argomento: IVA - Legislazione e prassi
Intervenendo in un dibattito pluriennale, il legislatore ha da ultimo espressamenteescluso il recupero IVA in ordine a fattispecie assoggettate areversecharge, anche in caso di operazioni inesistenti. Parte della giurisprudenza non pare, tuttavia, aver compiutamente recepito l’indicazione legislativa
PAROLE CHIAVE: inversione contabile - IVA - neutralità
di Stefania Gianoncelli
Proprio in ragione di tale contestualità, laddove il soggetto passivoutilizzi il bene o il servizio ai fini di proprie operazioni imponibili – e ricorrano, dunque, i c.d. requisiti sostanziali della detrazione – l’effetto tipico del reverse chargeèdiintegrale neutralità:lo stesso soggetto è in effetti al contempo creditore e debitore verso l’Erario per la medesima operazione. Ne consegue che in nessun caso,nonostante eventuali irregolarità riscontrate nelle operazioni assoggettate a inversione contabile, potrà procedersi al recupero dell’imposta nei confronti dei soggetti dalle stesse coinvolte; la constatazione di tali irregolarità potrà invecedare luogoall’applicazione di misure sanzionatorie, purché nel rispetto delprincipio di proporzionalità.In questo senso vanno, chiaramente, le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia europea (v., fra le altre, CGUE, 8 maggio 2008, in C-95/07, Ecotrade, e 11 dicembre 2014, in C-590/13, IdexxLaboratoires).
Tra le ipotesi oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore vi è quella in cui siano stateassoggettate al meccanismo di inversione contabile operazioni inesistenti. In simili circostanzel’Amministrazione finanziaria sarà tenuta ad espungere tanto il debito quanto il credito IVA che ne sono derivati nella contabilità del cessionario o committente; quest’ultimo conserverà altresì il diritto al rimborso dell’impostaeventualmente non detratta, a cagione di qualche causa di indetraibilità oggettiva o soggettiva, ma gli sarà comunque irrogata unasanzione, pari nel minimo al 5 per cento e nel massimo al 10 per cento dell’imponibile assoggettato a tassazione, con un limite minimo di Euro 1.000.
La compiuta comprensione del nuovo contesto normativo presuppone, occorre dire, il riferimento altresì alla intervenuta modifica dell’art. 21, comma 7, d.p.r. 633/72. Tale disposizione, come noto, è espressione del principio c.d. di cartolarità dell’IVA, in base al quale è comunque dovuta l’imposta indicata come talein fattura; la sua applicazione alle operazioni assoggettate a reverse charge, oggetto di opinioni discordanti nel vigore della precedente disposizione,è oggi espressamente esclusa.
Se così è, non possono che destare perplessità le prime pronunce rese dalla Corte di Cassazione a seguito della modifica del più volte citato art. 6, d.lg. n. 471/97, e, in particolare, del suo comma 9-bis.3 (v. Cass. Civ., sez. V, 9 agosto 2016, n. 16679, e 19 maggio 2017, n. 12649). Chiamati a pronunciarsi in ordine alle conseguenze derivanti dalla accertata inesistenza di operazioni assoggettate ad inversione contabile,infatti, i Giudici di legittimitàhanno legittimato il recupero dell’imposta in capo al cessionario,in considerazione dell’impossibilità di riconoscere il diritto di detrazione in assenza dei requisiti sostanziali cui è subordinato il suo esercizio.