attività di riscossione, non impatta sulle procedure concorsuali.

PAROLE CHIAVE: ruolo - fallimento - prova


di Fabio Russo

  1. La tematica affrontata. Il ruolo è atto statico che esplicita una determinata pretesa verso il contribuente iscritto per una o più partite. In ambito tributario il solo ruolo, sebbene titolo esecutivo, non è proceduralmente in grado di reggere la fase della riscossione, dovendo il concessionario notificare o la cartella di pagamento, oppure l’avviso di accertamento immediatamente esecutivo. Nel diritto fallimentare, invece, il solo ruolo, documentato dall’apposito estratto, è generalmente in grado tanto di promuovere il fallimento del contribuente, quanto di consentire l’insinuazione al passivo da parte dell’Agente della riscossione, prescindendo dalla notificazione. Il tema ora affrontato assume, pertanto, un doppio rilievo, poiché analizza tanto il diritto del creditore ad inserirsi nella procedura di fallimento, quanto quello di promuoverla. La questione è affrontata dalla dottrina, che ha generalmente assunto una posizione contraria a quella giurisprudenza che, invece, ribadisce la sufficienza del solo ruolo nel diritto fallimentare. La Suprema Corte, invece, si contorce in due posizioni antagoniste, anche se prevale quella avversata dalla dottrina. Il corollario dell’impostazione prevalente seguita dal massimo consesso riguarda un elemento più materiale, perché non solo è ininfluente il sub procedimento di notificazione affinché il credito erariale rappresentato da un atto tributario possa promuovere la procedura o inserirsi nella stessa, ma non occorre produrre neanche l’atto tributario, idoneamente sostituito dall’estratto ruolo che contiene gli elementi necessari e sufficienti alla comprensione dei requisiti minimi della pretesa. L’estratto ruolo, sebbene sia un mero documento e non un atto autonomamente impugnabile innanzi il giudice tributario, ha quindi assunto una rilevanza molto estesa in altri settori, come quello fallimentare (cfr. F. PAPARELLA, Le indicazioni delle Sezioni Unite della Suprema Corte sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo e gli effetti sull’ammissione al passivo dei crediti tributari, in Rivista di diritto tributario, 2017, 1, 1-26, pt.1).
  2. L’ordinanza n.4540/2020. La tematica analizzata muove dal recente imbarazzo registratosi in seno alla Suprema Corte la cui prima sezione civile, con l’ordinanza n.4540/2020, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione interpretativa riguardante la riscossione dei crediti tributari nei confronti delle procedure fallimentari. I giudici di legittimità si sono chiesti “se l’avviso di addebito e l’avviso di accertamento esecutivo dell’Agenzia delle Entrate, quali nuovi titoli previsti dagli artt. 29 e 30 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sostituiscono la notifica della cartella di pagamento ai fini dell’insinuazione nel passivo fallimentare”. In sede di merito, infatti, il Tribunale Fallimentare riteneva che la notificazione fosse condizione necessaria della riscossione, tanto nella forma della espropriazione esattoriale quanto in quella concorsuale, in quanto, diversamente, risulterebbe monco il titolo esecutivo dell’ente titolare della pretesa. L’Amministrazione finanziaria, all’opposto, ritiene che quando agisce direttamente in qualità di titolare del credito, non necessita nemmeno della preventiva iscrizione a ruolo (sulla non indispensabilità del ruolo ai fini dell’ammissione si veda M.L. MARIELLA– I. PELLECCHIA, L’insinuazione al passivo: termini di decadenza a confronto con la “par condicio creditorum”, in Corriere Tributario, 46/2018, 3560-3564). Sulla querelle incidono gli effetti della riforma costituita D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010, che semplifica e accelera il procedimento della riscossione. La Corte di Cassazione, nell’ordinanza riferita, velocemente conclude che, avendo il D.L. n. 78/2010 sostituito l’iscrizione a ruolo con l’avviso di accertamento esecutivo, il procedimento di notificazione non sia necessario in ambito fallimentare.
