argomento: IRPEF -
Giurisprudenza
La pronuncia affronta il trattamento fiscale, ai fini IRPEF, dei compensi variabili erogati in ritardo ai giudici tributari. La Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire la distinzione tra “ritardo patologico” e “ritardo fisiologico” precisando che il più favorevole regime di tassazione separata previsto per gli arretrati da lavoro dipendente può essere applicato solo quando il ritardo nel pagamento degli emolumenti costituisca una conseguenza “patologica” del rapporto contrattuale cui l’emolumento accede. Laddove, invece, il ritardo costituisca una conseguenza “fisiologica”, insita nelle modalità di liquidazione dell’emolumento, deve applicarsi il regime ordinario.
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PAROLE CHIAVE: tassazione separata -
arretrati da lavoro dipendente -
imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
di Marialuisa De Vita
- La controversia alla base dell’ordinanza n. 3925 dell’8 febbraio 2022 origina dall’impugnazione di un diniego di rimborso delle ritenute subìte, ai fini IRPEF, da un giudice tributario sui compensi percepiti nell’anno di imposta successivo a quello di maturazione. Si trattava, in particolare, dei compensi variabili relativi all’ultimo trimestre (ottobre-dicembre) degli anni dal 2011 al 2013, liquidati nelle annualità successive a quelle di maturazione.
- La Pubblica Amministrazione erogante aveva assoggettato i suddetti compensi a tassazione ordinaria, sul presupposto che il ritardo dell’erogazione dovesse considerarsi fisiologico, dipendendo dalle particolari procedure di liquidazione previste per essi. Al contrario, per il contribuente, tali compensi sarebbero, invece, dovuti essere assoggettati a tassazione separata ex art. 17, comma 1, lett. b) del TUIR, in quanto percepiti oltre il 12 gennaio dell’anno successivo a quello di maturazione.
- Il primo ed il secondo grado si concludevano in senso favorevole al contribuente. I giudici di merito ritenevano, infatti, operante il regime di tassazione separata sul presupposto che non potessero essere assoggettati a tassazione ordinaria proventi incassati nell’anno successivo rispetto a quello di produzione.
- La Cassazione, dopo aver ricordato, preliminarmente, che i compensi corrisposti ai membri delle Commissioni tributarie rientrano tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. f) del TUIR, ha risolto la questione respingendo la tesi sostenuta dal contribuente. Per la Corte la qualità di “arretrato” del compenso – idoneo a far scattare il regime di tassazione separata – non va ancorata al mero superamento, nella sua corresponsione, della data del 12 gennaio dell’anno successivo a quello di maturazione. La Suprema Corte, richiamando, infatti, alcuni suoi precedenti (cfr. Cass., Sez. V, sentt. 13 febbraio 2020, nn. 3581, 3582, 3583, 3584, 3585 e Cass., Sez. V, Ord. 13 dicembre 2020, n. 28116 del 2020), ha precisato che «ove la liquidazione e la corresponsione di un certo emolumento, in quanto soggette a determinate procedure, implichino necessariamente un disallineamento cronologico rispetto al periodo di maturazione del compenso, tale iato assume rilevanza, come presupposto della tassazione separata, soltanto quando il ritardo non sia fisiologico, ma esorbiti dalla normale dinamica del rapporto contrattuale, cui l’emolumento accede».
- La questione di diritto controversa concerneva, dunque, la delimitazione dei confini della nozione di “ritardo fisiologico” e, in particolare, l’individuazione del momento a partire dal quale può applicarsi all’emolumento arretrato il più favorevole regime di tassazione separata.
- Come noto, quest’ultimo rappresenta quel regime attraverso cui sono sottratti all’ordinaria tassazione progressiva, per essere assoggettati a una più mite tassazione proporzionale, redditi riferibili a periodi di imposta precedenti a quello di corresponsione. Nell’ambito dei redditi da lavoro, ferma la fisiologica prossimità tra momento di maturazione e momento di percezione del provento tassabile, possono verificarsi casi, come quello oggetto dell’ordinanza in esame, in cui tale vicinanza non si riscontra, perché la retribuzione tassabile, richiedendo specifici conteggi per essere liquidata, viene pagata al prestatore di lavoro con ritardo. In quest’ultima ipotesi, se il pagamento avviene comunque entro l’anno o, al massimo, entro il 12 gennaio dell’anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, non sorgono problemi, dal momento che, già per il principio di “cassa allargata” (art. 51, comma 1, secondo periodo, TUIR), non si verifica alcuno slittamento del provento ad un periodo di imposta diverso da quello al quale sarebbe stato imputato in caso di pagamento tempestivo. Laddove, invece, il provento venga corrisposto nel periodo di imposta successivo a quello di maturazione, potrebbero cumularsi in capo al prestatore sia i proventi maturati e puntualmente pagati in corso d’anno, sia i proventi maturati nell’annualità precedente, ma incassati con ritardo (rectius, a distanza nel tempo rispetto all’ultimazione della prestazione). In quest’ultimo caso, per l’operare congiunto del principio di cassa e della progressività delle aliquote previste ai fini IRPEF il carico fiscale complessivo gravante sui redditi percepiti in ritardo potrebbe essere superiore rispetto a quello che sarebbe scaturito dall’autonoma tassazione dei redditi in questione nei rispettivi periodi di maturazione.
