argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Giurisprudenza
L’ordinanza si pronuncia sul tema della base imponibile dell’imposta di registro gravante su un atto di costituzione di pegno su quote di partecipazione societaria, prospettando un’interpretazione letterale dell’art. 43 TUR, che consente di individuare la base imponibile nel valore della somma garantita.
» visualizza: il documento (Corte di Cass., ord. 11 dicembre 2023, n. 34507)PAROLE CHIAVE: imposta di registro - pegno - quote di società - titoli - capacità contributiva - parità di trattamento
di Virginia Uccellari
1. Nel solco dell’orientamento di legittimità delineato dalle ordinanze 22 marzo 2022, nn. 9377 e 9378 (sul tema, v. commento di BUSANI-SMANIOTTO, Pegno su quote di una Srl, imposta di registro sulla somma garantita, in Il Sole 24 Ore, 3 maggio 2022) la Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, ha inteso riproporre l’indirizzo che assume la somma garantita come base imponibile per l’applicazione dell’imposta di registro in caso di costituzione di pegno su quote di partecipazione societaria, così allineandosi alle posizioni espresse da un’articolazione regionale dell’Agenzia delle Entrate nella Nota della Direzione Regionale del Lazio 11 maggio 2016, prot. n. 37916/2016.
Costituiva antefatto del caso la stipulazione di un contratto di pegno su quote di partecipazione societaria, il quale, in qualità di atto soggetto a registrazione, scontava l’applicazione dell’imposta di registro. La controversia è emersa a seguito delle divergenze rappresentate dalle parti in ordine all’interpretazione della norma che definisce i criteri per l’individuazione della base imponibile dell’imposta di registro gravante sugli atti di costituzione di garanzie reali. Invero, all’indirizzo sostenuto dalla parte privata, per il quale la base imponibile era costituita dal valore della frazione di patrimonio netto corrispondente alla partecipazione societaria costituita in pegno, si contrapponeva la tesi dell’ente pubblico, che individuava la base imponibile nel valore dell’obbligazione garantita. Il giudizio di Cassazione, decretando un ribaltamento delle pronunce dei precedenti gradi, ha avallato quest’ultimo orientamento, il quale, tuttavia, non è condiviso in modo unanime dalla dottrina.
2. Delineando prioritariamente il quadro impositivo in cui si colloca il tema della controversia in commento, è rilevante ricordare che l’imposta di registro interviene sugli atti soggetti a registrazione che hanno contenuto economico indicativo di capacità contributiva (in termini generali, ex pluribus, TESAURO, Istituzioni di diritto tributario – Parte speciale, Milano, 2019, p. 278; FALSITTA, Manuale di diritto tributario – Parte speciale, Padova, 2016, pp. 963 ss.; RUSSO-FRANSONI-CASTALDI, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 2014, pp. 433 ss.), e la relativa disciplina è attualmente contenuta all’interno del P.R. n. 131/1986 (c.d. Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro – TUR).
L’art. 6 della Tariffa Parte 1 allegata al D.P.R. dispone che in caso di costituzione di garanzie reali o personali l’imposta si applica con un’aliquota fissa dello 0,5% se la garanzia è prestata da un soggetto diverso dal debitore. I criteri per la determinazione delle basi imponibili sono invece definiti dall’art. 43, il quale prescrive al comma 1, lett. f) che “la base imponibile è costituita, per gli atti con i quali viene prestata garanzia reale o personale, dalla somma garantita; se la garanzia è prestata in denaro o in titoli, dalla somma di denaro o dal valore dei titoli, se inferiore alla somma garantita”.
Dalla disposizione è possibile desumere con evidenza due regimi impositivi che si differenziano per il parametro assunto a determinazione della base imponibile: il primo regime, c.d. “ordinario”, che considera la somma garantita, e il secondo, c.d. “speciale”, in cui assume rilievo il valore del bene offerto in garanzia, se inferiore alla somma garantita (cfr. FIOCCHI-MENOZZI, In caso di pegno su quote di S.r.l. l’imposta di registro si calcola sul valore della somma garantita, in Il fisco, 2024, 5, p. 477).