  3. L’insinuazione dei crediti tributari nelle procedure fallimentari. La dibattuta controversia va calata nell’ambito dell’accertamento dei crediti tributari nelle procedure concorsuali. Il curatore, ricevuto il ricorso di ammissione al passivo da parte del concessionario per la riscossione (sulla legittimazione a far valere i crediti di natura tributaria nel fallimento si veda M. MONTANARI, Il nuovo verbo delle Sezioni Unite in materia di titolo e legittimazione ad agire per l’ammissione al passivo dei crediti tributari, in Riv. giur. trib., 2012, 7, 563 ss., Nota a Cass., sez. un., n. 4126/2012; sulla distinzione dell’operato dell’ente impositore dalla condotta dell’agente della riscossione nella valutazione del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione, sulla scorta dei principi di Cass. n. 4126/2012, si veda F. PAPARELLA, Gli enti impositori non possono invocare termini più ampi rispetto alla generalità dei creditori ai fini della presentazione della domanda di insinuazione al passivo, in Rivista trimestrale di diritto tributario, 3-4, 2018, 816-824), deve, ai sensi degli artt. 92 e 93 L. fall., verificare l’effettività del credito ed i documenti giustificativi prodotti. L’Erario non beneficia di procedure favorevoli ma deve rispettare il principio della par condicio creditorum (sebbene sostanzialmente i crediti erariali abbiano poi valore privilegiato cfr. F. PAPARELLA, L’ammissione al passivo fallimentare dei crediti fiscali a seguito della soppressione del ruolo, in Dir. prat. trib., 2011, 6, 11194). L’insinuazione dei crediti tributari al passivo fallimentare dovrebbe avvenire sulla base di un valido titolo consolidatosi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, ovvero in virtù di un altrettanto valido titolo notificato al curatore fallimentare (Cfr. M. MAURO, Questioni in tema di ammissione dei crediti tributari al passivo fallimentare, in Rass. trib., 2015, 4, 805 ss.). La dottrina ha sposato la tesi che richiede la previa notifica del ruolo al curatore per consentirgli di opporsi alla pretesa fiscale, in vista della conseguente ammissione del tributo al passivo con la riserva prevista dall’art. 45 D.P.R. n. 602/1973 (Si veda Cass. civ., n. 6032/1998; Cfr. L. DEL FEDERICO, Le innovazioni delle Sezioni Unite in tema di ammissione al passivo fallimentare dei crediti tributari, in Fall., 2013, 1, 49). Quest’idea è stata a più riprese rivisitata dalla Suprema Corte, che ha negato al ruolo l’attitudine di necessario titolo per insinuarsi al passivo, qualora il credito tributario origini dalla dichiarazione IVA del debitore (Cass. civ., n. 13027/2004, in Giur. it., 2005, 8/9, 1755, con nota di F.V. ALBERTINI, Presupposti dell’ammissione al passivo concorsuale dei crediti fiscali derivanti dalla dichiarazione IVA, in Giur. it., 2005, 8/9, 1757 ss..; G. LA CROCE, Le Sezioni Unite riaprono, e chiudono definitivamente, con un “renvirement”, la discussione sull’insinuazione al passivo dei crediti tributari iscritti a ruolo, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, 572020, 639-647), per poi escludere la necessità della sua preventiva notifica ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare delle partite di credito tributario in esso rappresentate. Resta, ovviamente, sempre