- Proprio per evitare che il contribuente possa subire un pregiudizio dalla progressività delle aliquote, il legislatore ha previsto il meccanismo della tassazione separata che consente, come si è anticipato, di escludere gli emolumenti arretrati dal coacervo del reddito complessivo realizzato dal contribuente nel periodo di imposta al fine di assoggettarli a tassazione autonoma con un’aliquota determinata secondo criteri appositi (cfr. Circolare Ministero delle Finanze, n. 23/E del 5 febbario 1997 che individua la ratio del regime della tassazione separata proprio nella necessità di «attenuare gli effetti negativi che deriverebbero dalla rigida applicazione del criterio di cassa» in quei casi in cui la tassazione ordinaria di un reddito formatosi in periodi di imposta diversi da quello di percezione dell’emolumento, potrebbe risultare eccessivamente onerosa per il contribuente).
- Ciò premesso, nell’ordinanza n. 3925 del 2022, la Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire, in linea con i suoi precedenti (cfr., tra le altre, Cass., sent. 18 aprile 2019, n. 10887), le condizioni che devono ricorrere affinché possa trovare applicazione agli emolumenti arretrati il regime della tassazione separata di cui all’art. 17, comma 1, lett. b) del TUIR, precisando che l’operatività del regime in esame è subordinata all’accertamento delle seguenti condizioni:
- deve trattarsi di emolumenti “per prestazioni di lavoro dipendente”;
- tali emolumenti devono essere erogati in un periodo di imposta successivo rispetto a quello di maturazione;
- lo sfasamento temporale tra periodo di maturazione e periodo di percezione dell’emolumento deve discendere da:
- ragioni di carattere giuridico, consistenti nel sopraggiungere di norme di legge, di contratti collettivi, di sentenze, di provvedimenti amministrativi; o
- da “oggettive situazioni di fatto” che impediscono il pagamento delle somme riconosciute come spettanti entro i limiti ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti di imposta.
- Quanto alla condizione sub a, per il principio di onnicomprensività, rientrano nella nozione di «emolumento per prestazioni di lavoro dipendente» tutte quelle erogazioni ricevute dal prestatore di lavoro che possano ritenersi collegate causalmente al rapporto di lavoro, restando irrilevante la natura dell’attribuzione patrimoniale, la provenienza dell’attribuzione dal datore di lavoro e la non contestualità della stessa rispetto allo svolgimento del rapporto di lavoro (cfr. M. LEO, Commento all’art. 51 t.u.i.r., in Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 2016, vol. I, p. 756; S. PETRUCCI, L’onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente alla luce della giurisprudenza: ancora una conferma, in Riv. dir. trib., 2002, 2, p. 466). La nozione di emolumento adottata dal legislatore risulta poi ampia al punto da ricomprendere sia gli arretrati relativi all’erogazione di “pensioni di ogni genere” ed assegni ad esse equiparate (ciò in forza del richiamo all’art. 49, comma 2 del TUIR), sia i proventi che costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tra i quali si inseriscono i compensi erogati ai giudici tributari (questa volta in forza del richiamo dell’art. 50, comma 1 del TUIR).
- Perché possa trovare attuazione la tassazione separata occorre poi accertare che ci sia uno sfasamento tra il periodo d’imposta in cui il componente reddituale è maturato (cioè quello in cui si perfeziona la fattispecie giuridica dalla quale esso scaturisce) ed il periodo in cui si verifica la movimentazione finanziaria che ne costituisce adempimento (requisito sub b). Si deve, insomma, trattare di “arretrati” vale a dire di emolumenti che il soggetto passivo aveva diritto di percepire già nel periodo di imposta precedente rispetto a quello in cui è avvenuto l’incasso.