Ebbene, l’interpretazione della norma declinata nella fattispecie di costituzione di pegno su quote di partecipazione societaria in s.r.l. non riceve soluzione univoca, e questo è reso evidente non solo dalle differenze di prassi impositiva seguite dai singoli Uffici (la stessa Nota della Direzione Regionale Lazio trova giustificazione in tal senso), ma anche dalle confliggenti posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito (cfr. Comm. trib. prov. Bergamo, sez. I, 1° marzo 2017, n. 134; Comm. trib. prov. Como, sez. II, 14 febbraio 2017, n. 52; Comm. trib. reg. Toscana Firenze, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 775; Comm. trib. prov. Livorno, 26 settembre 2019, n. 230; Comm. trib. prov. Roma, sez. I, 18 giugno 2018, n. 12516). Più propriamente, il tema oggetto di divergenze interpretative è rappresentato dal tentativo definitorio della nozione “titoli”, a cui consegue la possibilità di ricomprendervi le quote di partecipazione societaria, e la correlata applicazione del regime speciale, con base imponibile pari al valore dei titoli.
A tal proposito, per lungo tempo era invalsa nella prassi impositiva un’interpretazione lato sensu della nozione “titoli”, la quale, ricomprendendovi anche le quote di partecipazione in s.r.l., consentiva una sostanziale equiparabilità a fini fiscali della costituzione di pegno su quote e di pegno su azioni. Sicché, in entrambe le fattispecie trovava applicazione il c.d. “regime speciale”, per il quale la base imponibile ai fini dell’imposta di registro era rappresentata dall’ammontare del valore di “titoli” (cfr. RETTURA, Le quote delle società a responsabilità limitata costituite in pegno non sono titoli per l’imposta di registro? Note a margine di due recenti sentenze di merito, in Boll. trib., 2017, 19, p. 1452).
È in seguito emersa una svolta interpretativa dapprima “informale” dell’Ufficio di Milano (che ha proceduto ad accertare una maggior imposta su un atto presentato per la registrazione), poi ufficializzata nella Nota della Direzione Regionale Lazio, 16 maggio 2016, prot. n. 37916/2016, che ha adottato un’interpretazione più ristretta, peraltro avallata dalla stessa ordinanza in commento. Nel caso di costituzione di pegno su quote di s.r.l. trova dunque applicazione il solo regime ordinario, con base imponibile rappresentata dalla somma garantita.
3. L’indirizzo ermeneutico precedentemente diffuso, e avallato peraltro dalle due pronunce di merito che hanno preceduto la Suprema Corte nel caso in commento (cfr. trib. prov. Livorno, 26 settembre 2019, n. 230; Comm. trib. reg. Toscana Firenze, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 775), sostiene che le quote di s.r.l. siano sussumibili nella nozione “titoli” se intesa, però, secondo un’interpretazione ampia.
Tale orientamento, invero, esclude anch’esso che le quote possano configurarsi come titoli stricto sensu a norma del combinato disposto di cui agli artt. 2468 c.c., per il quale “le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni (…)”, e 2346 c.c., il quale definisce espressamente “titoli” le azioni. Piuttosto, intende valorizzare la coerenza sistematica dell’art. 43 TUR rispetto alle sue finalità applicative, consentendo un’estensione della portata normativa della norma oltre i suoi confini letterali al fine di garantire la parità di trattamento in sede applicativa (cfr. RETTURA, op. cit., p. 1452).
In tal senso, le quote di s.r.l. possono “essere rappresentate da titoli in senso lato” poiché anche ad esse “è attribuito un ben preciso valore reale ed un determinato valore nominale, sono liberamente trasferibili e possono formare oggetto di altri diritti, come l’usufrutto o il pegno”. Sicché, “se il Legislatore avesse voluto intendere per ‘titoli’ i titoli di credito tout court lo avrebbe fatto espressamente” (cfr. Comm. trib. reg. Toscana Firenze, sez. IV, n. 775/2022).