salva la facoltà del curatore di ammettere il credito con riserva da sciogliere, ex art.88 DPR 602/73, successivamente alla pronuncia del GT (D. AUGELLO, Insinuazione al passivo di crediti tributari e notifica della cartella di pagamento, in Giur. it., 2014, 10, 2217 ss., nota a Tribunale di Reggio Emilia, 26 marzo 2014). La Cassazione è sostanzialmente animata da alcune considerazioni. La prima è che il D.Lgs. n. 46/1999 ha riscritto gli artt. 45, 87 e 88 D.P.R. n. 602/1973, eliminando ogni riferimento alla notifica del ruolo o della cartella. In aggiunta, anche prescindendo dalla notificazione dell’atto tributario, il curatore fallimentare può impugnare il ruolo nel momento in cui ne viene a conoscenza tramite l’insinuazione al passivo. In ultimo l’art. 12 prel. e gli artt. 87 e 88 D.P.R. n. 602/1973 vanno letti valorizzando il principio della par condicio creditorum, per cui i crediti tributari vanno assoggettati alla stessa procedura applicabile per le altre tipologie di credito e non sono suscettibili di diverse considerazioni in virtù del soggetto titolare della pretesa. Questo modo d’intendere viene confermato anche in seguito alle modifiche disposte, con il D.L. n. 78/2010, art. 29, comma 1, lett. a), sulla struttura dell’avviso di accertamento, corredandolo dell’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati. Con tale innovazione si è eliminata la fase dell’iscrizione a ruolo postuma alla notificazione dell’atto tributario, consentendo all’Agente della riscossione di promuovere l’espropriazione forzata senza la preventiva notifica della cartella di pagamento. Ebbene, a prescindere dalle innovazioni normative (in primo commento A. GIOVANNINI, Riscossione in base al ruolo e agli atti di accertamento, in Rassegna tributaria, 2011, 1, 22-35), la giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cass. civ., n. 12019/2011; Cass. civ., sez. un., 4126/2012; Cass. civ., n. 6520/2013; Cass. civ, n. 6646/2013; Cass. civ., n. 6126/2014; Cass. civ., sez. un., n. 19704/2015; Cass. civ., n. 20054/2018; Cass. civ., n. 24442/2019) si è dovuta comunque continuare ad occupare di insinuazioni al passivo fallimentare supportate da avvisi di accertamento soggetti al precedente regime ed ha costantemente riconosciuto il diritto della società concessionaria di domandare l’ammissione al passivo, dei crediti tributari maturati nei confronti del fallito, sulla base del semplice ruolo non notificato. Da questo punto di vista, anzi, la giurisprudenza osserva, allineandosi alla posizione espressa dall’Amministrazione, che la domanda di ammissione al passivo di un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente la precedente iscrizione, meno che mai della notificazione della cartella di pagamento. Il risvolto probatorio è che il concessionario non dovrà allegare all’istanza la documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo, viceversa, bastare semplicemente la rappresentazione dell’esistenza dell’obbligazione desunta da un atto ricognitivo. Ne deriva che l’insinuazione per crediti tributari non può esser respinta per omessa prova sulla notifica della cartella esattoriale (Cfr. Cass. civ., n. 24442/2019) e, va aggiunto, sulla scorta della mancata esibizione dell’atto tributario.
