Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

13/06/2018 - Novità normative e giurisprudenziali in tema di reverse charge

argomento: IVA - Legislazione e prassi

 Intervenendo in un dibattito pluriennale, il legislatore ha da ultimo espressamenteescluso il recupero IVA in ordine a fattispecie assoggettate areversecharge, anche in caso di operazioni inesistenti. Parte della giurisprudenza non pare, tuttavia, aver compiutamente recepito l’indicazione legislativa

PAROLE CHIAVE: inversione contabile - IVA - neutralità


di Stefania Gianoncelli

  1. L’applicazione del regime IVA direverse charge o inversione contabile si concretizza, a seconda dei casi, nell’emissione di un’autofattura da parte del cessionario o committente,ovvero nell’integrazione, ad opera dello stesso soggetto, della fattura emessa dal cedente o prestatore senza indicazione del­l’imposta. In entrambe le ipotesi il documento fiscale è soggetto alla duplice registrazione tanto tra gli acquisti quanto tra le venditedel cessionario o committente.

Proprio in ragione di tale contestualità, laddove il soggetto passivoutilizzi il bene o il servizio ai fini di proprie operazioni imponibili – e ricorrano, dunque, i c.d. requisiti sostanziali della detrazione – l’effetto tipico del reverse chargeèdiintegrale neutralità:lo stesso soggetto è in effetti al contempo creditore e debitore verso l’Erario per la medesima operazione. Ne consegue che in nessun caso,nonostante eventuali irregolarità riscontrate nelle operazioni assoggettate a inversione contabile, potrà procedersi al recupero dell’imposta nei confronti dei soggetti dalle stesse coinvolte; la constatazione di tali irregolarità potrà invecedare luogoall’applicazione di misure sanzionatorie, purché nel rispetto delprincipio di proporzionalità.In questo senso vanno, chiaramente, le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia europea (v., fra le altre, CGUE, 8 maggio 2008, in C-95/07, Ecotrade, e 11 dicembre 2014, in C-590/13, IdexxLaboratoires).

  1. Aiprincipi sopra indicati appare ispirata l’attuale formulazione dell’art. 6, commi 9-bisss., d.lg. n. 471/92. In conformità alle sue previsioni, infatti, il recupero dell’IVAda parte dell’Amministrazione è precluso in tutti i casi in cui il meccanismo di inversione contabile sia stato, o avrebbe dovuto, essere applicato; per ciascuna possibile irregolarità relativa ad operazioni indebitamente non assoggettate, o, al contrario,erroneamente assoggettate, a reverse charge, è previstauna specifica sanzione, graduatain ragione della effettiva concreta offensività della condotta attiva o omissiva posta in essere dal soggetto passivo.

Tra le ipotesi oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore vi è quella in cui siano stateassoggettate al meccanismo di inversione contabile operazioni inesistenti. In simili circostanzel’Amministrazione finanziaria sarà tenuta ad espungere tanto il debito quanto il credito IVA che ne sono derivati nella contabilità del cessionario o committente; quest’ultimo conserverà altresì il diritto al rimborso dell’impostaeventualmente non detratta, a cagione di qualche causa di indetraibilità oggettiva o soggettiva, ma gli sarà comunque irrogata unasanzione, pari nel minimo al 5 per cento e nel massimo al 10 per cento dell’imponibile assoggettato a tassazione, con un limite minimo di Euro 1.000.

La compiuta comprensione del nuovo contesto normativo presuppone, occorre dire, il riferimento altresì alla intervenuta modifica dell’art. 21, comma 7, d.p.r. 633/72. Tale disposizione, come noto, è espressione del principio c.d. di cartolarità dell’IVA, in base al quale è comunque dovuta l’imposta indicata come talein fattura; la sua applicazione alle operazioni assoggettate a reverse charge, oggetto di opinioni discordanti nel vigore della precedente disposizione,è oggi espressamente esclusa.

  1. Ora, nello scenario appena descritto, contrariamente a quanto accade con riferimento alle altre fattispecie disciplinate dal medesimo art. 6, commi 9-bisss.,d.lg. n. 471/97, non può propriamente parlarsi diriconoscimento, in capo al committente o cessionario, del diritto alla detrazione dell’IVA, di per sé subordinato al ricorrere dei più volte richiamati requisiti sostanziali; quanto, piuttosto, di contestuale annullamento del debito e del credito sorti, in capo al medesimo soggetto, nei confronti dell’Erario. Detto in altri termini: l’ordinamento non riconosce, in capo al soggetto che abbia contabilizzato in reverse chargeun’operazione inesistente, alcun diritto di detrazione, ma si limita a constatare l’insussistenza tanto dell’operazione attiva, quanto di quella passiva, e a trarne le dovute conseguenze, salva l’applicazione della sanzione parametrata all’imponibile oggetto di falsa fatturazione.

Se così è, non possono che destare perplessità le prime pronunce rese dalla Corte di Cassazione a seguito della modifica del più volte citato art. 6, d.lg. n. 471/97, e, in particolare, del suo comma 9-bis.3 (v. Cass. Civ., sez. V, 9 agosto 2016, n. 16679, e 19 maggio 2017, n. 12649). Chiamati a pronunciarsi in ordine alle conseguenze derivanti dalla accertata inesistenza di operazioni assoggettate ad inversione contabile,infatti, i Giudici di legittimitàhanno legittimato il recupero dell’imposta in capo al cessionario,in considerazione dell’impossibilità di riconoscere il diritto di detrazione in assenza dei requisiti sostanziali cui è subordinato il suo esercizio.

  1. Alla luce di quanto si è in precedenza illustrato, un simile inquadramento della questione si rivela tuttavia errato; inevitabilmenteesso conduce a conseguenze aberranti e, soprattutto, apertamente contrastanti con la volontà legislativa e con la necessità di adeguare l’ordinamento interno alle indicazioni che a più riprese la Corte di Giustizia ha fornito in tema di reverse charge, principio di proporzionalità e neutralità dell’imposta sul valore aggiunto.