Peraltro, giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità già risalente aveva inteso conferire alle quote di partecipazione in s.r.l. la qualità di beni mobili immateriali, considerandole assoggettabili alla medesima disciplina dei beni mobili non registrati. Più propriamente, aveva definito la quota di partecipazione societaria nella s.r.l. come “unitaria situazione soggettiva di ciascun socio nell’organizzazione societaria”, espressione di poteri e corrispondenti doveri riconducibili al contratto sociale, e, per questo, oggetto unitario di diritti e di obblighi. Il carattere di immaterialità della quota, testimoniato dall’art. 2468 c.c., non ne ha comunque impedito la configurabilità come bene mobile, appunto, immateriale, soggetto, alla stregua dei beni mobili non registrati, a trasferimenti, pignoramenti e sequestri (cfr. Corte di Cassazione, sez. III, 12 dicembre 1986, n. 7409; Corte di Cassazione, sez. I, 23 gennaio 1997, n. 697; Corte di Cassazione, sez. III, 24 settembre 2009, n. 22361. Sul tema della natura giuridica e della circolazione delle quote di s.r.l., per la dottrina più risalente REVIGLIONO, Il trasferimento della quota di società a responsabilità limitata, Milano, 1998, p. 37 ss.; FERRI, Le società, in Trattato di diritto civile italiano-Volume 10, Milano, 1995, p. 441 ss.; più di recente, GALGANO-GENGHINI, Il nuovo diritto societario3, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Padova, 2004, p. 820 ss.; GRIPPO (a cura di), Commento delle società, Milano, 2009, p. 1010 ss.; CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale-Volume 5, Padova, 2007, p. 123 ss.; TURCHESE, Quota di partecipazione in s.r.l.: natura giuridica e usucapibilità, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Documento del 15 aprile 2016, p. 18). In virtù di tali premesse, parte della dottrina ha aderito all’interpretazione ampia dell’art. 43 TUR ritenendo insussistenti, fra le quote di s.r.l. e le azioni, divergenze sul piano fiscale tali da giustificare un regime impositivo differente (cfr. RETTURA, op. cit., p. 1453).
La nozione di “titoli” così intesa consente pertanto di applicare alla fattispecie di pegno su quote di s.r.l. il c.d. “regime speciale”, qualora l’ammontare del valore dei titoli sia inferiore all’importo delle obbligazioni garantite.
Di contro, l’orientamento prevalso nell’ultimo decennio, già recepito nella Nota della Direzione Regionale Lazio del 2016 e avallato dall’ordinanza in commento prospetta un’interpretazione dell’art. 43 più ristretta, che esclude la riconducibilità delle quote di s.r.l. alla nozione “titoli”.
Più nel dettaglio, la tesi delineata nei motivi della decisione valorizza il legame con la disciplina dettata dagli artt. 2468 c.c. e 2346 c.c., e ricomprende nel novero dei “titoli” i soli titoli dotati dei criteri di autonomia, da cui deriva l’applicabilità delle norme sulla circolazione dei beni mobili, e di letteralità, da cui deriva la non opponibilità delle eccezioni che non risultino dal titolo (cfr. CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al Codice civile, Padova, 2014, pp. 2178-2179; ALPA-MARICONDA (a cura di), Codice civile, Milano, 2013, p. 2389 ss.; RESCIGNO (a cura di), Codice civile, Milano, 2006, p. 3854 ss.; RUPERTO-SGROI, Nuova rassegna di giurisprudenza sul Codice civile, Milano, 1994, p. 1266 ss.). Sulla scorta di tali considerazioni sono ricomprese nella nozione in esame le sole azioni in virtù dell’espresso riconoscimento della loro qualità di “titolo” di cui all’art. 2346 c.c., e non, invece, le quote di partecipazione in s.r.l. (sul fronte dottrinale a favore, ANGELELLI, Atti di pegno su quote di società a responsabilità limitata costituiti all’estero e imposta di registro, in Boll. trib., 1995, p. 1163).
Gli argomenti addotti dalla giurisprudenza di legittimità a supporto di questo indirizzo si declinano sotto più profili. A parere della Suprema Corte, l’applicazione del regime ordinario, che assume come criterio la somma garantita, risponde in primo luogo alla funzione causale tipica della garanzia, che è volta, appunto, a tutelare da ipotesi di inadempimento dell’obbligazione principale il creditore fino alla somma concordata.
Secondariamente consente una chiara identificazione della base imponibile, in quanto la somma garantita risulta dallo stesso atto costitutivo, considerata invece la variabilità del valore dei beni su cui possono insistere le garanzie reali e personali, soggette a possibili variazioni di mercato.