  4. Il contrasto di orientamenti superato dalle Sezioni Unite. Il tema analizzato investe gli effetti prodotti dal L. n. 78 del 2010, art. 29, come convertito, sulla disciplina generale dell'ammissione al passivo regolata dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87 e seguenti, e, in particolare, l’impatto prodotto sulla disposizione del comma 2 per la quale “Se il debitore, a seguito del ricorso di cui al comma 1 o su iniziativa di altri creditori, è dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell'Agenzia delle entrate l'ammissione al passivo della procedura”. E ciò perché il D.L. n. 78 del 2010, art. 29, comma 1, lett. e), prevede che “l'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo di cui alla lettera a) e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo”. Sicché, va precisato, i riferimenti, contenuti nelle norme vigenti al ruolo, alla cartella di pagamento ed alle somme iscritte a ruolo, s’intendono effettuati, secondo l'art. 29, comma 1, lett. g), all’avviso di accertamento esecutivo ed alle somme affidate agli agenti della riscossione. Le Sezioni Unite sono chiamate dalla ordinanza n.4540/2020, quindi, a confermare se, in virtù del menzionato art.29 del D.L. n. 78 del 2010, occorra, per ottenere l'ammissione al passivo fallimentare, la notificazione dell’avviso di accertamento esecutivo, oppure se quest'ultima necessiti solo per legittimare l’inizio dell’esecuzione forzata (Sul punto G. INGRAO, La tutela della riscossione dei crediti tributari, Bari, 2012, 48 e ss; ID., L’avviso di accertamento esecutivo tra interesse del Fisco ed esigenze del contribuente, in AA. VV., Saggi in ricordo di Augusto Fantozzi, Pisa, 2021, 123 e ss). Bisogna, quale logico corollario, verificare pure se l'ammissione al passivo dei crediti tributari richieda la produzione del titolo esecutivo costituito dall’avviso di accertamento; in tal ultimo caso, difatti, la notificazione costituirebbe passaggio ineludibile per la formazione del titolo. La Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione, affronta il tema ad ampio spettro nella sentenza n.33408/2021, ampliando i considerando espressi nell’ordinanza remittente, dando atto della sussistenza, in capo alla giurisprudenza di legittimità, del forte contrasto interpretativo registratosi negli anni. Il primo orientamento esplicitato è uniformato alla posizione assunta dalla dottrina e muove dalla considerazione per cui, a seguito della entrata in vigore del D.L. n.78/10, il ruolo è stato sostituito dall’avviso di accertamento esecutivo e, in virtù dell’art. 29, lett. g), stessa fonte, “ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione…”. Di conseguenza il riferimento contenuto nell’art. 87 del D.P.R. n. 602/1973, che prevede l’ammissione al passivo dei crediti tributari, alle somme “iscritte a ruolo”, va inteso come effettuato alle somme affidate agli agenti della riscossione, ovvero alle somme contenute nell’accertamento notificato per cui siano decorsi i termini di gg. 60 stabiliti per proporre il ricorso, o per eseguire il pagamento, ed i successivi gg. 30 per l’affidamento al concessionario. Qualora l’Agenzia delle Entrate intenda azionare il credito tributario contenuto nell’accertamento esecutivo, secondo il D.lgs. 78/2010, che ha inteso concentrare le attività della riscossione, dovrà rispettare il principio fissato dall’art. 29 lett. g) (cfr. Cass. 2656/2018) e necessariamente notificare l’atto al contribuente aspettando il decorso dei complessivi 90 giorni. Secondo l’altra posizione assunta dal massimo consesso, invece, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può insinuarsi al passivo senza la notifica al curatore dell’atto tributario, bastando il deposito dell’estratto dal ruolo (cfr. Cass. 20784/2017). L’estratto di ruolo è certamente un mero documento, una semplice sintesi della pretesa tributaria e degli elementi con cui è stata formata e comunicata al contribuente (Cass. 19704/2015). L’art. 93 L.Fall. richiede, ai fini dell’ammissione al passivo, che il concessionario accluda al ricorso i documenti dimostrativi del diritto e tra di essi è idoneo ad assolvere l’onere anche l’estratto di ruolo (Cass. 5244/2017). Ne consegue che per l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi dell’art.87, comma 2, D.P.R. n. 602/1973, n. 46, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale. Le Sezioni Unite preferiscono l’orientamento che limita l’impatto della nuova disciplina varata nel 2010 alla sola esecuzione coattiva individuale. Per l’ammissione al passivo fallimentare resta, invece, fermo che il credito possa essere documentato dall’agente della riscossione in base al semplice estratto dal ruolo (Cass. n. 25192/17). Il ragionamento si rafforza evidenziando che il D.L. n. 78 del 2010, artt. 29, guarda alla procedura di riscossione coattiva, come la rubrica della disposizione conferma. L’art.29 dichiara la finalità assegnata alle previsioni in esso contenute, che è quella di “potenziare l’attività di riscossione”. E’ in relazione all’attività di riscossione volta all’espropriazione forzata che occorre un titolo esecutivo, il quale, in base al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, è il ruolo. Il potenziamento della riscossione scaturisce dall’accelerazione dei tempi di formazione del titolo esecutivo e dalla semplificazione del procedimento. L’avviso di accertamento sostituisce il ruolo, e, quindi, esclude la notificazione della cartella di pagamento che dal primo scaturisce ed esternalizza (Cass., sez. un., n. 19704/15; In dottrina A. CARINCI, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento “esecutivo” ex DL n.78/2010, in Rivista di diritto tributario, 2011, 2, I, 159 e ss.). Nel contempo tali atti sostanziali valgono precetto, poiché contengono l’intimazione ad adempiere, in vista dell’espropriazione forzata (sulla rilevanza dell’avviso di accertamento esecutivo nella procedura di riscossione, si veda Cass., sez. un., n. 28709/20). Del tutto diversa è, invece, la valenza del ruolo nel diritto fallimentare, governato dalla par condicio creditorum, poiché, a fronte dell’insolvenza, la soddisfazione del credito si traduce nell’ottenimento di una quota o di una percentuale di quanto ricavato dalla liquidazione, secondo l’ordine determinato dalle cause di prelazione, ai sensi dell’art. 2741 c.c. (Sebbene la norma abbia carattere programmatico e dunque una portata tendenziale ed attenuabile. Al riguardo V. ANDRIOLI, voce Fallimento, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, 398; V. COLESANTI, Mito e realtà della par condicio, FA, 1984, 32). Sicché il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito (L. Fall., art. 52) e per parteciparvi occorre presentare domanda di ammissione al passivo (L. Fall., art. 93), con esclusione, pendente il fallimento, del diritto di promuovere o coltivare azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento (L. Fall., art. 51). Tale conclusione è valevole anche se si tratta di crediti tributari iscritti a ruolo, in virtù del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 16, che ha modificato il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 51, il quale prevedeva che “L’esattore può procedere alla espropriazione anche quando il debitore sia dichiarato fallito ovvero sia sottoposto a liquidazione coatta amministrativa”. L’oggetto dell’accertamento del passivo è, dunque, il diritto al concorso (L. Fall., art. 96, u.c.) ed il soddisfacimento propiziato dalla domanda d’insinuazione concerne la porzione concorsuale dei crediti vantati. In caso di fallimento non rileva l’affidamento di somme all’agente per la riscossione, che è scansione procedimentale rivolta, appunto, al recupero coattivo, ma, a monte, il creditore neanche ha bisogno di munirsi di titolo idoneo a consentirgli l’esecuzione, mentre deve, in base all’art.93, provare l’esistenza dei crediti che vanta, allegando i relativi documenti dimostrativi. Qualora i crediti abbiano natura tributaria la normativa fallimentare si abbraccia con quella speciale. Se il debitore è fallito, l’ente creditore iscrive a ruolo il credito e l’agente per la riscossione provvede all’insinuazione nella procedura (D.Lgs. 30 aprile 1999, n. 112, art. 33). Il fallimento del contribuente, inoltre, determina il fondato pericolo per la riscossione (tra varie, Cass. n. 11508/01; n. 12887/07; n. 5779/21), di modo che le imposte, gli interessi e le sanzioni possono essere iscritti nei ruoli straordinari per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3, e art. 15 bis, in combinazione, peraltro, con il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 20). Il ruolo straordinario, in realtà, ha