- Occorre, infine, accertare che il differimento del termine di pagamento dell’emolumento discenda (requisito sub c):
- da una “causa giuridica” come il sopraggiungere di norme di leggi, di contratti collettivi, di sentenza o di atti amministrativi (si pensi alle ipotesi in cui la corresponsione dei compensi ai dipendenti sia subordinata all’emanazione di un provvedimento amministrativo, emesso solo dopo l’anno di svolgimento dell’attività lavorativa); o
- da “altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti”, idonee ad escludere che il differimento del termine di pagamento sia conseguenza di un accordo delle parti volto a far beneficiare il percettore di un più favorevole regime di tassazione (si pensi, a titolo esemplificativo, al differimento imputabile ad una situazione di grave dissesto finanziario o a una situazione eccezionale che impedisce il tempestivo pagamento del compenso).
- Nell’interpretare tale norma (nella sua formulazione originaria che si limitava a fare generico riferimento agli «emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti per prestazioni di lavoro dipendente»), l’esigenza di evitare che la stessa potesse prestarsi a condotte elusive volte ad assoggettare al più favorevole regime di tassazione separata proventi il cui ritardo nell’erogazione fosse dovuto soltanto alla concorde volontà delle parti, aveva indotto l’Amministrazione finanziaria (cfr. Ris. Ministero delle Finanze, n. 8/505/IIDD/1993) a ritenere applicabile detto regime soltanto in presenza di emolumenti erogati in ritardo in forza di leggi, contratti, sentenze o titoli giuridici assimilabili e, dunque, in presenza di eventi tali da dimostrare l’inesistenza di intenti elusivi tra le parti. In senso opposto, la prevalente giurisprudenza (cfr. Comm. trib. centr., 6 settembre 1995, n. 3026; Comm. trib., centr., 18 aprile 1989, n. 2830) forniva, invece, una lettura della norma più rispettosa del dettato letterale, affermando la generale applicabilità della tassazione separata a prescindere dalle ragioni sottese al ritardo nell’erogazione.
La contrapposizione tra le due interpretazioni è stata superata, in senso favorevole all’Amministrazione Finanziaria, per opera dell’art. 3, comma 82, lett. a), n. 1, L. 28 dicembre 1995, n. 549 il quale, sostituendo l’intera lett. b) dell’art. 17, comma 1 del TUIR ha circoscritto l’ambito di applicabilità del regime di tassazione separata ai soli emolumenti arretrati percepiti «per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenza o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti».
- E’ evidente, però, che, al di fuori dei casi in cui ricorra una delle cause giuridiche indicate dalla norma (in cui è sicuramente assente un accordo tra le parti per un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti) non è sempre facile distinguere tra cause di ritardo dipendenti dalla volontà delle parti e cause di ritardo non dipendenti dalla volontà delle parti. Di tale complessità tiene conto la Corte di Cassazione, imponendo, ai fini dell’applicabilità del regime di tassazione separata, un’accurata indagine in punto di fatto, volta a individuare la ragione effettiva del differimento del pagamento dell’emolumento, limitando l’applicazione della tassazione separata alle sole ipotesi in cui si accerti non solo l’assenza di una collusiva volontà delle parti finalizzata ad eludere la legge per consentire al contribuente di beneficiare del regime agevolato della tassazione separata, ma anche la natura “patologica” del differimento del termine di pagamento ossia la sua estraneità alla normale procedura di quantificazione e liquidazione dell’emolumento (cfr. Cass., sent. 18 aprile 2019, n. 10887; Cass., sent. 7 ottobre 2005, n. 19606).
- Il ragionamento della Corte di Cassazione era già stato anticipato da diversi documenti di prassi.
Fin dalla circolare 5 febbario 1997, n. 23/E, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto dirimente, ai fini dell’applicazione del regime di tassazione separata, la distinzione tra “ritardo fisiologico” e “ritardo patologico”, stabilendo che non può applicarsi il regime di tassazione separata quando il differimento del termine di pagamento dell’emolumento debba considerarsi una “conseguenza fisiologica” insita nelle modalità di liquidazione degli emolumenti stessi, tali da richiedere determinati tempi tecnici per essere condotte a termine (tale principio è stato successivamente ribadito nella circolare 14 giugno 2001, n. 55; Ris. AdE 9 ottobre 2008, n. 377/E e Ris. AdE, 13 dicembre 2017, n. 151/E).