È evidente che queste premesse sono invece più facilmente soddisfatte qualora oggetto della garanzia siano beni “espressivi di una entità economica oggettivamente ed immediatamente rilevabile e quantificabile”, quali i titoli (intesi in senso stretto) e il denaro; peraltro, il loro accostamento nella medesima disposizione comprova l’esistenza di caratteristiche idonee a renderli beni alternativamente equipollenti. D’altra parte, è proprio l’immediata rilevabilità del valore di questi beni che consente di individuare un minor valore dei titoli di credito rispetto alla somma garantita, e che quindi giustifica lo scostamento dal regime ordinario.
Poste tali premesse, la Corte ha ritenuto rientranti nella nozione funzionale di “titolo” i soli “beni oggetto di prestazioni certe, liquide, circolanti, esigibili e fungibili”, declinabili in titoli di credito in senso stretto, titoli rappresentativi di merci, valori mobiliari o prodotti finanziari e titoli attributivi della qualità di socio in s.p.a. o s.a.p.a.
Come anticipato, ad analoghe considerazioni era già giunta in precedenza la Direzione Regionale Lazio con la menzionata Nota del 2016, che aveva individuato i requisiti dei titoli di credito nei criteri dell’autonomia, della letteralità e nella “circostanza che il credito incorporato nel documento possa essere trasferito ad un terzo”, ricomprendendo nella nozione di “titoli” i soli “documenti contenenti un ordine o una promessa unilaterale di adempiere una determinata prestazione in favore di colui che presenterà il documento del debitore”.
4. Le conclusioni cui è pervenuta la Suprema Corte dapprima con le ordinanze nn. 9377 e 9378 del 2022 e, poi, con l’ordinanza in commento in ordine all’individuazione della base imponibile dell’imposta di registro nel valore della somma garantita non sono andate esenti da rilievi critici.
Nell’ambito della giurisprudenza di merito è stato rilevato che questa tesi, sul piano strettamente operativo, rischia di generare forme di disparità di trattamento e distorsioni del principio di capacità contributiva. La giurisprudenza di merito ha infatti avuto occasione di sottolineare come “un’interpretazione restrittiva della norma comporterebbe un trattamento fiscale radicalmente diverso di due presupposti impositivi equiparabili” (cfr. Comm. trib. reg. Toscana Firenze, sez. IV, 30 maggio 2022, n. 775), con riflessi sfavorevoli sulla capacità contributiva e sul principio di uguaglianza. Ancor più considerando che la maggiore incidenza fiscale non sembra controbilanciata da una maggiore manifestazione di capacità contributiva (cfr. RETTURA, op. cit., p. 1453).
Inoltre, l’interpretazione stricto sensu della norma, che sembra dar adito a possibili disparità di trattamento, potrebbe favorire pratiche elusive e aggiramenti della norma, con conseguente contenzioso e incertezza normativa (cfr. Comm. trib. prov. Roma, sez. I, 18 giugno 2018, n. 12516). Sul punto, è stata altresì rappresentata la possibilità che i contribuenti abbandonino la soluzione del pegno su quote, optando invece per la costituzione di pegno su azioni di s.p.a. a seguito di mutamento della forma societaria, in quanto “trasformare una Srl in Spa è, in linea di massima, un’operazione facile, breve e poco costosa” (cfr. BUSANI, Stangata sul pegno di quote delle Srl, in Il Sole 24 Ore, 18 agosto 2016).
Purtuttavia, al netto di tali considerazioni, l’adesione all’interpretazione letterale della nozione “titoli” dell’art. 43 TUR vede come sua naturale conseguenza l’applicazione del “regime ordinario” e la correlata individuazione della base imponibile nel valore della somma garantita. Questo indirizzo ermeneutico indubbiamente presenta una propria coerenza sistematica, poiché è conforme ai disposti civilistici di cui agli art. 2346 c.c. e 2468 c.c. ed in linea con i requisiti intrinseci dei titoli di credito quali la letteralità e l’autonomia. Tuttavia, i riflessi applicativi di un regime impositivo così descritto paiono rivelare lacunosità non trascurabili sotto i profili della parità di trattamento e della congruenza con i principi che governano il sistema fiscale italiano.