natura cautelare (Cass., sez. un., n. 758/17) e, in relazione al debitore sottoposto a fallimento, serve a incidere immediatamente sulla formazione dello stato passivo, sicché neanche occorre che a monte di esso vi sia un avviso di accertamento (Cass. n. 10787/06; n. 12887/07; n. 11234/11. All’opposto, in assenza di procedure fallimentari, occorre l’emissione dell’avviso di accertamento. Sul punto D. PERUZZA, Ruolo straordinario e misure cautelari preclusi se l’accertamento è annullato, in Rivista di diritto tributario, 1/2018). In sede concorsuale, dunque, il ruolo non rileva come titolo esecutivo perché non c’è attività espropriativa da compiere, ma serve a individuare, anche ai fini degli accessori, i crediti opponibili alla massa ed i relativi privilegi (Cass. n. 9441/19 e n. 18425/21). E altrettanto vale per l’estratto di ruolo, il quale, benché non sia atto impositivo, documenta gli elementi del ruolo (Cass. n. 19704/15). D’altronde la Cassazione ha da tempo chiarito che i crediti scaturiscono dall’inadempimento degli obblighi tributari, ovvero in dipendenza dell’insorgenza dei relativi presupposti, e non già a seguito degli avvisi di accertamento (Cass., sez. un., n. 4779/87; sez. un., n. 9201/90; n. 13275/20; n. 28192/20; n. 8602/21; sez. un., nn. 21765 e 21766/21), né in base al ruolo, né per effetto della notificazione della cartella di pagamento (Cass. n. 6846/21). Ne discende che l’ente creditore può dimostrare il proprio credito con documenti diversi dal ruolo (Cass., sez. un., n. 4126/12) ed a fronte dell’illegittimità della pretesa va esaminata nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’Agenzia delle Entrate. Del tutto irrilevante è, ai fini dell’insinuazione al passivo, che l’avviso di accertamento venga notificato e diventi titolo esecutivo. Il corretto svolgimento del sub procedimento di notificazione, si potrebbe però obiettare, assolve all’obbligo d’informare il curatore della pretesa erariale (Cass. n. 6846/21; Cass. nn. 12317/18; 20054/18; 700/19; 24589/19), sicché resterebbe imprescindibile. Questa funzione è, tuttavia, assolta dal deposito della domanda di insinuazione corredata dell’estratto di ruolo, che menziona gli atti esplicitanti la pretesa e consente, qualora siano ancora ammesse contestazioni, di proporre impugnazione dinanzi al giudice speciale ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 88, comma 2, salvo che non si tratti di fatti sopravvenuti, ossia posti a valle dell’iscrizione a ruolo (Cass., sez. un., n. 34447/19; n. 13767/21). Anzi, l’intimazione ad adempiere, contenuta nell’avviso di accertamento, che giunge al debitore proprio in virtù della notificazione, è addirittura incompatibile con l’esecuzione concorsuale e, in particolare, con la L. Fall., art. 51, proprio perché funzionale all’esecuzione individuale e, quindi, in contrasto con i principi della concorsualità. Le Sezioni Unite ribadiscono l’indirizzo maturato nella giurisprudenza della Suprema Corte che ha sottolineato questa incompatibilità in relazione alla notificazione della cartella, quanto alla sua funzione di atto corrispondente all’atto di  precetto, ossia d’intimazione ad adempiere (Cass. n. 11234/11; n. 15834/18; n. 25897/20; conf., in relazione alla L. Fall., art. 168,Cass. n. 24427/08; coerente, n. 4564/20), irrilevante essendone la natura riscossiva e non esecutiva (come, invece, ritenuto da Cass. n. 22211/19, punto 6, e da Cass. n. 26491/20, punto 2.3). La semplificazione della procedura di riscossione disposta dal D.L. n. 78 del 2010, allora, è tanto sterile sui procedimenti concorsuali, quanto feconda per la esecuzione coattiva individuale. Per l’ammissione al passivo fallimentare è, in definitiva, bastevole, in base al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, comma 2, e alla L. Fall., art. 93, che l’agente della riscossione documenti l’istanza d’insinuazione con l’estratto di ruolo, così da attestare l’esistenza dell’atto che ne è posto a base (Cass. n. 14693/17; Cass. nn. 18531/20 e 26896/20). “Ai fini dell’ammissibilità della domanda d’insinuazione proposta dall’agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l’avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dal D.L. n. 78 del 2010, artt. 29 e 30, conv. Con L. n. 122 del 2010, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo” (Cass.33408/2021).