- Più dettagliatamente, l’Amministrazione finanziaria è giunta a ritenere sussistente un “ritardo fisiologico”, idoneo ad escludere il più favorevole regime di tassazione separata, tutte le volte in cui la liquidazione del compenso, presupponendo una più o meno complessa procedura di calcolo, comporti inevitabilmente uno sfasamento tra periodo di maturazione e periodo di percezione. Nella Risoluzione n. 151/E del 13 dicembre 2017 e nelle risposte n. 49 del 25 gennaio 2022 e n.173 del 6 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha affermato, ad esempio, che il trattamento tributario da applicare ai compensi corrisposti ai dipendenti, anche a distanza di anni, per il raggiungimento di obiettivi predeterminati, è quello della tassazione ordinaria, se il ritardo nella corresponsione è dovuto alla complessità dei calcoli da effettuare. In tale ipotesi, la determinazione e liquidazione sono possibili solo dopo effettuati i conteggi necessari, sicché non è ravvisabile alcun ritardo.
- Andando ancora oltre, l’Amministrazione finanziaria ha poi ammesso la tassazione separata in casi in cui il differimento del pagamento degli emolumenti dipende da cause estranee all’ordinaria procedura di liquidazione e/o da eventi eccezionali che precludono un tempestivo pagamento degli emolumenti. Così, nella risposta ad interpello n. 353 del 18 maggio 2021, l’Agenzia, chiamata a pronunciarsi sulla natura fisiologica o meno dei ritardi nella corresponsione dei premi di risultato dipendenti dai cambiamenti organizzativi imposti dall’emergenza epidemiologica legata al Covid-19, ha qualificato come “patologico” siffatto differimento in quanto determinato dai cambiamenti organizzativi imposti dall’emergenza epidemiologica (che ha costretto ad una riorganizzazione delle attività lavorative in modalità agile e a una dematerializzazione della documentazione cartacea, dilatando le normali tempistiche adottate negli anni precedenti) e, dunque, da eventi estranei all’ordinaria procedura di liquidazione.
- La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in commento, mostra di tenere conto di tutti questi precedenti e concorda nel considerare dirimente, ai fini dell’applicazione del regime di tassazione separata, non il fatto dell’erogazione dell’emolumento oltre il 12 gennaio dell’anno successivo a quello di maturazione, ma che il pagamento in ritardo costituisce, invece, una “conseguenza naturale” delle modalità di liquidazione dell’emolumento. Tanto basta, per la Suprema Corte, per escludere il più favorevole regime di tassazione separata e per rendere, invece, operativo il regime ordinario.
Nella logica della Corte, in un simile caso, neppure vi è ritardo.
- Diviene, dunque, necessaria, un’analisi caso per caso per comprendere le modalità con cui avviene un pagamento. L’aggettivo “arretrato” deve intendersi riferito al momento della percezione della retribuzione e non già al momento della ultimazione della prestazione lavorativa.
- Si rientra così nella fisiologia quando, per procedere a un pagamento, è necessario effettuare dei calcoli, vale a dire occorre seguire determinate procedure per rendere liquide ed esigibili le somme dovute a titolo di emolumento ai prestatori di lavoro. Ciò è quello che si verifica per i giudici tributari in quanto, relativamente ai compensi variabili da loro maturati nel quarto trimestre di un anno (periodo 1˚ ottobre/31 dicembre) la loro erogazione deve avvenire entro il termine di 120 giorni, decorrenti dal 15 gennaio dell’anno successivo a quello di effettuazione della prestazione lavorativa (termine iniziale fissato dalla direttiva del Ministero dell’economia e delle finanze n. 39616 del 20 giugno 2005, per la chiusura contabile periodica e/o annuale).
Si coglie qui una delle particolarità del ragionamento della Cassazione, ovverosia la necessità di individuare un termine ultimo per effettuare i necessari calcoli della retribuzione.
Nel caso di specie vi era un silenzio legislativo che la Cassazione supera applicando analogicamente l’art. 14, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (in tema di esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni) e stabilendo che il termine di 120 giorni, previsto dalla disposizione menzionata, deve ritenersi quale «idoneo spatium adimplendi da concedere all’Amministrazione per l’approntamento dei controlli e dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei compensi variabili», con la conseguenza che solo per i compensi erogati oltre tale termine può trovare applicazione il più favorevole regime di tassazione separata. In altri termini, solo decorsi 120 giorni vi sarà un ritardo rilevante ai fini della tassazione separata.