  5. La sistemazione della materia operata dalla Cassazione, peraltro rafforzata dalla recentissima Cass.34751/2021, porta alla conclusione che sia possibile ammettere i crediti tributari nel passivo fallimentare anche con il deposito del solo estratto dal ruolo, perché costituisce prova del credito a prescindere dalla previa notifica della cartella di pagamento e dalla esibizione dell’atto tributario. In autorevole composizione la Corte sta ribadendo considerazioni criticate dalla prevalente dottrina, che ha invece sostenuto la centralità della notificazione del ruolo per supportare l’insinuazione e la conseguente ammissione al passivo dei crediti tributari. L’avviso di accertamento oggi, così come la cartella di pagamento prima del 2010, assolvono ad una funzione ricognitiva del credito fiscale certo, liquido ed esigibile, esprimendo un’equilibrata ponderazione tra l’interesse fiscale e la par condicio creditorum e il diritto di difesa del curatore (Cfr. L. DEL FEDERICO, Gli accertamenti esecutivi e le procedure concorsuali, in V. UCKMAR – C. GLENDI (a cura di), La concentrazione della riscossione nell’accertamento (a cura di), Padova, 2011, 176 ss.; ID., Le innovazioni delle Sezioni Unite in tema di ammissione al passivo fallimentare dei crediti tributari, in Fall., 2013, 1, 49 ss.; F. PAPARELLA, La partecipazione delle sanzioni amministrative tributarie al riparto nelle procedure concorsuali, in Rass. Trib., 2015, 3, 598 ss.,; contra generalmente A. CARINCI, L’amissione al passivo dei crediti tributari, in F. PAPARELLA (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 552 ss., il quale attribuisce rilevanza all’iscrizione a ruolo e alla notifica della cartella di pagamento soltanto nelle ipotesi in cui il ruolo funge anche da atto di imposizione). Deve osservarsi che la notificazione della cartella di pagamento, nella fase precedente alla dichiarazione di fallimento, assume rilevanza per l’esame delle pretese creditorie e per consentire la corretta collocazione dei rispettivi crediti. Le sezioni fallimentari ammettono al passivo aggio, diritti di notifica ed interessi di mora soltanto nell’ipotesi di notifica della cartella di pagamento al soggetto fallito quando ancora in bonis ed, in caso contrario, li escludono perché inopponibili alla massa fallimentare (Cass. nn.6646/13; 18645/13). Diversamente dai diritti di notifica, che vanno collocati sempre al grado chirografario, gli interessi di mora, anche in presenza di notificazione della cartella di pagamento, possono essere ammessi al privilegio, nei limiti di cui all’art. 2749 c.c., solo in caso di analitici conteggi. Gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo e di rateizzazione di cui agli artt. 20 e 21 D.P.R. n. 602/1973, che nell’estratto di ruolo sono contraddistinti da autonomo codice tributo, vanno collocati al rango chirografario, ove rechino indicato, nella relativa colonna, un anno di decorrenza anteriore all’anno dalla dichiarazione di fallimento, in assenza di specificazione in domanda della loro quota-parte assistita da privilegio con enunciazione dei relativi criteri di calcolo, ivi compresa la deduzione del tasso applicato in relazione alla specifica disciplina di riferimento per il singolo tributo, ai sensi dell’art. 93, commi 3, n. 4, e 4, L. Fall. Viceversa, in caso di produzione del solo ruolo o di notifica della cartella di pagamento alla curatela, vanno riconosciuti solo i diritti di tabella al rango chirografario. La notificazione, quindi, seguendo la Corte, non rileva per le vicende del tributo, ma incide su quelle degli accessori che, nei considerando delle Sezioni Unite, non compaiono. Occorre interrogarsi, poi, su come possa il curatore determinarsi compiutamente sulla fondatezza di una contestazione della pretesa tributaria, da sottoporre alla giurisdizione del giudice speciale sulla base del solo estratto dal ruolo, che certamente non traspone le ragioni fondamentali del recupero a tassazione. In aggiunta, la delicatezza degli interessi trattati, che impattano sul diritto dell’azienda a proseguire la propria vita giuridica, intrisa della complessità tecnica tutta tributaria dei temi intersecanti, richiederebbe un orientamento che tenda a costruire certezza e semplicità, ma non mortifichi il diritto di difesa. Il contribuente raggiunto da istanza di fallimento, qualora assuma di apprendere per la prima volta della esistenza della pretesa, non potrà più, stando alla posizione assunta dal giudice di legittimità, chiederne l’annullamento per vizio di notifica dell’atto sottostante, ma dovrà entrare direttamente nel merito, diversamente resterà nudo di fronte al giudice prefallimentare. Ciò degrada il suo diritto di difesa rispetto alla tutela che il contribuente può per legge generalmente assicurarsi. Il capoverso del comma 3 dell’art.19, D.lgs. n. 546/92, dispone che “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”. E’ in diritto del contribuente scegliere se entrare nel merito della ripresa azionando una tutela recuperatoria, oppure limitarsi a contestare l’interruzione della scansione procedimentale quale vizio derivato dell’atto conseguenziale (C. GLENDI, Impugnazione dell’atto presupposto non notificato cumulativamente all’atto consequenziale ritualmente notificato, in GT – Riv. giur. Trib., 2001, 353 e ss.). Il contribuente, in definitiva, non può considerare il ricorso di fallimento al pari di uno strumento tramite il quale ricavare l’effettiva conoscenza di un atto tributario non notificatogli, per eccepire il vizio del subprocedimento di notifica, ma viene costretto ad entrare nel merito elevando, nella sostanza, il ricorso di fallimento, che si colloca fuori i limiti interni della giustizia tributaria (Sulla necessità di una revisione dei limiti interni, atti e parti processuali, alla giurisdizione tributaria si veda F. AMATUCCI, Le principali criticità del contenzioso tributario alla luce del principio del giusto processo, in Aspetti innovativi e criticità del contenzioso, Giappichelli, 2020, a cura di F. AMATUCCI), alla funzione di “atto tributario”. Sotto questi profili la sentenza desta qualche perplessità considerando che le limitazioni al diritto difensivo non appaiono conformi al diritto unionale ed alla giurisprudenza della CEDU (Al riguardo, sebbene nell’ambito delle preclusioni probatorie poste in danno del diritto di difesa del contribuente che non collabori nella fase accertativa si veda F. AMATUCCI, Il superamento delle preclusioni probatorie e l’ampliamento del diritto di difesa del contribuente, in Rivista trimestrale di diritto tributario, 2014, 2, 275-298). Se la pronuncia per quanto sopra espresso non piace, dall’altro canto si allinea alla recente legislazione (D.lgs. 146/2021) preclusiva dell’impugnazione dell’atto tributario appreso da estratto dal ruolo. Al contempo la non necessarietà della produzione materiale dell’atto tributario, idoneamente sostituto dall’estratto ruolo, da coerenza al ragionamento della Suprema Corte chiamata a più riprese e da diverse angolazioni sul punto. Se in alcune pronunce, di fronte ad espressa contestazione del contribuente, la Corte aveva onerato il concessionario di fornire la prova ardua della esistenza o completezza dell’atto tributario (Cass. nn. 438/2005; 24031/2006; 18252/2013; 2625/2015), in altre ha espresso un orientamento maggioritario opposto che gravava il contribuente del relativo onere (Cass. nn.21533/2017; 9845/2017; 3036/2016; 16949/2014; 15315/2014; 9111/2012). Sicché si inserisce in un quadro piuttosto costante, l’orientamento ultimo, a tratti inappagante e contrario alla dottrina citata, secondo cui la pretesa erariale sia generalmente ben rappresentata dalla produzione del solo estratto dal ruolo, senza bisogno della sua produzione integrale e, per quanto visto, del corretto sub procedimento di notificazione.