- Per le retribuzioni dei giudici tributari, vale precisare che il termine di 120 giorni in questione si applica, però, solo ai compensi variabili e non anche a quelli fissi erogati ai giudici tributari. Ne deriva, dunque, che:
- relativamente ai compensi fissi può ritenersi sussistente un ritardo fisiologico ogniqualvolta la loro erogazione avvenga entro un mese dalla loro maturazione;
- relativamente ai compensi variabili, invece, la fisiologicità del ritardo permane fino a 120 giorni dalla maturazione, essendo intrinseca alla natura di tali compensi la necessità di un più ampio periodo di tempo per procedere alla loro quantificazione e liquidazione.
- Provando a trarre un principio generale dal caso in esame e, trascendendo, dunque, i problemi concernenti i giudici tributari, può affermarsi che, ai fini dell’operatività del regime di tassazione separata, è irrilevante il mero fatto storico del ritardo (inteso come sfasamento tra periodo di maturazione e periodo di percezione del compenso), ma sono rilevanti le ragioni di tale sfasamento. Laddove si accerti che il differimento del termine di pagamento è determinato dalla concorde volontà delle parti e, quindi, dipenda da una causa soggettiva, deve escludersi l’applicazione del regime di tassazione separata; al contrario, laddove si accerti che il differimento del termine di pagamento dipenda da una causa oggettiva e, in particolare, dall’osservanza di particolari procedure di quantificazione e liquidazione, la tassazione separata non è ancora automaticamente applicata, lo diviene solo in quei casi in cui eventi estranei alla normale dinamica del rapporto contrattuale interferiscano nella procedura di liquidazione, determinando una dilazione del termine ordinario di pagamento dell’emolumento.
- Muovendo da tali premesse, si finisce per definire fisiologico anche quel differimento del termine di pagamento determinato da procedure di conteggio che, per la loro complessità, non si esauriscono nell’annualità successiva a quella di maturazione, ma in quelle ancora successive. Una simile impostazione sembra, però, tradire la ratio sottesa al regime della tassazione separata, precludendo la sua operatività in quei casi in cui, dato l’ampio lasso temporale intercorrente tra periodo di maturazione e periodo di percezione del compenso, sarebbe opportuno applicare in luogo del regime ordinario il più favorevole regime di tassazione separata.
Ne deriva che si applica il regime di tassazione ordinaria se il ritardo dipende da cause imputabili alle parti o da oggettivi “motivi tecnici”; si applica il regime di tassazione separata se il ritardo dipende da cause oggettive (diversa dai tempi di conteggio).
- Accogliendo una nozione così ampia di ritardo fisiologico, si finisce per restringere il campo di applicazione del regime di tassazione separata, confinando quest’ultima solo a ipotesi del tutto residuali. Questo approccio case by case si pone in parziale contrasto sia con il dettato letterale dell’art. 17, comma 1, lett. b) del TUIR, che si limita a individuare genericamente “cause di ritardo non dipendenti dalla volontà delle parti” (senza alcun richiamo al ritardo patologico), sia con il principio di certezza del diritto. Potrebbero, infatti, verificarsi casi in cui un medesimo termine di dilazione del pagamento venga definito in un caso fisiologico (perché considerato intrinseco alla natura del procedimento di liquidazione dell’emolumento) e in un altro patologico (perché considerato estraneo all’iter di liquidazione). E’ quanto accaduto in passato con riferimento al compenso di risultato percepito dal dipendente non nel periodo di imposta successivo a quello di maturazione, ma in quello ancora successivo. Mentre la Cassazione ha ritenuto applicabile al premio di risultato il più favorevole regime di tassazione separata (cfr. Cass., sent. 19606 del 7 ottobre 2005), l’Amministrazione finanziaria, invece, considerando fisiologico il ritardo de quo, ha ritenuto applicabile il regime ordinario (cfr. Ris. 13 dicembre 2017, n. 151/E). In definitiva l’indagine suggerita dalla Cassazione non restituisce soluzioni univoche. Un simile approccio non appare condivisibile nella misura in cui rischia di dare luogo a trattamenti differenziati di situazioni identiche. Sarebbe quindi opportuno individuare un termine massimo di dilazione del pagamento decorso il quale deve escludersi la sussistenza di un ritardo fisiologico e deve applicarsi il più favorevole regime di tassazione separata (ad eccezione, ovviamente, dei casi in cui il ritardo sia frutto di accordi tra le parti). L’oggettività dell’art. 17 menzionato dovrebbe essere recuparata in sede di applicazione dello stesso.